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dee risuscitare, ciò non avverrà per opera delle enciclopedie e dei giornali.

Il clero cattolico dee guardarsi cautamente da quanto sa di piccolo, di angusto, di gretto, di fiacco, di meschino; dee, mantenendo l'ortodossia più rigorosa, abbracciare sapientemente tutta la civiltà del secolo, sceverarla dalla mondiglia, che spesso la guasta, ed appropriarsela. I preti francesi, che per la purezza della fede e del costume, sono degni di essere proposti ad esempio, non so se per qualche altro rispetto siano egualmente imitabili, e se la lodevole gelosia che hanno della santità clericale, non li faccia talvolta passare il segno. Lo stare ritirato dai romori, dalle brighe civili e politiche, è debito del sacerdote ; ma perchè segregarsi dalle lettere e dalle scienze? Perchè sfuggire la conversazione degli uomini gravi e assennati? Perchè fare una società isolata, un ceto appartato, quasi come le caste dell' Oriente? Questo allontanamento del sacerdozio dalla società nuoce alla religione, la quale scapita assai nel concetto della moltitudine, ogni qualvolta il prete si dilunga troppo dagli occhi del pubblico, ò non se mantenere, mostrandosi, la dignità del suo ufficio. Da una gran parte degli uomini le credenze religiose sono avute in quella medesima stima, che i ministri, onde vengono rappresentate. La sola presenza del prete degno del suo ministerio, può talvolta richiamare e adescare gli animi alla fede; la quale da molti si dimentica colla persona de' suoi banditori. Io non so se m'inganni, ma sono inclinato a credere che in una città, come Parigi, molte oneste famiglie, che non si curano di pietà e di religione, vivrebbero cristianamente, se i preti non avessero dismesso l'uso di partecipar con decoro alla conversazione de' cittadini. Ma per tornare alle scienze, gli ecclesiastici dovrebbero ripigliarne l'antico possesso, e toccarne la cima, proponendosi di emulare con nobil gara e di vincere i progressi del loro tempo. Il che non dovrebbe esser difficile, rispetto

alle scienze speculative, in un paese, dove si onorano al dì d'oggi come primi nella cultura di quelle, alcuni nomi, che meriterebbero. appena un grado secondario in ogni altra condizione di età e di studi. Laonde tutto ciò, che tende a rinchiudere la dottrina del clero e degli uomini cattolici in un giro troppo ristretto, dee saviamente evitarsi. E nella filosofia specialmente, dove la scienza vuol essere rinnovata di pianta, e gli ecclesiastici sono tenuti di cooperare a questa grande opera in virtù del loro medesimo ufficio, si dee recare quella libertà e forza d'ingegno, che all' altezza dello scopo è richiesta. Dico questo, perchè in alcuni lavori del clero francese, d'altronde pregevoli e dettati da buone intenzioni, mi par di ravvisare una eccessiva timidità di spiriti, una debolezza intellettuale, una paura di entrare in certe quistioni, una ripugnanza di abbandonare i sentieri triti e comuni, (eziandio quando il soggetto lo richiede, e la cristiana prudenza il comporta,) che nuoce all'effetto di tali libri, alla profondità e agli incrementi del sapere. Il cattolico dee esser cauto, ma non pusillanime; timorato, ma non timido: dee maturar bene i suoi pensamenti, ma non lasciarsi spaventare dalle difficoltà: dee essere studiosissimo del rigore ortodosso, ma libero dagli scrupoli : dee penetrar nelle viscere del suo tema, sensa fermarsi alla corteccia ; nè ha cagion di temere ancorché èrrasse, a malgrado di ogni savia cautela, perchè la sua soggezione alla Chiesa, e il suo proposito di ubbidire al menomo cenno di essa, sono senza misura e senza limiti. Questa libertà cattolica dà agli scrittori una grandissima efficacia di spirito, abilitandoli singolarmente a far avanzare le scienze, e scoprir nuovi mondi nel gran cerchio dello scibile. Il credere al proprio ingegno è necessario in ogni caso, per tentare e compiere cose grandi; ma può farsi dal solo cattolico con perfetta tranquillità di coscienza, perchè egli subordina i suoi pensamenti, per quanto gli paiano fondati, all' autorità suprema di quel magisterio, che solo non può fallire (14).

