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140

Si condusse a tremar per ogni vena.
Più non dirò, e scuro so che parlo;
Ma poco tempo andrà, che i tuoi vicini
Faranno sì, che tu potrai chiosarlo.

Quest' opera gli tolse quei confini.

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Par. XI, 73.

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chiedere parli qui il Poeta, i tre versi, che seguono, lo dicono chiaramente (cf. v. 141). Il fatto del Vigna è così narrato dal Lana : « Lo re Carlo avea in prigione uno suo amico (di Provenzano), e puosegli lo detto re una taglia di diecimila fiorini d' oro (— altri dicono venticinquemila -), che li dovesse pagare infra un mese, altrimenti elli intendea di farlo morire. Venne la novella al detto messer Provenzano, ed avendo temenza dell' amico suo, fece ponere uno banco con uno tappeto sulla piazza di Siena, e puosesi a seder suso, e domandava ai Senesi vergognosamente, ch' elli lo dovessino aiutare in questa sua bisogna di alcuna moneta, non sforzando persona, ma umilmente domandando aiuto; e veggendo li Senesi il signore loro, che solea esser superbo, dimandare così graziosamente, si commossono a pietade e ciascuno secondo suo podere gli dava aiuto; lo re Carlo ebbe li diecimila fiorini e 'l prigioniero fuor di carcere, liberato dalla iniquità del re predetto.» È notabile che le Chiose senesi più sopra allegate dicono che la somma del riscatto doveva quæri et mendicari amore Dei.

139-142. Scuro (chiuso, Par., XI, 73); oscuramente, sì da non essere facilmente inteso il senso delle parole tremar per ogni vena, da te che ancora non hai provato tanto. Oderisi gli fa una profezia; e le profezie son chiare soltanto quando si sono effettuate. Altrove, per dire il contrario, dice che il suo Cacciaguida gli parlò per chiare parole e con preciso latino (Par., XVII, 34). Vicini; concittadini, spiegano tutti; e va bene; ma siccome Dante tra vicinia e civitas (Mon., 1, 4), o, che è lo stesso, tra città e vicinanza fa differenza (Conv., IV, 4); così se s' intendesse per vicini nen i concittadini, in genere, ma quelli dello stesso vico o contrada (Inf., xv11, 68), il senso verrebbe più efficace, mostrando che il dilaniarsi e il perseguirsi era tra gente da uscio ad uscio, e questa più viperina che la lontana di casa; e forse darebbe nuova luce a intendere, più che di città, di famiglie, il terribile verso (Purg., VI, 84), quei che un muro ed una fossa serra. Faranno si ecc.; facendoti cacciare in esilio, ti daranno modo d' intender appuntino il tremar per ogni vena, che ora forse ti è oscuro. Chiosarlo (da chiosa, spiegazione, Purg., XX, 99); interpretarlo, intenderlo per effetto. Delle parole di Brunetto, che pur gli prediceva malanni, il Poeta disse che le serbava a chiosar con altro testo (sarebbero i luoghi paralleli); e Cacciaguida, dopo avergli spiegato insieme questi due ed altri testi, gli soggiunge: queste son le chiose di quel che ti fu detto (Par., XVII, 94); e le chiose erano il succo spremuto di quello che Dante dice altrove in prosa : Urget me rei familiaris angustia (Epist. X, 32), e inopina paupertas, quam fecit exilium (Epist. II, 3). Quest' opera; d' essersi tanto umiliato a mendicare per l'amico bastò a riconciliarlo con Dio, in guisa che morendo andò dritto in Purgatorio. Provenzano adempiè così la parola divina (Eccli., XIV, 13): Ante mortem benefac amico tuo; persuaso che charitas operit multitudinem peccatorum, come insegna altrove il sacro Testo; e così gli avvenne. Ma noi ammiriamo l'Allighieri, che nelle sue fantasie poetiche sa sempre imprimere le più solenni verità; e che anzi dalle solenni verità fa rifiorire le sue fantasie. Però certi critici, d' una critica fredda quanto Borea, vi sapran dire che codesta è rettorica; ma lasciamoli dire, tirando oltre.

Nota le terzine I alla 7; 9 alla 13; 16; 20 alla 24; 28, 29, 30; 32 alla 39; 42 fino all' ultima.

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NOTA.

Così ha tolto l'uno all' altro Guido

La gloria della lingua ecc.

