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la prima volta, nè possono ben apprenderla, non che digerirla, in sulle prime. Ma a ciò in sostanza si riduce tutta l'utilità di tali tornate; giacchè la turba degli altri ne sa tanto all'uscir della scuola, quanto ne sapeva, entrandovi; e con quaranta o cinquanta lezioni annue di tal nerbo, s'impara una scienza, e si gittano le radici della celebrità futura. Lascio poi al lettore, se la memoria gli serve, il carico di compiere il quadro, citando i nomi illustri, che sono il frutto di cotale insegnamento. Vero è, che sebben dalle scuole, in cui questo si porge, non escano in folla gli uomini utili e onorevoli alla patria, vi concorrono a moltitudine gli scioperati, i damerini, e perfino le gentili donne, vaghe di acquistare così lieta e facile sapienza. Il che basta alla civiltà del secolo, e alla modesta ambizione dei valenti professori.

Se la dottrina orale è scaduta, potremmo consolarcene, quando la stampata fosse buona, e atta a supplire all'instruzione dell'altro genere. Ma è difficile che i libri siano buoni, quando la disciplina è cattiva, e che tristi scolari divengano eccellenti scrittori. In che stato siano le lettere ognun sel vede. La stampa, e la sua moderata libertà, è certo un gran bene; ma ella si volge a danno, quando le penne sono frivole ed inette. La stampa ha prodotto i giornali; i quali o siano politici, o scientifici, o popolari, possono giovare assai, quando siano ben fatti, e proporzionati allo scopo, che si debbono proporre (32). Ma la maggior parte dei giornali, che si stampano in Francia, paiono indirizzati a rendere il sapere falso, manchevole, superficiale. Essi hanno introdotto e messo in voga la ciarlataneria, l'impostura e il traffico delle dottrine; tre pesti, che minacciano le lettere di una seconda barbarie. Se la sovranità del popolo, come l'intendono i più,

è in sostanza la sovranità della plebe, il predominio dei giornali frivoli è la sovranità degl' ignoranti, che partorisce nel campo delle nobili cognizioni, effetti conformi a quelli dell'altra signoria nel civile consorzio. La rozzezza nei due casi genera rozzezza, e quindi licenza e anarchia.

L'uso corrente di simili giornali nuoce non meno a chi scrive, che a chi legge. Pregiudica agli scrittori, perchè quel trattare gli argomenti alla spezzata e isolatamente, esclude quasi sempre la profondità, e spesso la verità. A ben conoscere un lato di qualsivoglia oggetto, bisogna squadrarne tutti gli altri lati, e rappresentarselo in ogni aspetto possibile. Quando un autore imprende un' opera di lunga lena, e piglia a trattare compitamente il suo soggetto, chiamandone successivamente a rassegna i vari componenti, e studiandone le attinenze scambievoli, ogni particolare ch'egli esamina, serve ad illustrare gli altri particolari, le parti influiscono nel tutto, e la considerazione del tutto giova alla maggior conoscenza delle parti. Oltrechè la stessa lunghezza di tempo richiesta da un lavoro di una certa mole, serve a maturare i pensieri, e dar lor quella profondità, precisionc e sodezza, di cui non possono partecipare i concetti improvvisi. Chi scrive pei giornali, dovendosi ristringere fra termini molto angusti, se non si limita a quei lavori ausiliari, che dovrebbero essere il soggetto delle effemeridi scientifiche, ma vuol trattare exprofesso la scienza, è costretto a contentarsi di una particella del suo argomento, e per quanto studio ci voglia porre, non può fare che questa considerazione isolata non riesca superficiale. Il poco tempo, che ci vuole a scrivere un articolo, è un'altra causa di levità; imperocchè, lasciando stare che i giornalisti per la più parte mirano al

guadagno, e abborracciano quei loro squarci, studiandosi di essere più speditivi che diligenti, è difficile il supporre che un uomo voglia impiegar settimane e mesi a stendere poche pagine. Fra quella turba di scrittori infimi o mediocri, che schiccherano nei fogli francesi, se ne trovano pure alcuni degni di produrre opere non volgari; onde fa compassione il vederli a gittare il loro tempo in lavori di minutaglia, e darci a gocciole la fonte del sapere, senz'altro degno frutto, che quello di porgere un saggio di ciò che potrebbero, se dismessa la frivola usanza, si volgessero a scrivere cose grandi e non periture.

