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FRANCESCO NOVATI

Vita e poesia di corte nel Dugento

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ERSO que' giorni stessi ne' quali Dante Alighieri, giovine, bello, innamorato, l'animo ed il cuore ricoľmi d'audaci, sconfinate aspirazioni, di rigogliose speranze, liberando dalla commossa fantasia uno de' suoi più squisiti sonetti, vagheggiava d'essere preso e messo « per incantamento », lui e Guido e Lapo e le donne loro, in un fatato « vasello », che « ad ogni vento per mare andasse » secondo lor voglia; sicchè negli avventurati navigatori, immemori d'ogni altra cosa che l'amor loro non fosse,

vivendo sempre in un talento,

di stare insieme crescesse il disio;

verso que' giorni, dico, un altro poeta, nato nella dolce Toscana, e forse, chi'l sa? dentro la cerchia stessa di quella Firenze che aveva nudrito l'amator fervoroso di Beatrice Portinari, piegava ei pure la strofa della frottola capricciosa e fantastica a colorire certo suo ideale d'una vita oltre l'usato gioconda e felice. Ma costui non s'appaga, come fa Dante, d'abbozzare con tinte va

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porose, sfumate, tenuissime il delizioso miraggio intravveduto nell' estasi d'una notte primaverile, il viaggio interminato, senza meta, attraverso le glauche pianure marine; ei sogna ad occhi aperti invece, il brav'uomo, e delle visioni sue sa ritracciare con mano ferma e precisa i contorni. Nè innalza i suoi voti ad un ipotetico << incantatore », ma si rivolge addirittura a colui che può tradurre in realtà ciò che dalla realtà più si discosta, al re dell'universo, in una parola. Con Domeneddio sia detto di passaggio codesti vecchi rimatori nostri si prendevano spesso di ben strane confidenze. Avvezzi ad udir ripetere a tutt'ore ch'egli è padre d'infinita misericordia, essi finirono pressochè sempre per credere che in lui all'affetto s'accoppiasse quell'indulgenza, onde a volte più largheggiano i genitori quanto più si sbrigliano i figliuoli. Ecco dunque, al pari del beffardo e spensierato monaco di Montaudon, anche il giullare toscano << a parlamento » colla divinità:

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Io vorre', Iddio Padre, per tuo amore
che tu mi faccia una gran cortesia.

Vuogli esser papa, o re, o'nperadore ?
Dimmelo, amico, i' tel farò vie via.

Non vo' esser papa, re nè 'nperadore, anzi vogli' esser vie maggior signore

per poter far più alta signorìa.

Chiedi che vuoi, e abbi franco cuore, ch'i' te lo farò tutto in fede mia....

<< Abbi franco cuore!» Incoraggiato da sì benigna promessa (ma aveva egli uopo d'incoraggiamento?), il poeta s'accinge a disvelare intiero il pensier suo. Ed innanzi

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