Page images
PDF
EPUB
[blocks in formation]

mento ricorda le figliuole di Pierio col nome che lor venne assegnato, dopo che per la colpevole oltracotanza soggiacquero alla misera trasformazione. Ed è poi notabile come il sommo Poeta in solo quattro versi bastasse a comprendere tutto che Ovidio assai lungamente descrisse. » Ovidio però (Met., v, 663 e segg.) narra la cosa in modo differente, che cioè chiamate le ninfe a giudici del canto tre le figlie di Piero e le Muse, avendo sentenziato in favore di queste, non vollero quelle confessare la loro inferiorità, sebbene nella loro coscienza sentissero di quanto intervallo eran vinte; forse questa lor tracotanza più che non la loro inferiorità nel canto fu cagione del castigo obbrobrioso, perchè al primo errore della superba sfida un più grave se n'aggiungeva, la pertinace e superba impugnazione della verità; perciò il Buti opinò (fin da allora sul testo del Poema si levavan dubbi!) che s' avesse da leggere dispettar in luogo di disperar. — Misere; cf. Inf., XXXIII, 63, nel commento. Lo colpo; il canto delle Muse fu come colpo alle disgraziate sorelle, tale che per esso capiron tosto che nella loro prosunzione perdono non potevano sperare, di tanto il canto delle Muse eccelleva sul loro! Notino i giovani da ciò la moralità della mitologia; quando, come spesso in Omero, son gli Dei, che lottano tra loro, or vince l'uno or l' altro; ma quando è l'umanità che insorge contro la Divinità, la prima è sempre vinta dalla seconda.

13-18. Notati dall' Alfieri. Il primo sguardo è alla luce; dal v. 20 è chiaro che il Poeta appena giunto all' aperto, rivolse gli occhi all' oriente, ove era, dice l' Antonelli, con Venere la costellazione dei Pesci, che precedeva il nascere del Sole; quindi girandosi sulla sua destra veniva ad avere in prospetto il polo antartico. Dolce color ecc.; è il color azzurro; altrove (Par., XVIII, 115) chiama dolce stella il pianeta di Giove. Oriental zaffiro: <questa, dice il Buti, è una pietra preziosa di colore biadetto, ovvero celeste et azzurro, molto dilettevole a vedere ;... sono due specie di zaffiri: l' una si chiama l'orientale, perchè si trova in Media, ch'è nell' oriente, e questa è melliore che l'altra e non traluce; l' altra si chiama per diversi nomi, com'è di diversi luoghi. » Il Poeta soavemente chiama altrove la Vergine (Par., XXIII, 101)

il bel Zaffiro,

Del quale il ciel più chiaro s'inzaffira.

S'accoglieva; qui della luce; altrove del suono (e luce e suono hanno nel Poema anche lo stesso aggettivo, cf. Inf., 1, 63; III, 27 e 75; XXXI, 13; XXXIV, 22; Par., XXXIII, 121; Par., XIV, 122); e quest' ultimo luogo è bene spiegato dall' altro (Purg., XXVIII, 22),

Ed una melodia dolce correva
Per l'aer luminoso ;

perciò s'accoglieva, bene qui è dal Cesari inteso per diffondersi, esser ricevuto nell' aria, e questa quasi impregnata di quel colore, che pe' strati di lei veniva ad adunarsi.- Primo giro; i nostri commentatori fino al Lombardi intesero per primo giro il cielo della Luna; e siccome giro nel linguaggio del Nostro è molte volte sinonimo di cerchio od orbita de cieli (cf. Purg., XXX, 93; Par., 11, 27; III, 76; IV, 34; XXVIII, 139), non saprei discostarmi da loro; e in tal senso primo giro è spiegato dal principio del capo 4, del tratt. II del Convito: « Il primo cielo numerato è quello dov'è la

6

Conv. II, 14.

