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nostri, che meritano il nome di pensanti, sono appunto coloro, che abborriscono di abbeverarsi ai rigagnoli francesi. Qual è il più grande, o dirò meglio l'unico filosofo italiano della età passata? Giambattista Vico; che solo, o quasi solo, fra i pensatori suoi coetanei, si serbò intatto dalla labe gallica, e seppe pensare italianamente. Qual è per altezza di pensieri, forza di sentimenti, dignità di vita, costanza e robustezza d'animo, il più gran poeta dello stesso secolo, il solo pari all' italo nome,e il più degno di riposare in Santa Croce presso l'Alighieri? Vittorio Alfieri, il più illustre avversario dei Francesi dopo esso Dante, Giulio secondo, e il Machiavelli. Se da questa altezza si discende nelle regioni inferiori delle lettere e delle scienze, e si cercano i nomi più benemeriti d'Italia, s'incontrano quelli del Gravina, del Metastasio, del Goldoni, di Gasparo Gozzi, del Maffei, del Marini, del Muratori, del Tiraboschi, del Zanotti, del Parini, e di alcuni altri, che furono del tutto immuní dagl' influssi gallici, o ne vennero infetti meno dei loro coetanei, e solo per necessità di tempi e di fortuna.

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Non creda però il lettore che io sia ingiusto verso i Francesi, negando loro la debita lode, e ingiurioso verso coloro, che gli commendano di quanto è veramente lodevole. Nemico come sono di ogni esagerazione, credo che v' ha del buono e dell'ottimo in tutti i paesi credo che ve ne ha in Francia; benchè per ordinario non sia quello che vi si cerca. Nè i savi, che sanno vantaggiarsi degli esempi, e imitare le virtù altrui purgate da'vizi, senza dismettere la persona propria, sono quelli, contro cui ragiono. Io grido contro quegl' Italiani bastardi, che calpestano la patria, mentre chiamano Parigi la capitale del mondo civile; che levano a cielo tutte le inezie, che ivi si spacciano in letteratura, in filosofia, in politica, in religione; che ammirano solamente le cose altrui, senza conoscersi e curarsi delle proprie; che antepongono alle gioie e alle dovizie domestiche le ciarpe forestiere. Costoro sono ragazzi,

che trastullandosi coi balocchi, si credono di esser uomini; eiechi, che si stimano vicini all' età dell' oro, e non veggono che l'Italia è in procinto di cadere in una barbarie più folta, più incurabile, più orribile di quella del medio evo. Ma come convincere costoro, come anco esserne intesi? Si può rimediare al poco sapere colla instruzione: non si può riparare alla mediocrità dell'ingegno, alla trivialità dei pensieri, alla tempra meschina e volgare dei sentimenti. V'ha e vi sarà sempre una folla di gente, (ed è tale tutta la folla,) per cui ogni vero pregio, ogni merito, ogni virtù, ogni grandezza consistono nel far romore (9). Costoro amano il frastuono sopra ogni cosa, e somigliano gli uomini di villa, che danno la palma della eloquenza a chi ha maggiore capacità diˇpolmoni e grida più forte. E veramente, se i progressi della civiltà si dovessero misurare dal travaglio della gola e delle orecchie, non si potrebbe disdire ai nostri vicini quel privilegio, che loro si ascrive; giacchè il fracasso, che menano i Francesi da un secolo in qua, assorda ed intenebra ogni paese civile. E niuno vorrà negare che i loro influssi non siano universali ed efficacissimi; ma solo per distruggere. Religione, morale, letteratura, lingua, costume in ogni parte del mondo culto, sono corrosi, alterati, ridotti al niente dagl'influssi gallici : e se a ciò si allude, quando Parigi vien chiamata metropoli della civiltà universale, non si può contraddire. Se non che, la civiltà non è cosa negativa edifica, non atterra : non si compiace delle ruine la sua opera somiglia quella dell' architettore, che non colloca la sua maestria nello smantellare gli antichi edifizi, ma nel ristorarli e tornarli a perfezione. L'ingegno francese, inetto alla sintesi e destituito di virtù creatrice, mostra nell'abbattere una valentia da gigante, e nel fabbricare una forza da fanciullo; tanto grette, deboli, puerili sono le sue opere! Perciò, se riesce maravigliosamente ad appropriarsi e talvolta perfezionare i trovati degli altri, non se ne può forse allegare un solo, di cui egli sia veramente autore nei campi dell'immaginazione,

