Page images
PDF
EPUB

sola è un' ingiuria; e fra i peggiori nemici che altri abbia, i piaggiatori sono pessimi.

:

E io mi crederei di esser peggio che adulatore, se condiscendessi all' opinione di quelli, che per felicitare l'Italia vogliono insinuarvi l'amore delle cose e degli usi forestieri. Contro i quali ho scritto altrove e non taccio nel presente libro; e parlerò, se piace a Dio, finchè io viva; perchè questo è uno di quei capi, intorno ai quali non posso temer d'ingannarmi, più che possa dubitare d'essere italiano. I forestieri hanno sempre nociuto all' Italia; non meno cogl' influssi morali, che colla forza e colle armi. Nacque nel secolo passato, e fiorisce tuttavia, una setta d'Italogalli, i quali vorrebbero trar da Parigi, come le fogge degli abiti, i tre componenti della civiltà, la filosofia, la religione, la lingua. Nessun cibo gradisce al gusto di costoro, se non è di sostanza, o almeno di condimento, gallico. I Francesi sono certamente una nazione molto illustre produssero uomini, e fecero cose grandi : posseggono alcuni trovati e instituti, che potremmo saviamente appropriarci sono in parte benemeriti della libertà civile e politica di Europa paiono destinati ad essere gli alleati d'Italia, quando l'Italia sia di nuovo una nazione; ma il loro genio nazionale è differentissimo dal nostro; e in tutto ciò che concerne, non i vincoli politici, non il materiale e il positivo della vita esteriore, ma il morale, e si attiene alla tempra degli spiriti e degli animi, dobbiamo cautamente guardarci dalla loro imitazione. Altrimenti ne piglieremmo il cattivo e non il buono; perchè essendo impossibile il dismettere la persona propria, per assumere l'aliena, e il mutar natura, chi si ostina a volerlo fare, riesce solo a copiare gli altrui difetti. Come accade agl' Italogalli, i quali scambiano l'oro di casa all' orpello forestiero. La qual cosa è piena d'indegnità, e sommamente ridicola; e dee far ridere gli stessi Francesi, se non è credibile che, trattando con noi altri, amino

di trovar scimmie, invece d' uomini. Il commercio civile delle nazioni, non che richiedere che l' una deponga la propria indole, e prenda quella di un' altra, vuole che ciascuna mantenga gelosamente il proprio genio; perchè altrimente i popoli perdono l'individualità, e con essa ogni loro valore. La Francia e l'Inghilterra sono amiche; tuttavia i Francesi deridono con molta ragione gli anglomani e noi Italiani applaudiremo ai gallizzanti? I quali non piacciono ai medesimi Francesi; e il Sevelinges 1), se ben mi ricordo, concia assai male quegli scrittori italiani, che ignorano la propria lingua, e intarsiano il loro stile di gallicismi. Ma che maraviglia, se altri preferisce il parlare e lo scrivere francese al nostrale, poichè questo non si studia? Quanti sono gl' Italiani, che leggano i nostri classici? E pur si divora in Italia ogni romanzuccio stampato sulla Senna. Quanti studiano filosofia in sul Cousin, e non hanno aperto un volume del Galluppi, che fu pure il primo tra' suoi coetanei a trattar la psicologia con senno italiano! Quanti non conoscono il Vico, fuori del cattivo sunto di uno scrittore francese! Quanti ammirano la prosa poetica o frenetica dei nostri vicini, e disprezzano il puro e verecondo dettato del Botta, del Leopardi, del Giordani! Quanti si dilettano della prosa rimata, con eui il Lamartine va correggendo la sua fama di poeta, mentre vilipendono il Monti, non curano l' Arici e il Niccolini! Cicerone, che parlava una lingua assai meno perfetta del greco, afferma che dopo aver letta nell' originale una tragedia di Sofocle, godeva a rileggerla nella cattiva traduzione d'Attilio 2); ed io ho incontrati in Italia più di un Italiano, che non conosceva il Manzoni ed il Pellico altrimenti che per le versioni francesi. Questa incredibile follia si potrebbe ancora comportare, se non si stendesse fuori delle lettere,

1) Nella prefazione alla traduzion francese della Storia d' America del Botta. 2) De fin.. 1, 2.

o di qualche ramo secondario della filosofia; ma ella ha invase le parti più nobili e più importanti delle cognizioni, e infetta nelle sue fonti la civil sapienza. Da un secolo in qua gl' Italiani si ostinano a voler cercare in Francia la filosofia e la religione; quando appunto da un secolo e più, i Francesi hanno perduta la religione a la filosofia! Ciò verrà dimostrato in questa Introduzione; e qui lo accenno, per aver occasione di ammirare la nostra saviezza, che andiamo. cercando i beni, di cui potremmo abbondare, in un paese dove non si trovano. Molti si lamentano che i libri italiani sono vuoti d'idee, di cose buone ed utili, sono pieni d'inezie e di frasche. Ciò è falso, se si parla di tutti ; di una gran parte, il concedo. Le nostre lettere sono veramente insterilite, avvilite seccata è quasi del tutto nei cervelli italiani la vena del ritrovare e del produrre. Ma da che tempo? Da che perdemmo l'indipendenza nazionale, e cominciammo a servire i forestieri. Dovremmo oggimai persuaderci che la fecondità dell'ingegno deriva dalle stesse cause, che partoriscono la grandezza politica di una nazione, che un popolo civilmente schiavo non può esser moralmente libero e pensar da sè proprio. La fede religiosa e il vigor dell' ingegno nel filosofare dipendono dalla forza dell' animo; la quale permette difficilmente che una nazione sia soggiogata e divisa dai barbari. Ma d'altra parte, una nazione divisa ed oppressa non può sperar di riacquistare e conservar la sua unità e indipendenza, se non ricupera l'energia morale, se non si avvezza a procacciarsi colla propria industria quei nobili pascoli, onde si nutrono il cuore e lo spirito. Io terrò per redenta civilmente l'Italia, quando la vedrò posseditrice di una filosofia, di una letteratura veramente propria; quando la vedrò affezionata e diligente coltivatrice della sua lingua (8), delle sue arti, delle sue intellettuali ricchezze; quando la vedrò cattolica, e superba di possedere la sedia della religione, e la gloria del pontificato cristiano. Quegli antichi Romani, quando veneravano la maestà del senato, erano liberi dentro, e fuori padroni

