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rebbe molta spesa, richiedessero del suo concorso il governo, che non dovrebbe negarlo, trattandosi di cosa utilissima, nè potrebbe generare alcun sospetto, quando l'indirizzo di tale educazione dipendesse dal corpo dei vescovi, e i laici v' intervenissero, come consiglieri, non come arbitri; non passerebbero due generazioni, che la Chiesa francese avrebbe dei teologi, dei filosofi, degli eruditi, degli orientalisti, dei fisici e dei matematici insigni, capaci di gareggiar nobilmente e fruttuosamente col fior dei dotti nazionali e forestieri. Imperocchè importa molto l'avvertire che la scienza del clero non può portare condegni frutti, se non pareggia od avanza quella dei tempi : la dottrina mediocre, quando è sola, reca piccolo o nessun profitto. Se il Bossuet e il Malebranche non fossero stati pari o superiori, ciascuno nel suo genere, ai sapienti della età loro, vogliam credere che gl' ingegni d'allora sarebbero stati, come furono, signoreggiati dalla religione? Perciò i chierici nel dedicarsi alle scienze, eziandio profane, non che contravvenire allo scopo primario del loro ministero, si procaccerebbero il mezzo più efficace per ottenerlo; riconciliando la fede colla pubblica opinione, e mettendola in credito all' universale, come ossequio ragionevole. Or qual modo più acconcio a renderne capace la moltitudine, che il poterle additare nei ministri e nei maestri della religione il fiore e la cima della civil sapienza? Un sol uomo insigne per dottrina congiunta a virtù, che sorga nel clero moderno, giova forse meglio per riconciliare le classi colte alla fede cattolica, che le missioni e le predicazioni ordinarie. I quali mezzi sono certo utili, necessari, santi, purchè bene adoperati; ma soli non bastano. Speriamo non lontano un tempo, in cui tutti i pastori delle anime saranno convinti che la scienza eminente del clero è

al di d'oggi richiesta, per ispianare la via alle opere e alle maraviglie dell' apostolato.

La chiesa odierna di Francia, benchè non sia più agitata dal furore delle tempeste e delle persecuzioni, è lungi tuttavia dal godere uno stato tranquillo e felice nemici interni ed esterni la turbano e travagliano, dai quali potrà solo liberarsi, mediante nuovi incrementi di sapienza e di dottrina. Una setta ostinata e perturbatrice, pigliando la maschera della religione, trapelò nel santuario, e riuscì a procacciarvisi alcuni ardenti patrocinatori. Voglio parlare di quei faziosi, che si chiamano legittimisti; fra' quali si trovano certamente, (come in tutte le sette,) uomini buoni e leali, che sono mossi da un sincero affetto verso la linea del principe espulso, verso l'inviolabilità del potere monarchico, che credono offeso dal nuovo stato delle cose, verso la religione, a cui stimano gli antichi ordini più conformi, verso la quiete e la sicurtà pubblica, che veggono scemate dai preteriti rivolgimenti. Ma i più intendono solamente alla ruina delle libertà pubbliche, e alla restituzione del potere dispotico, che amano, non per sè stesso, ma per gli abusi ed i vizi, che lo accompagnano. Costoro, per lo più, sono nobili, che sospirano lo splendore e le prepotenze del patriziato, avanzi dello stato feudale; preti, (mi duole a dirlo,) che lamentano le perdute ricchezze, e la profana ingerenza nelle brighe secolari; oziosi di vario genere, scarsi di moneta e avidi di dissolutezze e di piaceri, ai quali non arrivano o non bastano i favori di una corte civile, e che desiderano quei tempi beatissimi, in cui i sudori del popolo alimentavano i vizi dei cortigiani e del principe. Fazione più avversa all' Evangelio, e agli spiriti generosi della Chiesa

cattolica, non si può immaginare di questa. Nè le giova per coonestarsi, l'ostentare sentimenti di fedeltà cavalleresca, ancorché fossero sinceri. L'idolatria verso i principi è cosa moderna, e specialmente francese1: essa non ha mai allignato per buona ventura, e non allignerà nei petti maschi degl' Italiani. La fedeltà verso i poteri legittimi è un dovere; ma l'adorazione di un uomo e di una famiglia, il metterla in cima a ogni affetto e ad ogni debito, il posporle quanto v' ha di più sacro, la nazione e la patria, e insomma il far del monarca un idolo, e della sudditanza un culto, sarebbe un' esagerazione ridicola, se non fosse sovente calamitosa. Sia pure, che tali sentimenti non muovano da privato interesse. Non ogni istinto, ancorchè scevro di viltà, merita il nome di eroico. O vero, se si vuol chiamare eroico, diciamo che v' ha un eroismo folle e falso, e che gli eroi forsennati non sono quelli, che vengono celebrati dalla storia. Chi suscita una guerra civile, turba un paese, sacrifica migliaia d'innocenti, occasiona crudeltà che fanno, non che altro, inorridire chi legge, per riporre sul trono un uomo, non è scusato, perchè operando mezzi detestabili, sia non curante della propria vita. L'eroismo dee conformarsi alla ragione, alla giustizia, al bene generale degli uomini, legge suprema degli ordini sociali; altrimenti è follia, delitto, scelleratezza, e merita, non il, tempio, ma il carcere, o alla men trista, il manicomio. L'idolatria verso il principe è una reliquia di quegli ordini cavallereschi, che possono aver fatto qualche bene in tempi barbari, ma che sono scomparsi con onore e vantaggio della specie umana. Quando un governo è stabilito, quando è riconosciuto dai vari poteri della nazione, e dal