Mon. I, 13

20

Agli occhi miei ricominciò diletto,
Tosto ch' io usci' fuor dell' aura morta,
Che m' avea contristato gli occhi e il petto.
Lo bel pianeta, ch' ad amar conforta,
Faceva tutto rider l'oriente,

Luna. Il Lombardi invece spiega : « fino al primo alto giro delle stelle (— cioè al primo Mobile, ch'è il penultimo de' cieli rispetto a noi —), al quale se non giunge l'aere, giungeva quel sereno aspetto. Niente di più falso. L'Antonelli invece intende che il primo giro significa il primo fra i cerchi della Sfera ; e questo è l'Orizzonte, siccome quello che solo è parvente, e che serve alla determinazione di tutti gli altri. Perciò il Poeta vuol significare, che quell'aere sereno, in cui s'accoglieva il dolce colore d'orientale zaffiro, era puro, cioè scevro d'ogni nebbia e d' ogni caligine, fino all' orizzonte, ove un poco più, o un poco meno, è raro che non iscorgasi traccia di materie vaporose; e perciò l'illustre uomo fu d'avviso che debba leggersi dell' aer, puro infino al primo giro. Rincominciò ecc.; tornò a dare, rinnovò agli occhi miei quel diletto, che ormai da oltre due giornate, cioè dall' entrata all' Inferno, non aveva più goduto. Aura morta (cf. v. 9), cieco mondo (Inf., IV, 13), aria buia, caliginosa. M' avea ecc.; ritocca l'effetto fisico e morale della sua andata per l' Inferno, dolorosa ai sensi e all' animo.

[ocr errors]
[ocr errors]

-

19-21. L'Alfieri notò i due primi. Bel pianeta ecc.; è quel di Venere (cf. Inf., II, 55, nel commento), che altrove il Poeta dice la stella d'amor (Cànzon., P. II, canz. VIII, st. 1); e il Petrarca:

Gia fiammeggiava l'amorosa stella
Per l'oriente;

e Purg., XXVII, 94-96:

dell' oriente

Prima raggiò nel mondo Citerea,

Che di fuoco d'amor par sempre ardente;

al che s' aggiunga quanto ritocca nel Par., VIII, 1 e segg.; e a tutto è spiegazione piena questo tratto del Convito (II, 6): « Ragionevole è credere che li movitori del Cielo di Venere siano li Troni, li quali, naturati dall'amore del Santo Spirito, fanno la loro operazione connaturale ad esso, cioè lo movimento di quello cielo pieno d'amore. Dal quale (movimento) prende la forma del letto cielo uno ardore virtuoso, per lo quale le anime di quaggiù s'accendono d'amore secondo la loro disposizione. E perchè gl'antichi s'accorsono che quel cielo era quaggiù cagione d'amore, dissono Amore essere figliuolo di Venere; siccome testimonia Virgilio nel primo dell' Eneida, ove dice Venere ad Amore: Figlio, virtù mia, figlio del sommo Padre, che li dardi di Tifeo non curi; e Ovidio, nel quinto di Metamorfoseos, quando dice che Venere disse ad Amore: Figlio, armi mie, potenza mia. » Conforta, eccita, induce; come conforto (Inf., XV, 60; XXVIII, 135; Purg., XXIII, 124), per incitamento: cf. Par., XVI, 141. Rider; luce, diletto, conforto, riso; l'anima e l' occhio del Poeta si beavano di bellezze nuove. Singolarmente bello questo ridere, riferito a cosa inanimata. Le carte miniate da Oderisi e da Franco Bolognese, per la bellezza loro ridevano (Purg., XI, 82); e ridono i fiori e l' erbe (Par., XXX, 65 e 77); e perchè per il nostro Poeta ridere vale quanto farsi più lucente (Par., V, 96 e 97), qui il bel pianeta di Venere fa tutto rider l'oriente (e il Giuliani: « Qua è il cielo che gode di quelle fulgide luci ; là è Venere che fa ridere il cielo ; altrove è questo che ride ai suoi grandi e insoliti fulgori; in tanta varietà è sempre

Velando i Pesci ch' erano in sua scorta.

