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CAPITOLO III.

Bel Diritto delle Genti nato col Cristianesimo.

Presso

S. I.

resso i Gentili gli uomini vinti in guerra, o si ammazzavano, o rimanevano in perpetuo schiavi, dove menavano la loro vita miseramente; le terre vinte, o si desolavano, o n'erano cacciati gli abitatori, tolti i loro beni, mandati dispersi per il mondo, tantochè i superati in guerra pativano ogni ultima miseria. Ma la Cristiana Religione ha fatto sì, che de' vinti, pochi se ne ammazzano, niuno si tiene lungamente prigione, perchè con facilità si liberano, le città, ancorchè si sieno mille volte ribellate, non si disfanno, gli uomini si lasciano ne' beni loro.

II.

I nostri Principi Cristiani nelle loro conquiste amano egualmente le Città loro soggette, e lasciano loro le arti tutte, e quasi tutti gli ordini antichi, a differenza dei barbari Principi Orientali, destruttori de' paesi, e dissipatori di tutte le civiltà degli

uomini.

CAPITOLO IV.

Vizj che resero i Grandi preda de' Piccoli.

S. I.

S'ingannavano quei Principi antichi, i quali cre

d'oro,

devano, che l'arte di ben governare gli Stati consistesse nel sapere, negli scritti, pensare una cauta risposta, scrivere una bella lettera, mostrare nei detti, e nelle parole arguzia e prontezza, saper tessere una fraude, ornarsi di gemme e dormire, e mangiare con maggior splendore degli altri, tenere assai lascivie intorno, governarsi con i sudditi avaramente e superbamente, marcirsi nell'ozio, dare i gradi della milizia per grazia, disprezzare se alcuno avesse loro dimostrato alcuna lodevole via, volere che le parole loro fossero responsi d'Oracoli; nè si accorgevano i meschini, che si preparavano ad esser preda di chiunque gli assaliva. Testimone l'Italia, dove tre potentissimi Stati furono nel XV secolo saccheggiati e guasti, perchè chi li reggeva stavano in simil errore, e vivevano nel medesimo disordine.

Vol. 8.

CAPITOLO V.

Leggi.

S. I.

Deve eve stimarsi poco vivere in una città, dove possino meno le leggi, che gli uomini; perchè quella patria è desiderabile, nella quale le sostanze, e gli amici si possano sicuramente godere, non quella, dove ti possino esser quelle tolte facilmente; e questi per paura di loro proprj nelle tue maggiori necessità ti abbandonano.

II.

Uno Stato non vive sicuro per altro che essersi obbligato a più leggi, nelle quali si comprende la sicurtà di tutti i suoi popoli.

III.

Chi non è regolato dalle leggi fa gl'istessi errori, che la moltitudine sciolta.

IV.

La forza delle leggi è atta a superare qualunque ostacolo anche della natura del territorio.

V.

Come i buoni costumi per mantenersi hanno bisogno di buone leggi, così le leggi per mantenersi hanno bisogno di buoni costumi.

VI.

Perchè i buoni costumi non si mutino in pessimi, il Legislatore deve frenare gli appetiti umani, e torre loro ogni speranza di potere impunemente peccare.

VII.

Le leggi fanno gli uomini buoni.

VIII.

Dalle buone leggi nasce la buona educazione.

IX.

Dalla buona educazione nascono i buoni esempj.

X.

In un governo bene istituito, le leggi si ordinano secondo il bene pubblico, non secondo l'ambizione di pochi.

XI.

Spogliare con nuova legge alcuno de' beni nel tempo, che li dimanda con ragione in giudizio, è ingiuria, che tira dietro pericoli grandissimi contro il Legislatore.

XII.

Dove una cosa per se senza la legge opera bene, non è necessaria la legge.

XIII.

Una legge non deve maculare la fede impegnata 'ne' patti pubblici .

XIV.

Non si può fare legge più dannosa, che quella, che riguardi assai tempo indietro.

XV.

La legge non deve riandare le cose passate, sibbene provvedere alle future.

XVI.

Nessuna cosa fa tanto onore ad un

ma

uomo che di nuovo sorga, quanto fanno le nuove leggi, e i nuovi ordini trovati da lui. Queste cose, quando sono fondate, ed abbino in loro grandezza, lo fanno reverendo e mirabile.

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