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ingegno tenero e profondo, ma assai meno robusto, di Torquato. L'eroismo antico, cioè greco e romano, e l' eroismo cristiano, ma italico, ed erede della romana virtù, ha una semplicità impareggiabile, una gravità spontanea, una maestà non affettata: non sa punto di quel ventosello e saltarino e sventatello, che spesso si ravvisa nel valore dei nostri vicini. Dicasi altrettanto della lingua, della poesia, delle arti belle, dell' eloquenza. La lirica francese è troppo spesso un'amazzone in guardinfante, incipriata e imbellettata. Pochi scrittori sono così grandi nella loro lingua, come il Bossuet è veramente nella propria. Tuttavia non credo di esser solo fra' miei compatrioti, se dico di non poter ammirare coi retori francesi alcuni passi di quell' oratore, come per esempio il seguente: « O nuit désastreuse! ô nuit effroyable! où retentit tout à coup "comme un éclat de tonnerre, cette étonnante nouvelle : Madame «se meurt! Madame est morte 1! » Io chieggo, se questi strepiti e romori, che non potrebbero esser più grandi, quando si avverasse il fractus illabatur orbis di Orazio, e l'universo andasse in fascio, siano in proporzione colla morte di una principessa? Si potrebbe scagliar di più chi volesse dipingere la caduta di un imperio o il finimondo? Lascio stare quella voce madame, che rappresentando all' immaginazione i lezi e le smancerie delle dame parigine, contrasta tanto alla gravità e semplicità di un' orazione funerale, quanto a quella delle tragedie; giacchè questo è difetto della lingua, non dello scrittore. Nè mi arrogo con ciò di accusare uno scrittore così insigne e ammirabile, come il Bossuet, quasi che abbia offeso il decoro, secondo il modo di sentire dei Francesi : mi ristringo a dire che tali bellezze possono essere gustate difficilmente da noi Italiani, come nol sarebbero state per avventura da un Greco o da un Romano dell' antico Lazio; non potendomi figurare Demostene, Cicerone, Atanasio, il Grisostomo, Gregorio di Nazianzo in atto di scrivere o parlamentare a questa foggia. Poichè sono in via di bestemmiare, ne dirò

1 Orais, fun. d'Henr. d'Anglet.

ancor un'altra; cioè, che senza disdire al Mirabeau molto vigor d'ingegno e di facondia, io son tentato di ridere, quando altri lo paragona a Tullio o a Demostene; e mi ricordo del Corneille, che con molta sincerità antiponeva a Virgilio Lucano; parendomi che il Mirabeau sia, per qualche rispetto, il Lucano dell'eloquenza; e che quei tratti forti sì, ma ampollosi, convulsi e frenetici, che si citano delle sue aringhe, abbiano tanto del sublime consueto agli oratori illustri dell'antichità, quanto i moderni parlamenti di Parigi somigliano al senato dell' antica Roma.

Se si parla poi in ispecie dell' età nostra, trovasi che il modo di scrivere in francese più riputato ha una mirabile somiglianza con quello, che correva in Italia, durante il secolo decimosettimo. Non sarebbe difficile il rinvenire nel Chateaubriand, nell' Hugo, nel Lamartine moltissimi tratti, che tradotti letteralmente nel nostro idioma, potrebbono parere di Ferrante Pallavicino, del Tesauro, del Fiamma, dell' Achillini, del Ciampoli, del Preti, e di quanti altri più abbominati poeti e prosatori contaminarono le nostre lettere nel secento. Nè voglio inferir da ciò che i detti scrittori francesi siano cattivi, ma solo fermare un fatto; sapendo del resto benissimo che la Francia non è l'Italia, e che il secolo, che corre, non è il secento.

A proposito delle osservazioni sopraccitate del Vico sull' ingegno filosofico dei Francesi, non sarà discaro il vederle corroborate da un' avvertenza analoga per opera di un Francese sagacissimo, cioè del Dalembert, cosi parlante della propria nazione: Tuttociò, che si riferisce ai sentimenti non può essere l'oggetto « di lunghe indagini, e lascia di piacere, quando non si può conseguire in breve spazio; ondechè il fervore, con cui lo abbracciamo, si spegne ben tosto; e l'animo, che se ne trova ristucco, come prima ne è sazio, corre dietro ad un altro

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oggetto, cui abbandona ben tosto nella medesima guisa. All' << incontro il vero si è, che lo spirito non può ottenere quel che «< cerca, se non per via della meditazione; e per lo stesso motivo il suo godimento è proporzionato alla lunghezza dello studio « messo in procacciarlo 1.

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NOTA 9.

« La France gouverne le midi de l'Europe, et c'est toujours « un peu le passé de la France, qui est le présent de l'élite << des populations du Portugal, de l'Espagne et de l'Italie. Ces « belles contrées sont en général et dans la philosophie en par« ticulier, ce que les fait la France. Leur présent est le passé << de la France; l'avenir de la France décidera de leur avenir 2. »

Non ispetta a me il parlare degli Spagnuoli e de' Portoghesi : veggano essi, se il sig. Cousin abbia ragione o torto. S' egli ha ragione, e il loro avvenire è quello della Francia, i poveretti stanno freschi. Quanto all'Italia, egli è verissimo che il volgo, cioè il maggior numero, è pedissequo dei Francesi; ma il volgo, (non dico la plebe,) ancorchè ben vestito ed elegante, non è l'eletta della nazione. Il sig. Cousin, che ha viaggiato in Italia, ci dovette osservare le bertucce, e non gli uomini.

