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e tempo la società fu formata, educata e culta dalla religione. La parola religiosa è il dogma tradizionale; e però la filosofia nel trarre i suoi principii dalle sacre tradizioni, attinge alla fonte più legittima, eziandio quando elle sono alterate; perchè la parola sociale derivando dall' altra, non può mai vincerla d'integrità e di purezza. I nostri filosofi, che si credono liberissimi, quando discorrono alla scapestrata, sostituiscono la parola sociale alla parola religiosa, e le opinioni o le preoccupazioni ricevute dall'educazione e dal commercio cogli uomini, all' autorità del dogma teologico. Tal è il progresso introdotto dal Descartes; il quale non avrebbe certamente potuto pensare e dire: Io penso, dunque sono, se non avesse ricevuto dagli uomini l'uso della favella. Nè sarebbe stato in grado di congegnare un cattivo sistema di filosofia, se malgrado quel dubbio, di cui discorre cosi piacevolmente nel suo Discorso sul metodo e nelle Meditazioni, non avesse conservata una infinità di opinioni e di credenze acquistate per opera del linguaggio e della vita sociale. Perciò egli si mostra cosi accorto e savio, come chi credesse bere più alla libera e con maggior sapore a un limaccioso rigagnolo, che all' acqua pura della sorgente.

Queste cose saranno dichiarate ampiamente in appresso. Le ho qui accennate di volo, per giustificare il mio consiglio di considerar le antiche religioni, come spettanti alla storia delle scienze filosofiche. La filosofia, essendo l'esplicazione dei principii razionali, ebbe cominciamento, come prima l'uomo prese a lavorare colla riflessione sulla parte razionale delle sue credenze religiose, e a fare de' suoi discorsi un corpo di scienza. Il quale fu cerlo rozzo e imperfetto ne' suoi principii; come rozze sono le origini della filosofia antica. Fu

poscia accresciuto e limato dall' opera dei sacerdoti; i quali consegnando alle carte le tradizioni ricevute, ci tramandarono pure con esse qualche notizia delle loro speculazioni. Quando la dottrina ieratica passò ne' laici, nacquero le scuole, che anche i moderni chiamano propriamente filosofiche; le quali però, come le precedenti, mossero, almeno in parte, dal dogma e dalle tradizioni. Non si può adunque ben comprendere la dottrina delle scuole laicali, se non si risale a quella dei templi. Onde si vede che la filosofia è antichissima: non nacque ieri, come non morrà domani: è privilegio di tutti i popoli culti: figlia primogenita della religione: nata colla prima riflessione dell' uomo parlante sui celesti insegnamenti, e destinata a durare, quanto la religione e il pensiero umano.

Lo studio degli antichi monumenti religiosi, scritti o effigiati, necessita molte ricerche sulle origini, sulla storia, sulla lingua, sugl' instituti, e sulle migrazioni dei popoli. Se avessi conosciuto una o poche opere, che trattassero con profondità ed esattezza di queste materie, e le riunissero in un solo quadro, mi sarei contentato di citarle ne' luoghi opportuni, invitando a consultarle il lettore. Ma io non credo che alcuna se ne trovi, o almeno non ne ho notizia. I compendii poi, di cui pochi sono buoni, ancorché fossero eccellenti, non basterebbero al proposito. Tuttavia il lavoro è fatto, almeno in gran parte; ma è sparso; e si richiede la fatica di metterlo insieme, e di cavarne quel tanto che occorre. Da due secoli in qua gli eruditi di Europa hanno fatte maravigliose ricerche su tutte le parti dell'antichità, le quali a mano a mano che i viaggi e l'etnografia aggiungono nuovi sussidi, si vanno tuttavia ampliando; tantochè è oggimai difficile il trovare nel

di storia, di etnografia, di archeologia, o di altra simile disciplina. Laonde chi fosse affatto ospite in queste materie non potrebbe a buon diritto imputarmi le oscurità e le lacune del mio discorso.

Io ho recato in questa parte della mia scrittura tutta quella esattezza, di cui sono capace, e che mi venne conceduta dai pochi mezzi estrinseci di erudizione, onde posso disporre. Quando per corroborare un assunto scientifico, altri si dà a squadernare libri di storia e di archeologia, e razzolarvi argomenti a proposito della sua preconcetta opinione, il lavoro che ne risulta non può far che non riesca stiracchiato e superficiale. Non che procedere per questa via, io non ho mai accomodati i fatti alle idee, come anche non ho mai subordinate le idee ai fatti, che sarebbe un disordine ancor più grave dell' altro. Le idee e i fatti sono due ordini paralleli, che debbono armonizzare spontaneamente, senza violenza reciproca. Ma per la natura dello spirito umano, nello stesso modo che la cognizione ideale dee porgere il filo opportuno per camminare nella regione dei fatti, senza smarrirsi, così l'esame minuto e diligente dei fatti, può e dee correggere e perfezionare la cognizione ideale; tantochè i due ordini si aiutino a vicenda. Non si dee però mai dimenticare che ciascuno di essi dee reggersi da sè, e che non è mai lecito l'introdurre artifiziatamente fra loro una corrispondenza, che quando non sia naturale e spontanea, non ha alcun valore.

