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degli uomini io non guardo agli uomini, ma alle instituzioni: quelli passano e si mutano; queste durano e sono immortali. Volete correggere quei mancamenti? Cominciate ad abbracciare le instituzioni, a venerarle, a proteggerle con ardore di carità e di fede: fate che la vita morale, la vita dello spirito circoli di nuovo nel gran corpo della nazione, e vedrete le membra più nobili partecipare all' universal movimento, farsi più belle e più vive. Come può essere che quando il corpo è compreso da letargo, il capo talvolta non languisca? Toglietevi d'inganno, questa è l'unica via di redenzione: la salute d'Italia non può venir d'altronde che da Roma. Per un decreto eterno della Providenza, Roma ha sortito il privilegio di esser la metropoli e la dominatrice del mondo l'antica repubblica, l'antico imperio prepararono la via all'unità cosmopolitica del pontificato. Questo è lo scopo quelli furono i mezzi. Chi non è capace di questa gran verità, non ha occhi da leggere la storia. Ma sapete, donde dipende la forza di Roma, eziandio nelle cose civili? Dall' ossequio de' suoi figli. Crescenzio, Arnaldo da Brescia, Niccolò di Lorenzo, Francesco Baroncelli, Stefano Porcari vollero operare l'instaurazione di Roma, risuscitando una larva di libertà gentilesca, e perirono. Nè la loro impresa poteva sortire altra fine instaurare Roma cristiana col rinnovare le instituzioni del gentilesimo, era un anacronismo troppo grande. Volete l'unione d'Italia? Volete sottrarla ai travagli della tirannide interna, all' ignominia del giogo forestiero? Cominciate a riscattarla dal giogo delle false opinioni, a riunirla nella professione e nella fede santa del vero: cominciate a ripudiare quelle folli teoriche di una libertà licenziosa, madre del dispotismo, che vennero procreate dalla fellonia di Lutero, ed educate dai sofisti d'Inghilterra e di

Francia 1. Se invece di combattere e di spiantare queste infauste dottrine, voi le consacrate, qual maraviglia che l'autorità conservatrice del vero si mostri infesta ai vostri disegni? La sapienza, onde il capo della Chiesa diede esempio, alcuni anni sono, nel ripudiare un pestifero consiglio, potrebbe parer dubbiosa a certuni, se il consigliero infelice non avesse preso assunto di giustificarla di ammaestrare il mondo, col più inaudito traviamento, di cui sia spettatrice questa età. L' errore di molti stà nel credere che la vita possa nascere dalle sole membra, senza il concorso e l'influenza del capo. La vita, cioè la libertà, la potenza, l'unione, la civiltà di un popolo dipendono dal vigore del suo spirito; e il vigore spirituale dell' individuo, dello stato, della società in universale, ha le sue radici nella religione. La redenzione d'Italia, lo ripeto, dee nascere principalmente da quella fede, che ha in Roma il supremo são seggio. Ma se si stima ch'essa debba venir da Parigi, e si tragittano di là quelle povere idee, di cui dee vivere l'intelletto e il senno italiano, la nostra infamia sarà eterna. E, per Dio, di che valore sono coteste idee, di cui gl' Italogalli inondano la penisola? Di che sugo, di che nerbo sono le composizioni filosofiche e letterarie, che escono dalla loro scuola? Quando si leggono queste miserie, le parole vengono meno per esprimere la vergogna e il dolore di chi serba una favilla degli spiriti antichi. Non lagniamoci adunque, se manchiamo d'idee, quando si ricorre per averne a sì melmoso fonte. E non meravigliamoci, se quei pochissimi de' nostri, che meritano il nome di pensanti, sono appunto coloro, che abborriscono

1 Prego i lettori impazienti a non adirarsi di queste mie sentenze, che saranno dimostrate nel decorso dell'opera.

di abbeverarsi ai rigagnoli francesi. Qual è il più grande, o dirò meglio l'unico filosofo italiano della età passata? Giambattista Vico; che solo, o quasi solo, fra i pensatori suoi coetanei, si serbò intatto dalla labe gallica, e seppe pensare italianamente. Qual è per altezza di pensieri, forza di sentimenti, dignità di vita, costanza e robustezza d'animo, il più gran poeta dello stesso secolo, il solo pari all'italo nome, e il più degno di riposare in Santa Croce presso l' Alighieri? Vittorio Alfieri, il più illustre avversario dei Francesi dopo esso Dante, Giulio secondo, e il Machiavelli. Se da questa altezza si discende nelle ragioni inferiori delle lettere e delle scienze, e si cercano i nomi più benemeriti d'Italia, s' incontrano quelli del Gravina, del Metastasio, del Goldoni, di Gasparo Gozzi, del Maffei, del Marini, del Muratori, del Tiraboschi, del Zanotti, del Parini, e di alcuni altri, che furono del tutto immuni dagl' influssi gallici, o ne vennero infetti meno dei loro coetanei, e solo per necessità di tempi e di fortuna.

