Page images
PDF
EPUB
[blocks in formation]

Sì, che il pregno aere in acqua si converse:
La pioggia cadde, e a' fossati venne

[blocks in formation]
[blocks in formation]

Vêr lo fiume real tanto veloce
Si ruinò, che nulla la ritenne.

Lo corpo mio gelato in su la foce

4I

quando venne la notte, il diavolo ricoperse di nebbia la valle da Pratomagno
fino al giogo degli Apennini. Il Cesari: «Par che voglia distinguere questa
opera per questo modo: Raccolti nella bassa regione dell' aria grossi vapori
e nebbie, il diavolo ristretta e quasi compressa pel freddo l'aria di sopra,
addensò via più i vapori di sotto, e ne fece pioggia; dalla quale saturata ed
impregnata la terra, il soperchio venne a' fossati; e giù tutti alla sca-
pestrata verso Arno.» «Pratomagno; il Venturi e qualche moderno inten-
dono quel borgo del contado d'Arezzo nell' alto Casentino, ch'oggi è
appellato Pratovecchio; ma osserva il Casini che Benvenuto e il Buti bene
intesero il contrafforte altissimo che separa il Valdarno casentinese dal
Valdarno superiore, all'occidente dell' uno e all' oriente dell' altro. — Al
gran giogo; fino alla catena principale dell' Apennino, cioè ricoperse tutto
il Valdarno casentinese. İntento; intenso, coperto, costipato di vapori.
Orazio (Epod.,XIII, 1-2):

Horrida tempestas coelum contraxit, et imbres
Nivesque deducunt Iovem.

-

Di le i ciò

E Virgilio (Georg., 1, 248): obtenta densantur nocte tenebrae. Dino ci
narra che il dì della battaglia di Campoldino l'aria era coperta di nugoli,
la polvere era grandissima (Cron., 1, 10); cosicchè, dice Filalete, è al tutto
verisimile che la sera si sien rivolti in dirotta pioggia. Pregno, aer pieno
di vapore ; in acqua si converse; si sciolse in pioggia. Nella Vulg. El.,
I, 4: Cum ad tantas alterationes moveatur aer imperio Naturae inferioris,
quae ministra et factura Dei est, ut tonitrua personet, ignem fulgoret, aquam
gemat, spargat nivem, grandines lancinet, etc. Ai fossati, ai piccoli tor-
renti o rivi della valle (in opposizione a rivi grandi, v. 121).
ecc.; quel tanto di essa che pel soverchio la terra non poteva assorbire.
121-123. Rivi grandi, i torrenti maggiori di quella vallata (la Staggia, il
Solano, la Sova, il Corsalone, l'Archiana).- Si convenne, si venne riunendo,
si fu raccolta nei torrenti maggiori. - Vêr lo fiume real; verso l'Arno, prin-
cipal fiume della Toscana, detto pur reale dal Villani (Cron., I, 43), e impe-
riale dal Compagni (Cron., 1, 1); e su di ciò ne' chiosatori c' è pieno accor-
do. Benvenuto però si scosta dagli altri, e intende l'Archiano, e tale opinione
fu rincalzata dallo Scartazzini; a' cui argomenti rispose il Casini, notando
che nei versi 119-123 è descritto il fenomeno della pioggia e de' suói effetti,
in generale, in quanto si riversò su tutto il Casentino e ne gonfiò i torrenti;
così che non c'è ripetizione in quel che Dante soggiunse dell' Archiano, in
particolare, in quanto trascinò seco il corpo di Buonconte, caduto appunto
nella foce di quel torrente. > Si ruinò; andò con tanta velocità e tant'im-
peto, da vincere ogni ostacolo o barriera.

[ocr errors]

124-129. E dall' idea generale dei rigonfi e impetuosi torrenti, torna di nuovo all' Archiano. Lo corpo mio gelato, cioè che avea sentito il gelo della morte (Purg., XII, 30). — In su la foce, dov' era caduto (v. 102).

[ocr errors]

Purg.XIII, 30;
Int. XIII, 15.

[ocr errors][ocr errors]

125

Trovò l' Archian rubesto; e quel sospinse
Nell' Arno, e sciolse al mio petto la croce,
Ch' io fêi di me quando il dolor mi vinse :
Voltommi per le ripe e per lo fondo,
Poi di sua preda mi coperse e cinse.

