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trassero quella unione e quella forza, che loro mancava, funesto vessillo dell' Imperio. Gl'imperatori insegnarono agli altri principi; e dopo una guerra gloriosa di due secoli e più, la voce mansueta del Pontefice fu vinta dal ferro dei potenti, e con Bonifacio ottavo peri affatto quella sovranità europea, che sola poteva crear le nazioni, senza scapito della libertà loro (30). Il che però non sarebbe avvenuto, se Clemente quinto fosse somigliato al settimo Pio; giacchè la forza morale non può esser vinta, se non è avvilita. Filippo, per troncare i nervi al Papato, lo trasferì in Francia, come si volle fare alla nostra memoria; ma più tristo o più fortunato di Napoleone, potè fare un papa ligio e francese; e riuscì con questo solo atto a torgli il primato civile di Europa. Tali sono gli obblighi, che la Santa Sede, l'Italia e l'Europa ebbero allora colla Francia. Tuttavia il papato, se non ebbe mezzi e tempo per ordinare a compimento le nazioni, aiutò le repubbliche; le quali con le loro leggi suntuarie, le milizie originalmente cittadine, le numerose assemblee, gli ordini popolareschi e religiosi, le riunioni e maestranze dei mestieri e delle arti, i traffichi frequenti di mare e di terra; con quel loro moto continuo, e quella vita così viva e così agitata, che menavasi per le logge, per le piazze e per le chiese, e sovrattutto col concetto che avevasi della libertà politica, come diritto di comandare, onde seguiva che i rettori s'ingerissero al possibile di ogni privata appartenenza; le repubbliche, dico, del medio evo, così ordinate, esercitarono una grande influenza nell'educazione dei cittadini, e parteciparono anche da questo lato al genio dell' antichità libera d'Italia e di Grecia. Contuttociò l'indipendenza individuale predominava da essa provenne talvolta il grande ed il bello, più spesso l'orrido del medio evo.

Le divisioni feudali e municipali cessarono nella fine del secolo quindecimo, e nel principio del seguente, sottentrandovi il dispotismo nazionale o straniero. Si ottenne in tutto o in parte l'unità politica, a discapito della libertà, o dell' indipendenza patria. L'unione non si sarebbe sequestrata dalle instituzioni libere, se fosse stata opera dei papi; le spense, perchè fu opera dei re. Ma i re non si occuparono di educazione civile, più che i baroni ed i popoli. Il che è stato un gran bene; perchè, se i despoti avessero avuto nelle mani una molla così potente, avrebbero forse impresso nella natura dei sudditi una forma di servaggio indelebile. La civiltà moderna, inseparabile da una libertà temperata, sarebbe stata oppressa nella cuna: Carlo, Enrico, Filippo, Luigi aggiungendo il dominio degl' intelletti e delle fantasie alla forza dei cannoni, avrebbero mutate le nazioni europee in imbelli ed ignobili armenti, o in masnade formidabili e feroci, come quelle degl' Ismaeliti.

La Chiesa, a cui i cannoni non si addicono, è per principio e per natura educatrice. Siccome il suo imperio è la persuasione, i suoi sudditi le menti, e la sua forza il volere e lo zelo degli uomini, non è da meravigliare, se ella comprese l'utilità e la necessità di una instituzione generale e uniforme, assai prima che questo concetto nascesse fra i governanti e i filosofi dell'età moderna. L'educazione pubblica, conforme al genio cristiano, è un trovato cattolico del secolo sedicesimo. La gloria di questo trovato, e il merito di aver cominciato ad abbozzarlo e a metterlo in esecuzione, appartengono a diversi ordini religiosi, specialmente a quello dei Gesuiti. I quali, come educatori dei giovani, bene meritarono dei progressi civili, e mostrarono tal sapienza nel conoscere la natura

