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gli mette più afa, e di cui si mostra più acerbo e implacabile nemico, è il sovrannaturale; il quale fa sul suo spirito lo stesso effetto, che l'aspetto dell'acqua sugl' idrofobi. Vedresti uomini tranquilli e mitissimi, perdere la loro pacatezza e gravità filosofica, arrossare o impallidire, e prorompere in manifesta collera, al solo udir menzionare seriamente un miracolo. Ora, siccome la storia dell'antichità è piena di maraviglioso e di oltranaturale, così vero come falso, costoro non sono in grado di penetrare nell' indole di essa; giacchè non si può intendere, nè spiegare il sovrannaturale eziandio falso, cioè il contrannaturale, e capir l'opinione, che lo produce e lo sostiene, chi non ammette un sovrannaturale vero. Il quale fa ribrezzo ai sensisli, perchè importa la superiorità dell'Idea sul sensibile, e deduce dall'arbitrio di quella le leggi governatrici di questo. Ora il perfetto sensista nega affatto l'Idea, e non ammette altra realtà, che sensitiva; cosicchè il sovrannaturale gli riesce tanto impossibile ad immaginare, quanto ripugna che la natura possa nulla contra sé stessa. I mezzi sensisti poi, quali sono quasi tutti i filosofi dell' età nostra, benchè accolgano l' Idea, la sottopongono ai sensibili; donde nasce la loro ripugnanza verso quanto sa in qualche modo di oltranaturale e di prodigioso. Eccovi che in Germania e conseguentemente in Francia, il razionalismo teologico ha viziata la storia delle religioni, e resi incomprensibili gli annali antichissimi; imperocchè, senza un concorso di eventi sovrastanti alla natura, la storia primitiva è un libro chiuso e suggellato, le origini e le vicende dei culti, anco falsi, sono inesplicabili, e la filosofia della storia torna impossibile. La fede è l'occhio della storia, e la rivelazione è la luce, che ne rischiara i principii, il corso, e l'indirizzo verso uno scopo determinato e supremo. Parrà

strano che in Germania, seggio propizio dell'Idea, il razionalismo teologico, nato dal sensismo, sia potuto nascere e stabilirsi; ma la maraviglia scema, ogni qual volta si avverta che il panteismo colà dominante, non che esser netto dal sensismo, è una semplice forma di esso, come proverò in altra occorrenza (31).

Per chiarire l'universalità del sensismo nei tempi che corrono, e comprenderne tutto il valore, uopo è rifarsi indietro, risalendo al psicologismo introdotto dal Descartes, suo vero e legittimo progenitore. Le scuole figliate dal principio cartesiano si possono distinguere in cinque classi, le quali rispondono, almeno in parte, a cinque epoche distinte; dico in parte, perchè atteso l'intreccio reciproco dei sistemi, e la pluralità delle nazioni coetanee, in cui fiori la filosofia, le dette classi non si succedono sempre a rigore, secondo il filo cronologico.

Nella prima classe collocheremo principalmente Renato Descartes, fondatore del psicologismo, benchè, in ordine alla religione, il vero introduttore di questo processo sia Martino Lutero. Cartesio è sensista nei principii e nel metodo. Lo è nei principii, perchè stabilisce, come primo vero, il fatto sensibile della coscienza; lo è nel metodo, camminando dalla psicologia alla ontologia, senza aver precorsa la via contraria. Infatti il psicologismo e il sensismo sono identici: l'uno è il sensismo applicato al metodo, l'altro è il psicologismo adattato ai principii. I contrassegni di questa classe di filosofi sono: I la pretensione di creare una filosofia affatto nuova; 2° il ripudio della tradizione religiosa e scientifica, 3o lo scetticismo preliminare; 4° l'assunto di voler fondare l'ontologia

sulla psicologia, e quindi la necessità di ripudiare affatto l'antica psicologia, stabilita su dati ontologici; 5o la considerazione del senso interiore, come primo vero; 6o il predominio scientifico, dato alla personalità dell' uomo, e conseguentemente l'autonomia dello spirito, l' anarchia delle idee, la libertà assoluta di pensare negli ordini filosofici e religiosi, e la licenza civile che ne deriva.

