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intrinseca. Chi volesse oggi allevare i fanciulli alla spartana, e rinnovare le leggi di Licurgo, sarebbe ridicolo. Licurgo esagerò il principio dorico, e volle forzare la natura; intese a trasformarla, anzichè a riformarla. Ciò era possibile in una piccola città, come Sparta, e in un popolo rozzo e pagano; sarebbe assurdo nelle grandi nazioni cristiane, che peccano di morbidezza, anzichè di rusticità o di barbarie. Ora una buona instituzione civile, conforme alle idee cristiane, e a quanto v'ha nelle moderne usanze di morale e di ragionevole, non veggo come potrebbe offendere la delicatezza nostra, se non fosse già quella di certi schifi, che crederebbero perduta ogni gentilezza, quando i garzoni non si allevassero come le donzelle. In ogni città di Europa si trovano alcuni simulacri di educazione pubblica, bastevoli a mostrare che l'opportunità di essa non è troppo aliena dalle opinioni correnti, e che questa innovazione non si dee annoverare fra certe utopie di poca fatica, con cui si vorrebbero risuscitare quelle parti dell'antichità civile, che sono veramente anticate e morte per sempre. Si tratta solo di mutare quelle vane sembianze in cose reali, e perfezionarle, mettendole d'accordo colle altre instituzioni, sottraendole alla mano spesso inesperta dei privati, e subordinandole al senno pubblico. Secondo lo stile e l'usanza del nostro vivere, una buona parte dei padri di famiglia non può allevare la sua prole, ed è costretta di accomandarla alla poca sufficienza di estranei educatori. Chi non vede che il numero di tali alunni sarebbe molto più grande, se i governi liberi e intelligenti se ne facessero institutori, indirizzando a questo nobile intento l'autorità e il consiglio? Felice la Toscana, dove sotto il governo mite di un principe, che sa farsi amare, uomini ingegnosi ed amatori del bene possono occuparsi con libertà di quegli studi, che tendono

a migliorare l'educazione d'Italia, a rendere più maschia e più gentile la stirpe de'suoi figli! Imperocchè gli uomini varranno sempre poco, finchè saranno educati dal capriccio e dal caso. L'ambizione gretta e meschina, l'egoismo, la cupidità, l'incostanza, la frivolezza, la dissoluzione, la codardia, l'empietà, che sono oggi padrone del mondo, troveranno sempre una facile e sicura preda negli animi teneri, che non saranno premuniti da una forte educazione. I pessimi esempi e le lusinghe corrompono i cuori i viziosi affetti e le risoluzioni perplesse viziano gl'ingegni; e siccome l'ingegno avvalorato dall'affetto è la fonte della civiltà, che non può sussistere, senza il puntello delle verità morali e religiose, lo studio delle quali richiede gran virtù ed energia intellettiva, ciascun vede qual sia il termine, a cui corre la società presente. Nè sia alcuno, che si rallegri e si confidi soverchio dello stato fiorente, in cui si trovano le scienze calcolatrici e sperimentali. Le quali hanno un gran numero di cultori, piuttosto come utili, che come vere; e perchè versando nelle cose sensibili ed esteriori, e non aspirando ad esercitare alcun imperio sugli affetti dell' uomo, riescono più agevoli al suo intendimento, e non formidabili agli appetiti del suo cuore. Io apprezzo ed ammiro, quanto altri, queste nobili cognizioni, che levano tant'alto lo spirito umano, e accrescono a meraviglia il suo potere; ma egli è pur d'uopo confessare che sole non bastano alla dignità e alla felicità degli uomini. E che giova il trovar nuovi calcoli, congegnar nuove macchine, scoprir nuove forze e nuovi portenti nella natura, se gli animi infiacchiscono, i costumi si corrompono, la virtù perde il suo pregio, la religione si trascura o si bestemmia, e il turpe egoismo acquista ogni di più di dominio e di vigore? Nè i teoremi dei matematici e gli

sperimenti dei fisici, possono fiorire a lungo, se si debilita la virtù intellettiva nelle sue radici, e si rende inetta a cogliere quei veri fondamentali, da cui gli altri provengono. Lo spettacolo delle cose visibili si oscura, se non è illustrato dal chiarore dell'Idea; e la sera delle scienze speculative annunzia la notte di ogni altra disciplina.