Io mi volsi a man destra, e posi mente
All' altro polo, e vidi quattro stelle

7

una e stupenda la bellezza »). Quando il cielo, sgombrate le nubi ritorna a sfavillare della piena chiarità delle stelle, il Poeta ne dice che ride con tutte le sue bellezze (Par., xxvIII, 83). E quando nelle sublimi altezze de' cieli udrà correre una soave melodia, e vedrà l' improvviso raggiare di luci vivissime, questo sembrerà a lui un riso dell' universo (Par., XXVII, 4, 5). E se della Luna splendente scrisse (Par., XXIII, 25, 27):

Quale ne' plenilunii sereni

Trivia ride fra le ninfe eterne,

Che dipingono il ciel per tutti i seni;

della bellezza della Madre di Dio dirà più avanti (Par., XXXI, 133, 135):
Vidi quivi a lor giuochi ed a' lor canti
Ridere una Bellezza, che letizia

Era negli occhi a tutti gli altri Santi.

Coll' accenno a Venere ed ai Pesci vuole il Poeta farci capire che quando uscì nell' isola del Purgatorio eran circa le due ore prima del nascer del Sole. Filalete però avverte che ben poteva apparire in cielo il segno dei Pesci prima del sorger del Sole, essendo questo allora in Ariete; ma Venere si leva dopo il Sole, il 27 Marzo, 12 minuti; il 7 Aprile, 30 minuti; ed il 10 Aprile, anche più tardi; onde è impossibile, cronologicamente, ch' ella compaia in tal tempo. Su tale quistione cf. Ferrazzi, Man. Dant., V, 67-69. Velando ecc.; l'Antonelli: Lo splendore di Venere rendeva quasi invisibile la costellazione zodiacale dei Pesci. Così accenna che questa costellazione si compone di stelle di piccola parvenza. » Ma su questo velare mi par bella e vera l' osservazione del Cesari : « Conciossiachè Dante ed altri usino talora il verbo velare per coprire, nascondere, vogliam noi dire che la luce di Venere fosse tanta, che al tutto nascondesse la costellazione de' Pesci? nè lo credo io, nè credo che altri sel possa credere... Io credo che il candore raggiante di Venere stendendosi al largo, tirasse quasi un velo di sottilissima luce sopra de' Pesci, che senza nasconderli, gli lasciasse di sotto a sè trasparire rifiorendoli colla lucentezza del proprio lume. Or questo velare, non tanto il prese Dante per figura da velo, quanto dal velare che i pittori fanno i lor quadri (e l'ha il Baldinucci nel suo Vocabolario del disegno); cioè dal condurre lor sopra una tempera di colore assai lieve, che a modo di velo trasparente ne lascia veder le figure di sotto, con piacevole temperamento di quel nuovo colore. »

[ocr errors]

22-24. Notati dall' Alfieri. A man destra; se dapprima il Poeta aveva la faccia all' oriente (v. 20), volgendosi a destra veniva di necessità ad avere di fronte il polo antartico. Posi mente; la stessa frase, Purg., III, 105. (cf. ivi, nel commento). Mi volsi......, posi mente.... vidi (cf. vv. 29, 31; Vit. N., S. 35). Quattro stelle, letteralm., alcuni intendono le quattro stelle formanti la Croce del Sud (introdotta dal Royer del 1679), accennata da Tolomeo nell' Almagesto, tradotto d'arabo in latino nel 1230, e noto al Poeta, come afferma l' Antonelli. Altri invece opinano essere quattro stelle, più inclinate all' equatore, e già vedute da Marco Polo; però dalle parole non viste mai, e dal sante (v. 37), risulta chiaro non averci qui luogo che a sposizione puramente simbolica. Le quattro stelle non sono che le quattro Virtù cardinali, Prudenza, Giustizia, Temperanza e Fortezza (cf. Conv., IV, 17); vedremo più avanti, parimenti sotto allegoria di stelle, le teologali (Purg., VIII, 8); e teologali e cardinali troveremo altrove sotto forma di

!

Non viste mai fuor ch' alla prima gente.

8

ninfe da ambo i lati del glorioso Carro di Beatrice (Purg., XXIX, 121-132), le quali diranno di sè (¿vi, XXXI, 106):

Noi sem qui ninfe, e nel ciel semo stelle.