Chi sono questi due Guidi? la grande maggioranza de' chiosatori intende Guido Cavalcanti, che in fama poetica sorpassò Guido Guinicelli. Qualche altro intende il Guinicelli e Guitton d' Arezzo; ma siccome parmi doversi istituire paragone tra grandi, e non tra grande e mediocre, così resta casso l'argomento rispetto a Guittone, quando si ripensi quale opinione Dante avesse di lui, che certo lo teneva in conto d' un guastamestieri (cf. Dizionario Dantesco, alla voce GUITTONE D' Arezzo). Solo il Ferroni, in una sua Lettura all' Accademia della Crusca intese il Cavalcanti che tolse la gloria della lingua a Guido dalle Colonne (Judex de Columnis de Messana, Vulg., El., II, 5). Questi fiorì verso il 1250, e appartiene a quel glorioso periodo Siciliano della nostra Letteratura, che Dante sì altamente pregiava (Vulg. El., 1, 12). Di Guido dalle Colonne reca Dante il principio d' una Canzone, ponendo l'autore, in certa guisa, alla pari con sè, con Guido Guinicelli, con Rinaldo d' Aquino e con Cino da Pistoia : e se stiamo ai critici del libro de Vulgari Eloquentia, son pure di questo Guido le due canzoni che Dante cita altrove (ivi, 1, 12), collocandole fra quelle ch' egli chiama tragiche, cioè di stile alto e di volgare illustre. L'opinione del Ferroni io accetterei, se non si dovesse lasciar in disparte il maximus Guido Guinicelli (Vulg. El., 1, 15), il quale colla sua valentia giunse ad oscurare la fama pur bella del Messinese, tuttavia lasciando campo a qualche altro, forse nato, a strappargli quella palma. Di più; tra Oderisi e Franco Bolognese, tra Cimabue e Giotto, c'è confronto tra passato e presente, tra morti e vivi; intendendo ne' due Guidi il dalle Colonne e il Guinicelli, egual processo abbiamo nel terzo membro del ragionamento, cioè tra due morti ed un vivo, o non lontano a venire per legge naturale di progresso. Per tutto questo io non posso che raffermare quanto su ciò ho scrito altra volta (Dizionario Dantesco, alla voce GUIDO GUINICELLI), e che ora riporto. Per ben conoscere l'opinione di Dante sul Guinicelli, e per l' interpretazione ch' io propugno, raccogliamo attentamente il pensiero apprezzativo del Nostro su questo scrittore. Il Guinicelli fu di Bologna (cf. Purg., XXVI, 92, nel commento); se la scuola, onde si formò e crebbe la lingua nostra, si divida in iscuole secondarie, Guido è certamente capo della scuola bolognese. Lodato da Dante perchè nelle sue poesie non usò il volgare di Bologna, ma pieno di discrezione, trascegliendo, adoperò il volgare aulico ed illustre (Vulg. El., 1, 15). Collocato perciò tra i poeti illustri, e detto maximus Guido Guinicelli, (ivi). È detto il savio cioè il poeta, per eccellenza; infatti nelle Vit. N., 20, Dante scrive:

Amore e cor gentil sono una cosa,

Sì come il Savio in suo dittato pone :

il Guinicelli nella sua Canzon, che incomincia
Al cor gentil ripara sempre Amore,

ebbe a scrivere :

Non fe' amor anzichè gentil core,

Nè gentil cor, anzichè amor, Natura;

e questi due versi l' Alligheri pur cita nel suo Vulg. El., 1, 9. E lo cita come esemplare di ottimo volgare e di poesia (Vulg. El., 1, 9; 11, §, 6). E nel Convito. IV, 20: <... siccome disse quel nobile Guido Guinicelli in una sua canzone, che comincia;

Al cor gentil ripara sempre Amore; »

che è quella che del pari cita nella Vulg. El., II, 5. E nel Purgatorio, trovandolo tra le anime che purgavano i rimasugli della lussuria, Dante, ap

