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ignoranza. Perciò le preoccupazioni, o come oggi si dice, i pregiudizi, non appartengono, generalmente parlando, alla fanciullezza, ma alla virilità, come sono più propri delle nazioni alquanto incivilite, che delle barbare e salvatiche. Non escludo dalla età puerile gli errori e le passioni iniziali, ma si bene il lor compimento, la loro attuazione perfetta; il che torna a dire che l' original corruttela, per ciò che spetta a una parte delle sue conseguenze, non si esplica pienamente, prima che l' individuo e il comune siano giunti a maturità.

NOTA 30.

Il potere civile dei Papi nel medio evo fu una vera sovranità europea, una dittatura tribunizia, affatto legittima, fondata parte nel consenso delle nazioni, e parte nell' autorità spirituale di esso Papa. Dal canto dei popoli non si può negare la legittimità di tal potere, poichè il veggiam consentito dalle varie sovranità nazionali, che tutte riconoscevano nel Pontefice un arbitro supremo. Ora ogni qual volta una sovranità legittima ne riconosce un' altra, col solo riconoscerla l'autorizza, ancorchè legittima per l'addietro stata non fosse. Ma perchè l' arbitrato europeo fu riconosciuto nel Papa, anzichè in un altro uomo, in un altro principe? Perchè solo il Papa avea la capacità necessaria per esercitarlo. La capacità personale, e la sovranità tradizionale, congiunte insieme, costituiscono la legittimità perfetta. E questa capacità non proveniva solo dalle qualità individue dei Pontefici, e dagli ordini elettivi della successione, ma dal loro grado spirituale, cioè dall' esser capi della società conservatrice e propagatrice del vero ideale. Il capo di una società indiritta a unificare il genere umano, e che avea già riunita l' Europa, un uomo destituito di forza, e dotato di una immensa autorità, era il solo atto a far l'ufficio di arbitratore pacifico delle nazioni, e godeva nella Cristianità di quel morale imperio, che un buon pastore esercita

sugli uomini della sua diocesi o della sua parrocchia. Nel qual senso, al parer mio, si dee intendere la sentenza degli stessi Pontefici affermanti di avere ricevuto da Dio la loro potestà civile, come parte o dipendenza del grado eminente, che occupavano nella Chiesa. Cristo in effetto facendo del Papa il capo ideale del genere umano, gli diede virtualmente tutti quei poteri, che dovevano successivamente esplicarsi e passare in atto, concorrendo le condizioni esteriori, necessarie ad attuarli; fra le quali condizioni il consenso delle rispettive sovranità nazionali era sufficiente, per mettere in atto l'arbitrato civile del mondo. Si noti infatti che questo arbitrato, di cui oggi l' Europa è priva, e fuor del quale le nazioni si trovano in istato di guerra, le une rispetto alle altre, non può risedere stabilmente in alcun governo o principe secolare, perchè i governi ed i principi, potendo essere parti litiganti, non son buoni arbitri. Non può dunque esser conferito ad altri, che ad un uomo dotato di una forza morale grandissima, e destituito di forza materiale competente, com'è il Papa. Il quale, come capo ideale, è l'autorità più grande, che si trovi sulla terra, ed è tanto per ragion di natura, quanto per via oltranaturale, sortito dalla Providenza all'investitura di quella sovrana e pacifica signoria. Oltrechè il Papa, essendo conservatore e propagatore supremo dell' Idea, da cui deriva l'organizzazione civile dei popoli, mediante il linguaggio, dee altresi essere considerato, come capo civile delle nazioni, imperiante non colla forza delle armi, ma coll' autorità della parola. La parola è il vincolo, che lega l' intelligibile al sensibile, lo spirito alla materia, e il giure spirituale al temporale e in virtù di essa il potere meramente spirituale del sacerdozio può avere una influenza nel mondo civile. Questo concetto della supremazia ideale del sacerdozio, esercitantesi per mezzo della parola, ed ordinante per essa la società civile, conferi nel primo periodo del reggimento castale il primato governativo alla classe ieratica. L'arbitrato del Papa, che riassumeva nella sua persona tutto il sacerdozio, era una conseguenza dell' azione sacerdotale, forma

trice e incivilitrice delle nazioni; conseguenza necessaria per l'Europa del medio evo, come pei tempi primitivi, e che conteneva il buono degli ordini castali, senz' averne gl' inconvenienti. Tal è l'idea giusta, che ci dobbiamo fare dell' autorità civile, esercitata dal Papa nei bassi tempi. La quale idea si scosta non meno dall' opinione gallicana, che dalle teoriche di certi moderni esageratori, quali sono il Maistre e il Lamennais, che con molto spirito e poco giudizio, si travagliarono intorno a questo argomento.

