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oserebbe in Francia paragonare l'eleganza manierata e l'estro fervido, ma spesso declamatorio, di Giangiacomo Rousseau, e di alcuni scrittori più recenti, alla schietta e spontanea eloquenza del Pascal e del Bossuet? I quali, con tutto il loro ingegno, non sarebbero riusciti eccellenti nell'artificio dello scrivere, se fossero stati men grandi di senno e di dottrina. L'arte del dire, che non è corroborata da una scienza soda e profonda, diventa agevolmente ciarliera, e l'eloquenza, spogliata di tal corredo, riesce falsa, ampollosa e sofistica. Gli antichi assai più facondi ed eleganti, e di gusto più purgato dei moderni, non la pensavano tuttavia come questi, e subordinavano sempre l'elocuzione ai pensieri. L'eccellenza del dire sottostava alla sapienza: Sallustio 1 derideva col nome di loquentia la facondia ignorante, e Orazio 2 collocava nel sapere il principio del bello scrivere.

La nota più insigne della età corrente e della passata, per ciò che spetta alle scienze speculative, è la nullità ideale. Leggi gli scritti più famosi, e d'altronde pregevoli, che si sono stampati in Francia da un secolo in qua, intorno a cose filosofiche: ci troverai spesso molto spirito, leggiadria, affetto, immaginativa, e talvolta erudizione; ci troverai tutto, salvo che l' Idea, la quale non vi apparisce, o si mostra solo per isbieco, in modo oscuro, confuso, accessorio, manchevole, sproporzionato alla dignità e importanza dell'oggetto. Di qui è nata quella povertà di concetti, che oggidì nelle lettere francesi è divenuta evidente anche ai meno oculati, e gioverà, se non altro, a sterpare la maledizione dei cattivi giornali, che ne

1 Catilin. 5.

2 De art. poet., v. 309.

sono in gran parte la causa. Imperocchè i concetti sono prole legittima dell' Idea, fonte inesausta di ogni dovizia intellettiva, e di ogni splendore; tanto che quando lo spirito fa divorzio da quella, diventa di necessità infecondo. Invano si va a caccia d'idee in paese forestiero; in vano si ricorre ai Tedeschi i quali non avendo dell' Idea riflessa, se non un' ombra sfuggevole, non potranno mai darti ciò che non posseggono. Il ricorrere alla fantasia, allo spirito, ai paradossi, è poco più profittevole, e serve solo a procrear de' mostri. Da dieci anni in qua un nuvolo di scrittori ti parlano di progresso, di Cristianesimo umanitario, di democrazia schietta; e certo le parole loro non mancano; ma con qual costrutto? Leggi quegli eleganti singhiozzi di politica popolana, che una penna illustre ci regala da qualche tempo: potrai dilettarti del bello stile, il quale talvolta sarebbe ancor più bello, se lo scrittore ubbidisse meno all' uso corrente; ma che sugo, che sostanza ne caverai, se non di concetti falsi o triviali, e spesso triviali e falsi nello stesso tempo? Altri meno ingegnosi, per evitare le trivialità, si gittano allo strano, all' assurdo, al ridicolo, e ti presentano tali squisitezze, che non ne mangerebbero i cani. E così l'ingegno umano si prostra, e smarrisce perfino la capacità di ben filosofare e di ritrovare il che è affatto ragionevole ; perchè lo spirito non può trovar in sè medesimo quella forza, che dee scender dall' alto, e muovere dal divino principio di ogni cosa. Quando, aggiugnendo una profonda riflessione all' intuito, risale all' Idea e l'abbraccia con amoroso desiderio, procacciando d'incorporarsela, e conformandole gli affetti e i voleri, egli ne acquista tanto di lume e di vigore, che si solleva sopra la sua bassezza, e partecipa in un certo modo dell' incommutabile, dell' assoluto, dell' eterno, dell' infinito.

In ciò consiste l'apoteosi ragionevole dell' uomo, presentita dagli antichi filosofi, e il perfezionamento morale predicato dall' Evangelio; imperocchè la carità cristiana non è altro in sostanza, che l'amor della Idea. Ma se questa si trascura o dimentica, lo spirito ricade nel suo nulla originale, e l'ingegno si tarpa da sè stesso le ali, con cui potrebbe salire in cielo. Di qui deriva la mezzanità degl' intelletti moderni, costretti ad aleggiar terra terra, perchè non sanno innalzarsi sui vanni ideali alle ampiezze del firmamento. Di qui nasce la voga delle argutezze sofistiche, il prevalere delle frasi sui concetti, e l'aver perduto nelle cose morali perfino il gusto e il sapor del vero.

