Page images
PDF
EPUB

Questi sentimenti, e la libertà colla quale gli esprimo, non possono acquistarmi approvatori, nè amici fra' miei coetanei; mi procacceranno bensì l'odio o il disprezzo di molti. lo non me lo dissimulo, e protesto fin da questo punto che non per questo ricambierò di rancore i malevoli, nè forse di risposta gli schernitori. Ringrazio la Providenza di avermi, (fra' miei molti difetti di natura e di fortuna,) conceduto due beni; cioè una qualche fermezza per attenermi a ciò che credo vero e buono, e un animo, che può bastare a sè stesso, può vivere non infelice, senza l'approvazione e la lode della moltitudine. Perciò, se per far professione d' uomo cattolico, io verrò tassato di spirito debole, idiota, alieno dalla civiltà del secolo, amico de' vecchiumi e de' rancidumi, inetto ad apprezzare la squisitezza del saper moderno, lo porterò con pazienza. Se sarò accusato di non amare la libertà, perchè odio la violenza nell' acquistarla, e la licenza nel possederla; o di essere un cervello torbido, perchè detesto il dispotismo, e desidero alla mia patria una condizione più degna della sua grandezza, non mi stupirò né dorrò gran fatto dell' accusa. Se le mie speculazioni filosofiche saranno sprezzate, come astrattezze inutili, quisquilie scolastiche, indegne pur di essere chiamate ad esame, non ne sarò eziandio molto turbato (7). Di queste e simili imputazioni, mi consolerà sufficientemente la coscienza, che ho di non meritarle. Un solo sospetto mi peserebbe assai, nè basterebbe forse ad addolcirlo la considerazione della sua ingiustizia; ed è, se altri credesse che alcuno de' miei sentimenti sia non sincero, non dettato da un vivo affetto verso la patria. Io posso errare per vizio d'intelletto; non posso per colpa di volontà e di cuore. Mi adopero di esprimere agl' Italiani ciò che credo esser vero ed utile, senza cercare

se sia anche grato, se conforme all' opinione di tutti o di molti. Lo dico, senza esitazione, senza sutterfugi, senza velo, con quell' ardore e quella franchezza, con cui lo sento, e con cui dee parlare ad uomini generosi chi si stima non indegno del loro commercio. Se io erro, altri mi corregga; ma niuno m'imputi di poco amore verso la patria, perchè parlo sinceramente, perchè non rifuggo dal dire cose anco acerbe e spiacevoli, quando le credo utili. La menzogna sola è un' ingiuria; e fra i peggiori nemici che altri abbia, i piaggiatori sono pessimi.

E io mi crederei di esser peggio che adulatore, se condiscendessi all' opinione di quelli, che per felicitare l' Italia vogliono insinuarvi l'amore delle cose e degli usi forestieri. Contro i quali ho scritto altrove e non taccio nel presente libro; e parlerò, se piace a Dio, finchè io viva; perchè questo è uno di quei capi, intorno ai quali non posso temer d'ingannarmi, più che possa dubitare d'essere italiano. I forestieri hanno sempre nociuto all' Italia; non meno cogl' influssi morali, che colla forza e colle armi. Nacque nel secolo passato, e fiorisce tuttavia, una setta d'Italogalli, i quali vorrebbero trar da Parigi, come le fogge degli abiti, i tre componenti della civiltà, la filosofia, la religione, la lingua. Nessun cibo gradisce al gusto di costoro, se non è di sostanza, o almeno di condimento, gallico. I Francesi sono certamente una nazione molto illustre: produssero uomini, e fecero cose grandi: posseggono alcuni trovati e instituti, che potremmo saviamente appropriarci: sono in parte benemeriti della libertà civile e politica di Europa: paiono destinati ad essere gli alleati d'Italia, quando l'Italia sia di nuovo una nazione; ma il loro genio nazionale è differentis

simo dal nostro; e in tutto ciò che concerne, non i vincoli politici, non il materiale e il positivo della vita esteriore, ma il morale, e si attiene alla tempra degli spiriti e degli animi, dobbiamo cautamente guardarci dalla loro imitazione. Altrimenti ne piglieremmo il cattivo e non il buono; perchè essendo impossibile il dismettere la persona propria, per assumere l'aliena, e il mutar natura, chi si ostina a volerlo fare, riesce solo a copiare gli altrui difetti. Come accade agl' Italogalli, i quali scambiano l'oro di casa all' orpello forestiero. La qual cosa è piena d' indegnità, e sommamente ridicola; e dee far ridere gli stessi Francesi, se non è credibile che, trattando con noi altri, amino di trovar scimmie, invece d' uomini. Il commercio civile delle nazioni, non che richiedere che l' una deponga la propria indole, e prenda quella di un' altra, vuole che ciascuna mantenga gelosamente il proprio genio; perchè altrimenti i popoli perdono l'individualità, e con essa ogni loro valore. La Francia e l'Inghilterra sono amiche; tuttavia i Francesi deridono con molta ragione gli anglomani e noi Italiani applaudiremo ai gallizzanti? I quali non piacciono ai medesimi Francesi; e il Sevelinges 1, se ben mi ricordo, concia assai male quegli scrittori italiani, che ignorano la propria lingua, e intarsiano il loro stile di gallicismi. Ma che maraviglia, se altri preferisce il parlare e lo scrivere francese al nostrale, poichè questo non si studia? Quanti sono gl' Italiani, che leggano i nostri classici? E pur si divora in Italia ogni romanzuccio stampato sulla Senna. Quanti studiano filosofia in sul Cousin, e non hanno aperto un volume del Galluppi,