Le ricerche di tal natura sarebbero importanti, ancorché avessero solo un intento storico e dottrinale. Ma elle possono sortire uno scopo pratico, anche ai di nostri, perchè giova il non dimenticare che l' arbitrato civile è un potere inseparabile dal pontificato cristiano. L'esercizio di esso dipende, come ogni altro arbitrato, dal consenso delle parti, cioè delle rispettive sovranità nazionali; ma la sua radice è indelebile. Che se le divisioni religiose di Europa, l' eresia, lo scisma e la miscredenza signoreggianti in una parte notabile di essa, vi rendono impossibile per ora quest' arbitrato, potrebbe nascere il caso che gl' Italiani mettesser mano in qualche modo a farlo rivivere. L' Austria intende da grandissimo tempo colle arti di una cupa e scellerata politica ad allargare il suo dominio in Italia, e a ghermire tutti i paesi circonpadani, dal Vesolo all' Adriatico. Le Legazioni sono la prima preda, a cui ella agogna, e su cui si gitteranno cupidamente gli artigli imperiali, come prima ne abbiano il destro. Io non credo che i buoni Italiani, qualunque siano le loro opinioni politiche, possano esitare un solo istante, quando si tratti di scegliere fra un antico governo italico e un nuovo giogo barbarico, fra una monarchia nazionale e una tirannide oltramontana. La libertà è una bella cosa, ma l' indipendenza nazionale è molto migliore l' una compie la felicità di un popolo; l'altra gli dà il nome, l'essere, la vita. L'odio politico contro il dominio austriaco ed imperiale è perciò il sentimento, in cui si debbono

riunire tutte le opinioni; e siccome all' odio si dee contrapporre l'amore, qual è il principio, che possa stringere ed armonizzar gli animi di tutti gl' Italiani, se non quella dolce e sacra paternità del pontefice romano, tanto antica quanto il Cristianesimo, e che malgrado l' empietà e la freddezza de' tempi, è tuttavia adorata dalle cattoliche popolazioni? Forse il tempo non è lontanissimo, in cui chiunque ha sentimento d' uomo dovrà stringersi intorno al venerando Pastore, per guardare e difendere dalla rapace e frodolenta Vienna, le belle province situate fra l' Adriatico e l'Apennino, volgendo la morale e religiosa possanza del Papato a liberar la penisola dall' oppressione straniera. Imperocchè coloro i quali si confidano che l' uccello grifagno non aspiri a dar di becco su qualche nuovo boccone d' Italia, finchè possa mangiarsela tutta, s' ingannano di gran lunga, e piangeranno un giorno amaramente, ma senza rimedio, la loro stolta fiducia. Questi sensi non sono, spero, miei propri, ma di tutti i leali e assennati figliuoli d'Italia; e giova il ripeterli, l' inculcarli, acciò la crescente generazione ne faccia il suo pro, e si premunisca contro i sofismi di certi scrittori, lodatori impudenti del giogo austriaco, apostati svergognati del nome e dell' onore italiano.

NOTA 31.

1

Carlo Botta nella sua ultima Storia 1 crede che il governo rappresentativo non sia applicabile all' Italia, perchè fra le altre cose, i parlamenti e gli aranci sono incompatibili. Le altre ragioni, che allega, non sono mica più forti; onde sarebbe uno scioperio di tempo il confutarle, come pure l' esaminare quel suo tribunato di pochi individui, forse tre, nè più di cinque o sette, ch' egli stima essere una sufficiente guardia della libertà delle nazioni. Tutto questo ragionamento è così debole, che fa increscere bona

1 Lib. 30. V. anche St. d' It. dal 1789 al 1814, lib. 26, 27.

mente dell' autore, e si vorrebbe poter cancellare, a onore di un uomo benemerito, per la sua facondia, della comune patria. Basta il dare un'occhiata alle nostre istorie, per chiarirsi che i parlamenti sono tanto antichi, e forse più antichi in Italia degli aranci; che se, giusta la dottrina di Aristotile 1, l'antico si accosta al naturale, non v' ha alcun paese, in cui il governo popolare, (differentissimo dal plebeo,) sia più naturale, che nella nostra penisola. Imperocchè non si può risalire cosi addietro nelle memorię, che questa non si trovi piena di stati liberi, e di assemblee civili; anzi, se eccettui i tre ultimi secoli, (dappoichè due conquistatori, prima Carlo quinto e poscia Napoleone, spensero spietatamente le ultime faville della libertà italica,) si può dire che il reggimento libero fu perpetuo in casa nostra, e che in ogni condizione di tempo gl' Italiani furono principi. Se poi si parla del governo rappresentativo in particolare, si vede che esso, non che potersi tenere per estrano all' Italia, vi fiori sotto varie forme, come in tutto il rimanente di Europa, per lo spazio di più secoli. Imperocchè coloro che credono questa forma di civiltà essere un trovato inglese o germanico, errano di gran lunga; laddove il vero si è, ch'essa è tanto inglese, quanto siciliana o spagnuola, e che nacque spontaneamente e quasi simultaneamente nelle varie province d'Europa, come prima la società cattolica, ammansata la ferocia de' barbari, potè ordinare un nuovo vivere civile, e imprimere in esso la sua propria forma. Certamente il Botta, che loda Emanuele Filiberto di avere aboliti gli stati generali di Savoia, invece di migliorarli, non poteva credere giovevoli all' Italia quegli ordini, che con tutte le loro imperfezioni, la resero libera, grande, potente e invidiata ne' tempi addietro. Nel resto, non è questa la sola parte, in cui egli siasi dilungato dal vero, e abbia prevaricate le leggi della soda critica e della severa istoria. Egli è da dolere che l' annalista d'Italia non abbia corrisposto

1 Rethor., II, 9.

* Lib. 14.

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