Non creda però il lettore che io sia ingiusto verso i Francesi, negando loro la debita lode, e ingiurioso verso coloro, che gli commendano di quanto è veramente lodevole. Nemico come sono di ogni esagerazione, credo che v' ha del buono e dell'ottimo in tutti i paesi credo che ve ne ha in Francia; benchè per ordinario non sia quello che vi si cerca. Nè i savi, che sanno vantaggiarsi degli esempi, e imitare le virtù altrui purgate da' vizi, senza dismettere la persona propria, sono quelli, contro cui ragiono. Io grido contro quegl' Italiani bastardi, che calpestano la patria, mentre chiamano Parigi la capitale del mondo civile; che levano a cielo tutte le inezie, che ivi si spacciano in letteratura, in filosofia, in

politica, in religione; che ammirano solamente le cose altrui, senza conoscersi e curarsi delle proprie; che antepongono alle gioie e alle dovizie domestiche le ciarpe forestiere. Costoro sono ragazzi, che trastullandosi coi balocchi, si credono di esser uomini; ciechi, che si stimano vicini all' età dell' oro, e non veggono che l'Italia è in procinto di cadere in una barbarie più folta, più incurabile, più orribile di quella del medio evo. Ma come convincere costoro, come anco esserne intesi? Si può rimediare al poco sapere colla instruzione: non si può riparare alla mediocrità dell' ingegno, alla trivialità dei pensieri, alla tempra meschina e volgare dei sentimenti. V'ha e vi sarà sempre una folla di gente, (ed è tale tutta la folla,) per cui ogni vero pregio, ogni merito, ogni virtù, ogni grandezza consistono nel far romore (9). Costoro amano il frastuono sopra ogni cosa, e somigliano gli uomini di villa, che danno la palma della eloquenza a chi ha maggiore capacità di polmoni e grida più forte. E veramente, se i progressi della civiltà si dovessero misurare dal travaglio della gola e delle orecchie, non si potrebbe disdire ai nostri vicini quel privilegio, che loro si ascrive; giacchè il fracasso, che menano i Francesi da un secolo in qua, assorda ed intenebra ogni paese civile. E niuno vorrà negare che i loro influssi non siano universali ed efficacissimi; ma solo per distruggere. Religione, morale, letteratura, lingua, costume in ogni parte del mondo culto, sono corrosi, alterati, ridotti al niente dagl' influssi gallici: e se a ciò si allude, quando Parigi vien chiamata metropoli della civiltà universale, non si può contraddire. Se non che, la civiltà non è cosa negativa: edifica, non atterra: non si compiace delle ruine: la sua opera somiglia quella dell' architettore, che non colloca la sua maestria nello smantellare gli antichi edifizi, ma

nel ristorarli e tornarli a perfezione. L'ingegno francese, inetto alla sintesi e destituito di virtù creatrice, mostra nell' abbattere una valentia da gigante, e nel fabbricare una forza da fanciullo; tanto grette, deboli, puerili sono le sue opere! Perciò, se riesce maravigliosamente ad appropriarsi e talvolta perfezionare i trovati degli altri, non se ne può forse allegare un solo, di cui egli sia veramente autore nei campi dell' immaginazione, della politica e dell' intelletto. Gli stessi errori, che signoreggiano in Francia, sono d'origine straniera. Il Descartes tolse il suo metodo filosofico da Lutero. Giovanni Locke esercitò un imperio assoluto sulla filosofia francese per lo spazio di un secolo, e regna ancora sulla politica dei di nostri: il Condillac e il Rousseau furono suoi discepoli. Ora si è cominciato a copiare i Tedeschi, e a trarne il panteismo, il razionalismo teologico, e simili mostri. Dico mostri, perchè tutte queste dottrine non sono meno esiziali nella pratica, che assurde nella speculazione. I due sistemi dominanti presso il volgo degli scrittori, cioè la sovranità del popolo, e la teorica del progresso, (com' è intesa dai più,) sono due forme del sensismo, che annullano ogni potere politico, ogni vero speculativo, ed ogni tradizione sociale e religiosa; giacche l'uno ponendo il diritto nella forza, e l'altro il vero nella moda, quello introducendo un governo materiale, riposto nel maggior numero, e questo una verità mutabile, sottoposta alla vicenda dei tempi, distruggono l'assoluto nel doppio ordine della società e della scienza, e spianano la via a un ateismo teoretico e pratico, privato e pubblico, che è il più largo e pestilenziale che immaginar si possa. Destituita di ogni consistenza logica, di ogni fecondità civile e scientifica, la sovranità del popolo è la barbarie nella società, come la dottrina eterodossa del progresso è la barbarie nel sapere. Ora non mi

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