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« d'être instruit dès mon enfance 1. » Dunque la religione, la fede la professione cristiana può essere anche per un solo istante un articolo di morale provvisoria ! « Les trois maximes précédentes « n'étaient que sur le dessein que j'avais de continuer à m'instruire; car Dieu nous ayant donné à chacun quelque lumière pour discerner le vrai d'avec le faux, je n'eusse pas cru me devoir << contenter des opinions d'autrui un seul moment, si je ne me fusse proposé d'employer mon propre jugement à les examiner lorsqu'il serait temps... Après m'être ainsi assuré de ces maximes, « et les ayant mises à part avec les vérités de la foi, qui ont toujours été les premières en ma créance, je jugeai que pour tout le << reste de mes opinions, je pouvais librement entreprendre de m'en « défaire 2. » L'ambiguità di questo discorso non è tolta via dall' onore, che il Descartes fa alle verità della fede, privilegiandole di essere le prime nella sua credenza. Siccome egli protesta di voler esaminare a suo tempo le opinioni, che altrimenti non si contenterebbe di ricevere sull' autorità degli altri, non s' intende come, a suo parere, i dogmi religiosi, fondati sulla tradizione e sull'insegnamento ecclesiastico possano ricevere un privilegio particolare; e non ricevendolo, egli è chiaro che la fede di Cartesio non differisce da quella di Lutero, e che l' assenso provvisionale alla religione, in cui Iddio gli fece grazia di essere educato, non può riguardare, se non la pratica esteriore, o alla men trista può solo essere una fede condizionata. Ma la fede non è veramente cristiana, non è cattolica, se non è assoluta. Il credere sul presupposto, che l'esame futuro sia per confermare l'atto che si elice, il far dipendere la fede presente dal risultato di una disamina ulteriore, può disporre in qualche caso, (non certo in quello del Descartes,) alla fede avvenire; non può tuttavia in alcuna occorrenza essere un atto che meriti il nome di questa virtù, non solo religiosamente, ma anche nei termini della ragione e della scienza umana.

'Disc. de la méth. OEuv.. tom. 1, p. 146, 147.

2 OEuv., tom. I, p. 152, 153.

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Un anonimo d' ingegno molto acuto mise in canzone l'etica provvisionale del nostro filosofo, e gli mosse alcune obbiezioni, che non increscerà forse al lettore il veder qui riferite. « Vous « avez osé assurer, qu'il ne faut pas chercher dans les choses qui regardent la conduite de la vie une vérité aussi claire et aussi <«< certaine que celle que vous voulez qu'on ait, lorsqu'on s'appli«que à la contemplation de la vérité. Quoi donc, ne faut-il pas « bien vivre? Et comment pourrez-vous bien vivre, c'est-à-dire « saintement, si vous ne dirigez pas vos actions selon la règle de « la vérité? La vérité doit-elle donc manquer aux actions morales « des chrétiens? Certainement la vie d'un chrétien sera jugée « très-bonne, s'il rapporte toujours toutes ses actions et sa per« sonne même à la gloire de Dieu. Cela n'est-il pas aussi vrai, « qu'aucune autre chose que nous connaissions clairement et « distinctement?... Est-il jamais obligé de s'abstenir de quelque chose, s'il ne connaît clairement, qu'il s'en faut abstenir? Et « dans les choses où il est question d'agir, ne doit-il pas toujours « faire ce qu'il voit clairement que Dieu demande de lui : car qui « peut dire, qu'il soit obligé de faire quelque chose par une autre « raison? Et partant un chrétien n'étant jamais obligé de faire ou « de s'abstenir de quelque chose, sans cette lumière et clarté, « pourquoi voulez-vous ou plutôt, pourquoi supposez-vous moins « de vérité dans les mœurs que dans les sciences, puisqu'un « chrétien se doit moins soucier de faillir dans les sciences métaphysiques et géométriques que dans les mœurs? mais, me direz« vous, si quelqu'un veut douter dans la conduite de sa vie de «<l'existence des corps et des autres objets qui se présentent à lui, «< comme dans la métaphysique, on ne fera presque rien. Qu'importe, qu'on ne pèche point? Mais, si cela est, vous me direz, « par exemple. Je n'entendrai donc point la messe un jour de « dimanche, à cause que je puis douter si les murs de l'église que je pense voir sont de vrais murs, ou plutôt, ainsi qu'il arrive «< ordinairement dans les songes, s'ils ne sont rien. A cela je réponds, que tandis que vous douterez avec raison que ce soient

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<< de vrais murs, et que ce soit une vraie église, pour lors vous « n'êtes point obligé d'y entrer; non plus que vous n'êtes point obligé de manger, quelque éveillé que vous soyez, si vous ignorez que vous ayez du pain devant vous, et si vous croyez « être endormi. Vous me direz peut-être : Si vous agissez de la « sorte, vous vous laisserez donc mourir de faim? Et moi je vous

