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per alcuni rispetti a ciò che ciascuno si prometteva dalla buona e leale indole di lui, come uomo privato, a ciò che l' universale aspettava dal candido e franco pittore della indipendenza americana. Certamente, s'egli avesse raccontate le vicende degli stati italiani colla stessa sincerità, con cui narrò le imprese di Giorgio Washington, e se in cambio di essere benigno alle dinastie regnanti e aspro solo verso le spente, fosse stato severo e giusto egualmente verso tutte, egli non avrebbe ottenuti i ciondoli, le provvisioni e gli altri favori di alcuni principi; ma in vece meriterebbe quella lode, che i re non possono dare, e si concede dai coetanei o dai posteri a chi è veritiero storico, e libero cittadino.

Non vorrei però che da queste censure alcuno inferisse che io non riconosca nelle ultime storie del Botta molti pregi eminenti, eziandio per ciò che spetta alle dottrine, che vi si professano. La carità della patria, l' amore dell' indipendenza nazionale d'Italia, l'odio e il disprezzo delle imitazioni forestiere, la condanna delle persecuzioni religiose, l'avversione di ogni dispotismo plebeo, monarchico e feudale, i generosi sdegni e l'orrore dell' ingiustizia, della tirannide, delle enormità, del sangue, del tradimento, degli atti vili o inumani, qualunque sia il mantello con cui si cuoprano, la celebrazione della virtù anche umile e negletta, e dell' eroismo sfortunato, l'amore per le lettere e per le dottrine, e insomma tutti gli affetti nobili e magnanimi, onde l'autore è pieno, e che vengono sovente da lui espressi con elegante e nervosa eloquenza, sono degni di moltissima lode, e assicurano al Botta un alto seggio fra i nostri più eletti scrittori. Molti lo incolpano di poca filosofia; accusa giusta e fondata, se si parla di quella vera filosofia, che si appoggia a una soda, vasta e recondita erudizione, e che non è comune anche fuori d'Italia; rarissima in Francia, meno rara in Germania; della quale filosofia il Botta è certamente non meno incurioso, che povero. Ma se si parla di quella scienza, che oggi è in voga sotto il nome di

filosofia della storia, e che corre per le cattedre

pei giornali, io credo che si debba ringraziare il Botta di aver saputo guardarsene; e amo assai meglio che somigli al Guicciardini, al Varchi, al Segni, e a quegli altri buoni vecchi della patria nostra, anzichè a certi autori moderni, che levano gran romore. Ma un articolo, su cui il nostro storiografo mi par tanto più degno di essere commendato, quanto più venne censurato, è il suo amore per l'antica repubblica di Venezia. Non voglio negar che l'affetto non l'abbia indotto a qualche esagerazione; ma qual peccato è più degno di scusa, che l'eccedere nel celebrar la grandezza calpestata, ed infelice? Venezia è una gloria speciale e splendidissima del medio evo. La medesima Inghilterra, dai tempi di Elisabetta o di Oliviero Cromwell fino ai nostri giorni, non porge uno spettacolo più grande e magnifico, (se si ragguaglia il divario degli stati e dei tempi,) che la patria dei Dandoli, dei Poli e dei Morosini. E come questa non la cede in grandezza, così la vince in giustizia e in generosità verso le nazioni forestiere, nel rispetto della ragion delle genti, nell' amore della civiltà universale. Quanto agli ordini interni, i Dieci ed i Piombi non sono certo cose lodevoli, e partorirono talvolta effetti detestabili; ma anche il male fu esagerato, e ad ogni modo, non prevalse alle virtù. Il volgo italiano, non solo a' di nostri, ma da più di un secolo, giudica dell'antica Venezia dalle ciance e dalle menzogne francesi; e crede che basti a condannarla il dire ch' era aristocratica. Troverai in folla scrittori, che levano a cielo la democrazia degli Angloamericani, e bestemmiano l' aristocrazia veneta. Ma i patrizi dell' Adriatico non erano carnefici dei loro fratelli, non credevano, come la plebe regnatrice di America, che la Providenza avesse creata tutta quanta una stirpe di creature simili a loro, per servir di ludibrio o di strumento ai goditori di libertà. Fra tutti i patriziati antichi e moderni niuno o pochissimi furono cosi legittimi nella loro origine, così moderati nel loro possesso, così umani nei loro costumi, così benefichi e gloriosi nelle loro opere, come il veneziano. Niuno o pochissimi ebbero questo

singolare privilegio di esser più formidabili a sè stessi, che agli ordini inferiori dei cittadini. Eterna lode sia al Botta di non essersi lasciato spaventare ai clamori di una età servile, e di aver vendicato dall' infamia la vittima italiana più illustre di due tirannidi forestiere insieme congiunte. Venezia fu gloriosa eziandio in sul morire, poichè spirò sotto le battiture di quel doppio flagello, i cui sanguinosi vestigi son tuttavia recenti nel lacero corpo della comune patria. I buoni Italiani, poichè non possono più erudirsi coi vivi esempi di quel seggio venerando di antica dignità civile, s' infiammino almeno di generosi spiriti, meditando le sue memorie; e pensino, che se l'aristocrazia ereditaria ha i suoi difetti, e si può augurare un governo migliore, l' alterigia patrizia è più onorevole e meno infausta alle nazioni, che la viltà popolana, e la plebea barbarie.

NOTA 52.