Il promuovere e far fiorire la scienza nel clero, non è opera difficile in sè stessa, ma non dipende solo dall' arbitrio dei privati. Uopo è che i primi pastori vi concorrano efficacemente, e vi adoprino quei mezzi, che loro abbondano, essendo preposti all' ecclesiastico reggimento. Se que' venerabili prelati, di cui la Francia ammira la pietà e la virtù, scegliessero ne' lor seminarii i giovani di maggiore espettazione, e liberandoli dalle pastoie di certi studi troppo elementari e ristretti, somministrassero loro i sussidi opportuni per attendere a quelle scienze, a cui sono maggiormente inclinati, se fondassero una instituzione, dove l'eletta del clero nelle dottrine più squisite si ammaestrasse, e la perfezione della disciplina scientifica si aggiungesse a quella del tirocinio clericale; se per quest' opera sacrosanta, che vorrebbe molta spesa, richiedessero del suo concorso il governo, che non dovrebbe negarlo, trattandosi di cosa utilissima, nè potrebbe generare alcun sospetto, quando l'indirizzo di tale educazione dipendesse dal corpo dei vescovi, e i laici v' intervenissero, come consiglieri, non come arbitri, non passerebbero due generazioni, che la Chiesa francese avrebbe dei teologi, dei filosofi, degli eruditi, degli orientalisti, dei fisici e dei matematici insigni, capaci di gareggiar nobilmente e fruttuosamente col fior dei dotti nazionali e forestieri. Imperocchè importa molto l'avvertire che la scienza del clero non può portare condegni frutti, se non pareggia od avanza, quella dei tempi la dottrina mediocre, quando è sola, reca piccolo o nessun profitto. Se il Bossuet e il Malebranche non fossero stati pari o superiori, ciascuno nel suo genere, ai sapienti della età loro, vogliam credere che gl' ingegni d'allora sarebbero stati, come furono, signoreggiati dalla religione? Perciò i chierici nel dedicarsi alle scienze, eziandio profane, non che contravvenire allo scopo primario del loro ministero, si procaccerebbero il mezzo più effieace per ottenerlo, riconciliando la fede colla pubblica opinione, e mettendola in credito all' universale, come ossequio ragionevole.

Or qual modo più acconcio a renderne capace la moltitudine, che il poterle additare nei ministri e nei maestri della religione il fiore e la cima della civil sapienza? Un sol uomo insigne per dottrina congiunta a virtù, che sorga nel clero moderno, giova forse meglio per riconciliare le classi colte alla fede cattolica, che le missioni e le predicazioni ordinarie. I quali mezzi sono certo utili, necessari, santi, purchè bene adoperati; ma soli non bastano. Speriamo non lontano un tempo, in cui tutti i pastori delle anime saranno convinti che la scienza eminente del clero è al dì d'oggi richiesta, per ispianare la via alle opere e alle maraviglie dell' apostolato.

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La chiesa odierna di Francia, benchè non sia più agitata dal furore delle tempeste e delle persecuzioni, è lungi tuttavia dal godere uno stato tranquillo e felice nemici interni ed esterni la turbano e travagliano, dai quali potrà solo liberarsi, mediante nuovi incrementi di sapienza e di dottrina. Una setta ostinata e perturbatrice, pigliando la maschera della religione, trapelò nel santuario, e riuscì a procacciarvisi alcuni ardenti patrocinatori. Voglio parlare di quei faziosi, che si chiamano legittimisti; fra' quali si trovano certamente, (come in tutte le sette,) uomini buoni e leali, che sono mossi da un sincero affetto verso la linea del principe espulso, verso l'inviolabilità del potere monarchico, che credono offeso dal nuovo stato delle cose, verso la religione, a cui stimano gli antichi ordini più conformi, verso la quiete e la sicurtà pubblica, che veggono scemate dai preteriti rivolgimenti. Ma i più intendono solamente alla ruina delle libertà pubbliche, e alla restituzione del potere dispotico, che amano, non per sè stesso, ma per gli abusi ed i vizi, che lo accompagnano. Costoro, per lo più, sono nobili, che sospirano lo splendore e le prepotenze del patriziato, avanzi dello stato feudale; preti, (mi duole a dirlo,) che lamentano le perdute ricchezze, e la profana ingerenza nelle brighe

secolari; oziosi di vario genere, scarsi di moneta e avidi di dissolutezze e di piaceri, ai quali non arrivano o non bastano i favori di una corte civile, e che desiderano quei tempi beatissimi, in cui i sudori del popolo alimentavano i vizi dei cortigiani e del principe. Fazione più avversa all' Evangelio, e agli spiriti generosi della Chiesa cattolica, non si può immaginare di questa. Nè le giova per coonestarsi, l'ostentare sentimenti di fedeltà cavalleresca, ancorchè fossero sinceri. L'idolatria verso i principi è cosa moderna, e specialmente francese1): essa non ha mai allignato per buona ventura, e non allignerà nei petti maschi degl' Italiani. La fedeltà verso i poteri legittimi è un dovere ; ma l'adorazione di un uomo e di una famiglia, il metterla in cima a ogni affetto e ad ogni debito, il posporle quanto v'ha di più sacro, la nazione e la patria, e insomma il far del monarca un idolo, e della sudditanza un culto, sarebbe un' esagerazione ridicola, se non fosse sovente calamitosa. Sia pure, che tali sentimenti non muovano da privato interesse. Non ogni istinto, ancorchè scevro di viltà, merita il nome di eroico. O vero, se si vuol chiamare eroico, diciamo che v' ha un eroismo folle e falso, e che gli eroi forsennati non sono quelli, che vengono celebrati dalla storia. Chi suscita una guerra civile, turba un paese, sacrifica migliaia d'innocenti, occasiona crudeltà che fanno, non che altro, inorridire chi legge, per riporre sul trono un uomo, non è scusato, perchè operando mezzi detestabili, sia non curante della propria vita. L'eroismo dee conformarsi alla ragione, alla giustizia, al bene generale degli uomini, legge suprema degli ordini sociali; altrimenti è follia, delitto, scelleratezza, e merita, non il tempio, ma il carcere, o alla men trista, il manicomio. L'idolatria verso il principe è una reliquia di quegli ordini cavallereschi, che possono aver fatto qualche bene in tempi barbari, ma che sono

') MACHIAVELLI, Discorsi, III, 41. Ritr. di Franc.

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