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col deforme; giacchè il bello è la forma del vero. Il che chiarisce, quanto s'ingannino coloro, i quali stimano l'ingegno potersi accoppiare nelle lettere e arti amene col cattivo gusto, e nelle scienze coll' abito sofistico. Anzi, secondo alcuni, i cavillatori, e coloro che fan professione di ritrarre il laido ed il brutto, vincono in eccellenza gli altri uomini, purchè riescano coi paradossi e coi mostri a far qualche romore, e a colpir l'immaginazione degli spiriti volgari. Or siccome, al parer mio, costoro si scostano dal diritto cammino, credo che nel qualificar l'ingegno, non si mostrano ingegnosi.

La perizia nel rapire e immedesimarsi l'Idea, come vero, essendo ciò che forma l' ingegno filosofico, questo può chiamarsi propriamente ideale. Veggasi adunque, con qual ragione si sogliano battezzare per filosofi una folla di autori, che si mostrano solleciti, scrivendo, d'ogni altra cosa, che del vero. La setta di costoro cominciò in Francia nel passato secolo, si stese per Europa, e regna ancora al di d'oggi. Ella ha ciò di proprio, che i suoi fautori non sono dediti a una dottrina più che ad un' altra, ma seguono questa o quella, secondo che il capriccio gira, e torna opportuno al loro proposito. Siccome non mirano all' onor del vero, nè al pro degli uomini, ma a far romore, e a muovere la folla, tirando le lettere a guadagno o ad ambizione, sono astretti a governarsi, secondo l'indole dei tempi, e ad essere spiritualisti o materialisti, pii o irreligiosi, amatori di libertà o fautori di tirannide, difensori del buono o del cattivo gusto, a tenore del capriccio e dell' umore corrente. Non è già che costoro aderiscano buonamente all' opinion comune: il partito sarebbe cattivo e da sciocchi per adescar l'occhio bisogna

assordare l'orecchio altrui, nè può romoreggiare e trarre la gente chi non ha qualche lancia da correre, e nemici da far la schermaglia. Perciò studiano, qual sia l'andazzo, a cui si volgono i tempi, e la novità, verso la quale gli animi sono avviati : ad essa si appigliano : si chiamano e si spacciano riformatori fanno setta; e danno fieramente addosso a chi è partigiano dell' antico, comunque abbia torto o ragione. Perciò, se questa fazione, di cui il Voltaire può considerarsi come il fondatore, si volse da principio a empietà, secondo il vezzo della stagione, che allora correva; in appresso, quando la miscredenza fu sparsa, e cominciò a saper di volgare e di rancido, si gittò alle dottrine contrarie; e se prima bistrattava la religione per distruggerla, ora la malmena per esagerarla, modificarla, difenderla a suo modo; pessimi amici e forse più pregiudiziali, che quando erano nemici. Siccome poi in questo secolo andarino e versatile, il corso delle opinioni è velocissimo, e la moda del pensare non varia meno che quella del vestire e dell' abbigliarsi, molti per mantenersi in voga, e schivar il dispiacere di assistere in gramaglie al proprio mortorio, usano di secondare la volubilità dei tempi; onde hanno il diletto di gustar tutte le opinioni, e il vantaggio di raccogliere e rappresentare nella propria persona una seguenza di vicende intellettuali, che soverchierebbero al bisogno di cinque o sei secoli. E come si narra di una donna romana, che calcolava gli anni ed i consoli col numero dei mariti, così trovansi oggidi scrittori, che potrebbero distinguere gli annali della loro vita col novero delle opinioni sposate successivamente.

Non crediate però che tutti costoro siano di mala fede, e

mentiscano svergognatamente agli altri e a sè stessi. Fareste loro un gran torto a giudicarli in modo così severo; perchè si trova fra loro di molta buona gente; ci si trovano in folla uomini soffici, volatili, destituiti di ogni nerbo e vigore, che sarebbero incapaci di tanta malizia. L'ingenuità stessa, che recano nelle loro variazioni intellettuali, è buon testimonio di lealtà e d'innocenza. Eccovi, che lungi dall' attribuirsele a vizio o a disonore, e dal vergognarsene, se ne sogliono vantare, come di un merito o di un privilegio, e chiamansi uomini progressivi. E come potrebbero arrossirne? Il vero a parer loro non ha, nè può avere alcuna consistenza : va e viene, come il fiotto del mare, o come il mondo di Eraclito non è veramente, ma passa; altrimenti non potrebbe accordarsi colla legge sovrana del progresso, e colle sorti perfettibili del nostro genere.