Mi dorrebbe, se da quanto dico nel testo altri inferisse che io non riconosca l' utilità dei buoni giornali, o stimi che un giornale non possa esser buono. Ogni cosa è ottima, quando è ad un fine ragionevole indiritta. Tre specie di giornali si trovano non solo utili, ma quasi necessarii al dì d'oggi in ogni paese civile. Gli uni sono i diarii politici, che divulgano e ventilano le operazioni di chi governa, ed esercitano una spezie di censura sulle cose pubbliche. L'uffizio loro nei nostri costumi moderni somiglia quello del tribunato popolare presso gli antichi; sindacato dei rettori, e guardia di libertà. I governi liberi e rappresentativi non possono farne senza. L'influenza loro può giovare, non solo alle faccende civili, ma eziandio ai costumi; e io credo che se le corti de' principi sono oggi assai migliorate da quello che erano anticamente, si dee in parte attribuire alla libera censura della stampa, la quale, atteso la vicinità e le comunicazioni scambievoli dei vari stati di Europa, si fa sentire eziandio nei paesi, dove non ha luogo. Certo gli scandali e le infamie degli Angioini, dei Valesii,

dei Borboni di Francia, di Napoli e di Spagna potrebbero aver luogo difficilmente oggidì, eziandio nelle reggie di Torino, di Vienna, di Pietroborgo, perchè vi si ha qualche riguardo a ciò che s'imprime in Londra e in Parigi. Non voglio già dire che le infamie più non si commettano ; ma dove prima non si celavano, e spesso si ostentavano, ora si cerca di occultarle, e quindi il pestifero esempio è meno funesto al buon costume de' popoli. Per ciò che spetta alla politica, non so, se il modo con cui oggi si scrivono le gazzette sia molto acconcio a sortire il suo proposito. La buona fede par quasi spenta del tutto ciascuno scrive, secondo l' interesse e il capriccio della sua fazione. Chi governa ha sempre ragione o sempre torto. Una gazzetta veramente imparziale, che non guardasse alle persone e alle sette, ma al bene ed al vero, avrebbe pochi lettori, e quindi pochi compratori; danno grave e principalissimo, da che l'uffizio dei giornalisti è divenuto un mestiero ed un traffico. Ma questi sono vizi degli uomini e dei tempi, non della cosa; e vorrebbero del resto un lungo ragionamento.

La seconda specie di giornali utili sono gli scientifici, che intendono principalmente a dare un sufficiente ragguaglio dei libri che si divulgano, e delle scoperte, che si fanno di mano in mano pei vari luoghi, in ciascun ramo del sapere. La Germania ne ha molti, la Francia pochi, che siano lodevoli. Tornano di gran sussidio agli studi, quando vengono composti da uomini bene addottrinati e conoscenti del loro soggetto. Citerò per esempio il Giornale dei dotti, che si pubblica in Francia. Chiunque ama il vero sapere dee esser grato a quei pazienti compilatori, che sono per lo più uomini eruditi e talvolta eruditissimi, e tuttavia non isdegnano l'umile ufficio di farsi esponitori delle altrui fatiche, dal quale non possono promettersi alcuna gloria, ma solo l'utilità degli studiosi. La forma di tali articoli mostra spesso la mano dei maestri; esposizione concisa e ludicissima; critica riservata e sugosa; niuna pompa di stile; niuna ostentazione di rettorica e di

cloquenza a sproposito; niuna di quelle vuote e frivole generalità, che si trovano negli altri giornali, e nei feuilletons delle gazzette, donde spesso, letto che hai un intero articolo sopra un libro, non cavi alcuna idea di questo, perchè il giornalista spese l' inchiostro in fiori rettorici, in considerazioni sue proprie, e ti regalò solamente i tesori della propria sapienza. E questa sapienza per lo più è tale, che non ne mangerebbero i cani.

L'ultima classe di giornali, che possono recar profitto, sono i popolari. I quali riescono più difficili di tutti, e richieggono nei componitori molto ingegno e molta dottrina; ma quando siano ben fatti, tornano a proposito, come strumento efficace di popolana educazione. Basti qui l'aver accenato un genere di componimento, le cui proprietà non si potrebbero dichiarare con breve discorso. Quanto ai giornali religiosi, che appartengono in parte a questa classe, e in parte alla seconda, ne ho già parlato altrove.

NOTA 33.

Il secol nostro tolse in prestanza dal precedente l'abuso dei generali, che è oggimai divenuto così fastidioso e comune. Il che può parer singolare; giacchè il sensismo dominava nel secolo diciottesimo; e il sensismo versando nei sensibili, cioè nei fatti, dovrebbe curarsi dei particolari. Ma lo studio dei particolari è lungo, laborioso, difficile; richiede sagacità d'ingegno, pazienza d'animo, profondità e costanza grande di studi. La via delle generalità è più corta e piana, e quindi più conforme al genio speditivo, e poco fatichevole dei sensisti. Nè i generali, di cui costoro si compiacciono, sono quelli, che vengono indotti accuratamente dai particolari, o dedotti dai concetti ideali; poichè ne' due casi i neghittosi avrebbero più perdita che guadagno. Le generalità ideali sono la realtà stessa, perchè nell' Idea l'universale s' individualizza e l'astratto si concretizza; o per dir meglio l' Idea non è astratta nè concreta, non è generale nè particolare, ma

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