Intanto dapprima il Poeta scorge le quattro virtù morali ed umane; più tardi scorgerà quelle tre, che son dono speciale della grazia, e che sono come l'ultima perfezione dell' anima, e tutte insieme sono le sette solidissime colonne, sulle quali s'innalza nelle anime il Tempio dello Spirito Santo. Perciò S. Bernardo (Serm. 52 de divers.), parlando delle virtù di Maria, dopo mostrato che in lei fu ogni più alto splendore delle virtù morali e teologali, conchiude: «His itaque quatuor morum columnis, et tribus fidei praedictis, extruxit in ea sibi domum Sapientia coelestis, quae adeo mentem eius replevit, ut de plenitudine mentis foecundaretur et caro.» Anche è notabile che al principio del viaggio generale vede non già il Sole, ma i suoi raggi, che vestivano bellamente le alte spalle del monte dilettoso (Inf., 1, 17); qui vede le quattro stelle, e appresso il Sole (Purg., III, 16), prenunciato come sicura guida da Catone (Purg., 1, 107-108), al cui lume ed influsso farà appello Virgilio nel corso del viaggio (Purg., XIII, 16-21), finchè giunti al sommo del santo monte, il Sole rilucendogli in fronte, Dante si troverà rinato alla grazia e perciò alla vera libertà (Purg., XXVII, 133). — Alla, dalla (cf. Inf., VIII, 59; XXI, 55). Prima gente: Adamo ed Eva, e i primi loro discendenti, i quali abitando nel Paradiso Terrestre, ch'è sulla vetta del monte del Purgatorio, e nelle vicinanze di quello, vedevano le quattro stelle. A buon proposito Benvenuto: « Et hic nota quod aliqui exponunt hoc sic, idest, praeterquam ab Adam et Eva; sed ista est nimis stricta expositio, quia primi parentes parum steterunt in statu innocentiae, et nimis pauci fuissent cultores istarum virtutum ; et tamen statim ostendit quod Cato fuit illustratus eis. Alii exponunt (come fa il Lana), praeterquam a prima gente, id est ab hominibus primae aetatis, quae dicitur fuisse aurea, quae ignoravit vitia et innocenter coluit virtutes: sed quando ista aetas fuerit non invenio. Sed credo quod Poeta velit dicere, quod miseri moderni perdiderunt visionem istarum quatuor stellarum, quas antiqui nostri bene viderunt, et vixerunt ambulantes ad lucem earum, ad quas caeterae virtutes morales reducuntur, sicut antiqui Romani. Dal Paradiso terrestre, scrive l'Antonelli, che, secondo il Poeta, è nell' emisfero australe, dovevano i discendenti d'Adamo (prima gente) non venire ad abitare il settentrione del nostro se non molti secoli dopo la loro origine, ma prima dimorare in regioni meridionali. Dante (Conv., III, 5.): « Di questi due poli (boreale ed australe), l'uno è manifesto quasi a tutta la terra discoperta, cioè questo settentrionale ; l'altro è quasi a tutta la discoperta terra celato, cioè la meridionale. » Il Lana però per prima gente intende gli uomini dell' età dell' oro (Inf., XIV, 106), che ben conviene collo stato d'innocenza in che fu posto Adamo (Purg., XXVIII, 139-142); e Benvenuto intende gli antichi Romani, che sì bellamente praticarono le morali virtù (Conv., IV, 3 e 5; Mon., II, 5); e a suffragio della sua opinione cita sant' Agostino (De Civ. Dei, XV); ostendit Deus in opulentissimo regno Romanorum quantum civiles virtutes valeant etiam sine vera religione. E a qualcuno l'interpretazione dell' imolese arride; però è da attendere il luogo, ove siamo, dal che vien chiaro, parmi, qual si fosse la prima gente. Ampio di scienza è quanto dal Longfellow reca il Camerini (sta però a vedersi se Dante poteva sapere tutto codesto). Il Barlow, scrive, intende le razze primitive, che abitarono l'Europa e l'Asia, e cita l'Himboldt, Cosmos., II: Stante la precessione degli equinozzi i cieli stellati mutan del continuo il loro aspetto da ciascuna parte della superficie della terra. Le razze primitive del genere umano vedevano sorgere nel lontano nord le

25

30

Goder pareva il ciel di lor fiammelle:
O settentrional vedovo sito,

Poichè privato se' di mirar quelle !

