Page images
PDF
EPUB

<«< autrement hautes que celles du judaisme, de rétablir le lien du <«< fini et de l'infini, de séparer l'âme de tous les autres objets, « de l'arracher à la nature, où elle était comme ensevelie, et, par <«< une médiation et une rédemption sublimes, de la mettre en un <«< juste rapport avec Dieu. Spinoza n'a pas connu cette médiation. « Pour lui, le fini est resté d'un côté et l'infini de l'autre, l'infini << ne produisant le fini que pour le détruire sans raison et sans <«< fin........... Sa vie est le symbole de son système. Adorant l'Eternel, << sans cesse en face de l'infini, il a dédaigné ce monde qui passe ; <«< il n'a connu ni le plaisir, ni l'action, ni la gloire, car il n'a pas « soupçonné la sienne.... Spinoza est un Mouni indien, un Soufi << persan, un moine enthousiaste; et l'auteur auquel ressemble le «< plus ce prétendu athée, est l'auteur inconnu de l'Imitation de « Jésus-Christ').

[ocr errors]

Pochi passi io trovo nelle stesse opere del sig. Cousin, che mostrino l'illustre autore cosi confidente nell' altrui inavvertenza o benignità, come questo. Se non ci fossero altre prove del panteismo di lui, basterebbero a chiarirlo quelle lodi sperticate, ch' egli dà all' ateo olandese, conforme all'uso dei filosofi tedeschi, che lo levano alle stelle. Uno dei contrassegni infallibili del panteismo mascherato dei moderni è il giudizio che portano sullo Spinoza se trovi che lo lodino, lo esaltino, lo preconizzino, lo tengano, come un uomo che ha degnamente sentito di Dio, s'indegnino contro coloro, che lo tassano d' ateismo, e ne facciano un santo nei costumi o nella vita, tieni per fermo che i lodatori sono infetti della medesima pece, che l'oggetto delle loro lodi. Quanto a me, parmi assai singolare che altri commendi il panteismo dello Spinoza, quando nol faccia ad iscusa del proprio ; e

1) Fragm. phil. Paris, 1838, tom. II, p. 164, 165, 166.

[ocr errors]

tengo che fuori di questo caso, chi dubita che questo filosofo fosse un perfetto ateo, mostra di non aver letto o di non aver capito i suoi scritti. Tal fu il giudizio recato da' suoi coetanei, e che verrà confermato dai posteri. « Quand on examine de plus près » dice Giovanni Coler, « ses sentiments, on trouve que le Dieu de Spi<< noza n'est qu'un fantôme, un Dieu imaginaire, qui n'est rien << moins que Dieu; » e lo paragona all' ateo del Salmista 1). Il Burmann lo chiama «< le plus impie athée qui ait jamais vu le jour 2). E come mai il sig. Cousin potè a buona fede essere ingannato dalla voce Dio, cui lo Spinoza adopera ad ogni istante, e dalle altre arti ipocrite della sua penna? « Il se donne la liberté d'employer <«< le nom de Dieu et de le prendre dans un sens inconnu à tout <«< ce qu'il y a jamais eu de chrétien 3). » Il qual uso non è suo proprio; ma si vede essere stato comune al Vanini, all' Hobbes, e a tutti gli atei o cattivi teisti di que' tempi. Nè rileva che lo Spinoza attribuisca al suo Dio l'unità sostanziale, l'eternità, l'immensità, la necessità, l'infinità, e simili attributi metafisici ; poichè non v'ha ateista di professione, che non sia sforzato di attribuire alla natura tutte o quasi tutte queste doti. L'Holbach, o qual altro sia il compilatore del Sistema della natura, attribuisce al mondo presso a poco le stesse parti, che l'Olandese aggiudica al suo Dio, benchè il linguaggio che adopera sia meno metafisico. Ma la metafisica dello Spinoza è solo apparente, o la sua psicologia si riduce al mero sensismo del Condillac, come fu già avvertito"). Aggiungo che l'ontologia spinoziana è infetta di materialismo; sia perchè una dottrina diversa non sarebbe potuta risultare

4) Collect. de vita Spin. - Spin. op., ed. Paulus, tom. II, p. 642. 2) Ibid., p. 645.

5) Ibid., p. 642.

"JOUFFROY, Cours de droit nat. Paris, 1834, leçon 6, tom. I, p. 179, 180.

da quella psicologia; è perchè il parallelismo stabilito fra il pensiero e l'estensione, come attributi di Dio, non si può interpretare altrimenti 1). Ma le proprietà, che specializzano il vero concetto di Dio, e per cui la dottrina del teista si diversifica da quella dell' aleo, sono le perfezioni morali, che nella personalità e nell' arbitrio si fondano. Lo Spinoza concede a Dio il pensiero, in quanto i vari pensieri delle creature sono modificazioni di un divino attributo; ma gli disdice l'unità personale e cogitativa, cioè l'intelletto e il volere 2); gli disdice la facoltà d'indirizzare i mezzi a uno scopo, annulla l'assioma teologico e la necessità delle cause ultime, e tiene l'armonia del mondo, per effetto di una forza cieca e fatale 3). Quindi seguita che Iddio non è libero verso sè stesso, nè verso le sue opere, ma costretto a produrre : e che non è buono, nè giusto, nè savio, nè provvidente "). Rimosse da Dio la libertà e la moralità, esse non possono all' uomo attribuirsi; il quale essendo preda e ludibrio di un fatto inesorabile, non può e non dee riconoscere alcun diritto e dovere, nè altra norma immutabile, che l'impeto de' suoi istinti, e la forza fisica della sua natura 5). Il sistema dell' Hobbes è forse più schifoso di questo? Qual è il fatalista, che abbia detto più apertamente dello Spinoza

[merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors]

") Ibid., part. 1 corol. prop. 6, prop. 16, 17; corol. prop. 17; schol. 29, prop. 29, 33; schol. 2, prop. 35. Append., prop. 36; part. 2, schol. prop. 3. Tom. II, p. 38, 51, 52, 53, 61, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 73, 74, 79, 80.