Nella seconda classe primeggia Giovanni Locke. Le note, che la contrassegnano, sono le seguenti. 1o La congiunzione del senso esteriore coll' interiore, come primo vero. Nell' epoca precedente il senso intimo prevaleva, e le sensazioni erano semplicemente considerate, come fenomeni secondarii e derivativi. Ma l'osservazione avendo chiarito che ogni sensazione presuppone un sentimento e viceversa, le impressioni interne ed esterne, e le due potenze, che le apprendono, cioè la riflessione e la percezione, vennero riputate per affezioni e facoltà parallele, simultanee o quasi simultanee e immedesimate fra loro. Anzi, come Cartesio pare soltanto far caso del sentimento, costoro danno un certo predominio alla sensazione, benchè non lo confessino espressamente. Il che si dee attribuire, così all'indole dei sensibili esterni, che per la natura dell'uomo sono più appariscenti, e quasi palpabili, come al crescere e al fiorire delle scienze fisiche, fondate nell'osservazione della materia, le quali, sovrastando per la voga, che ebbero, e pel credito, in cui salsero, alle altre, diedero alle speculative un indirizzo conforme. 2o La composizione di una psicologia regolare e compiuta, benchè falsa, puntellata sui meri dati sensitivi, intrinseci ed estrinseci, della quale il Descartes avea porto il principio, senza applicarlo. Il vanto di aver dedotto dal principio cartesiano

una psicologia, destituita di base ontologica, appartiene al Locke. 3° Il ripudio della ontologia cartesiana, come ripugnante ai principii e al metodo del Descartes, e troppo simile all'antica, dichiarata dal francese filosofo insufficiente, e buttata fra le ciarpe. 4° L'ommissione e lo sfratto implicito e tacito di ogni ontologia. I filosofi di questa famiglia, senza ripudiare espressamente le ricerche ontologiche, non vi danno opera, o riputandole un semplice accessorio, le trattano per cerimonia e per politica, anzi che per altro; onde non si pigliano alcun pensiero di collegarle colla loro psicologia, e le piantano su tali principii, che a questa apertamente ripugnano.

Alla terza classe appartengono lo Spinoza, i panteisti tedeschi, e in parte Giorgio Berkeley. Ciò che la specifica è il tentativo di una nuova ontologia diversa dall'antica, e destituita di base tradizionale. Il bisogno invitto, che lo spirito umano ha del vero, dovea di necessità destare gli spiriti più profondi alla difficile impresa di creare una nuova ontologia sulle rovine di quella, ch'era stata distrutta. Ma per conseguir l'intento, il processo fu diverso. Gli uni, come il Berkeley e il Fichte, mossero dalla psicologia cartesiana, e riuscirono entrambi, per rigor di logica, all'idealismo, dove il primo si fermò, perchè, come cristiano, non poteva andare più avanti, laddove il secondo, men timorato, sdrucciolò nelle dottrine panteistiche. Lo Spinoza, lo Schelling, e l'Hegel abbandonarono in apparenza il principio e il metodo cartesiano, e mossero dalla sostanza infinita, dall' assoluto, dall' Idea, per esplicare il doppio ordine del reale e dello scibile. Dico in apparenza, perchè, come proverò altrove, la sostanza dello Spinoza, e l'assoluto dei filosofi tedeschi non sono

l'Idea schietta, ma bensì l'Idea mista di elementi sensitivi, o per dir meglio un concetto, un astratto, un fantasma frammescolato di elementi ideali, una sintesi contraddittoria di sensibili e d'intelligibili; e però al principio cartesiano si attengono. Ora l'Idea priva della sua purezza esclude la virtù creatrice, e conduce necessariamente al panteismo; il quale, consistendo nella confusione del subbiettivo e dell'obbiettivo, dell'intelligibile e del sensibile, è impresso di una subbiettività e relatività indelebile. E non è da maravigliare, se le dottrine panteistiche del Fichte, dello Schelling e dell'Hegel nacquero dal sistema del Kant, come lo Spinozismo uscì dai principii del Descartes; la filosofia critica e la cartesiana essendo identiche sostanzialmente. La cagione poi, per cui questi filosofi non seppero salire alla schietta Idea, benchè il volessero, e ci si adoperassero, si è da una parte l'abbandono della tradizione religiosa e scientifica, e dall'altra la secreta influenza, che il principio cartesiano, signoreggiante a que' tempi, ebbe nei loro pensieri.

La quarta classe abbraccia Emanuele Kant, e i sensisti francesi, dal Condillac in poi. Il primo mosse dal pretto principio del Descartes, cioè dal senso intimo del pensiero, e abusando di un raro ingegno analitico, confuse l'intelligenza col sentimento, considerando la cognizione, come una mera forma subbiettiva dell'animo umano. I sensisti di Francia furono prole immediata del Locke, che avea aggiunta e antiposta la sensazione alla riflessione, e ritenendo la sensazione sola, trasformarono, senza dismetterlo, il principio cartesiano, e ne trassero il materialismo, il fatalismo, l'immoralismo, l' ateismo, e le altre vergogne filosofiche, che ieri ancora regnavano. Costoro sono tanto superficiali, quanto

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