Com' io dal loro sguardo fui partito,
Un poco me volgendo all' altro polo,
Là onde il Carro già era sparito;

9

ΙΟ

fulgide costellazioni dell' emisfero meridionale, che, dopo esser rimaste gran tempo invisibili appariranno in quelle latitudini, trascorse migliaia d'anni... La Croce del Sud cominciò a diventar visibile nel 528, 30' latitudine nord, 2900 anni prima della nostra éra, perchè, secondo Galle, questa costellazione potè prima aver attinto un' altezza di più che 108. Quando sparve dall' orizzonte delle contrade del Baltico, la gran Piramide di Ceope era stata eretta da più di 500 anni. »

25-27. L'Alfieri trascrisse i due primi. Quelle stelle,che illuminavano l' altro polo, lo facevan gaio e ridente e pien di letizia, perchè col loro lume faceano accorto l'uomo del suo dovere (Purg., XXX, 1-6), senza mestieri d'altra guida (Mon., III, 4). Goder pareva (cf. v. 20); e, chi ben guardi, fa rimembrare quello dell' Inf., 1, 48, parea che l'aer ne temesse. Dante nell' Epistola ai Re e Signori d' Italia, così comincia: Ecce nunc tempus acceptabile, quo signa surgunt consolationis et pacis. Nam dies nova splendescit alborem demonstrans, qui jam tenebras diuturnae calamitatis attenuat; jamque aurae orientales crebrescunt: rutilat coelum in labiis suis,et auspicia gentium blanda serenitate confortat. Et nos gaudium expectatum videbimus, qui diu pernoctavimus in deserto; quoniam Titan exorietur pacificus, et justitia.... revirescet. Ecco il ridere e il goder del cielo. Ne viene quindi che l'umanità per il peccato d'Adamo torcendosi

Da via di verità e da sua vita

(Par., VII, 38; cf. Conv., 11, 9),

Per sua diffalta in pianto ed in affanno
Cambiò onesto riso e dolce gioco

(Purg., XXVIII, 95-96), l' umanità (l' emisfero settentrionale poscia abitato)
andò d'errore in errore, sì che il mondo divenne vedovo di virtù, tutto diserto
d'ogni virtute

E di malizia gravido e coverto

(Purg., XVI, 58-60). Privato.... di (privato da, Conv., I, I, due volte); il Tommaseo qui allega queste parole della Somma: Il genere umano per il primo peccato meritò esser privato dell' aiuto della Grazia.

28-33. L'Alfieri notò il primo, un veglio solo del terz' ultimo, e i due ultimi. Com' io ecc.; appena che, non si tosto come lasciai di riguardarle.- Fui partito, mi divisi (cf. Inf., XXVIII, 139), lasciai di porvi mente. — All' altro polo, al boreale. - Il Carro, l'orsa maggiore (cf. Inf., XI, 114: Par., XIII, 7). Sparito, perchè dal luogo dov' era nol poteva vedere, restando quello sotto l'orizzonte. - Già; non è avverbio di tempo, avverte il Giuliani, ma di luogo, e basta a significare che Dante si ritrovò nell' emisfero australe tant' oltre all' equatore, che più non si poteva scorgere il polo a noi sovrastante : cf. Purg., XXVIII, 62. L' Antonelli : « Le quattro stelle, doveva allora il Poeta vederle tra Mezzodì e Ponente; e infatti e' le vede dopo aver posto mente all' altro polo, nel volgersi da Levante a Mezzogiorno! Continuando a destia col manifesto disegno di compire la perlustrazione astronomica di quel

Vit. N. 32.

« PreviousContinue »