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della Vita Nuova §. 43), che in sè comprende il mi ritrovai dell' Inf., 1, 2, che non è altro che il germe fecondo di tutto il mistico viaggio, e perciò la ragione intima di tutto il Poema. Spirazion, cf. Par., IV, 37-39, nel commento. Il Piazza bellamente così tradusse queste due ultime terzine :

Per flexus ire viarum

Non veros statuit, simulacra dolosa bonorum
Venatus, nunquam promissis sueta manere,
Nec mihi vitales divini flaminis auras

Profuit impetrare isti, ut per somnia perque
Mille artes alias revocarem.

136-138. Notati dall' Alfieri. Tanto giù ecc.; così determina appuntino la
selva selvaggia, il terribile passo che non lasciò giammai persona viva (Inf.,
I, 26-27). Giù cadde; è il cadere veduto altrove (Purg., XII, 96). - Tutti ar-
gomenti; tutti i possibili mezzi, tutti gli altri modi sarebbero stati scarsi dice
altrove (Par., VII, 118), insufficienti, non proporzionati all' uopo. Fuor
che mostrargli; fargli vedere col mezzo di Virgilio (onde Virgilio usa questo
mostrare come ragione principalissima dell' ufficio affidatogli da Beatrice;
Inf., XXIX, 96; Purg., 1, 64-65; XXI, 32; cf. Inf., XV, 48; Par., XVII, 136.
Le perdute genti (la gente ria, Purg., 1, 64); l'Inferno, i dannati, perchè ve-
dendo i terribili effetti del peccato; si riducesse a penitenza, ritornasse sulla
verace via, ch' aveva abbandonata (Inf., 1, 12). Cf. Purg., 1, 58-63. S. Ambro-
gio (Lib. v. Lucæ, cap. 6) : « Nec potest quisquam meritum regni cœlestis
adipisci, qui mundi cupiditate pressus, emergendi non habet facultatem. >>
Purchè si tenga ferma la ragione precipua de' rimproveri amari di Beatri-
ce, che sta nel v. 126, niente vieta che s'accetti l'opinione del Casini : « Fra
i traviamenti, ai quali accenna Beatrice, oltre l'amore che dopo la morte di
lei Dante portò ad altre donne, sono certo da comprendere anche tutte le
piccole colpe di una vita leggiera e vana, i piaceri sensuali, i contrasti con
amici e parenti, tutti quei trascorsi insomma, dei quali un' eco è pervenuta
a noi nella tenzone con Forese Donati (Purg., XXIII, 48), e per i quali fiere
cose scriveva a Dante l'amico suo Guido Cavalcanti (Son. XX). »

139-141. Notati dall' Alfieri. Per questo; posto che tutti gli altri mezzi non erano sufficienti. Visitai ecc.; entrai per la porta infernale nel regno della morta gente (Inf., III, 3; vIII, 85). — Colui; Virgilio, che l' ha tratto su questo monte (cf. Purg., XXVII, 130). — I prieghi miei piangendo ecc.; cf. İnf., II, 52-116.

142-145. Notati dall' Alfieri salvo e tal vivanda col verso seg. L'alto fato di Dio; l'alto decreto di Dio, l' ordine maraviglioso voluto dalla Provvidenza (cf. Inf., IX, 97). Del fato qui possiam dire ciò che l'Autore altrove della fortuna (Mon., II, 10): Heram vocabat Pyrrhus fortunam, quam nos melius et rectius divinam Providentiam vocamus: il che corrisponde a quanto sant' Agostino (De Civit. Dei, v, 1) dice del fato: si propterea quisquam res

Inf. II, 52.

Inf. 11, 116

Fosse gustata senza alcuno scotto

145

Di pentimento, che lagrime spanda.