pena conosciutolo, esce in quelle calde parole, che rilevano la sua alta riverenza a lui e della riverenza il motivo; e i giovani codeste parole le ripensino con istudio d'amore, (Purg., XXVI, 91, 114). Ora, dopo siffatti elogi, di fronte a così alta opinione, che Dante, in fatto di lingua e di poesia, aveva del bolognese, si domanda: nel Purg., XI, 97, sarà da intendersi il Cavalcanti in quel Guido che ha tolto all' altro (il Guinicelli) la gloria della lingua? Io non nego che l' Allighieri non istimasse il valore poetico di Guido Cavalcanti, che fu quegli, che, rispondendo, in rime eguali, al primo sonetto che si sappia aver Dante composto, fu, in certa guisa, incoraggiatore del giovane poeta (cf. Vit. N., 3). Anche vero che Dante mette Guido tra quei pochi Toscani, i quali vulgaris excellentiam cognovisse sensimus (Vulg. El., I, 13); e che a titolo d' onore, ponendolo con altri illustri sì nostrali che provenzali, cita due sue Canzoni (ivi, II, 6, 12); anzi, e non dovette essere senza un giusto motivo, a discernerlo, in fatto di poesia, da altri Guidi, lo dice Guido Cavalcanti (ivi, II, 6), Guido Florentinus (ivi, 1, 13), o de Florentia (ivi, II, 12): soprachè, in un punto della Vita Nuova (§ 24, al fin.) non bastantemente avvertito, gli dà lode di buon discernimento nel giudicare certi poeti del suo tempo. Ma tutto ciò, non che vincere, basta pur a pareggiare il merito e la lode, che l' Allighieri sì ampiamente concede al Guinicelli? E si avverta (e ciò parmi il punto più forte), che di tanto il secondo Guido deve aver vinto in eccellenza il primo, di quanto Giotto avanzò Cimabue, di quanto Franco Bolognese vinse Oderisi. Oltrechè, a stabilire se sia possibile che nel vincitore del massimo Guinicelli Dante ravvisi il Cavalcanti, parmi notabile, che il Bembo (Prose, lib. I, cap. 13), la cui opinione è pure citata ed accolta dal Perticari (Scritt. Trec., lib. I, cap. 17), critico pur egli di finissimo gusto, pone Guido Cavalcanti insieme a Farinata e a Guittone, cioè tra gli scrittori plebei, che lasciarono le rime loro piene di materiali e grosse voci altresì. E chi dunque s' ha da intendere? io per me intendo Guido dalle Colonne superato in eccellenza da Guido Guinicelli; e ciò non solo reputo vero, ma parmi che ci metta in largo campo, e ci richiami alla mente il periodo bolognese della nostra letteratura, vieppiù bello del periodo siciliano.

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1-3. L' Alfieri notò i due primi. Di pari ecc.; l' uno di fianco all' altro, e a capo chino (cf. Purg., XI, 78) come buoi curvi sotto il giogo, Oderisi gravato dal peso, Dante per atto naturale di chi va con gente picciola o inclinata, e per meglio ascoltare; altrove (Purg., XVII, 10): pareggiando i miei co' suoi passi; Virgilio (Æn., VI, 264): vadentem passibus æquat. L'andare l' un d'accosto all' altro e in egual atteggiamento, gli fa sovvenire i buoi che di pari vanno a giogo; l' andare l' uno appresso l' altro, raccolti e in silenzio, gli desta in mente l'andare come i frati minor vanno per via (Inf., XXIII, 3); l'essere in mezzo a due, in momento di riposo, gli richiama l'immagine della capra e de' pastori (Purg., XXVII, 86). Anima carca; cf. Purg., XI, 52. Pedagogo, guida, conduttore; ma dice più, perchè porta l'idea d' umiltà nel Poeta nell' assomigliarsi a fanciullo, che di tal guida ha bisogno; e forse gli correva in tal punto al pensiero la parola divina : nisi efficiamini sicut parvuli, non intrabitis in regnum Cælorum; e forse anche di qui il paragonarsi tante volte a fanciullo (Inf., XXIII, 40; Purg., XXVII, 45; XXX. 44; Par., XXII 2). Ad ogni modo l' aver veduto le pene della superbia produrre il suo frutto. Pedagogo, chiosa il Lana, propriamente è nome di maestro, e specialmente nelle basse scienzie (dove annota lo Scarabelli: «L' Ottimo ha questo : pedagogo è quello che ha cura dello scolaro sì in costumi come in dottrina, andandogli sempre dietro. Li gentili uomini hanno questi pedagogi »).

4-9. L' Alfieri notò i due primi. E l'umiltà fa più viva l' ubbidienza. Lascia lui; lascia la compagnia di Oderisi. -- Varca, va oltre, cammina più spedito. Con la vela e coi remi ecc.; qui è bene che ciascuno, giusta suo potere, con gli argomenti che ha alla mano, s' ingegni di camminare quanto può; ognuno pensi al fatto proprio; cioè, Dio vuole che costoro vadano così lenti, e vuole che tu vada spedito contemplando le loro pene. È buon; qui

col verbo all' infinito, come nell' Inf., XV, 103, e Vit. N., § 12 (nella ballata); altrove col che (Inf., XII, 27). Vela ecc.; Cicerone nelle Tuscol., XI: Res misera.... omni contentione, velis ut ita dicam remisque fugienda; presa l'immagine dal navigare; come diceano viris et equis, prendendola dall' arte della guerra, quando si fa nella battaglia il supremo sforzo colla fanteria e cavalleria insieme. Cf. Purg., XVII, 87, nel commento. Pinger sua barca; tenendo sempre fissa l'idea che il Purgatorio, specialmente in quanto raffigura la vita presente, è un mare; perciò disse, cominciando questa Cantica: Par correr miglior acqua ecc. (Purg., 1, 1). Dritto; il Poeta andava acquistando davvero la drittura, che è sanità e libertà dello spirito (cf. Purg., XXVII, 140); e col penitenziale andar chino s'era reso atto a drizzarsi (Purg., XXIII, 126). Cf. v. 12. Come andar vuolsi; com' è conforme all' andar dell' uomo. Frequente questo vuolsi nel Convito, in senso di è mestieri, si conviene, si deve. Avvegna che ecc.; mi rizzai della persona, sebbene i miei pensieri rimanessero chinati a umiltà, e scemi, spogli d' orgoglio, sen

IV, 26.