Ma poichè le leggi non pongono rimedio a questo disordine, resta che ognuno alla meglio provvegga a sè medesimo. E veramente al di d'oggi, la puerizia, se non è guasta, è almeno perduta, nè l'uomo può avere altra instituzione che quella, onde s'informa egli medesimo, quando è giunto a una età più ferma. Importa adunque che i giovani, nei quali le forze dell' ingegno cominciano a svegliarsi, e ad avere il sentimento di loro stesse, intendano a questo scopo con tanto maggior fervore, quanto è men facile a chi ha varcata l'adolescenza il contrarre nuove abitudini. Ma affinchè altri possa educare il proprio animo, bisogna che ne conosca le specialità, e discerna qual sia la vocazione particolare dell' ingegno, onde la natura gli è stata cortese. Non appartiene al mio proposito il riandare le varie qualità e attitudini di spirito, che si riferiscono ai diversi rami delle arti, delle lettere, delle scienze sperimentali e computatrici. Parlerò solo dell'ingegno speculativo, ch'è il proprio soggetto della filosofia, e compierò, descrivendolo, įl tema proposto in questo capitolo; giacchè le scienze razionali si veggono da due secoli in qua subbiettivamente scadute, perchè i filosofi non sono quali dovrebbono essere. Non entrerò nelle parti più recondite dell'abito speculativo; delle quali mi tornerà in acconcio di discorrere più tardi : nè qui potrei distin

guerle chiaramente, senza premettere altre avvertenze. Mi ristringerò adunque a certe proprietà generiche dello spirito filosofico, considerato in sè stesso, e in ordine a quelle applicazioni pratiche ed esteriori, senza le quali la speculazione potrebbe parere inutile agli uomini attivi, e dediti ai maneggi della vita civile. Nè paia temerario che io osi parlare di una facoltà così eminente, com'è l'ingegno; imperocchè, se viene approvata la sentenza del Machiavelli, che per conoscere la natura dei principi, bisogna esser popolare, è ragionevole il credere che a penetrar la natura del vero ingegno, non sia mestieri d'essere ingegnoso. Il mio solo intento è di esporre alcune brevi considerazioni raccolte nello studio degli uomini eccellenti, e d'imitare il pittore, che stando nelle umili valli, descrive i contorni e i gioghi delle montagne.

L'ingegno, considerato generalmente, è la facoltà intuitiva ed espressiva del vero e del bello. Ma quello in ispecie, che chiamasi speculativo, può definirsi l'intuito riflesso e distinto dell' Idea. Ora, siccome la riflessione germina dallo spirito dell' uomo, il vero ingegno non è quello che imita, che impara, che sa appropriarsi gli altrui concetti, ma quello che si fonda sulle proprie forze, ed abbonda di virtù inventiva. Egli è vero che la riflessione non può esercitarsi, senza il sussidio della parola; onde per questo rispetto l'ingegno è sempre discepolo; ma il sapere operare sulla parola, penetrarla, sviscerarla, squadrarla da ogni lato e scoprire le idee pellegrine, che vi si ascondono, non è cosa da tutti, e richiede una facoltà specialissima, che equivale a una vera invenzione. La parola è come un enigma proposto a ogni uomo, ma che i soli savi sanno indovinare. Perciò ho aggiunto che

l'ingegno è un intuito distinto; nella qual distinzione consiste ciò che lo differenzia dalla capacità ordinaria. Tutti gli uomini hanno in comune l'intuito immediato delle verità ideali; tutti, mediante il linguaggio, esercitano sopra di esse la facoltà riflessiva; ma questa riflessione è confusa negli spiriti ordinari; i quali perciò sono inetti a significarla ad altri e a sè stessi, perchè le idee confuse ripugnano all' espressione. All' incontro gli spiriti pellegrini afferrano distintamente l'Idea, e sono in grado di rappresentarla dentro e fuori, a sè e agli altri, colorandola e incarnandola colle forme più convenienti. E si avverta che l'Idea riflessa è sempre vestita della parola, senza la quale la riflessione non ha luogo; ma questa parola primitiva è una formola concisa e abbreviata, comprendente una sintesi ideale e vastissima, che non può essere spiccatamente conosciuta, se non per via di un processo discorsivo, in cui versa l'opera della riflessione, e il cui risultato forma la scienza. Il qual discorso si esprime altresì per mezzo del linguaggio; tantochè il lavoro riflessivo è una semplice risoluzione della cognizione intuitiva, e il parlare riflesso è la traduzione e amplificazione di una parola concisa e originale. L'ingegno speculativo è quello, che si mostra atto a ben tradurre, e sa recare nella riflessione quella distinta e precisa limpidezza, che è propria dell' intuito perfetto. Perciò la filosofia, come vedremo più innanzi, è rispetto al suo primo principio la traslazione del verbo religioso, la ripetizione ed esplicazione di un divino insegnamento. L'Idea poi, che è l'oggetto ed il termine dell' ingegno, essendo il vero sostanziale, l'errore non può mai esser opera dell'ingegno, e colui che erra, in quanto erra, non si dee chiamare ingegnoso, come non si vogliono onorare dello stesso titolo il poeta e l'artefice, quando scambiano il bello

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