A malgrado di questa mia diligenza, non ignoro che molti chiameranno per istrazio il secondo libro della mia opera una compilazione, e crederanno con questo di averlo condan

nato. Ma io vorrei domandare a costoro, che cosa intendono con questa parola. Se il compilare è un raccoglier fatti, ogni filologo, archeologo, storiografo è un compilatore; e il nome in tal caso è onorevole, come l'ufficio. Se poi si chiama compilare l'adunar fatti, traendoli, non dalla fonte, ma dai rivi, avverto che ne' lavori generali, come il mio, non si può fare altrimenti. Tal è la brevità della vita e la moltitudine delle materie, ch' egli è impossibile eziandio agli uomini dottissimi, (fra' quali io non ho la temerità di collocarmi,) l'attingere i fatti dalle sorgenti, se non quando si tratta d'investigazioni parziali. E in ciò consiste l'utilità della divisione introdotta nei lavori letterarii e scientifici; mediante la quale, gli studiosi limitandosi a una parte dello scibile, e consacrandole exprofesso il tempo e l'ingegno, possono addentrarsi nel loro subbietto, e acquistarne quella cognizione più compiuta e profonda, che è dato all' uomo di conseguire. Il che sarebbe impossibile, se ciascuno aspirasse alla scienza universale, e volesse fornir da sè solo l'opera di molti, anzi di tutti. La mania di essere enciclopedico potea passare per ragionevole e proficua, quando le scienze erano bambine: come queste furono cresciute a un certo segno, potè parer tuttavia plausibile, benchè non esente da temerità: al di d'oggi non è più che ridicola. Chi oserebbe ora pretendere di posseder solamente una dozzina di scienze o di lingue orientali? Se alcuno vi aspira tuttavia, ciò mostra che la generazione dei pazzi è perpetua, e che si dee stimare di aver fatto molto, quando è permesso di riderne. Ma i lavori parziali dei dotti sarebbero inutili, se gli uni non potessero profittare delle altrui fatiche, in ordine ai propri studi; giacchè tali sono le congiunture scambievoli di tutte le scienze, e specialmente di alcune fra esse, che non si possono coltivar

giro dell' erudizione possibile un solo angolo, in cui non abbia penetrato l'occhio di qualche curioso e sagace cercatore. Il numero delle opere prodotte da tali investigazioni è spaventevole; e la vita di più uomini infaticabili non basterebbe a riandarle, non che leggerle tutte. Io ho solo potuto prender notizia di una piccola parte, proporzionatamente a una copia così sterminata; ma se il mio lavoro non può essere offerto, come un quadro storico compiuto, senza ridicola temerità; credo che sarà sufficiente allo scopo dottrinale ch' io mi propongo. Quanto al metodo da seguirsi in queste storiche indagini, mi parve che la concisione più rigorosa dovesse accoppiarsi a una certa profondità; non potendo da un lato allargarmi di soverchio in una parte accessoria del mio trattato, senza nuocere all' economia del tutto; e sapendo dall' altro che ogni ricerca è affatto inutile, quando riesca superficiale. Or come conciliare due doti, che sembrano escludersi a vicenda? Imperocchè le ricerche erudite non possono avere qualche valore, se non abbracciano molti particolari, e non tengono conto delle più piccole minuzie; non essendo possibile ne' fatti storici il camminare pe' generali e per le astrazioni. Ora l'esposizione dei particolari richiede grandissimo spazio; e io doveva ricordarmi che non iscrivo un' opera di storia, ma di filosofia. Ho creduto di trovare un acconcio temperamento, contentandomi d'indicar brevemente i fatti più essenziali, e accennando a piè di pagina gli autori da me letti e studiati, dove le opportune prove e illustrazioni si rinvengono. Così il lettore, che voglia acquistare una notizia più compiuta e fondata delle cose discorse, ricorrendo alle opere allegate, ci troverà per minuto i testi relativi, con tutto il corredo di critica e di erudizione opportuno al proposito. Non allego,

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