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NOTA 5.

Siccome, non che confutare una folla di autori moderni, che sentono diversamente da me, circa i punti trattati nella mia opera, non ne fo pure menzione, debbo dar ragione del mio silenzio. Il quale alcune volte procede da mera ignoranza; perchè nelle mie condizioni di fortuna, non essendomi possibile il pigliar conoscenza di tutti i libri, che si stampano anche solo in Francia e in Italia, non posso ragionevolmente discorrerne; nè so adattarmi all'uso corrente di parlare delle cose e dei libri, che non conosco. Altre volte, e a dir vero molto spesso, il mio tacere proviene da un altro motivo, che lascerei volentieri indovinare al lettore, se non mi fosse d'uopo accennarlo, per mia giustificazione. Io credo che l' interesse della scienza, e la preziosità del tempo, dalla parte di chi scrive e di chi legge, interdicono che si faccia menzione di quelle opere, che non si levano sopra il mediocre per la dottrina, e per l'ingegno degli autori. Tuttociò che è triviale, leggero, o volgarmente paradossale, non merita pure di essere nominato; perchè se si volesse tener dietro a tutte le inezie, le stranezze e le scempiezze, che si stampano alla giornata, si andrebbe in infinito, con tedio indicibile e nessun pro dei lettori. Egli basta fermare i pronunziati applicabili alle varie dottrine che corrono, atti e sufficienti a mostrare il vero pregio loro. L'impresa di criticare e confutare sugosamente i libri mediocri, che escono di tempo in tempo, appartiene ai giornali; dico ai giornali buoni, che siano quali debbono essere. Imperocchè un buon giornale non è la scienza, ma la censura di quelli, che la coltivano. Chi scrive un libro dee solo far caso delle opere di peso; le quali veramente non danno molta fatica a chi s'intromette di filosofare; perchè il buono in questo genere non fu mai così raro, nè il cattivo o il mediocre così strabocchevole, come oggi. Ciò basterà per escusarmi, se io preterisco affatto certe composizioni recenti, senza guardare al giudizio, che se ne porta dagli

arbitri della moda. Nel qual novero io colloco una ponderosa compilazione, che si stà facendo in Francia, sotto il titolo di Enciclopedia nuova; i cui autori usciti dalla scuola del SaintSimon, cominciarono a divulgare i lor pensamenti in uno scritto periodico, sotto il nome di Rivista enciclopedica. Or che dire di una setta, la quale comincia con un giornale, e finisce con un dizionario? I giornali e i dizionari scientifici con poco bene han fatto tanto male al vero sapere, che chi non sa eleggere altra forma che questa, per esprimere i propri pensieri, non fa presumere molto favorevolmente della sua profondità filosofica. I giornali e i dizionari ripugnano assolutamente all'unità, alla simmetria, alla concatenazione, alla precisione, alla concisione, alla chiarezza, insomma all' organismo scientifico: fanno il sapere in pezzi : rendono impossibile ogni ordine introducono il caos nelle dottrine importano molte lacune, e molte ripetizioni inevitabili; e quindi piacciono ai lettori frivoli, ma infastidiscono e impazientano chi cerca ne' libri un alimento sodo e nutritivo. Si noti bene che io parlo qui dei giornali, che si scostano da quel fine, che si dovrebbono proporre. Un ingegno non volgare, ma scettico, come Pietro Bayle, può dilettarsi dell' ordine disordinato di un dizionario, come conforme al suo sistema; ma un gran filosofo dogmatico, una mente architettonica dee ripugnare a tal maniera di componimento. Nel secolo passato una setta, che mirava a distruggere tutti gli ordini stabiliti, concepi l' idea di una enciclopedia, che corrispondeva maravigliosamente al suo intento; la quale in effetto demoli ogni cosa, e sterminò in Francia la religione e il vero sapere. Ma gli strumenti, con cui si atterra e si riduce in polvere un edifizio, non sono già quelli, con cui si può rifabbricare; onde il volere restituir la scienza e ricomporre la religione con enciclopedie e altre tali opere, la cui sola forma esclude la profondità, è impresa ridicola. Egli è vero che gli autori della Enciclopedia nuova si propongono di continuare la tradizione del secolo decimottavo. La tradizione? Ma che tradizione può esser quella, che preme le orme de' filosofi più antitradizionali,

che siano stati al mondo ? Se non si vuol puerilmente abusare il senso dei vocaboli, la tradizione non consiste già nel ripetere e seguire le stravaganze, in cui può cadere questa o quella generazione di pensanti, ma nel custodire quell' insegnamento, che per una catena non interrotta risale ai principii del genere umano. Gli autori dell' Enciclopedia nuova pretendono veramente di mantenere questa catena; ma siccome essi ripudiano la verità storica dei monumenti, che ne sono il primo anello, e turbano il regno della critica colle fole germaniche dei miti e dei simboli, applicati promiscuamente a tutte le parti dell'antichità, i dogmi tradizionali non hanno più alcun valore, e arrendevoli, come pasta molle, ai capricci dello spirito, riescono ciò che piace a ciascuno di farne. Quanto alla dottrina, i nuovi enciclopedisti lasciano molto da desiderare'; e se tuttavia avanzano gl' increduli dell' età passata, egli è d' uopo notare che l' ignoranza di questi nelle cose di religione teneva ancor meno del raro, che del miracoloso. Basta forse il sovrastare a Tersite, per essere riputato un Achille di forza e di valore? Ma ciò che è più bello si è, che i moderni enciclopedisti hanno in gran concetto la valentia dei loro precessori, gli tengono per invitti, e nello stimare l' altrui merito, porgono la misura del proprio. Essi ti dicono francamente che la pugna della filosofia contro il Cristianesimo è ormai terminata, e che il tirarla innanzi sarebbe un proseguire inutilmente la vittoria 2. Ti affermano con un piglio ancor più ridicolo che la filosofia « a triomphé du christianisme en l'attaquant par son côté « faible, c'est-à-dire en pulvérisant ses mythes et ses symboles 3. »

1 Si avverta che io parlo solo di quelle parti dell'Enciclopedia nuova, che riguardano le scienze speculative e religiose.

