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verso l'uomo non conosce appieno, se non per via del discorso, il quale è successivo e bisognoso di acconcia disciplina. Sia ch'egli voglia apprendere il vero, o effigiare o comunque esprimere il bello, o effettuare il bene, egli può solo toccar la meta coll' aiuto del tempo. Ma il secol nostro non è capace di una massima così triviale, e stima che uno possa diventare artefice, poeta, scrittore, filosofo eccellente, in un batter d'occhio, senza pensarvi, o con pochissima fatica; tantochè potrebbe chiamarsi il secolo degl' improvvisatori. Ma se il voler improvvisare in versi, quando non si pigli per un semplice scherzo, è follia, non è meno assurdo il voler improvvisare in prosa e nelle dottrine, chi aspiri a far effetti durevoli, e produrre opere non periture. Gli antichi non improvvisavano in nessun genere, se non costretti dalla necessità : e quando si fossero governati altrimenti, non sarebbero immortali, e se ne avrebbe oggi quella notizia, che i posteri avranno di noi. Il che non era senza ragione grande; perchè l'esperienza dimostra che il vero nei concetti, e il bello nelle forme, non si lasciano cogliere a prima vista; e chiunque abbia qualche esercizio di bene scrivere può avere avvertito che i modi più proprii, più semplici, più naturali, e però più belli e più efficaci, non sono per ordinario i più pronti ad affacciarsi, nè si trovano bene spesso, senza studio e fatica. Ma oggi si giudica diversamente, eziandio nelle parti più serie e più importanti della vita civile. Le faccende politiche e i destini dei popoli si trattano alla impensata: ogni parlamento di Europa ha per lo meno una dozzina di Demosteni e di Ciceroni, che colle loro dicerie incantano il mondo. Vero è che la concione di ieri, che avrà messo a romore tutti i giornalisti, e sarà levata a cielo, come un miracolo di facondia, non verrà più letta dopo qualche giorno, nè ricordata da nessuno. E non solo

gli oratori improvvisano al di d'oggi, che sarebbe meno incomportabile, ma eziandio gli scrittori nelle cose che più importano. La maggior parte dei libri, che si stampano alla giornata, sono estemporanei; e come altri disse argutamente, ci vuole a leggerli più tempo, che gli autori non ne abbiano speso a dettarli. Il che sarebbe ragionevole, se la vera perizia del pensare e dello scrivere potesse nascere da quel facile e pronto accorgimento, che dicesi spirito, il cui pregio consiste appunto nella subitezza, ed esclude per natura ogni meditazione. Al presente si fa gran caso di questa qualità, forse perchè la Francia, signora della moda, ne possiede una gran dovizia; ma non si avverte, che se gli uomini spiritosi dilettano nella conversazione, non v'ha forse un più gran nemico del retto senso e del vero ingegno, che lo spirito.

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Quanto più la forza morale e l'energia del pensiero sono rare ai di nostri, tanto più meritano la considerazione del filosofo que' pochi esempi, che talvolta ne occorrono. L'Italia può gloriarsi di aver prodotto negli ultimi tempi i due uomini più poderosi, che da un secolo in qua abbia veduto il mondo il che prova che qualche favilla di vita alberga ancora nel sangue de' suoi figli. L'antichità stessa, così ferace di uomini forti, non ha generato virtù più maschia, tempra più ferrea nè più formidabile, che quella di Napoleone (25) e di Vittorio Alfieri. Amendue sommi, e smisuratamente superiori alla turba dei loro coetanei; e benchè d'indole, di vita e di fortuna differentissimi, in ciò somiglianti, che un tenacissimo e indomito volere fu la causa principale della loro grandezza. Certo si può dire che una sagacità grandissima nel penetrare i cuori degli uomini, una somma perizia nell' arte della guerra, una vastità di mente