ΙΟ

Con la persona, avvegna che i pensieri
Mi rimanessero e chinati e scemi.

Io m' era mosso, e seguia volentieri
Del mio Maestro i passi, ed ambedue
Già mostravam com' eravam leggieri;

Quando mi disse: Volgi gli occhi in giue :
Buon ti sarà, per tranquillar la via,

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3

4

tendomi nel cuore buona umiltà, e appianato di molto il tumore della superbia (cf. Purg., XI, 119), sì per la vista di quelle pene, che per gli ammaestramenti d' Oderisi. Gli antichi nella frase pensieri chinati e scemi intesero l'abbattimento morale per l'udita predizione di guai, alla quale ora il Poeta pensava, come accadde dopo quella di Farinata (Inf., X, 122). Ma a tali predizioni il Poeta era avvezzo oramai; tant' è vero che di quella di Corrado Malaspina, così chiara e determinata (Purg., VIII, 133 e segg.), mostra di non farne neppur caso. Il Landino invece e il Vellutello intesero che Dante si sentisse abbattuto per effetto della umana pietà ch' ei sentiva dell' amaro tormento di quelle anime; pietà, che più volte il Poeta dimostra alle terribili torture dei dannati, ma della quale non c'è mai cenno nel Purgatorio, se non in senso ben più alto, dove la pietà si mescola colla letizia per esser quell' anime sicure d' andarsene al Paradiso. I moderni intendono invece dei pensieri raumiliati, dell' umiltà appresa alla vista del come la superbia è punita; interpretazione certo preferibile alle altre. Il Cesari: «Le prediche di Oderisi, e forse più l' averlo veduto così atterrato dal peso, e se volete anche, l' esser egli medesimo andato con lui così, aveva di molto appianato il tumore della sua mente; sì che rifattosi anche diritto, i pensieri sentiva bassi. Così è l'atto, e anche l' abito della persona aiuta molto ad informar l'anima di simili disposizioni ed affetti: lo star ginocchioni con le mani a croce, il tener bassa la testa e gli occhi, l' andar dimesso in robe grosse di romagnuolo, attutisce l' alterezza naturale, traendola alla somiglianza di que' cotali atti o reggimenti esteriori; o certo non lascia gonfiar l' uomo e reputarsi; come farebbe troppo l' andar a collo diritto e ciglia levate. >

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10-15. L' Alfieri notò i due ultimi. Posti dapprima i celebri esempi d'umiltà nella parete o ripa della cornice, or quelli del vizio contrario figura sul piano della via. Volentieri; le interne opposizioni erano di molto scemate, e l'anima prendeva abito di buona disposizione nella via del bene : liberato dalla superbia, radix omnium malorum, è tolto assai di ostacoli e di lotte.Seguia .... i passi; cf. Purg., 1, 112. — Leggieri; camminando frettolosi; Virgilio perchè spirito, Dante perchè il primo P., il più pesante di tutti i sette, s' era andato di molto affievolendo, benchè del cader di quel peso, come di cosa esteriore, il Poeta si accorga più tardi (cf. v. 115 e segg.); ma ogni peso e gravame mondano pare un nulla quando la volontà si drizza nel bene (cf. v. 7, nel commento). -Mi disse ecc.; il buon Maestro non perde occasione perchè l' alunno, oramai bene disposto, faccia tesoro d' altri ammaestramenti per meglio abborrire la colpa della superbia, e raffermarsi nella virtù dell' umiltà. Omberto di Santa Fiora, che fu tanto superbo, s' accusò che non pensò mai alla comune madre (Purg., XI, 63), cioè che siam polvere, e che in polvere ritorneremo; ebbene, Virgilio invita Dante proprio a piegarsi a questa madre,per vedere gli effetti terribili che incolgono a chi non vi pensa, e così acquistare quella verace fortezza (o sanità e drittura), che tanto si allontana dall' inerte timidità, quanto dalla sbrigliata superbia (Conv., IV, 17). - Volgi gli occhi in giue; china la testa (cf. v. 77).- Tranquillar la via; per trarre qualche sollievo nel cammino, per rendere più lieve la fatica. Quasi tutte le ediz. moderne leggono alleggiar, alleggerire (cf.

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