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un valente cantore, la cui abilità consisteva tutta nel gorgozzule, si vantava di essere filosofo. Tanta è la miseria dell' uomo o l'insazietà del suo cuore, ch' egli ignora e disprezza talvolta il suo vero merito, e non si compiace della stessa lode, se non è ingiusta e capricciosa!

Debbo, prima di chiudere questo proemio, adempiere un dolce e sacro ufficio di riconoscenza. Perdonimi chi legge, se a tal effetto parlerò del fatto mio per pochi istanti : il che farei malvolentieri per ogni altra cagione. Esule dal Piemonte nel 1833 1, mi condussi in Francia, coll' intenzione di proseguirvi i miei studi, e valermi dell' agevolezza, che la libertà del paese e le sue letterarie ricchezze mi promettevano, per distendere alcuni lavori, e divulgarli colle stampe. Qualche vigor d'ingegno, ch' io aveva allora, e l'età ancor verde, in cui mi trovava, nutrivano in me la soave speranza, che l'opera mia riuscir potesse non affatto inutile alla patria. Io mi proponeva, fra le altre cose, di penetrar più addentro che non si è fatto finora nella filosofia italiana del secolo decimoquinto e dei due seguenti; confidandomi che in Parigi avrei avuto copia di libri, e agio di consultare i manoscritti opportuni, onde sono doviziosissime le sue biblioteche. Anche i meno disposti a lodare i Francesi confessano che questa nazione è larghissima e compiacen

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Sempre agli uomini savi e buoni fu men grave udire i mali della patria loro che vederli ; e cosa più gloriosa reputano essere uno ono«revole ribello, che uno schiavo cittadino» MACHIAVELLI, Storie, IV. Nota, caro lettore, che nel secolo quindecimo un onorevole ribello non era mica un rivoltoso o un rivoluzionario, come oggi si direbbe con moderna eleganza.

tissima ai forestieri de' suoi tesori in ogni genere di lettere e di scienze, e che l'oscurità del nome non impedisce che altri la si possa promettere facile e cortese di questi favori. Ben si ricerca, (ed è troppo giusto,) che il chieditore, se è persona ignota, si presenti munito di sufficiente raccomandazione. Ora, durante un anno e più ch'io stetti in Parigi, le mie istanze furono inutili per trovar chi potesse o volesse farmi questo servigio; tanto che mi vidi interdetto ogni modo, e tolta ogni speranza, di poter colorire il mio disegno. Il che dovrà bastare per rispondere a certi benevoli, che mi accusano di non aver saputo mostrar qualche frutto della libertà e dell' ozio acquistato coll' esilio. Essendo poscia venuto nel Belgio, chiamatovi da un amico per un ufficio privato di studi, io aveva affatto deposto ogni pensiero di scrivere; imperocchè i ricordi e gli spogli che aveva meco, frutto di copiose letture, erano insufficienti da se soli per intraprendere lavori di qualche considerazione; quando nel raccoglierli con quella brevità e rapidità che si usa in tali estratti, non avea preveduto che mi sarei trovato un giorno privo al tutto di libri. Non posso negare che l'interrompere i più cari studi, il dover dismettere i disegni che gli avevano indirizzati e animati per tanto tempo, l'accorgermi di aver gittate le fatiche di quindici e più anni in sul punto che speravo di compierle, il vedermi mancare affatto ogni degno scopo alla vita, non mi dolesse; ma in fine mi conveniva cedere e rassegnarmi a una necessità più forte del mio volere, che pur non è debolissimo. Quando essendomi toccata la buona fortuna di conoscere il sig. Adolfo Quetelet, direttore dell' Osservatorio di Brusselle, egli si offerse spontaneamente di fare a me straniero ed ignoto un servigio, che dopo le prese

esperienze, non avrei osato sperare. Ottenni per opera sua, nel principio del corrente anno, facoltà e agio di disporre delle librerie pubbliche; tanto che mi si destò il pensiero di riassumere gli studi interrotti, e d'imprendere il lavoro che ora comincio a dar fuori, per mostrare, che se di nulla ho potuto giovare alla mia patria, almeno l'ho schiettamente e ferventemente desiderato. Io non lodo il sig. Quetelet, parendomi vano e intempestivo il commendare un uomo, che gode di una fama europea, ed è modestissimo; ma dando alla luce un'opera che non avrei potuto fornire senza la sua cortese amicizia, mi credo in dovere di rendergli questo pubblico e sincero testimonio di gratitudine.

Di Brusselle, ai 3 di dicembre, 1859.

LIBRO PRIMO.

DELLE DOTTRINE.

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