abile a comprendere con precisione e chiarezza, a condurre con senno e vigore una moltitudine d'imprese e di negozi disparatissimi, un' attitudine rara d'ingegno a concepire il nuovo e lo straordinario, senza scostarsi dal possibile e dal vero, non sarebbero state condizioni bastevoli alla fortuna maravigliosa del primo, se non ci si fosse aggiunto un animo tenacissimo, e una risoluzione insuperabile. Se negli uomini rari v' ha una qualità sopreminente, a cui si debba principalmente attribuire la loro eccellenza, non andrebbe errato chi affermasse che il mondo fu vinto più ancor dal volere, che dal braccio di ferro e dall' ingegno di Napoleone. La sua indole squisitamente italiana trovò nella Francia uno strumento docile e opportuno a' suoi disegni smisurati; imperocchè i Francesi, che vanno a salti ed a balzi, e procedono per impeto, apprezzano negli altri quella tenacità ch'essi non hanno, e pur si ricerca a ben governarli; come accade che gli animi vivi ed instabili sono agevolmente presi e soggiogati da quelli di più forte natura. Se Napoleone fosse andato innanzi col senno medesimo delle sue mosse, egli avrebbe potuto superare i nomi più illustri nel vanto di comandare agli uomini, come nel piacere e nel merito di beneficarli. Ma la felicità gli travolse il cervello; e laddove ne' suoi principii egli era proceduto, secondo il fare italiano, con una grande audacia congiunta a una grande prudenza, doti egualmente richieste a far cose straordinarie di qualunque genere; nel sèguito, e Sovrattutto nella fine, accecato da' suoi successi, volle governarsi con modi rotti e scomposti, secondo la furia francese, e cadde da tanta altezza a cui s'era condotto, in minor numero di mesi, che non aveva speso anni a salirvi (26).

Napoleone volse ad ambizione que' doni, che il cielo gli

aveva largiti a salute degli uomini, e rovinò. Perciò la sua gloria non è pura, o per dir meglio la sua rinomanza non sarà vera e perfetta gloria, nella incorrotta posterità. All'incontro il nome dell' Alfieri sarà benedetto, finchè vivranno Italiani, avendoli arricchiti delle meraviglie del suo ingegno, e recato loro, per quanto un privato può farlo, que' beni, di cui il conquistatore ci rapi le ultime reliquie, invece di darceli, come poteva, a compimento, e stabilirli in perpetuo (27). Nell' Alfieri, se la mente era grande, l'animo era ancor più vasto e potente, e creò, si può dire, l'ingegno. Volle essere poeta, e il fu; portento unico. Egli stesso ci apre il secreto della sua eccellenza con quelle ruvide parole: Volli, sempre volli, e fortissimamente volli. Parole memorabili, degne di essere scolpite nel cuore di ogni Italiano; perchè, come valsero a mutare un giovane scapestrato in un poeta sommo, basterebbero a fare di una nazione serva e avvilita un grande e libero popolo. Le bellezze e i difetti delle alfierane tragedie hanno del pari l'impronta del principio, onde nacquero. Se tu non sapessi che l'Alfieri fu, per così dire, un poeta di volontà, tel direbbero la concisione, il nervo e la durezza del suo verso; la semplicissima orditura della favola; la mirabile concatenazione del dialogo, e la perfetta unità della composizione; la scarsità dei personaggi, la solitudine della scena, la mancanza di episodi; la cupa energia dei sentimenti; la terribilità della catastrofe ; la fiera e rubesta idealità dei caratteri; la crudezza delle tinte e dei contorni, che non isfumano nè tondeggiano, e mancano di chiaroscuro; insomma quel fare forte e risentito, che spicca in tutto il disegno e nelle menome sue parti, e non trova nel bene e nel male alcun modello, come non può promettersi alcun degno imitatore. E l'uomo in Vittorio rispondeva al poeta. Fu

accusato di trattare imperiosamente quelle stesse persone, che amava con amore ardentissimo: il che non dee far meraviglia; poichè egli era avvezzo a tiranneggiar sè medesimo e il suo proprio ingegno con quegli strani giuramenti, uno dei quali causò la perdita irreparabile di due tragedie bibliche, che gli bollivano in mente, quando stese il Saulle, sublimissimo de' suoi poemi 1. Singolare volontà, che gli faceva imparare il greco a cinquant'anni, e comandava a bacchetta fino all' estro poetico! Ma se queste esorbitanze nocquero alla vena del tragico, furono causa di molti suoi pregi, eziandio come scrittore, e gli fruttarono allori ancor più gloriosi, che quelli del coturno italiano.

GI' Italiani erano un popolo avvilito, in cui le abitudini cortigiane e schiavesche aveano rotto ogni nervo, e spenti i semi della prisca virtù. L'Alfieri ridestò il sentimento della dignità civile: insegnò col suo esempio a vivere e morire incontaminato; cosa rara, e virtù eroica in molli tempi.

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Ma il decoro civile non può sussistere veramente, senza l'onor nazionale; e questo non ha luogo in un popolo, che non è padrone di sè stesso. L'indipendenza politica, che esclude la signoria dei governi e delle armi straniere, presuppone l'indipendenza intellettuale e morale, e vieta di servire ai barbari, (ed è barbaro ogni invasore,) nella lingua,

I ALFIERI, Vita, ep. 4, cap. 9.

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