Florilegio dantesco o studii sulla Divina Commedia di Dante Alighieri

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Tipografia Aurelj G. e compagni, 1847 - 409 pages
 

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Page 98 - telas. Ora si ponga mente alla selva di Dante: » Nel mezzo del cammin di nostra vita » Mi ritrovai per una selva oscura , » Che la diritta via era smarrita. • Ahi quanto a dir qual era è cosa dura » Questa selva selvaggia ed aspra e forte : • Che nel pensicr rinnuova la paura. • Tanto è amara, che poco è più
Page 282 - ci sospinse Quella lettura, e scolorocci 'l viso; Ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo, il disiato riso Esser baciato da cotanto amante; Questi, che mai da me non fia diviso, La bocca mi baciò tutto tremante, Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: Quel giorno più non vi
Page 375 - INFERNO • Per me si va nella città dolente, Per me si va nell' eterno dolore, Per me si va tra la perduta gente. • Giustizia mosse il mio alto Fattore; Fecemi la divina Potestate, La somma sapienza e il primo amore. • Dinanzi a me non far cose create
Page 307 - altro abbracciava. Ahi ! Serva Italia , di dolore ostello, Nave senza nocchiero in gran tempesta, Non donna di provincie, ma bordello. Quell' anima gentil fu così presta, Sol per lo dolce suon della sua terra, Di fare al cittadin suo quivi festa; Ed ora in te non stanno senza guerra Li vivi tuoi, el
Page 308 - accorger nostro scisso ? Chè le terre d'Italia tutte piene Son di tiranni, ed un Marcel diventa Ogni villan che parteggiando viene. Fiorenza mia, ben puoi esser contenta Di questa digression che non ti tocca, Mercè del popol tuo che si argomenta : Molti han giustizia in cuor , ma tardi scocca , Per non venir senza consiglio
Page 292 - opera conforto. Ma quello ingrato popolo maligno, Che discese di Fiesole ab antico, E tiene ancor del monte e del macigno , Ti si farà per tuo ben far nimico : Ed è ragion ; chè tra gli lazzi sorbi Si disconvien fruttare il dolce fico. . • Vecchia fama nel mondo gli chiama orbi ; Gente avara, invidiosa, e superba: Da
Page 110 - m' ha fatto per più anni macro; » Vinca la crudeltà che fuor mi serra » Del bello ovile, ov' io dormii Agnello » Nimico a' Lupi che gli danno guerra; » Con altra voce omai, con altro vello » Ritornerò poeta, ed in sul fonte » Del mio Battesmo prenderò il cappello.
Page 277 - invidiosi son d' ogni altra sorte. Fama di loro il mondo esser non lassa : Misericordia e Giustizia gli sdegna. Non ragioniam di lor, ma guarda e passa. Ed io che riguardai, vidi un' insegna, Che girando correva tanto ratta, Che d' ogni posa mi pareva indegna : E dietro le venia sì lunga tratta Di gente, ch'io non avrei
Page 394 - gli eterni rai. Allora ei le rivolge que' teneri preghi che sono quasi compendio e frutto ultimo di tutto il poema , anzi della propria vita. O donna, in cui la mia speranza vige E che soffristi per la mia salute In inferno lasciar le tue veslige ! Di tante cose, quante io ho vedute
Page 302 - Che, per l' effetto de' suoi ma' pensieri, Fidandomi di lui, io fossi preso, E poscia morto, dir non è mestieri. Però quel che non puoi avere inteso, Cioè come la morte mia fu cruda , Udirai, e saprai, se m' ha offeso. Brieve pertugio dentro dalla muda, La qual per me ha il titol della fame., E

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