del mondo; ma come prima cominciarono a vilipendere quella paternità civile, caddero sotto il giogo imperiale, da cui passarono sotto quello dei barbari. Gl' Italiani dei bassi tempi fiorirono pure di libertà, di commerci, d'arti, di lettere, d'armi, e furono gloriosi, mentre adoravano la paternità spirituale del primo cittadino italiano; ma col disprezzo di essa sottentrò la servitù. I Ghibellini antichi furono la causa principale della ruina d'Italia : i Ghibellini moderni, senza volerlo e saperlo, continuano la loro opera. E non mi si alleghino i difetti degli uomini : io non guardo agli uomini, ma alle instituzioni: quelli passano e si mutano; queste durano e sono immortali. Volete correggere quei mancamenti? Cominciate ad abbracciare le instituzioni, a venerarle, a proteggerle con ardore di carità e di fede: fate che la vita morale, la vita dello spirito circoli di nuovo nel gran corpo della nazione, e vedrete le membra più nobili partecipare all' universal movimento, farsi più belle e più vive. Come può essere che quando il corpo è compreso da letargo, il capo talvolta non languisca? Toglietevi d'inganno, questa è l'unica via di redenzione ; la salute d'Italia non può venir d'altronde che da Roma. Per un decreto eterno della Providenza, Roma ha sortito il privilegio di esser la metropoli e la dominatrice del mondo: l'antica repubblica, l'antico imperio prepararono la via all'unità cosmopolitica del pontificato. Questo è lo scopo: quelli furono i mezzi. Chi non è capace di questa gran verità, non ha occhi da leggere la storia. Ma sapete, donde dipende la forza di Roma, eziandio nelle cose civili? Dall' ossequio de' suoi figli. Crescenzio, Arnaldo da Brescia, Niccolò di Lorenzo, Francesco Baroncelli, Stefano Porcari vollero operare l'instaurazione di Roma, risuscitando una larva di libertà gentilesca, e perirono. Nè la loro impresa poteva sortire altra fine instaurare Roma cristiana col rinnovare le instituzioni del gentilesimo, era un anacronismo troppo grande. Volete l'unione d'Italia? Volete sottrarla ai travagli della tirannide interna, all' ignominia del giogo forestiero?

:

:

Cominciate a riscattarla dal giogo delle false opinioni, a riunirla nella professione e nella fede santa del vero cominciate a ripudiare quelle folli teoriche di una libertà licenziosa, madre del dispotismo, che vennero procreate dalla fellonia di Lutero, e educate dai sofisti d'Inghilterra e di Francia1). Se invece di combattere e di spiantare queste infauste dottrine, voi le consacrate, qual maraviglia che l'autorità conservatrice del vero si mostri infesta ai vostri disegni? La sapienza, onde il capo della Chiesa diede esempio, alcuni anni sono, nel ripudiare un pestifero consiglio, potrebbe parer dubbiosa a certuni, se il consigliero infelice non avesse preso assunto di giustificarla e di ammaestrare il mondo, col più inaudito traviamento, di cui sia spettatrice questa età. L'errore di molti stà nel credere che la vita possa nascere dalle sole membra, senza il concorso e l'influenza del capo. La vita, cioè la libertà, la potenza, l'unione, la civiltà di un popolo dipendono dal vigore del suo spirito; e il vigore spirituale dell' individuo, dello stato, della società in universale, ha le sue radici nella religione. La redenzione d'Italia, lo ripeto, dee nascere principalmente da quella fede, che ha in Roma il supremo suo seggio. Ma se si stima ch'essa debba venir da Parigi, e si tragittano di la quelle povere idee, di cui dee vivere l'intelletto e il senno italiano, la nostra infamia sarà eterna. E, per Dio, di che valore sono coteste idee, di cui gl' Italogalli inondano la penisola? Di che sugo, di che nerbo sono le composizioni filosofiche e letterarie, che escono dalla loro scuola? Quando si leggono queste miserie, le parole vengono meno per esprimere la vergogna e il dolore di chi serba una favilla degli spiriti antichi. Non lagniamoci adunque, se manchiamo d' idee, quando si ricorre per averne a si melmoso fonte. E non meravigliamoci, se quei pochissimi de'

1) Prego i lettori impazienti a non adirarsi di queste mie sentenze, che saranno dimostrate nel decorso dell' opera.

« PreviousContinue »