répondrai, que je ne suis point obligé de manger s'il ne m'est « évident que j'aie devant moi de quoi sustenter ma vie, laquelle, « faute d'un aliment qui me soit clairement connu, je puis et je « dois offrir en holocauste à Dieu, qui ne m'oblige point à agir, si je ne sais certainement que j'agis et que les objets qui sont « autour de moi sont réels et véritables. Vous n'avez donc point « dù établir deux genres de vérité 1. » L'obbiezione si riduce a tre punti. 1o Egli è impossibile l' ammettere verità pratiche, senza parecchie verità speculative, giacchè la morale è l'applicazione del dogma. 2o È impossibile l'accettare alcuna verità pratica coi dogmi speculativi corrispondenti, senza riconoscere molti veri nell' ordine fisico, come verbigrazia, l'esistenza del mondo, del proprio corpo, degli altri uomini, e via discorrendo. 5° L' adempimento della legge morale, secondo il debito dell' uomo e specialmente del Cristiano, presuppone la certezza del fine, a cui l'azione è indirizzata, dell' ordine in cui versa essa azione, e dei mezzi conducenti alla consecuzione del fine. Che se talvolta l'uomo è costretto di governarsi, secondo meri probabili; ciò non fa ch'eziandio in questo caso non si abbia qualche notizia certa, perchè, senza qualcosa di certo, la probabilità non può stare. Dunque il metodo dubitativo del Descartes, rimovendo ogni certezza fisica e speculativa, e crollando ogni vero, dall' esistenza del proprio animo in fuori, svelle di necessità le fondamenta della morale, e quelle della religione. Che rispondere a un tal raziocinio? Un ingegno filosofico assai più valido di quello del Descartes non ci avrebbe potuto nulla; onde non è meraviglia, se questo filosofo

1 OEuv., tom. VIII, p. 243, 244, 245.

nella sua risposta uccella alle mosche, dicendo che nelle cose della vita è spesso forza appagarsi di meri probabili1. Si certo; ma questa medesima dottrina, che, in mancanza del certo, bisogna star contento al probabile, non può farsi buona, se non si sanno e credono di molte cose con piena e assoluta certezza.

Qual sia il concetto, che l'autore del Metodo si fa di questa fede provvisoria, risulterà più chiaro dall' esame di un altro punto della sua dottrina, che non contrasta meno del primo alla professione cattolica. Voglio parlare della sua celebre sentenza, ripetuta in più luoghi delle sue opere, che il filosofo non dee prestare il suo assenso, se non alle idee chiare; la quale è il primo dei quattro precetti del suo metodo. Ora, come mai questa regola può accordarsi colla fede verso i misteri? Anche qui l' Arnauld, il quale credeva bonamente all' ortodossia dell'autore, lo consiglia a specificare che quella dignità è solo riferibile alle cognizioni naturali 5. Non occorre qui il cercare, se anche in ordine a queste, il precetto sia valido, anzi possibile; imperocchè non mi sarebbe difficile il provare che i misteri razionali e naturali non sono minori in numero e in oscurezza dei rivelati, che il sovrintelligibile si diffonde in tutte le parti del nostro conoscimento, che le idee più chiare hanno un lato oscuro, e che la luce intellettiva più sfolgorante è accompagnata da un buio impenetrabile. Ma questo non appartiene al mio presente proposito. Ciò che mi contento di notare si è, che la regola cartesiana, essendo generale e assoluta, dee logicamente riferirsi anche ai misteri della religione; e che la chiarezza, di cui vi si parla, essendo immediata e diretta, non può intendersi di quell' evidenza indiretta e mediata, a cui partecipano eziandio gli arcani della rivelazione, in quanto la loro credibilità è fondata su prove evidenti e irrefragabili. Dico

1 Ibid., p. 267, 268.

2 V. Disc. de la méth., tom. I, p. 141 e le Medit. passim.

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logicamente; perchè in effetto il Descartes esclude dalla sua regola la fede e la morale, come vedemmo averle rimosse dal suo dubbio metodico. Ma la ripugnanza della clausula non è minore in un caso, che nell' altro. Imperocchè qual è il motivo del privilegio? Come può essere ragionevole in religione un processo assurdo fuori di essa? O lo spirito umano può trovar la nota del vero, eziandio nelle idee oscure, o non può trovarla. Nel primo caso, dee loro assentire anche in filosofia; nel secondo, dee rigettarle anche in religione. Il piantare, come base metodica, che l' intelletto dee solo aderirsi all' evidenza, se vuol conoscere il vero e schivar l'errore, è affatto inutile, quando s' introduce qualche eccezione a questa regola. Imperò, se non vogliamo supporre che il Descartes paralogizzi in modo troppo enorme, dobbiamo inferirne che l'esclusione della fede e della morale dall' apparecchio dubitativo del suo metodo, e dalla prima regola metodica, sia una mera cautela esteriore di politica o di creanza. Tanto che quella fizione, che abbiam veduto non doversi attribuire al dubbio cartesiano, secondo il caritatevole presupposto di Antonio Arnauld, si potrà, senza calunnia, ascrivere alla religione e alla fede di Cartesio.

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Veggiamo tuttavia, se i termini usati da questo autore in vari luoghi confermino la nostra sentenza. « De quelque preuve, et argument que je me serve, » dic' egli, « il en faut toujours revenir là, qu'il n'y a que les choses que je conçois clairement et << distinctement qui aient la force de me persuader entièrement 1. » Si può egli parlare in modo più generale? « Il n'y a point de doute « que Dieu n'ait la puissance de produire toutes les choses que je suis capable de concevoir avec distinction; et je n'ai jamais jugé qu'il lui fùt impossible de faire quelque chose, que par « cela seul que je trouvais de la contradiction à la pouvoir bien « concevoir ". » Si può in guisa più espressa far della mente

1 Medit. 5. OEuv., tom. I, p. 317. * Medit. 6. OEuv., tom. I., p. 322.

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