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e il valore di una scoperta recente, non comportavano la meditazione indipendente e solitaria, e davano alla scienza l'aspetto e l'indirizzo della storia. Era cosa affatto ovvia che si cercasse il vero, non in sè stesso, ma nelle opinioni degli antichi maestri, i quali dopo un silenzio di dieci secoli, faceano di nuovo risonar la loro voce, e si cominciasse a leggere nei libri degli uomini, prima di studiare in quello della mente e della natura. Se eccettui la scuola civile del Machiavelli e de' suoi imitatori, niuno prima del Sarpi e di Galileo, che appartengono propriamente alla seconda epoca, avvezzò gl' intelletti, lasciati i libri, a cercare il vero collo studio immediato delle cose conoscibili. Ma per mala ventura il Sarpi e il Galilei trascurarono la filosofia, e il secondo applicò quasi tutto il suo maraviglioso ingegno ai calcoli, all' osservazione dei fenomeni sensati e agli artificii sperimentali 1. Gli accademici del Cimento si tennero sulle medesime orme: la filosofia sublime fu trasandata in grazia della fisica; e questa, prediletta come propria prole, fu privilegiata di quell' assoluto dominio, ch'era stato un secolo prima conceduto alla erudizione. Non assento certo a un dotto e moderno scrittore 2, che accusa quei sommi uomini, alcuni dei quali furono religiosissimi, di un'occulto Socinianismo; ma d'altra parte non si può negare che il culto assoluto della fisica, e l'uso di confondere le scienze razionali colle rancide inezie di alcuni minuti scolastici, volgendo eziandio alle prime il dispregio meritato soltanto dalle seconde, non

1 Ciò che il Galilei chiama filosofia, è solo una parte affatto seconda

ria di essa, e più tosto un' applicazione accessoria, che altro.

2 ECKSTEIN, Le Catholique. Paris, 1826, tom. II, p. 198, 199; t. III, p. 55-58. 284; tom, V, p. 72.

abbia conferito a preparare, se non a produrre, il sensismo più recente. A questa cagione se ne aggiunsero alcune altre più efficaci, dalle quali si vuol ripetere principalmente la declinazione degli studi filosofici in Italia. Le licenze e le esorbitanze di alcuni fra que' primi filosofi, (quali furono il Pomponazzi, il Bruno, il Cardano,) screditarono nell' universale le scienze speculative, e destarono un ragionevole timore negli uomini pii ed assennati; i quali erano alieni dalla squisita sapienza di certi moderni, che magnificando la religione, la pospongono alle dottrine razionali, nè s'indegnano ch'ella sia zimbello alla tracotanza dei cattivi filosofi. Dagli scandali e dal timore nacque il freno legittimo delle opinioni licenziose; e dal freno talvolta le persecuzioni : effetto eternamente deplorabile, ma quasi fatale, eziandio in uomini santissimi, quando una torta persuasione radicata e universale, e la torbidezza dei tempi concorrono a partorirlo. Ma questi disordini ed eccessi parziali non avrebbero potuto spegnere il senno italiano, se non fossero stati avvalorati dal più grave infortunio, che possa incontrare ad un popolo; cioè dalla perdita dell' indipendenza nazionale: vera morte di ogni ingegno e di ogni valore; bastevole a conquidere le tempre più vigorose; la quale sterminerà l'Italia, come tanti altri popoli, di cui è perito perfino il nome, e ogni vestigio sopra la terra, se i figliuoli di quella non si risolvono a ravvivare le superstiti faville della virtù e della gloria dei loro maggiori.

Solo, in mezzo a tanta desolazione, sorse un uomo, che parve quasi raccogliere in sè stesso tutto l'ingegno speculativo, che mancava a' suoi coetanei, ed essere suscitato dalla Providenza, acciò non perisse interamente l'onore italiano.