48

humanas fato tribuit, quia ipsam Dei voluntatem, vel potestatem fati nomine appellat, sententiam teneat, et linguam corrigat. Prego il giovane studioso, e ne trarrà gran frutto, di leggere nella Somma Teol. dell' Aquinate (Parte 1) la questione 116, e lo prosa 6 del lib. IV della Consolazione di Boezio. Scotto; dicesi la quota, chiosa il Bianchi, che ciascun compagno paga del comune desinare. Per similitudine, e a modo proverbiale, pagar lo scotto, dicesi dello scontare per penitenza il fallo commesso; che risponde a pagare il fio. I peccati erano rimessi, cioe i P scancellati; non per questo era immune dal dovere della penitenza (cf. Inf., xxvII, 83, nel commento).

Nota le terzine 1, 3, 5; 8 alla 13: 15 alla 19: 25 alla 32; 36, 40, 41, 43, 45, 47.

1

V. 108.

CANTO XXXI.

5

O tu, che se' di là dal fiume sacro
(Volgendo suo parlare a me per punta,
Che pur per taglio m' era paruto acro),
Ricominciò, seguendo senza cunta,
Di' di', se quest' è vero : a tanta accusa
Tua confession conviene esser congiunta.
Era la mia virtù tanto confusa,
Che la voce si mosse, e pria si spense,

I

2

Il Tommaseo : « L' amenità del Paradiso terrestre, la dolce vista di Matelda e di Beatrice, la friorita e i canti degli Angeli, non isvestono di imagini di guerra il pensiero e la decitura del Poeta, che sente, nel parlare acro volto a lui, il taglio e la punta; che vede nella giustizia di Dio, commisurata alla misericordia, rivolgersi contro il taglio la ruota. Il prorompere dalla sua angoscia è assomigliato ad arco che si rompe, ad asta che tocca con men foga il segno. Dagli occhi di Beatrice Amore gli trasse le sue armi. Il primo strale delle cose fallaci doveva levare in alto il suo volo; perchè dinnanzi ai pennuti saettasi indarno. Gli ostacoli al bene sono fosse e catene che alla via s' attraversano. Il pentimento, poi è ortica che lo punge; il pentimento lo morde. Egli scoppia sotto il carco della sua vergogna, e l'accusa del suo peccato gli scoppia di bocca.

Vol

1-6. L' Alfieri notò il primo e i due ultimi. Fiume sacro; il Lete. gendo ecc.; altrove drizzare: Inf., XXVII, 19-20. Per punta; direttamente; - pur per taglio; anche indiretto, quando di me parlava agli Angeli (Purg., XXX, 103 e segg.), col manifesto fine di pungermi (e sì l'una che l'altra frase, per punta e per taglio, desumono la lor ragione metaforica dalla spada, Purg., XXX, 57). Acro; acerbo, amaro (cf. Purg., XXX, 80-81). Senza cunta, tosto, senza frammettere indugio. Il Giuliani (postill. ined.) : « Senza cuntare (indugiare) lo intesi in Valdinievole, e viene dal cunctari. » - Di, di'; ripetizione, che mostra la veemenza del sentimento, che dominava Beatrice (cf. Inf., I, 121-123; XIX, 62). Egregiamente il Tommaseo osserva : << La Filosofia costringe Boezio a confessare i suoi falli (—e i giovani faran bene a sè a leggere almeno il primo libro della Consolazione −). Bello vedere questi due sapienti infelici, che dal dolore deducono cagione d'umiltà virtuosa e di lagrime sante. » Questo; quanto ho testè detto in tua accusa.

A tanta accusa ecc. ; il Tommaseo allega Jerem., 111, 15: Sappi la tua iniquità, perchè hai prevaricato contro il Signore Dio tuo. Conviene; è mestieri, fa duopo (frequentissimo nel Poema in tale uso); Dante medesimo, nota il Cesari, dovea confessar vere le accuse di Beatrice, che la cordial penitenza porta la umile confession del peccato.