* Art. Christianisme, tom. III, p. 555.

5 Ibid, p. 556. Nota singolar foggia di espressione. Come mai si può ridurre in polvere ciò che non ha luogo? Come mai, per ridurre in polvere dei miti e dei simboli, ci vuole la filosofia? E in che modo i miti ed i simboli si possono ridurre in polvere? Questa bella frase dee qui voler dir confutare, poichè si tratta di dottrine il confutare può solo farsi rispetto agli errori; come dun

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Certo, quando uno scrittore sentenzia gravemente che le credenze religiose di Bacone, del Leibniz, del Newton, del Pascal, del Bossuet, del Vico, dell' Euler, furono ridotte in polvere dal Voltaire, dal Diderot, dall' Holbach, dai deisti inglesi, dai razionalisti tedeschi; quando egli discorre in tal guisa, senza il menomo sospetto di compromettere la dignità propria, e il sussiego de' suoi lettori e uditori; il solo sentimento, che possa impedire il riso inestinguibile, di cui parla Omero, è quell' affetto di commiserazione, che si prova verso le vittime di un errore eccessivo e deplorabile. Imperocchè, qual cosa è più singolare, che il cantar vittoria dopo la sconfitta? Che il voler mutare in marcia trionfale una ignominiosa fuga? Mi si citi un solo punto, in cui la filosofia abbia ridotto in polvere il Cristianesimo; e se il fatto è vero, io voglio tacer per sempre. Ma se altri si risolvesse di accettare il mio invito, si guardi bene dal provare invece la propria ignoranza; perchè io ho conosciuti uomini dottissimi in questo o quel ramo delle scienze profane, e irreligiosi; ma uomini versati nella religione, e tuttavia increduli, non ne ho conosciuto nessuno. Quanto ai nuovi enciclopedisti, convien credere che il desiderio di avere il suolo bello e netto, per innalzare un novello edifizio, senza l'impaccio di demolir l'antico, e fuori del rischio di fabbricare in aria, abbia cooperato a persuader loro quella singolare opinione. I trovati religiosi erano possibili nella gentilità, e lo sono tuttavia fuori del Cristianesimo; benchè in tutti i casi il novello instituto, se mette radice, sia più tosto un rinnovamento, che una innovazione. Ma dove regnano i riti cristiani, o

que si possono ridurre in polvere i miti ed i simboli, cioè delle favole e dei sogni? Tanto sarebbe il voler confutare le Metamorfosi d'Ovidio o la lingua latina. I nuovi enciclopedisti volevano dire che la filosofia ridusse in polvere il Cristianesimo, registrando i suoi dogmi e i suoi prodigii fra i simboli e i miti; volevano, ma nol dissero, e invece di proferire una falsità, proferirono (sit venia verbo), una sciocchezza. Questo non saper parlare è frequentissimo, e quasi continuo, negl' illustri compilatori.

se ne ha notizia, il tentativo non può riuscire; perchè il tipo del vero, che stà innanzi agli occhi di tutti, nol comporta la cognizione, che si ha dell' originale, smaschera le cattive copie, e preclude ogni via al fanatismo e alla frode. Perciò i parti di questo genere muoiono avanti di nascere, e sono aborti ridicoli o schifosi. L'esempio recente e nazionale dei Teofilantropi, e quello in ispecie dei Sansimoniani, a cui si attengono per convenienza d'idee e ragion di origine i nuovi enciclopedisti, avrebbe dovuto aprir gli occhi a questi, e far loro presentire l'esito che gli aspetta. Nè importa che, avendo fallito lo stabilimento di un culto positivo, aspirino ora, con pretensione più modesta, a fondar solamente o preparare una religione filosofica. Imperocchè l'essenza della religione è il dogma; ora la sola via aperta a chi è fuori del paganesimo, è il dogma cristiano o la sua negazione, cioè la la miscredenza, qualunque sia la forma, in cui essa si mostri, o il velo, con cui si copra. Il voler preservare il dogma religioso, senza essere cristiano, e il voler ripudiare il Cristianesimo, senza essere deista, secondo la pretensione degli enciclopedisti novelli 3, è solenne follia. Conciossiachè, dove si buscherà il nuovo dogma? Nelle tradizioni forse? Ma se si ripudia il filo diritto e legittimo della tradizione ebraica, cristiana e cattolica, e si accomunano tutte le tradizioni del mondo, si distrugge l'autorità del principio tradizionale, e s'introduce un caos inestricabile. La tradizione legittima, che i cattolici riconoscono, è sola autorevole, perchè sola è regolare, continua e gerarchica; perchè sola somministra una regola fermă e inconcussa, onde cernere il vero dal falso nelle memorie disperse, alterate e confuse del genere umano. O vero chiederete all' immaginazione degl' idoli fantastici, per sostener la vece di sovrintelligibili? Ma niun uomo di sano intelletto, e non ignaro delle dottrine cristiane, si ridurrà a ricevere i fantasmi, per

1 Consid, sulle dottr. relig. di V. Cousin, cap. 3, p. 130, 131.
2 Il razionalismo teologico, verbigrazia, è una vera miscredenza.
3 V. art. Bolingbroke, tom II, p. 760, 761, 762.

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