La costanza nelle opinioni non può derivare altronde, che dal vero. Il quale, ben preso e ben penetrato, ha virtù di fermar l'intelletto dell'uomo, perchè ne è il termine naturale, e l'oggetto supremo. Gl' ingegni sviati si lasciano volgere e traportare a ogni vento 1; giacchè l'errore non può godere le prerogative del suo contrario, nè ha forza bastevole per contrastare agl' impeti e alle fluttuazioni dell' arbitrio, dell' immaginativa e dell' affetto. Perciò la conversione al vero è un cambiamento onorevole e desiderabile, che porge modo all' intelletto di riposarsi nel suo fine, e gli conferisce quella tranquilla e serena fermezza, che è differentissima dall' ostinazione, e non si può ottenere altrimenti, che mediante un dimestico commercio dello spirito colle verità ideali. Impe

1 Eph. IV, 14.

rocchè l'Idea partorisce, non solo l'evidenza, come vedremo, ma eziandio la certezza, e quell' intima persuasione profonda, che è propria del vero; il quale non può meglio essere imitato dall' errore in sè e ne' suoi effetti, che la virtù dall'ipocrisia. Guardatevi adunque dal chiamare instabile chi lascia l'errore; poichè il mutarsi in questo caso reca all' uomo il prezioso privilegio di essere costante. Ma acciocchè una dottrina produca questo frutto, non basta ch' ella sia vera in sè medesima, ma fa d'uopo conoscerla, come tale, intrinsecarsi in essa, e ben possederla. Altrimenti, il vero non si distingue gran fatto dal falso nell' impressione che fa sullo spirito dell' uomo. Ora i filosofi, di cui parliamo, usano di sfiorare gli oggetti, e si fermano alla scorza, senza entrar nel midollo ; onde quando il caso o il capriccio gli fa imbattere nella verità, godono assai meno della sostanza, che dell'ombra di essa. Non è dunque da stupire, se passano dal vero al falso, come dal falso al vero, con pari facilità, e con perpetuo circuito; e se la religione degli uni non è più salda e durevole, che l'incredulità degli altri. Le conversioni e le apostasie in questo caso differiscono più al sembiante che in effetto; nè si può dire che abbandoni il vero, chi dianzi lo abbracciò e professollo, come una novità pellegrina, avvalorata dalla moda.

In

questi scrittori apparisce manifestamente il predominio della parola sull' idea, della forma sulla materia, dell' espressione sulla dottrina; onde si dovrebbero chiamare parolai, anzichè filosofi. A loro si vuol attribuire la voga di quella scienza falsa e superficiale, che oggi tiene il bastone in mano. Sorge alcuno in Francia, che sa scrivere, e si mostra sonoro ed elegante artefice di parole: tutto il mondo gli corre

dietro sale in fama di raro ingegno, di gran pensatore ; ancorchè sia troppo chiaro, che fuori di quei concetti e di quei sentimenti, che corrono le vie, egli non sa nulla, e che tutto il suo valore risiede nel magistero della penna. Potrei allegare alcuni illustri esempi di tal genere, che parrebbero incredibili, se non gli avessimo innanzi agli occhi. E poi ci maraviglieremo che il secolo rimbambisca? Niun uomo è più degno di ammirazione, che un grande scrittore, quando' sia dotto e savio ; ma un grande scrittore, che come i cattivi avvocati, difenda nello spazio di pochi anni, le cause più contraddittorie, si burla del pubblico, abusa la favella e il proprio ingegno, ed è degno, non che di lode, di gravissima riprensione. Il che non accadrebbe, se chi ha sortito dalla natura l'eccellenza dello scrivere, facesse coll' arte acquisto delle dottrine. Ma siccome queste si compongono di particolari, lo studio dei quali è lungo, minuto, difficile, faticoso, i parolai lo dismettono, o lo fanno male; onde nasce la loro nullità assoluta in tutte le cose, che si attengono alla notizia dei fatti o delle idee concrete e apodittiche. Spaziano per le astrattezze e pei generali, il che è assai più agevole; ma i loro astratti sono vaghi, le generalità vuote, perchè da un lato non si fondano su dati particolari, dall' altro non arrivano alle idealità razionali. Infatti negli ordini della ragione l'astratto e il concreto, il generale e il particolare s'immedesimano insieme, e chi crede che la speculazione, donde si cava la notizia dei veri intelligibili, sia più facile e speditiva, che l'arte delle osservazioni e degli esperimenti, non se ne intende (33). D'altra parte, il difetto di buona dottrina ridonda in detrimento della stessa eloquenza. Gli autori, di cui parlo, benchè non volgari in opera di stile e di facondia, sono tuttavia lontanissimi dalla perfezione. Chi, verbigrazia,

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