5) Tract. theol. pol., cap. 2, 16, epist. 23, 25, 32. Op. tom. I, p. 188, 359 seq., 513, 541 seq. Eth., part. 1. Append., prop. 36; part. 2, prop. 48; part. 4, schol. 2, prop. 37. Tract. polit., cap. 2, § 3, 4, 6, 7 8, cap. 3, § 13. - Op. tom. II, p. 69 seq., 121, 122, 231, 232, 307 seq.,

18, 22;

314 seq.,

323.

che « in nostra potestate non magis sit mentem quam corpus sa« nam habere 1)? » E abusando una frase di san Paolo, che «< in Dei potestate sumus, sicut lutum in potestate figuli)? » Non dice egli espressamente, come l' Hobbes, che lo stato naturale degli uomini è la guerra)? Lascio stare un gran numero di altre conclusioni non meno stomachevoli, che sarebbe troppo lungo l'annoverare. E il sig. Cousin osa paragonare un tal uomo all' autore dell' Imitazione, cioè del libro più bello, più pio, più soave, che sia uscito dalla penna di un uomo; del libro che rende una imagine meno imperfetta di quella ineffabile divinità, che si sente nelle Scritture? In verità io credo che si dee avere un po' più di rispetto verso la sufficienza, e men di fiducia nella credulità dei propri lettori. L'ateo Spinoza ragguagliato all'autore dell' Imitazione! Ma il sig. Cousin non ha lette queste parole : « Quod quædam Ecclesiæ « addunt, quod Deus naturam humanam assumpserit, monui << expresse me quid dicant nescire; imo, ut verum fatear, non « minus absurde mihi loqui videntur, quam si quis mihi diceret, «< quod circulus naturam quadrati induerit ")? » Non ha lette queste altre « Apage hanc exitiabilem superstitionem,» (la religione cattolica,) « et quam tibi Deus dedit rationem agnosce, eamque <«< cole, nisi inter bruta haberi velis 5)? » Non ha avvertite le altre gentilezze, di cui è piena la medesima lettera? Non dice egli stesso che il Dio di Spinoza è quello degli Ebrei, e che il Dio degli Ebrei è un Dio terribile? La contraddizione e la leggerezza non potevano meglio accoppiarsi, che in questa sentenza. Dico leggerezza, per parlare benignamente, e perchè abbiamo altre prove della inno

*) Epist. 25, tom. I, p. 518. Tract. pol., cap. 2, § 6, tom. II, p. 308.

2) Tract. pol., cap. 2, § 22, tom. II, p. 315, 316.

5) Ibid., § 14, p. 312; cap. 3, § 13, p. 323.

4) Epist. 21, tom. 1, p. 510.

5) Epist. 74, tom. 1, p. 699.

cenza del sig. Cousin ne' suoi errori teologici. Se non che, l'affermare che il Dio de' Giudei sia diverso da quello dei Cristiani, il citare per provarlo un libro inspirato, e attribuire a esso libro un testo che non vi si trova, sono cose, che meriterebbero forse di essere qualificate in modo più severo. Del resto il sig. Cousin non mi par fortunato in proposito di citazioni, poichè nel luogo menzionato 1) attribuisce allo Spinoza queste parole: vita est meditatio mortis, le quali io non mi ricordo di aver trovate nelle opere spinoziane; ci trovo bensi espressa la sentenza contraria: <«< Homo liber de nulla re minus quam de morte cogitat, et ejus «< sapientia non mortis, sed vitæ meditatio est 2). » La quale è la sola conforme ai principii morali e speculativi del sistema. Che se nella pratica lo Spinoza visse sobrio, probo, solitario e costumato, quest' apparenza di virtù non c'illuda; poichè l'orgoglio del pensiero, e la sua ribellione contro Dio, è il più orribile de' traviamenti umani. Lo Spinoza stabili espressamente che l'umiltà e la penitenza non sono virtù 3), ed escluse dalla vita morale due abitudini, che ne sono la base, secondo l'autore dell' Imitazione.

Nota

« D'où vient donc, dis-moi, que quelque part qu'on s'arrête, « en Calabre ou ailleurs, tout le monde se met à faire la révé<«<rence, et voilà une cour? C'est instinct de nature; nous nais<<<< sons valetaille; les hommes sont vils et lâches, insolents, quel<< ques-uns par la bassesse de tous, abhorrant la justice, le droit, <«< l'égalité; chacun veut être, non pas maître, mais esclave

1) P. 166.

2) Eth., part. 4, prop. 67, tom. II, p. 254.

3) Ibid., prop. 53, 54.

GIOBERTI, Opere. Vol. IV,

20

« PreviousContinue »