Ma l'ingegno stupendo del Vico sovrastava talmente, non che alla folla, a quello eziandio dei migliori, che non fu conosciuto, nè apprezzato; e l'uomo di mente più vasta e più robusta, cui l'Italia avesse sortito fino a quei tempi, dopo quelli di Dante e di Michelangelo, visse più oscuro, e mori più illacrimato, che l'ultimo poeta o scrittorello della penisola, Considerato negli ordini della scienza, e per quanto si può giudicare dagli scritti, che ne rimangono, il Vico non si occupò tanto dell' oggetto primario della filosofia in sè stesso, quanto delle sue applicazioni. Niuno può immaginare i progressi, che un intelletto così pellegrino e gagliardo avrebbe fruttati all' ontologia, se questa fosse stato l'oggetto precipuo de' suoi studi. Ma invece di promuovere ed accrescere il sapere antico, il filosofo napoletano volle creare una Scienza nuova, e vi riuscì. Da Pitagora sino al Ficino e al Bruno, al Leibniz e al Malebranche, l'Idea era stata contemplata e studiata in sè stessa; ma a niuno era caduto in mente di divisarne le attinenze con la filologia, la giurisprudenza e la storia dei popoli, nè di cercare, com' ella s'incorpori e si manifesti nel corso successivo delle nazioni e della specie umana. Solo alcuni teologi insigni, e singolarmente santo Agostino, imitato poscia felicemente dal Bossuet, avevano avvertito e descritto il disegno ideale della Providenza negli ordini sovrannaturali della religione. E veramente la suppellettile erudita dei tempi anteriori al Vico non era a gran pezza bastevole a quell' effetto. Ma dopo l'instaurazione degli studi classici cominciata in Italia, e proseguita felicemente dagli oltramontani, la filosofia storica divenne possibile; se non che, come ogni nuova disciplina, richiedeva un ingegno straordinario, che la concepisse e ne tentasse l'esecuzione. E bene era degno che dall' Italia, institutrice della filologia

e dell' archeologia moderna, uscisse colui che doveva essere il primo a fecondarla con grande acume e con rara profondità filosofica. Tal fu l'opera del Vico, maravigliosa a malgrado de' suoi errori; il quale, per la grandezza dell'ingegno, ha pochi pari nella storia delle scienze speculative; per l'indole pellegrina di quello, e la novità dei trovati, non ha forse

nessuno.

Da questo breve quadro della filosofia moderna, i punti precipui del quale ci ritorneranno innanzi nel decorso di questa Introduzione, apparisce che le verità ideali sono quasi al tutto escluse dalle speculazioni recenti, secondo il logico rigore de' lor principii. Tuttavia fra le quattro nazioni filosofanti di Europa, corrono alcune differenze di rilievo. In Germania il sensismo psicologico, camminando per la via delle astrattezze e dei fantasmi intellettivi, partori il panteismo; il quale però venne temperato dalle tradizioni, e dal genio nazionale. Un' indole diversa, aiutata dalle tradizioni medesime e dalla gerarchia superstite, salvò la filosofia inglese dagli eccessi contrarii del panteismo e del sensismo più grossolano. Così, presso gl'Inglesi e i Tedeschi, le scienze filosofiche conservarono un'ombra del vero ideale, non già in virtù dei loro principii, ma a malgrado di essi, e sovrattutto per le benefiche influenze dei dogmi sopravvissuti allo sterminio della fede ortodossa. I Francesi all' incontro, benchè cattolici, filosofando ostilmente alla religione, dedussero tutte le conseguenze dei falsi principii invalsi universalmente; e l'Idea alterata presso le altre due nazioni, fu affatto esclusa e negata da essi. Vero è che negli ultimi tempi la setta degli eclettici, ristucca del sensismo, volle sostituirvi il panteismo, figliuolo primogenito della dottrina cartesiana e non meno

legittimo del suo fratello; ed evitando di dedurlo dagli stessi principii, come fece lo Spinoza, ma accattandolo dai Tedeschi, ricevette con esso molte idee morali e religiose, che ripugnano alla sua natura; se non che, questo innesto germanico è troppo alieno dal genio francese, da potervi gittare profonde radici, ed è uno di quegli andazzi, che vengono introdotti, e, poco stante, annullati dal potere della moda. Gl'Italiani, avendo perduta colla indipendenza civile della nazione quella del pensiero, e con essa la metà del loro ingegno, vacillano da un secolo in qua, (se si eccettua il gran Vico,) fra i sistemi tedeschi, inglesi e francesi, senz' avere filosofia propria, e si dilettano di quel sincretismo timido o servile, di cui Antonio Genovesi diede un esempio non volgare nel passato secolo. Ma la vitalità tenace dell' ingegno italico, il puro zelo di alcuni nostri coetanei, e varie ragioni, che toccherò altrove, paiono promettere all' Italia la gloria di essere la restitutrice del primitivo e sincero genio orientale nelle scienze speculative, e quindi l'instauratrice delle medesime in tutta Europa, ritirandole verso i loro principii. Ma prima di entrare in questo magnifico argomento, ci è d'uopo internarci alquanto nelle cagioni subbiettive e obbiettive, che condussero la filosofia alla debolezza e mediocrità presente; il che ci studieremo di fare nei due seguenti capitoli.

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