umana, e quella in ispecie dell' età tenera, che il loro modo d'instituire i fanciulli contiene molte parti egregie, onde gli studiosi di pedagogia potrebbero vantaggiarsi. Che se, nullameno, l'educazione dei Gesuiti non è perfetta, ciò non si vuol attribuire a difetto loro, ma al vizio intrinseco di tal genere d'instituzione. Imperocchè l'educazione, affidata a soli ecclesiastici, basta a disciplinar dei monaci, non basta a far dei cittadini. Il prete dee aver la sua parte nel tirocinio giovanile, e tanto notabile, quanto è richiesto alla massima importanza e santità della religione; ma non dee esser solo; perchè la religione non è sola a questo mondo, nè può essere. La religione e la civiltà debbono intrecciare le destre e procedere insieme, bisognose come sono di aiuto scambievole. Il prete, che solo può fare il cristiano, (giacchè la religione, senza sacerdozio, è poco più di una chimera,) non ha e non può avere, per la natura del suo stato, la perizia opportuna, per far l'eccellente padre di famiglia, il cittadino, il milite, il trafficante, il magistrato, il principe, e addestrarlo ai negozi civili, ai maneggi politici, alla vita tumultuosa del mondo e dei campi, alle varie arti e gentilezze della pace. Quindi è, che l'educazione indirizzata da soli ecclesiastici, quando non miri a instituir de' chierici, snerva bene spesso e infiacchisce gli animi, li rende timidi, meschini, angusti, poco atti alle faccende, e si trae dietro quei difetti, che s'imputano fuor di ragione ai Gesuiti in particolare, poichè non derivano dall' animo, ma dalla condizione degl' institutori. E siccome la fievolezza morale degli uomini, esiziale alla società, nuoce alla religione stessa, la quale, come cosa forte, abbisogna d'uomini forti, e non teme altro che la mollezza; perciò la fiacca educazione clericale si ritorce contro le pie intenzioni degli educatori, quando accade, che i suoi deboli parti

lanciati nel vortice del mondo, ed esposti alle sue lusinghe, ne divengono facilissima preda. Insomma la società e la religione hanno egualmente bisogno, sovrattutto ai di nostri, d'ingagliardire gli uomini, non di prostrarli, e però nell' arte difficile della loro instituzione dee concorrere il fiore della civil sapienza.

Le teoriche di libertà politica, che succedettero al dispotismo fondato nel secolo sedicesimo, furono viziate dalla loro origine. Gli statisti inglesi e specialmente Giovanni Locke, che le immaginarono e le misero in voga, vennero sviati dalle dottrine protestanti; e come i riformatori acattolici aveano in effetto abolita la Chiesa insegnante, collocandola nel popolo, e dando a ciascuno il diritto d'interpretar le Scritture, così essi posero nel popolo la radice e l'esercizio del potere sociale, corroborando questo pernicioso sistema col presupposto chimerico di un contratto primitivo. Se invece di attingere a fonti torbide e corrotte, fossero risaliti alla pura e limpida sorgente, avrebbero veduto che la loro dottrina è un paralogismo negli ordini civili, non meno che nei religiosi, e ch'ella è tanto assurda in sè stessa, quanto contraria alla libertà. La sovranità del popolo, secondo l'intendimento di costoro, conferisce l'indirizzo della società al maggior numero dei cittadini, e sottopone conseguentemente la civiltà alla barbarie, la virtù e la coltura al vizio e all'ignoranza. Non si pesino i suffragi, ma si contino, non il capo sia guida, ma i piedi, non comandi e timoneggi il piloto, ma la ciurma. Invano il retto senso di pochi protestò contro un si bel trovato,atto a mettere in fondo ogni bontà civile, e ad avviluppare gli stati in tenebre assai più dense, che quelle dei bassi tempi : la folla dei semidotti, affascinata

da falsi principii, e stanca dell' oligarchia o di un principato tirannico, abbracciò cupidamente, come rimedio o rifugio, le nuove dottrine. E certo, se la democrazia è assurda, il dispotismo di un solo o di pochi non è ragionevole; anzi il vizio di quella in ciò consiste, ch'ella è per natura dispotica, essendo tale ogni signoria violenta o capricciosa. Si stà sempre male, quando il volgo comanda; e poco monta, se questo volgo sia di gentil sangue o plebeio, se alberghi nelle officine e nei fondachi, o nei palagi e nelle reggie.

Le nuove massime politiche non arridevano all' idea di una educazione civile. Imperocchè, benchè paia da un lato, che la democrazia collocando nelle mani del popolo ogni potere, debba essere principalmente sollecita di bene educarlo; dall' altro lato, il solo pensiero di educare il popolo sovrano è una contraddizione, per non dire una impertinenza. In una ordinazion politica, in cui l'indirizzo delle cose va dal basso all' alto, dagl' ignoranti ai dotti, dagli sciocchi agl' ingegnosi, l'educazione è superflua, anzi cattiva, poichè il suo principio condanna un tale stato, e i suoi affetti cospirano a distruggerlo. Predicare la necessità dell' educazione, e dare il sommo potere agl' ineducati, o certo ai meno educati, sarebbe cosa ridicola. Stabilire una eccellente educazione, il cui frutto precipuo consiste nel distinguere e svolgere le ineguali attitudini dei cittadini, acciò ognuno elegga quegli uffici che meglio si affanno alla sua capacità naturale, e poi chiamar la turba a far leggi, e rogarle, secondo il maggior numero dei voti, sarebbe una ingiuria al buon senso più comunale. Oltre che, donde si caverebbero gl' institutori? I rettori dello stato sono precettori del popolo, e l'ufficio del governare è una suprema

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