[ocr errors]

42

43

Rubesto, impetuoso, violento per le molt' acque (cf. Inf., XXXI, 106). — Quel, il mio corpo. - La croce; l'Ottimo: « Quando sentio ch'elli moria, elli s'incrocicchiò le braccia; poi quando fu rivoltato dall' acqua, la croce delle braccia disfece. » — Ch' io fêi di me, cioè delle mie braccia. Il dolor mi vinse; vincere, de' varii affetti, cf. Inf., v, 72; XXXII, 51. Alcuni intendono qui il dolore delle ferite; non bene, a parer mio; siccome fece delle braccia croce, cancellandole sul petto come atto esteriore di devozione quando invocò Maria, così è da intendersi coi migliori il dolore che Buonconte senti delle sue colpe. Voltommi ecc.; l'acqua dell' Archiano (quasi nell'impeto suo, e come gelosa della preda tenesse divisa la sua corrente pur in mezzo a quelle dell'Arno) mi voltolò per le rive e per il fondo dell'Arno. Poi di sua preda ecc.; quindi mi coperse di belletta, di rena e di ghiaia. A illustrare questa descrizione di sì maschia evidenza il Cesari ricorda i versi di Lucrezio (1, 280), anch'essi copiati dalla vera natura :

Nec ratione fluunt alia stragemque propagant,
Quam cum mollis aquae fertur natura repente
Flumine abundanti, quod largis imbribus auget,
Montibus ex altis magnus decursus aquai,
Fragmina coniiciens silvarum arbustaque tota ;
Nec validi possunt pontes venientis aquai
Vim subitam tolerare : ita magno turbidus imbri,
Molibus incurrens validis cum viribus annis,

Dat sonitu magno stragem volvitque sub undis
Grandia saxa, ruit qua quidquid fluctibus obstat.

130-136. Son la Pia. Chi era questa Pia? È passata in tradizione la Pia de' Tolomei, che è divenuta quasi popolare anche pei versi del Sestini. De' Tolomei la dicono Benvenuto e il Buti; gli altri degli antichi chiosatori non fan cenno del suo casato, ma dicono la Pia moglie di Nello della Pietra de' Pannocchieschi. Le Chiose, pubblicate dal Vernon: «È lo spirito della moglie di messer Nello di Pietra da Siena, il quale fecie (-correggi: la fece, annota l'editore -) morire a mala morte in Maremma per cierti servizi ch'ella facieva altrui contro al volere di lui. » Più tardi si volle che la Pia non uscisse della casa de' Tolomei,ma di quella de' Guastelloni, e in quella de' Tolomei entrasse sposando in prime nozze Baldo o Ildobrandino de' Tolomei, del quale rimasta vedova nel 1290, si sposò in seconde nozze a Nello de' Pannocchieschi, e da lui uccisa o fatta uccidere nel 1295. Ma dai documenti di fresco messi in luce da L. Banchi (nella Rivista Critica della Lett. It., 1886, no 6) apparisce che la Pia de' Guastelloni, vedova di Baldo de' Tolomei, era ancor viva e vedova nel 1318; dunque costei non ci ha qui da che fare. Non potendoci pertanto essere quistione sul nome, consecrato dal testo, e dovendosi lasciare in disparte la Pia de' Guastelloni, e l'affermazione di Benvenuto e del Buti non potendosi senza leggerezza trascurare, e la tradizione avendo pure il suo valore, ragion vuole che si ammetta una Pia del casato de' Tolomei, la quale fu prima del 1300 fatta uccidere dal marito Nello de' Pannocchieschi: così sarebbero in accordo tra loro i vecchi chiosatori, gli uni de' Tolomei, gli altri dicendola de' Pannocchieschi. Però è fuor di dubbio che la lez. disposata implica che la Pia prima del suo matrimonio con Nello era