1 MACHIAVELLI, Discorsi, III, 41. Ritr. di Franc.

complesso degli altri popoli inciviliti e cristiani, è legittimo per ogni verso, qualunque possa essere stato il difetto della sua origine; perchè, supponendo eziandio questa origine viziosa, la legittimità gli è conferita dal concorso degli altri poteri sovrani, interni ed esterni, che lo riconoscono 1. Tal' è la dottrina cattolica cosi nella teorica, come nella pratica tal' è la sola dottrina, che s'accordi coi principii della diritta ragione. Se le massime dei legittimisti fossero fondate, e una dinastia riconosciuta da tutti i poteri interni della nazione, da tutti i potentati esteriori, senza escludere il capo supremo della Cristianità, fosse usurpatrice, non vi sarebbe forse un solo governo legittimo in Europa, e la giustizia politica non potrebbe conciliarsi colla quiete degli stati. Imperocchè contro un potere assolutamente illegittimo la ribellione non può essere interdetta. Egli è vero che per una logica pellegrina, alcuni di questi settari si coonestano insegnando, che si dee in ogni caso ubbidire all' usurpatore. Ma come vi può esser dovere da un canto, se non v' ha diritto dall' altro? Non si creda però che la loro sommissione sia sincera non si ribellano, perchè non han forze da tanto; ma non si fanno scrupolo di lacerare e di calunniare chi governa, di seminare la diffidenza, di suscitargli de' nemici, di attizzare contro di esso la pubblica opinione, di cercare ogni verso per rendere impossibile l'amministrazione della cosa pubblica. Or se non è lecito il ribellarsi colle armi, come si può credere onesto il rivoltarsi colle parole? Se la violenza è proibita, come possono essere conceduti gl' intrighi e la frode? La legge umana e divina, vietando la ribellione, interdice i mezzi in ordine al fine, e mira alla conser

1 Questa dottrina verrà dichiarata a suo luogo.

vazione del pubblico potere; che se voi intendete allo scopo contrario, e volete distruggere quel potere medesimo, gioverà assai poco alla vostra coscienza il farlo colla lingua e colla penna, invece di adoperare i tumulti e le armi. E posto che ci sia divario morale fra'due mezzi, la nobiltà e la generosità non sono certo dal canto vostro. A chi regge uno stato dee dispiacere assai meno il venire assalito qualche volta francamente colle armi, che l'essere ogni giorno insidiato, malmenato, straziato, calunniato dai giornali e dai libelli, con ipocrita malignità. E se costoro sinceramente procedessero, come potrebbero lodare altrove ciò che biasimano in casa propria? La Spagna, dopo aver valicato un lungo corso di calamità, dopo essere stata afflitta or dalle invasioni forestiere, or dalle discordie e licenze cittadine, or da un dispotismo ignobile e corruttivo, era giunta ad avere un governo, che accoppiava i vantaggi della monarchia alle antiche libertà nazionali, e che, se non era ottimo, era certo il migliore, che secondo i tempi si potesse ordinare. Ogni animo bennato desiderava pace e quiete a quel nobile e infelice paese, acciò gli ordini nuovi si consolidassero, e le vestigie degli antichi mali svanissero. Sventuratamente si trova un uomo, che pretessendo certi diritti, veri o falsi in origine, (non rileva il cercarlo,) crede di potere umanamente e cristianamente accendere nella sua patria il fuoco della guerra civile, ed è seguito nella sacrilega impresa da un piccol numero di preti stolti o sciagurati, che stimano di far cosa grata a Dio, a macellar con una mano i lor cittadini, mentre coll' altra benedicono il macello. L'Europa inorridita vede da quest' empia guerra uscire tali atrocità, che sarebbero degne dei tempi più barbari e feroci. Che fanno i legittimisti francesi? Applaudono alla scellerata

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