NOTA 10.

Taluno chiederà forse, se al parer nostro, l' eterodossia moderna, così nella speculazione, come nella pratica, s'accosti alla sua fine; o in altri termini, se il ciclo delle rivoluzioni sia conchiuso. Imperocchè l' eterodossia è sempre una rivoluzione, che succede nella vita civile o intellettiva degli uomini. Ogni rivoluzione è

1 Disc. prél. de l'Encycl.

Introd. à l'hist. de la phil., leçon 13.

una negazione della sovranità, cioè dell' Idea: le rivoluzioni intellettuali negano l' Idea parlante, le politiche l'Idea governante; e dopo aver corse diverse vicende, finiscono col rinnovamento dell' imperio legittimo, cioè ideale, e come oggi si dice, con una ristorazione, purchè non si pigli questo vocabolo nel senso dei legittimisti francesi. Dico adunque, parlando generalmente, che la ristorazione europea dipende dai popoli e dai principi. Se i popoli si ostinano a non voler ripigliare il buono antico, e i principi a mantenere o ripristinare i vecchi abusi, il male, che ci affligge, durerà, e il mondo sarà turbato da nuovi rivolgimenti. Confesso che la cecità dei popoli e dei principi mi spaventa. Gli uni e gli altri mostrano una pervicacia maravigliosa a conservare ed accarezzare ciò che gli ammazza, a ripudiare ciò che potrebbe salvarli. I popoli amano l'empietà e la licenza: i re si appigliano al dispotismo. E dove i borghesi ed i nobili, come in Francia e in Inghilterra, partecipano al governo, essi non si mostrano più savi, nè più umani dei re; giacchè non pensano ad altro che a godere della loro potenza, in vece di adoperarla a migliorare e felicitare la classe più numerosa della nazione. Se si va innanzi su questo piede, Gracco e Spartaco, lo Zisca e il Robespierre insanguineranno di nuovo l' Europa, e renderanno la fine del corrente secolo, come quella del passato, lacrimevole alla posterità.

Per ciò che spetta in particolare alle dottrine, si può anche dubitare, se gli spiriti siano veramente disposti a ritornare di corto alla fede, e se coloro che il credono, non siano illusi dal desiderio. Imperocchè, sebbene tratto tratto occorrano certe oscillazioni favorevoli alla causa del vero, non pare però, ragguagliata ogni cosa, che gli spiriti siano in via di regresso verso la religione: la miscredenza cangia forme, non genio, nè sostanza. Poco importa che dal materialismo e dall' ateismo siasi passato al razionalismo e ad un panteismo spirituale, ovvero anche ad una spezie di Cristianesimo astratto e speculativo; non essendo ciò altro, che uno scambio di opinioni; dovechè da queste a una fede positiva,

ferma e operosa, qual si addice all' uomo cattolico, l'intervallo è grande e il passaggio malagevole. Nè anche so, se il razionalismo corrente sia per durare. Parmi che oggi si rifaccia a passo a passo ciò che si fece in fretta e ad un tratto nell' età trascorsa; che si tenti di eseguire scientificamente e a sangue raffreddo ciò che si era dianzi abborracciato, per impeto di passione e d'immaginativa. Gl' increduli passati di Francia discorrevano con rabbia; laddove l'empietà moderna in Germania è pacata, e bestemmia dottamente. Certo, dopo i lunghi circuiti dell' errore, dopo la voga di una falsa scienza abile a mantellare colla erudizione i sofismi, l'ingegno umano dovrà riposarsi nel vero; ma prima che si giunga a questo segno, uopo è forse che si compia l' integro giro dell' errore; e siccome nel periodo dell' empietà ignorante e appassionata, si trapassò dal negare la Bibbia e la rivelazione all' impugnare le verità razionali, e si riuscì all' ateismo; così nel periodo dell' empietà saputa e tranquilla, che ora incomincia, si farà pur transito dalla rivelazione alla filosofia. Il tempo non è lontano, in cui dal razionalismo spurio e floscio, che ora domina, si trascorrerà probabilmente in un nuovo sensismo; il quale avrà forse origine in Germania; destinata ad educare e dare una forma più rigorosa ed artifiziata alle opinioni del Condillac, come Emanuele Kant recò a perfezione il psicologismo di Cartesio e l' Hegel il panteisino. E già si può conghietturare ad alcuni segni che il sensismo cominci ad insinuarvisi e ad esservi in onore; il quale certo dovrà esser tanto superiore a quello del Condillac e del Tracy, quanto l'ermeneutica e la critica licenziosa dell' Eichhorn e del Gesenius sovrastanno a quelle del Voltaire e del Volney. A ogni modo io desidero di essere un falso profeta, ma posso difficilmente credere che un secolo, nel quale un'opera, come quella dello Strausse, ha ottenuto una celebrità grande, e gli onori della moda, non sia destinato a finire con una nuova edizione del Sistema della natura. Il che mi pare tanto più probabile, che il razionalismo teologico è sensuale per principio, per genio, per essenza, per metodo e per iscopo, benchè nella prima fronte paia il contrario.

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