L'arte vuol essere organata, come la natura, per ottenere il suo fine, sia che questo consista nell'esecuzione del bene, o nella cognizione del vero, o nella espressione del bello. L'ingegno umano non può mostrare il suo valore, se non gli è dato di spaziare in una certa ampiezza; nè le sue idee possono esercitare un grande e durevole imperio, se non vengono coordinate insieme, e riunite come in un corpo. Che se nuoce l'allargarsi di troppo, e lo stendersi oltre le proprie forze; non è meno pregiudiziale il ristringersi soverchiamente. Un buon libro è come un tutto armonico, in cui intorno a una o poche idee generative si raccozza un gran numero di concetti inferiori e accessorii, che sottostanno a quelle, e incarnano il disegno del quadro. All'incontro un articolo di giornale, per quanto sia ben fatto, non può essere altro, che un brano o un abbozzo, dove l'idea del componitore è adombrata, anzichè colorita. Tali schizzi o frantumi poco dilettano, e meno ammaestrano. Che diresti di un pittore, il quale spendesse il suo tempo a far delle bozze, o a pinger tavole rappresentanti un occhio, una mano, un capitello, un fiore,

una foglia, un tronco? Questi scrittori di tritumi, e compilatori di gazzette, di dizionari, e cose simili, non mi paiono più giudiziosi, nè più valenti. Il difetto di scoltura e di organismo, pecca generale del secolo, abborrente da ogni faticosa lentezza, e vago di procedere all'avventata e alla spicciolata, è inevitabile nei giornali; i quali definir si potrebbero la riduzione delle scienze e delle lettere a una forma inorganica. Altri vegga, se il trovato sia bello, e l'età abbia ragione di gloriarsene.

Le condizioni, per cui i cattivi giornali nuocono all'opera dei compilatori, ridondano in danno degli stessi lettori. Scritti mediocri partoriscono un piacere o una instruzione meno che mezzana : il frutto è simile o peggior della pianta. Oltrechè il modo della compilazione serve a suggerire, o ad avvalorare la mania degli studi enciclopedici; altro vezzo della età. Ogni quaderno di giornale è un musaico di vari pezzi spettanti a nove o dieci discipline spesso disparatissime, e siccome non ci vuol gran tempo a leggerlo, i soscrittori, per non metterci le spese, se lo inghiottiscono da capo a fondo. Per tal modo s'introduce il costume di correre su tutti gli oggetti, e si perde il gusto degli studi sodi e determinati. La varietà delle cognizioni può essere opportuna, e talvolta necessaria, quando sia accompagnata da due condizioni; l'una, che venga indirizzata a uno studio principale, il quale a guisa di centro e di fine armonizzi quella varietà, che altrimenti diventa una massa scompigliata; l'altra, che venga attinta alle buone fonti, cioè ai buoni libri e autorevoli, che trattano exprofesso della materia, la espongono con precisione, ordine, chiarezza, e ne danno anche a chi non va più oltre, una notizia sufficiente, e non affatto superficiale. Imperocchè

tengasi per fermo che i concetti vaghi, incerti, confusi, non servono a nulla in alcun genere, e la scienza che ne deriva, è pari o peggiore dell'ignoranza. L'applicazione lunga ed intensa dello spirito a un oggetto è la sola madre del sapere ; e chi crede che questa condizione si accordi col vezzo di addottrinarsi sui giornali e sulle gazzette, si accorgerà troppo tardi di aver gittato il tempo e l'opera, e coglierà dal suo capriccio medesimo il meritato castigo.

Il lettore mi perdonerà questa intramessa, perchè senza un quadro succinto delle conseguenze pratiche di certe teoriche predilette dei giorni nostri, mal si potrebbe comprendere la debolezza, in cui sono caduti gli studi speculativi, e il rimedio più efficace per farli risorgere, migliorandone la radice, riparando alla morale decrepitezza degl'ingegni e degli animi, e infondendo in essi una novella vita. Il qual rimedio si è, che il governo, la cui azione oggi si vuol ridurre alle leggi, ai giudizi e alle faccende, sia sovrattutto investito del supremo potere educativo; il quale, pericoloso alla libertà nei governi cattivi, le torna utile, anzi necessario, nei governi buoni. Ora il governo non può educare il popolo, se l'educazione non è pubblica; imperocchè le instituzioni private, sendo di necessità imperfettissime, possono avere il nome della cosa, non la sostanza di essa. Alla educazione pubblica si dee principalmente riferire la maggioranza morale e intellettuale dei popoli antichi sui moderni. So che alla applicazione pratica di questa dottrina si può opporre, che i nostri costumi ripugnano. Questa è la sola obbiezione plausibile, che si possa fare. Ma egli è agevole il rispondere che si tratta di fondare una instituzione, la quale non faccia violenza ai moderni costumi, ma li migliori, e soprattutto li fortifichi, senza alterarne l'indole

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