1 Nella prefazione alla traduzion francese della Storia d' America del Botta.

che fu pure il primo tra' suoi coetanei a trattar la psicologia con senno italiano! Quanti non conoscono il Vico, fuori del cattivo sunto di uno scrittore francese! Quanti ammirano la prosa poetica o frenetica dei nostri vicini, e disprezzano il puro e verecondo dettato del Botta, del Leopardi, del Giordani! Quanti si dilettano della prosa rimata, con cui il Lamartine va correggendo la sua fama di poeta, mentre vilipendono il Monti, non curano l' Arici e il Niccolini! Cicerone, che parlava una lingua assai meno perfetta del greco, afferma che dopo aver letta nell' originale una tragedia di Sofocle, godeva a rileggerla nella cattiva traduzione d'Attilio1; ed io ho incontrati in Italia più di un Italiano, che non conosceva il Manzoni ed il Pellico altrimenti, che per le versioni francesi. Questa incredibile follia si potrebbe ancora comportare, se non si stendesse fuori delle lettere, o di qualche ramo secondario della filosofia; ma ella ha invase le parti più nobili e più importanti delle cognizioni, e infetta nelle sue fonti la civil sapienza. Da un secolo in qua gl' Italiani si ostinano a voler cercare in Francia la filosofia e la religione; quando appunto da un secolo e più, i Francesi hanno perduta la religione e la filosofia! Ciò verrà dimostrato in questa Introduzione; e qui lo accenno, per aver occasione di ammirare la nostra saviezza, che andiamo cercando i beni, di cui potremmo abbondare, in un paese dove non si trovano. Molti si lamentano che i libri italiani sono vuoti d'idee, di cose buone ed utili, sono pieni d'inezie e di frasche. Ciò è falso, se si parla di tutti: di una gran parte, il concedo. Le nostre lettere sono veramente insterilite, avvilite seccata è quasi del tutto nei cervelli italiani la vena del

[blocks in formation]

ritrovare e del produrre. Ma da che tempo? Da che perdemmo l'indipendenza nazionale, e cominciammo a servire ai forestieri. Dovremmo oggimai persuaderci che la fecondità dell' ingegno deriva dalle stesse cause, che partoriscono la grandezza politica di una nazione; che un popolo civilmente schiavo non può esser moralmente libero e pensar da sè proprio. La fede religiosa e il vigor dell' ingegno nel filosofare dipendono dalla forza dell' animo; la quale permette difficilmente che una nazione sia soggiogata e divisa dai barbari. Ma d'altra parte, una nazione divisa ed oppressa non può sperar di riacquistare e conservar la sua unità e indipendenza, se non ricupera l'energia morale, se non si avvezza a procacciarsi colla propria industria quei nobili pascoli, onde si nutrono il cuore e lo spirito. Io terrò per redenta civilmente l'Italia, quando la vedrò posseditrice di una filosofia, di una letteratura veramente propria; quando la vedrò affezionata e diligente coltivatrice della sua lingua (8), delle sue arti, delle sue intellettuali ricchezze; quando la vedrò cattolica, e superba di possedere la sedia della religione, e la gloria del pontificato cristiano. Quegli antichi Romani, quando veneravano la maestà del senato, erano liberi dentro, e fuori padroni del mondo; ma come prima cominciarono a vilipendere quella paternità civile, caddero sotto il giogo imperiale, da cui passarono sotto quello dei barbari. Gl' Italiani dei bassi tempi fiorirono pure di libertà, di commerci, d'arti, di lettere, d'armi, e furono gloriosi, mentre adoravano la paternità spirituale del primo cittadino italiano; ma col disprezzo di essa sottentrò la servitù. I Ghibellini antichi furono la causa principale della ruina d'Italia: i Ghibellini moderni, senza volerlo e saperlo, continuano la loro opera. E non mi si alleghino i difetti

« PreviousContinue »