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legorico, è ovvio che nessuno può darsi il vanto d'intendere il poema, se prima non si vince quella difficoltà. È una X evidente, che si ritrova in ogni luogo; chi la lascia in disparte, confessa di non saper niente delle idee dell' Alighieri.

Il mio studio della Malebolge ebbe per iscopo di dimostrare con perfettissima esattezza quale fosse il sistema dei giri che si fanno su Gerione e nell'ottavo cerchio dell' Inferno. Poi, diedi la dichiarazione generale dell'allegoria del poema, basandomi su quei risultamenti, e pare che l'Agnelli ammetta per vera quella dichiarazione, che è cosa di massimo momento, poichè insomma è la chiave dell' enimma dantesco.

Quanto al movimento su Gerione e nella Malebolge, l' Agnelli è d'accordo con me, e veramente pazzo sarebbe chi volesse fare altrimenti, poichè sono cose geometriche, la cui certezza non soffre obbiezioni. Del resto, quella teoria fu spiegata all' Accademia di Marsiglia dall' egregic astronomo Stephan, direttore di quell' osservatorio. Spero che quei dantisti che sono incapaci d'intender le matematiche, saranno cortesi assai per ammettere, d'ora innanzi, la regola da me stabilita, cioè, che Dante segue il movimento del Medesimo, in tutto il suo viaggio di Malebolge, e in quelli del Purgatorio e del Paradiso.

Che segua il movimento dell' Altro su Gerione, sull'orlo di Malebolge e nel cerchio degli Eresiarchi, è cosa stabilita, anche per l'Agnelli, e qui, lo ripeto, a meno di pazzia o di sciocchezza insoffribile, non si può pretendere ch'io non abbia ragione.

Ma l'Agnelli vuole che negli altri cerchi dell' inferno superiore Dante giri secondo il movimento del Medesimo, come nella Malebolge. E le sue critiche vanno a colpire il mio concetto in parte ch' egli non conosce, e che il pubblico non conosce ancora. È vero che ho dimostrato quelle cose nelle mie Considerazioni sur un passo del « Purgatorio », che furono pubblicate or sono dodici anni, e furono il primo saggio d' un' interpretazione scientifical delle opere di Dante; ma quel libello fu poco e male inteso, poichè non v'era anima viva in questo mondo che potesse sognare allora di ritrovar nelle allegorie del divino poema altro che enimmi. Del resto quei principì non sono di facile intendimento per chi non ha sotto gli occhi qualche figura che aiuti la dichiarazione verbale.

Nella piccola figura a destra del mio disegno, si vede lo schema generale del viaggio d'inferno. I poeti dovranno percorrere il gran cono che ha per asse la verticale di Gerusalemme, e per base il cerchietto, il cui centro è a Gerusalemme, mentre la circonferenza passa pel monte Ida. Sulla generatrice che va dal monte Ida al centro della terra si dirocciano i fiumi infernali. Dante e Virgilio prendono per punto di partenza la ripa destra dell' Acheronte, quasi quasi sotto Ida; poi vanno calando e descrivono, gi

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CERCHIO VII

(Violenti)

Lucifero

CERCHII VIII IX (Malebolge)

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I GIRI DANTESCHI NELL' INFERNO SUPERIORE

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empre a sinistra, quella linea spirale che ha il suo punto terminale ulla ripa sinistra di Flegetonte. Allora Dante non è ancor volto per cerchio; manca per finirlo, il varco del fiume stesso, che non si fa. iene Gerione e i poeti, imbarcatisi sulle spalle del mostro, fanno, secondo la legge dell'Altro, vari giri, il cui numero e la cui granimane nell'indeterminazione. Così si giunge in B sul primo ripiano bolge, e poi, percorrendo vari archi in senso contrario dei prece- camminando verso il centro, Dante e Virgilio vengono a presentarsi te a Lucifero, che tien le tre faccie rivolte verso Roma. Quindi, irare in nessun luogo ritornano alla superficie della terra, nell' isola gatorio, sempre da quella parte che è rivolta verso Roma, e vedono o che viene colle anime, dalle foci del Tevere, seguendo, com'è nail cammino più breve.

aminiamo il dettaglio di quel viaggio, nella parte dell'inferno che e ai cerchi superiori, poichè, dal punto A in giù, non v'è più difHi nessun genere.