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della politica e dell' intelletto. Gli stessi errori, che signoreggiano in Francia, sono d'origine straniera. Il Descartes tolse il suo metodo filosofico da Lutero. Giovanni Locke esercitò un imperio assoluto sulla filosofia francese per lo spazio di un secolo, e regna ancora sulla politica dei di nostri il Condillac e il Rousseau furono suoi discepoli. Ora si è cominciato a copiare i Tedeschi, e a trarne il panteismo, il razionalismo teologico, e simili mostri. Dico mostri, perchè tutte queste dottrine non sono meno esiziali nella pratica, che assurde nella speculazione. I due sistemi dominanti presso il volgo degli scrittori, cioè la sovranità del popolo, e la teorica del progresso, (com'è intesa dai più,) sono due forme del sensismo, che annullano ogni potere politico, ogni vero speculativo, ed ogni tradizione sociale e religiosa; giacchè l' uno ponendo il diritto nella forza, e l'altro il vero nella moda, quello introducendo un governo materiale, riposto nel maggior numero, e questo una verità mutabile, sottoposta alla vicenda dei tempi, distruggono l'assoluto nel doppio ordine della società e della scienza, e spianano la via a un ateisino teoretico e pratico, privato e pubblico, che è il più largo e pestilenziale che immaginar si possa. Destituita di ogni consistenza logica, di ogni fecondità civile e scientifica, la sovranità del popolo è la barbarie nella società, come la dottrina eterodossa del progresso è la barbarie nel sapere. Ora non mi sarebbe difficile il provare che quasi tutte le opinioni, che corrono in Francia al di d'oggi circa la politica, la filosofia, la religione e la stessa letteratura, appartengono all' uno o all' altro di quei due sistemi, e spesso ad entrambi ; tantochè se ne può conchiudere che la cultura francese al di d'oggi è sommamente distruttiva.

Dunque l'opera della Francia è affatto inutile? dirà taluno. Dunque la Providenza ha permesso che da più di un secolo questa nobilissima provincia, e dietro di essa quasi tutta Europa si svias

sero senza compenso dal diritto cammino? Guardiamoci anche qui dall' esagerare ricordiamoci che il Cielo non permette il male e i disordini eziandio gravissimi, se non a contemplazione di qualche bene. Se si considera in tutta la sua ampiezza il ciclo della eterodossia moderna, onde la Germania, l'Inghilterra e la Francia sono i principali strumenti, vedesi che fu permesso dal supremo disponitore a correzione e ad ammaestramento degli uomini, secondo la profonda e divina sentenza, che le eresie sono necessarie 1). Il medio evo, che conservò molti disordini antichi e ne introdusse de' nuovi, non fu innocente. L'arbitrato civile dei Papi, utile e santo in sè stesso, fu talvolta abusato popoli e principi, infimi e sommi peccarono egualmente. Ora, secondo una legge universale e sapientissima, quando i corpi misti delle società umane infermano, il rimedio dee nascere dallo stesso male. Il periodo della eterodossia moderna fu permesso dalla Providenza per purgare l'ortodossia, e sterminare gli abusi introdotti nel pensiero e nell' azione degli uomini. In tal caso il colmo del disordine, che per effetto del suo medesimo eccesso diventa un principio d'ordine, e come una crisi salutare, che salva l'infermo, è uno di quei cambiamenti, che chiamansi rivoluzioni. Le quali, sia che abbiano luogo negli ordini politici o negli ordini intellettivi e religiosi, sono sterminatrici e non edificatrici, e giovano negativamente, nettando il campo dalla zizzania, che lo ingombra ed insterilisce. Ma esse sterpano il buon grano col loglio; onde passata la tempesta, fa d'uopo riseminare. L'età nostra è propizia a questa santa opera; e tutti gli uomini di alto ingegno e di gran cuore dotati dovrebbero concorrervi, consacrando tutte le loro fatiche al sublime intento d' instaurare l'ortodossia europea distrutta da tre

4) I Corint. XI, 19.

GIOBERTI, Opere. Vol. IV.

secoli. Ma certo a tal effetto non bisogna ricorrere colà, dove l'opera della demolizione fu recata a compimento (10).

L'imitazione dei Francesi è pericolosa sopra tutte le altre, benchè torni meno conforme al genio italiano. In che modo queste due condizioni, che paiono repugnanti, si accordino insieme, fareb be uopo per dichiararlo di un lungo discorso. Ma tale imitazione non è certamente la sola, da cui ci dobbiamo guardare; perchè, quando una nazione è caduta al basso, si genera in molti una diffidenza di sè, una rimessione d'animo, una viltà, una dappocaggine, che gli rende disposti a prendere l'imbeccata da chiunque si affaccia; come que' mendichi di professione, che uscendo il mattino ad accattare, stendono la mano al primo sconosciuto, che incontrano sul loro passaggio. Così oggi molti nobili figliuoli d'Italia vorrebbero sforzare la loro madre a vivere di elemosina; e non sapendo esser buoni Italiani, si fanno scimmie dello straniero. Non mi stupirebbe, se di qui a poco sottentrasse l'usanza d'imitare, verbigrazia, i Russi, e si cercasse di addolcire la nostra lingua, ritraendo giudiziosamente dall' idioma moscovita. Frattanto alcuni ci consigliano a pigliar dai Tedeschi la filosofia; e siccome questo articolo s'attiene più specialmente al mio proposito, ne dirò due parole. Niuno apprezza più di me la nazione germanica, così per la sua indole, come per li suoi meriti in molte parti del sapere, e specialmente nell' erudizione, dove ella ha pochi pari fra' popoli moderni. Anzi si può dire generalmente, i Tedeschi essere per alcuni rispetti i soli Europei, che sappiano ancora studiare, e non abbiano dismesse quelle laboriose abitudini, che due secoli fa erano comuni a tutte le nazioni letterate d'Europa. Però, se alcuno ci consigliasse di emulare i Tedeschi nella diligenza e nell' ardore, con cui abbracciano e proseguono gli studi, nel fare acquisto di una soda e vasta erudizione, non che ripugnare, io vorrei unire alla sua la mia voce. Ma aggiungo francamente che

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