Queste avvertenze parranno a molti acerbe, ad alcuni temerarie ed ingiuste. Che uno sconosciuto si faccia innanzi, e sfrondi arditamente gli allori di alcuni nomi, che hanno acquistata bene o male una grande celebrità, sarà tenuto per follia ridicola, o per arroganza incomportabile. Nè io aspiro a trovar molti lodatori, o approvatori della mia opinione. Mi stupirei anzi, se avvenisse il contrario; perchè chi cammina a ritroso della moda, non può ragionevolmente promettersi il consenso dei più. Ma io noto, leggendo la storia, che una età deride spesso universalmente ciò che fu ammirato da un' altra, eziandio poco lontana. I nomi di Gorgia e di Protagora furono al loro tempo tanto famosi, quanto i nomi più illustri dei giorni nostri; nè la Grecia d'allora era men colta della moderna Francia. Poco tempo dopo, l'opinione si mutò per modo, che il nome onorevole di sofista divenne un titolo di vituperio. L'anatema dura, da più di venti secoli, contro la denominazione e la dottrina di quei falsi savi. Ora, se i sofisti greci furono i parolai del tempo loro, i parolai moderni

sono in parte i sofisti del nostro ; perchè, quantunque siano, (generalmente parlando,) più leali di quelli, il saper loro non è più esteso, nè più fondato. Non si può dunque augurare alla loro fama una miglior fortuna; chi non voglia credere che i buoni studi e la buona filosofia siano morti per sempre. Ma la filosofia è immortale, come lo spirito umano che l'ha creata, e il vero, dopo un naufragio apparente, ritorna sempre a galla. I falsi sapienti della età moderna misero in fondo la speculazione, sequestrandola dall' Idea e dagl' insegnamenti cristiani, come i sofisti di Atene sperperarono il sacro retaggio della dottrina primitiva, tramandato loro in parte da' jerofanti, e dai Pitagorici. Platone rappiccò il filo tradizionale, per quanto le condizioni dei tempi lo comportavano, e meritò il titolo di secondo padre della filosofia greca. Una instaurazion somigliante, proporzionata all'indole e agl' incrementi della età cristiana, è più che mai necessaria ai di nostri; ma il tentarla sarebbe indarno, finchè durano le preconcette opinioni, e il secolo si adora. Spiantate l'indegna superstizione, spezzando gl' idoli bugiardi dei sofisti e dei declamatori, se volete restituire gli altari del vero culto (34).

Chiamiamo a rassegna le qualità principali dell'ingegno speculativo, così in sè stesso, conforme alla definizione che ne abbiamo data, come nelle sue attinenze esteriori.

L'ingegno è inventore, cioè nuovo e pellegrino. La sua novità non consiste nella sostanza delle verità che scuopre, perchè il vero ideale è connaturato allo spirito dell'uomo, che non può trovare in ordine a quello nessuna realtà essenzialmente ignota, come succede nel giro dei calcoli e dei fenomeni. Ma siccome la notizia ideale può essere più o meno

chiara e distinta per lo spirito ripensante; questa diversità di luce e di contorni genera una varietà indefinita di graduazioni, donde nasce il solo progresso possibile delle scienze razionali. Oltre che, le idee essendo connesse fra loro e coi fatti, dallo studio delle une, dalla scoperta degli altri, e dal ragguaglio di questi e di quelle, rampolla la notizia d'infinite attinenze, che illustrano vie meglio esse idee, e accrescono la somma delle cognizioni. Il quale aumento si riduce in sostanza a due punti; cioè, a scoprir nuove e recondite attinenze fra le cose intelligibili e sensibili; a render chiare le idee oscure, mettere in rilievo ciò che prima era in superficie, mostrar di faccia ciò che appariva di profilo, dar risalto e far campeggiare distinto, individuato e spiccato dal fondo, ciò che dianzi era confuso col resto, e come perduto nella massa incomposta di elementi eterogenei. Nella qual opera riluce massimamente la pellegrinità ed eccellenza dell'ingegno speculativo. Onde si possono distinguere due spezie di questo ingegno, amendue pregevoli, ma l'una meno esquisita, e men rara dell'altra. La prima si contenta di delineare o dipingere le fattezze ideali, e lascia qualche cosa da desiderare nella precisione dei dintorni, e nel rilievo che si porge alle figure; laddove la seconda le incide e scolpisce, facendole quasi toccar con mano. I metafisici scultori sono rarissimi. Ma questi e quelli non creano nulla di nuovo, nè meno subbiettivamente, se non in quanto aggiungono nuovi gradi di finitezza e di luce all'apprension riflessiva. Conseguentemente, le scoperte filosofiche, se sono tali che stiano a martello, non troncano mai il filo della tradizione scientifica la novità non sovverte, ma compie le antiche e fondate dottrine. Quindi si vede, che giudizio portar si debba di coloro, i quali presumono di poter inventare sistemi affatto nuovi, e ammettono

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