ma di tutto, è d'uopo considerare il giro che si fa intorno alla rii sangue. Virgilio e Dante scendono dalla ruina (si veda la gran e contemplano i Centauri schierati come nel nostro disegno, di modo indirizzarsi a Nesso, Chirone dovrà volgersi in sulla destra poppa. che è guida dei poeti, osserva come i primi dannati che stanno in della ruina, sono immersi nel sangue fino alle ciglia; quindi si giunge e dove il sangue ricopre la parte inferiore della persona, e lascia litto il resto. Finalmente, il liquido bollente cuoce pur li piedi e in ogo si passa al fiume. Nesso dice che dall'altro canto la profondità gue va crescendo e spiega che i dannati vi stanno rinchiusi, come no recinto, che Dante e Virgilio costeggiarono per venire al varco. i si schierano simmetricamente, e sono, in certo modo, i medesimi parte e dall'altra. Di qua abbiamo due italiani: Obizzo e Ezzelino, ntichi, Dionisio e Alessandro; di là, due antichi: Pirro e Sesto, e iani: Rinier da Corneto e Rinier Pazzo. Simmetrico di Monforte è è che questa simmetria non sia vana, lo dichiara apertissimamente dell' Eloquenza Volgare.

to dunque dimostra che i poeti fecero intorno al fiume un cammino i 180 gradi. Si vede poi che girarono ancora, sull'orlo della selva, i giungere sulla ripa di Flegetonte. Ma questo tratto non può esser imo; quindi si argomenta che la ruina era in parte quasi opposta al da, e rispondeva alla verticale di qualche luogo dell' Asia centrale, ngitudine orientale era molto maggiore di quella di Gerusalemme. ste circostanze ci permettono d' intender bene le parole di Virgilio, i poeti sono in atto di scender verso il settimo cerchio:

che i Pesci guizzan su per l'orizzonta,

e il Carro tutto sovra il Coro giace.

Giunto alla bolgia dei barattieri, Virgilio dice che la luna tiene il confine d'ambedue emisferi, e il conto di Malacoda segna poi con esattezza assoluta l'ora di Gerusalemme, che sarà per noi quella che si chiama oggidì le sette antimeridiane. L'epoca in cui i Pesci si alzano sull'orizzonte risponderebbe alle cinque e mezza. Dunque, se fosse ora di Gerusalemme, i poeti, in un'ora e mezza, dovrebbero passare tutto il settimo cerchio, scendere. alla Malebolge, e vedere le prime bolgie, fino a quella dei barattieri. L'ora e mezza non basta per leggere i nove canti del poema, che narrano quella lunghissima concatenazione di avvenimenti. Il fatto si spiega, per altro, in modo soddisfacente, se l'orizzonte sul quale spuntano i Pesci è quello d'un luogo situato a una ventina di gradi di longitudine a levante di Gerusalemme, poichè in quel caso abbiamo, all'incirca, un'ora e mezza di più.

Il Manetti, e molti altri, vollero assegnare certi valori arbitrarii alla. lunghezza degli archi percorsi in qualunque cerchio o cerchietto. Di questi valori Dante non dice niente; l'unico punto in cui il suo testo determina la lunghezza dell'arco è quello della riviera del sangue, e qui abbiamo un mezzo cerchio intero, invece dell'arco stabilito dal Manetti, che è uguale a gradi 36. Del resto il Manetti si rese colpevole di varie assurdità geografiche, le quali sono veramente incredibili, e si slanciò, come anche il Vellutello e il Landino, in calcoli più ridicoli che mai.

Volendo sapere esattamente quanti furono i gradi degli archi percorsi dai poeti nei primi cerchi, mi pare indispensabile di chiedere informazioni a chi vive in inferno, e conosce i luoghi meglio di noi. E giacchè abbiamo, al tempo presente, delle società dantesche in Italia, in Germania, in Inghilterra e in America, non v'è dubbio che anche nella città di Dite ve ne sarà un'altra. Tocca ai benemeriti accademici stigiani di farci sapere la verità su quel punto particolare di dantologia.

Quando Virgilio e Dante sono sulla ripa di Flegetonte, il maestro dice all'alunno: È tutto che tu sii venuto molto, ecc. In quelle parole abbiamo una regola generale che si stende a tutto il cammino percorso; se vi fossero delle eccezioni, Virgilio dovrebbe dirio; non dicendolo, si dichiarerebbe per buffone, baggiano e imbecille, che vuol mistificare il discepolo invece di fargli imparar cose vere.

Ora, l'unico luogo in cui si determina, con senso preciso e schiettissimo, il modo che tennero i poeti nelle volte e nei giri, è il cerchio VI, e in quello, si gira senza dubbio secondo la legge dell' Altro.

Del resto, nel settimo cerchio, i poeti, dopo l'istante in cui Virgilio parla così, camminano sempre verso il centro, fuorchè sulla ripa dell'abisso,

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