130

Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
E riposato della lunga via,

vedova d'altro marito. Ma chi fu costui? non si sa, benchè il Fanfani dica che è ormai fuor di dubbio che la Pia, innanzi di sposar Nello, era vedova; ma il celebre letterato intendeva certo, con molti altri della Pia de' Guastelloni, che dalla Divina Commedia fu scacciata dal Banchi. Dunque bisognerebbe tenere la Tolomei, ma questa, sposando Nello, non era vedova; o bisognerebbe ammettere una vedovanza che non si può provare, ma sol supporre per necessità di contesto. C'è altro modo d'uscir da ciò, pur lasciando intatto il commento antico ? c'è ; ed è accogliendo la lezione disposando. Ma qui insorge vivace lo Scartazzini, il quale, pure ammettendo che < moltissimi codici e la gran maggioranza delle edizioni leggono disposando, non sa rassegnarsi a tale lezione, la quale dando luogo a due spiegazioni, trova che l'una inchiude « un concetto puerile e poco men che ridicolo, » e l'altra gli pare un controsenso, perchè obbliga a fare distinzione fra disposare e innanellare, che, secondo lui, hanno l'identico valore. Lasciam lì quella dal senso puerile e poco men che ridicolo, la quale non fa al caso nostro, e stiamo alla seconda. Che fra disposare e innanellare ci sia identità di significato non credo; in S. Luca (1, 26-27) si legge: Missus est Angelus Gabriel a Deo... ad virginem desponsatam viro, cui nomen erat Ioseph; e la Vergine allora non era per anco stata innanellata da Giuseppe, ma solo disposata, cioè promessa in isposa (e il despondere de' Latini rende spiegazione). E che i nostri trecentisti usassero disposare e il suo participio nell' identico senso del passo di S. Luca, lo prova il gran Dizionario di Torino, che allega cinque esempi del buon secolo. Dunque è chiaro che il disposare può anche significare dar promessa di matrimonio, e che innanellare indica celebrare il matrimonio secondo il rito religioso prescritto. Ma queste parole di Dante dicon tutto, a parer mio; volgendosi all' Italia, nella calata dell' Imperatore Enrico, le dice (Epist. v, 2): Sponsus tuus ad nuptias properat. E così la Pia verrebbe a dire: Sel sa colui che, datami prima promessa di matrimonio, m'avea poi tolta per sua donna. Che se in tale spiegazione paresse a qualcuno di vederci alcun che di ozioso o tirato, ce n'è un altra che a me arride troppo più. Del disposare per contrarre matrimonio non occorre citar esempi; perciò niente toglie che il passo s'intenda così: sel sa colui, il quale, facendosi marito, me aveva avuto per prima moglie; ov'è chiara allusione al secondo matrimonio di Nello dopo l'assassinio della Pia. E a ciò (senza proposito di discutere sulla differente lezione) parve sottilmente alludere il Tommaseo scrivendo: « Quel pria è come un rimprovero alla seconda moglie del marito uccisore ; che il rammentare lo sposalizio di lei vergine è un accennare al secondo matrimonio a cui la gioia schietta di quella cerimonia fu dal peccato negata; nè poteva Nello dare con tranquillo animo a Margherita la gemma non più sua, se la Pia l'aveva portata nella sepoltura con seco. > Poco importa se l'Aquarone ne dice che l'intento di Nello di sposar Margherita degli Aldobrandeschi andò fallito; l'accenno della Pia è a quella donna qualsiasi che era divenuta moglie di Nello. Teniamo dunque la nobilis domina senensis de știrpe Ptolomæorum, come scrive Benvenuto, e teniamola moglie di Nello de' Pannocchieschi, senza che prima di sposar lui sia stata innanellata da altro marito. — Deh; l'intonazione del discorso è supplichevole e pietosa. Quando sarai ecc.; quando sarai di là delle lontane acque (Purg., VIII, 57). E riposato ecc.; quanta temperanza e modestia e carità in queste parole! Le anime perfette di virtù o pensano al bene altrui prima ch'al proprio (Ignazio di Loyola diceva: Si otio daretur, malle se beatitudinis incertum vivere, et interim Deo inservire et proximorum saluti, quam certum eiusdem gloriae statim

[ocr errors]

H

135

Seguitò il terzo spirito al secondo,
Ricorditi di me, che son la Pia :
Siena mi fe', disfecemi Maremma :
Salsi colui che, innanellata pria,

44

Disposando, m'avea con la sua gemma.