7-9. Notati dall' Alfieri. Dante pei ricevuti rimproveri era tanto confuso (cf. Vit. N., §. 15, la prosa e anche il sonetto), che volendole ubbidire affermando vere le accuse di lei, aperse la bocca per parlare, ma non fu capace di articolar parola. La voce si mosse; cf. Inf., v, 80; si spense; il Cesari: « Questo spegnersi (— anche del linguaggio d' un popolo, che si trasmuta in un altro, Par., XXVI, 124-), come anche morire (- così anche finire; Purg., V, 100-101-), piglia di begli atti nella lingua nostra; qui è bellis

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simo gli morì la parola sulle labbra, ovvero tra' denti » (cf. Purg., xxxIII, 27) Virgilio (Æn., III, 47-48):

ancipiti mentem formidine pressus

Obstupui, steteruntque comæ, et vox faucibus hæsit.

E ivi, VI, 491-492 :

....

Ingenti trepidare metu .. pars tollere vocem
Exiguam; in cœptus clamor frustratur hiantes.

Il Petrarca (son. XVI), certo men bello :

Più volte già per dir le labbra apersi,

Ma rimase la voce in mezzo il petto.

Cf. Inf., XVII, 92, nel commento. Il Tommaseo : « La confusione che precede all' umile confessione del fallo (ed è bello vedere questo spirito altero umiliarsi dinnanzi alla bellezza innocente; ed è bella, se non ne' suoni, ne' sentimenti di ciascuna parola la similitudine del fanciullo); questa confessione è tutta notabile per efficacia e verità : la voce si spense. -- Appena ebbi la voce che rispose un sì che tu non sentito ma visto. »

10-12. Poco sofferse; il Cesari : « Intendi, me così in silenzio, dice taluno lo dice il Biagioli —). Io non credo bisognarci cotesta chiosa : soffrire e sostenere, val di per sè aspettare, indugiare. » — Che pense? si nota da taluno che la stessa domanda fa a Dante Virgilio (Inf., V, 111); va bene; ma chi raffronti per poco i due passi, vedrà tosto che altra qui e là è la cagione del pensare del Poeta; ed altro il motivo, che eccita i due interroganti. — Rispondi a me (cf. Purg., XXVI, 10); più vivo che non rispondimi; e così sentiamo del continuo in persone eccitate da dolore, dire in tuono forte a chi è causa delle loro amarezze. Memorie triste; dei trascorsi. Dall' acqua; di Lete. Offense (cf. Inf., V, 109); scancellate (cf. Inf., XIV, 136-138; Purg., XXVIII, 127-129); dunque ben ti devi ricordare quello che facesti.

13-15. Notati dall' Alfieri. Confusione ecc.; la confusione derivante dalla vergogna d'aversi sentito così rampognare corampopulo; paura, sgomento del castigo divino, che or conosceva troppo meritato per tante colpe; dunque pentimento. Un tal sì; la profonda passione si stampa nella faccia, ove si posson leggere i varii sentimenti, che si agitano nell' anima (Conv., III, 8); questo si adunque non fu tratto vivo ai denti (Purg., XXXIII, 27), cioè non bene articolato, strozzato. - Le viste; gli occhi. Il Cesari: «Sempre è mirabile questo Dante, nel notare le più minute particolarità; di che n'esce la verità viva e visibile. Egli fu un si tanto morto, che non sentire, ma fu convenuto agli occhi indovinare dal moto delle labbra senza più. » Cf. Inf., XXX, 136-141, nel commento. Qui ci si potrebbe intraveder accenno al fatto, che i sordomuti comprendono ciò che diciamo, stando attenti al movimento delle nostre labbra.

16-21. Notati dall' Alfieri. Balestro ecc.; il Cesari : « Balestro è un fusto di legno, a modo d' archibuso, con arco innestatovi alla cima, donde si scoc

Pur.XXVIII,

131;Inf XIV, 135.

Vit N. 23

Purg XXXII!

25: Conv. III,

8.

20

Da troppa tesa, la sua corda e l'arco,
E con men foga l' asta il segno tocca;
Si scoppia' io sott' esso grave carco,
Fuori sgorgando lagrime e sospiri,
E la voce allentò per lo suo varco.

