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vaglioso intervallo attendere gran fatto alle dottrine e agli studi. Ma ora che per benefizio de' cieli sottentrò alla burrasca una calma bastevole, perchè il clero francese indugia a profittarsene, onde ricuperare per ogni verso il pristino splendore, e rendersi per sapienza ammirabile, com'è venerando per la pietà e pei costumi? Io non oserei, per la riverenza che porto a una porzione così eletta della Chiesa aprire questi miei sentimenti, se non si conformassero al parere di alcuni rispettabili membri di quella, e corroborati dalle loro querele1). Nè voglio con ciò negare che la Francia abbia anche oggi dei preti dotti e ingegnosi, autori di opere pregevoli ; i quali basterebbero forse all' onore e al bisogno di un'altra provincia cristiana; alla Francia non bastano. Perdonimi cotesto illustre sacerdozio, se dico che non bastano; poichè esso ci ha talmente avvezzi nei tempi andati a vedere uscir dal suo seno in gran copia gli uomini segnalati in ogni parte della umana e divina sapienza, che se bene al dì d'oggi non sia sterile, ci fa parere scarsa la messe.

Quella parte del clero francese, che attende indefessamente agli studi, malgrado l'uso contrario invalso nei più, è quindi tanto più degna di essere commendata. Se non che, alcuni di questi benemeriti, non mi sembrano avere scelta la via più acconcia per sortire l'effetto. Dirò francamente il mio parere, senza nota di temerità, quando in ciò che spetta al bene della religione e della Chiesa, è lecito all' uomo cattolico, qualunque sia il suo paese, il manifestare la propria opinione, senza ch' egli possa essere tassato ragionevolmente d'intromettersi nelle cose forestiere. Io penso adunque che alcuni chierici francesi s'ingannino

') Vedi FORICHON, Examen des quest. scientif de l'âge du monde, etc. Paris, 1837, pp. vii, seqq., XXXII, seqq.

a credere che il culto superficiale delle lettere, come piace al di d'oggi, sia gran fatto proficuo alla religione penso che le loro fatiche sarebbero spese con maggior frutto in istudi più sodi e profondi, in lavori di più vasta mole e più proporzionati ai bisogni dell' età corrente. L'ingegno e il tempo di due terzi di coloro che oggi scrivono, se ne va nelle gazzette e nei giornali. Io non ripudio già del tutto questo genere di composizione : stimo anzi che un giornale ben fatto giovi al sapere; e per non uscire dei giornali ecclesiastici, so che se ne stampano alcuni in Italia ed altrove, che sono meritevoli di molta lode. Ma quelli all' incontro, che vogliono stendersi più oltre che non comporta la lor natura, e far le veci dei libri, sono, non che inutili, pregiudiziali. Il giornale dee aiutar la scienza, ma non può contenerla, nè constituirla: è un accessorio, non il principale serve ad indicare di giorno in giorno i progressi che si vanno facendo nel sapere, ed è destinato non a supplire alla dottrina dei libri, ma ad agevolarla. Laonde, quando in un paese si stampano pochi libri o mediocri, e lo scrivere dei giornalisti sovrasta di copia, frequenza, celebrità a quello degli autori, si può credere che il vero sapere sia in istato di declinazione. Non mi pare adunque che a ristorare le scienze religiose sia sapiente consiglio il metterle per la via de' giornali, e lo sciupare in tali componimenti gl' ingegni, che le coltivano. Certo in un secolo chiaccherino, in cui l'uso delle pubblicazioni periodiche è invalso generalmente, e molti studiano a guastare per questa via gli animi.e i cervelli degli uomini, i giornali buoni sono un antidoto opportuno; ma non debbono, lo ripeto, preoccupare il luogo dei libri, non esercitare gli uffici del più alto e difficile insegnamento. Egli è vero che questa pessima usanza regna altresì nelle lettere profane; che coll' alchimia dei giornali si pretende d'insegnare ogni disciplina eziandio più austera, e di rendere con essi superfluo ogni volume di maggior mole, non che le intere biblioteche;

che i fautori del progresso sperano non lontano un tempo, in cui non si stamperà e non si leggerà più altro che fogli volanti; ma questi bei disegni e queste liete speranze si vorrebbero lasciare alla sapienza dei profani. Mal vi consigliate a difendere il vero e combattere la miscredenza con quei mezzi frivoli ed indegni, che l'hanno prodotta. Lasciate le armi imbelli ai nemici della religione procacciatevi di armi forti, che sole provano nelle vere battaglie, e conferiscono la vittoria. La scienza dee essere soda e gagliarda, come la religione ed il vero: la leggerezza è la debolezza sono condizioni proprie dell' errore. Il falso sapere mise in fondo la fede, e non potrà farla rivivere. I giornali, che hanno efficacemente conferito a rovinare la religione, non potranno mai instaurarla; imperocchè tal è la debolezza e la corruttela dell' animo umano, che lo scrivere superficiale può bensì pervertire, ma non convertire nessuno. Si raccontano esempi d'uomini sviati dal vero, e ricondottivi dalla lettura attenta di un buon libro ; laddove non so che questo miracolo sia giammai stato fatto da una gazzetta o da un giornale. Il quale potrà aiutare dalla lunga le buone disposizioni, ma non mai sortire l'effetto, se mancano opere sode, profonde, accomodate al bisogno della civiltà e del secolo. Ora per ottener tali opere, cominciate a persuadervi che i giornali non fanno la scienza. E perciò toglietevi dal voler chiudere l'enciclopedia in pochi volumi, dal voler ristringere nello spazio di dodici quaderni annui non so quante scienze. Credete forse che chi vuol acquistare una cognizione sufficiente di tali materie, si appaghi di corsi improvvisati? Ciò avvilisce le nobili discipline, e non fa alcun pro alla religione. In vece d'impicciolire il sapere, e chiuderlo fra limiti così angusti, dateci dei buoni libri, dateci dei libri che si facciano leggere e studiare anche da' laici, per la novità e la profondità delle materie. Nè giova il dire che i grandi ingegni sono mancati, che ogni età non può dare dei Bossuet, degli Arnauld, dei Fénélon, dei Malebranche,