45

mori), o il proprio non dissociano mai da quello degli altri. Seguitò... al ecc.; prima erasi raccomandato al Poeta Jacopo del Cassero, quindi Buonconte, ora la Pia, terzo spirito. Seguitare col caso terzo (come continuare a..., Inf., x,76): Conv., 11, 7: Seguito alla preghiera ecc. — Ricordati di me ecc.; in questo ricordati c'è uno strazio, che l'anima sente appieno; quasi voglia dire che nessuno al mondo si ricorda di lei, e non sa a chi ricorrere se non al Poeta; ricordati di me, esclama la mesta, dacchè nel mondo sono dimenticata da tutti. Ma altro era l'intento, e suggerito da ben altro affetto, di quel conoscente del Poeta, che prega (Inf., XXVIII, 73):

Rimembrati di Pier da Medecina ;

e di quella buona lana di compatriota di Dante (Inf., ivi, 106), che gli dice: ricorderatti anco del Mosca. E a questo proposito giova notare, come avvertono i grammatici, che è uso di nostra lingua dare l'articolo anche a nomi di persone, come qui il Mosca; e più frequente co' nomi femminili; così la Pia, la Teresa, la Giovanna. Siena mi fe', nacqui a Siena; Ciacco a Dante (Inf., VI, 42):

Tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto,

tu nascesti anzi ch'io morissi. E nel Canzoniere (P. 1, canz. III, v. 13) disfare per far morire. Onde disfatto può valere ridotto all estrema condizione, senza aiuto alcuno come morto (Inf., VIII, 100).— Disfecemi; in questo disfare ci potrebbe essere lunga storia di patimenti e di crepacuori, che peggio di qualsiasi dolore corporeo disfanno. — Maremma; dicono che il fatto avvenisse nel castello della Pietra, di cui era signore Inghiramo Pannocchieschi padre di Nello o Paganello, castello a nove miglia a levante di Massa Marittima nella Maremma Senese; e dicono che Nello a ciò s'inducesse per isposare Margherita degli Aldobrandeschi, ricchissima, e vedova di Guido di Montfort (cf. Inf., XII, 119); mentre altri son d'opinione che Nello avesse colto in fallo la moglie, e altri che n'avesse sospetti. Narra l'Anon. Fior.: < Essendo ella alle finestre d'uno suo palagio sopra a una valle in Maremina, messer Nello mandò uno suo fante che la prese pei piedi di rietro et cacciolla a terra delle finestre in quella valle profondissima, che mai di lei non si seppe novelle. » E altri dicono altro ; ma pare che la stessa Pia mettesse in guardia gli interpreti a non allargar troppo le ali delle curiose ricerche, gittando lì a bello studio quel salsi colui, che par certo accennare al cupo segreto, onde il marito compì il misfatto; ed è pennellata magistrale, come dicesse: è cosa che appuntino non la sa che mio marito; e questo salsi m'arieggia tutto ad un altro (Purg., XXXI, 90), dove Dante viene a dire: non lo so neppur io di preciso, ma ben lo sa Beatrice. Disposata ecc.; nella Vit. N., § 2: « La quale (Anima) fu sì tosto a lui (Amore) disposata. > - Sua gemma, il suo anello nuziale. Il Tommaseo: «Il concedere tre versi alla preghiera e tre alla narrazione del fatto, è bellezza di quelle che si trovano, ma non cerche, e le manda quel Dio che manda i poeti. Aggiungo che il toccar della morte in due sole parole disfecemi Maremma, è bellezza, al sentir mio, più profonda del tanto lodato: Quel giorno più... Distendersi dopo ciò nell' immagine dell'amore, è tanto più pio quant'è

delicata la modestia di quel salsi colui... che accenna e non accusa; e rammenta l'altra: Dio lo si sa qual poi mia vita fusi, che dice un' altra cara donna e bella del Paradiso, Piccarda. La già beata, e la destinata a salire, il male ricevuto toccano quasi con pudore; la dannata ci calca: Noi che tingemmo... Se fosse amico... Nostro mal perverso... Che mi fu tolta, e'l modo ancor m'offende... Ad una morte... Caina attende. »

Nota le terzine 1; 2 alla 6; 8, 9, 10, 13, 14, 15, 17; 19 alla 22; 26 alla 28; 30 alla 35; 38 alla fine.

[graphic][ocr errors]
« PreviousContinue »