Ond' ell' a me : Per entro i miei disiri,
Che ti menavano ad amar lo Bene,

6

7

ca la freccia... Caricate il balestro, tirando troppo l'arco e la corda, ne va in pezzi; e così la freccia ferisce di minor colpo. Lascio a voi notar sì la forte e chiara espressione della cosa, e sì la proprietà di questa similitudine.» Frange; quasi tutti i chiosatori intendono questo frange come neutro assoluto (come il fiacca, Inf., VII, 14), per si frange, facendo in tal caso corda e arco soggetto di scocca; ma quando si badi che, data la condizione della troppa tesa, non è il balestro che si frange, ma si la corda e l'arco che si rompono, si vedrà ragionevole di intendere col Buti e con pochi altri, che il balestro, quando è troppo teso, scoccando, rompe la corda insieme coll' arco. Tesa; da tendere; tensione; nel Conv., IV, 23, parla della minore e maggior tesa dell'arco della vita umana. L'asta; la freccia. Il Tommaseo : Asta; pare della saetta. Onde dicevasi asta della lancia, per meglio distinguere. > Con men foga; con men forza, più lenta (Par., XVII, 27). II Cesari : « Vuol mostrare questo quasi scavezzarsi della parola, per la foga del dolore e della paura, che volea cacciarla fuori con troppo impeto : cercate per tutto il mondo, e trovatemi similitudine più appropriata di questa! - Scoppiai; Vit. N., §. 23 : « La mia voce era sì rotta dal singulto del piangere, che queste donne non mi poterono intendere. >> Grave carco; della confusione e della paura (v. 13). Sgorgando ecc.; nella Vit. N., S. 23: « Dicendo io queste parole con doloroso singulto di pianto.... » E ivi, §. 38 : « Li sospiri mi assaliano grandissimi ed angosciosi. Il Tommaseo allega sant' Agostino (Confess., IX): « Premeva gli occhi miei, e concorreva nelle mie viscere angoscia grande, e sgorgava in lagrime. » Virgilio (Æn., XI, 150-151):

-

hæret lacrymansque gemensque,

Et via vix tandem voci laxata dolore est.

Questo sgorgando potrebbesi intendere in senso neutro, e allora il verso costituirebbe un ablativo assoluto (ed esempi io recai nel grande Dizionario di Torino); e puossi intendere in senso attivo, come pur l'usò il Tasso (Gerus. Lib., XII, 96). · Allento; venne a morire sulle labbra, che sono il varco ond' esce la voce; il Giuliani (postill. ined.): «si fece lenta sulle labbra : Purg., XXV, 14-18. »

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22-27. L'Alfieri notò da lo Bene in poi. Per entro ecc.; in mezzo ai santi desiderii, ch' io ti inspirava; il Giuliani (postill. ined.) : « occupato da' miei desiderii, trasfusi in te per la virtù d'amore: Conv., IV, 1. » Menavano; no

tammo altrove questo verbo, rispetto a Beatrice, guida santa (Purg., XXX, 123), e del pari lo troveremo nell' ultima Cantica (Par., XVIII, 4); rispetto a Virgilio, cf. Inf., VIII, 103; X, 62; XXVIII, 46; Purg., XXIII, 122 (Par., X, 95, di S. Domenico). Ad amar ecc.; ecco la via dritta e verace, che poi il Poeta lasciò, non appena morta Beatrice, (Purg., XXX, 124; v. 36, tosto), smarrendosi così nella selva selvaggia. Di ciò si notino queste parole del Conv., IV, 12: Nella vita, umana sono diversi cammini, delli quali uno è veracissimo, e un altro falsissimo. » Di Beatrice ne conta (Vit. N., §. 2) : « Avvegnachè la sua immagine, la quale meco continuamente stava, fosse baldanza d' Amore a signoreggiarmi, tuttavia era di sì nobilissima virtù, che nulla volta sofferse che Amore mi reggesse senza il fedele consiglio della ragione. » Eivi, §. 10: « Fu

Par.... 25.

Vit. N. 23.

Vit. N. 8.

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