dei Petau, dei Gaubil; che gl' ingegni moderni non bastano, se non a quei piccoli lavori. Primieramente, l'ingegno non manca in Francia vi- manca bensì il buon uso di esso, vi mancano quegli studi forti, quella volontà tenace, quell' applicazione indefessa, senza cui i doni di natura tornano inutili. E poi, se non potete darci di quegl' ingegni straordinari, dateci almeno dei Tillemont, dei Mabillon, dei Nicole, dei Thomassin, dei Fleury; uomini resi sommi da lunghi ed eletti studi, cui ogni ingegno sufficiente, purchè pieno d'ardore e faticante, può promettersi di somigliare o pareggiare. Persuadetevi che i nomi più illustri, onde si vanti il vostro ceto e la patria, dovettero la loro celebrità e grandezza, non meno alle fatiche dell' arte, che ai privilegi della natura. A ogni modo, dateci dei libri buoni e durevoli, e poi accetteremo eziandio, se volete, le enciclopedie e i giornali (13). Non credo pure che il voler creare una scienza propria dei cattolici, e distinta da quella che è comune retaggio della civiltà, sia un concetto troppo savio e favorevole alla concordia di essa scienza colla religione. La scienza è una, ed è sempre cattolica, quando è vera l'error solo non è cattolico, nè cristiano. La scienza cattolica è la scienza vasta, imparziale e profonda; che penetra addentro nel suo oggetto, e non si appaga della superficie; che nel considerare un lato delle cose, non dimentica gli altri; che deduce con rigore, e induce con riserva; che non allarga le conclusioni, oltre i termini delle premesse ; che non ispaccia il probabile per certo, le conghietture per verità dimostrate, le semplici ipotesi per assiomi o per teoremi. So che voi non negate che tuttociò sia vero; ma schiccherando certi abbozzi scientifici, e intitolandoli scienza cattolica, mostrate di credere che il sapere insegnato nelle università d'Europa sia eretico o pagano; il che è un error gravissimo. Sapete qual è la scienza cattolica? È quella dei Cuvier, degli Ampère, dei Rémusat, dei Sacy, e de' loro pari, per non uscir del secolo, nè della

Francia; quella, che s'insegna da Filadelfia a Calcutta, e che ottiene il consenso di tutti i dotti del mondo civile. Tale scienza non è mai infesta alla religione; imperocchè i suoi cultori, ancorchè per avventura infetti dalla malattia del secolo ed irreligiosi, se veramente valgono nelle loro proprie discipline, non ne trarranno mai alcuna conclusione sostanzialmente avversa ai dettati cattolici; perchè il vero non può mai ripugnare al vero. La scienza superficiale, la scienza temeraria, la scienza che cammina sulle congetture e sulle vane ipotesi, è la sola che contrasti bene spesso alla fede. Ma tale non suol essere il sapere de' sommi; se già loro non incontra di pagare un tributo alla umana natura. Non troverete ai di nostri un valente geologo, che affermi risolutamente i risultati positivi della disciplina da lui coltivata ripugnare alla storia mosaica; nè un profondo antiquario, che contraddica alla cronologia biblica; nè un fisiologo, un medico insigne, che tiri al materialismo le sue osservazioni e sperienze. Imperocchè il vero dotto è prudente e cautissimo, conosce il genio della scienza, onde fa professione, e non iscambia le apparenze colla realtà. Ho detto sostanzialmente, perchè se alcuno di que' valorosi parve talvolta non conformarsi affatto alla norma cattolica su qualche punto accidentale delle sue dottrine, ciò nacque, o dalla chiosa prepostera che si fece di quella, (come nel caso di Galileo,) o dalla debolezza dell' umana natura; giacchè anche i grandi uomini sonnecchiano qualche fiata, e pigliano il verosimile per vero. Ben s'intende ch' io qui non parlo di scienze speculative; intorno alle quali confesso che il secolo non s'accorda colla religione. E che maraviglia, se intorno a questo articolo l'età che corre dissente da sè medesima? La filosofia non si trova più fra gli uomini, giacchè vi sono tanti sistemi filosofici, quante sono le scuole e i pensanti; onde da questo lato il mondo civile è come l'edifizio babelico. Ma certo se la vera filosofia

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