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proposito di grazia, leggasi uną sua epistola ad un Chanut, della quale mi contenterò di citare le parole seguenti: « Je ne fais <«< aucun doute que nous ne puissions véritablement aimer Dieu << par la seule force de la nature. Je n'assure point que cet amour « soit méritoire sans la grâce; je laisse démêler cela aux théologiens 1). » Si pesino tutte le frasi. Je ne fais aucun doute. Dunque il filosofo è certo della sua sentenza. Je n'assure point: singolar modo di parlare in un cattolico, quando si tratta di un' eresia. La proposizione, di cui il Descartes non è sicuro, è il pretto errore di Pelagio; e siccome colui che dice di non assicurare una cosa, mostra di tenerla come verosimile, o almeno in qualche modo probabile; ciascun vede da sè medesimo quel che ne segua. Je laisse démêler cela aux théologiens. I teologi non possono tenersi affrontati di questa magnanima sprezzatura, poichè il vilipendio tocca la stessa fede, e ricade sullo schernitore, s'egli ignora, che ogni galantuomo è obbligato di non credere a caso, e di sapere, occorrendo, rendere ragione delle sue credenze. Nel resto, il Descartes fa prova di una specchiata ignoranza, e nel pensare, che si possa veramente amare Iddio, senza i soccorsi celesti, nel supporre che un tale amore non sia per sè meritorio. Si può disputare, se le sole forze di natura valgano ad inspirare un amore iniziale e filosofico, ovvero mercenario della Divinità, razionalmente conosciuta; ma, che Iddio si possa amare di un vero amore, o che un amore anche imperfettissimo possa aversi naturalmente verso Iddio, considerato come autor della grazia, è sentenza, a cui ogni cattolico non dee far buon viso, per quanto ha cara la sua fede. L'amor di Dio considerato, come autore della natura e della grazia, è carità o speranza, secondo che l'affetto riguarda la bontà divina, o in sè stessa, o nelle sue

1) OEur., tom. X, p. 11.

attinenze verso le creature: ora ogni moto di carità o di speranza, ancorchè tenuissimo, non può sorgere naturalmente nei cuori umani, sia per la sua intrinseca eccellenza, che trascende ogni finito potere, sia per la special condizione dell' uomo attuale, schiavo di un affetto disordinato verso sè stesso e le cose sensibili. È poi un altro errore il credere che il vero amor di Dio possa essere per sè stesso non meritorio in alcun modo; imperocchè l'amore e il merito si corrispondono, come la causa e l'effetto. Può bensi la proprietà meritoria del vero amore essere impedita da una condizione estrinseca, la quale occorre, ogni qualvolta l'amante è nello stato di colpa, e il suo affetto non è quale si richiede per cancellarla; perchè l'atto veramente virtuoso non può essere radice di merito, se non in quanto rampolla da un animo puro e santificato; ma non è men vero ch'esso atto in sè stesso tende al merito, e concorre effettualmente a produrlo, quando un abito concorde alla sua eccellenza informa l'animo dell'operatore. Insomma, il Descartes disgiunge due cose, che sono inseparabili ; imperocchè la fede c'insegna che senza la grazia non si può meritare, perchè senza la grazia non si può veramente amare. Veggasi adunque con quanta ragione Antonio Arnauld scriveva nel 1669, che le lettere del Descartes «< sont pleines de Pélagia<«<nisme, et que, hors les points dont il s'était persuadé par sa << philosophie, comme est l'existence de Dieu, et l'immortalité de <«<l'âme, tout ce qu'on peut dire de lui de plus avantageux, c'est « qu'il a toujours paru être soumis à l'église1). » Certo corre qualche divario da questo giudizio a quello, che l'illustre teologo ́avea portato ventott' anni innanzi nel leggere per la prima volta le Meditazioni. Egli ebbe finalmente subodorata la volpe.

1) OEuv., tom. I, p. 671.

Egli è singolare che la prima censura autorevole della filosofia del Descartes sia uscita dalla Congregazione dell' Indice; il cui decreto contro le opere di quello, è dei 20 di novembre del 1663. Il Thomas colla sua solita perspicacia si maraviglia di questo decreto; e il Baillet lo attribuisce ai maneggi di un privato 1). Io vorrei pure maravigliarmene, se Roma non avesse fatto prova in cento altre circostanze di una sagacità incomparabile a penetrare addentro nelle dottrine, scoprire nei principii le ultime conseguenze sfuggite all'occhio di tutti i coetanei. Le congregazioni di Roma non si aggiudicano certamente l'infallibilità, e poterono soggiacere talvolta agli errori e alle debolezze inseparabili dall' umana natura; ma oso dire che niun maestro scientifico o religioso ha giammai avuto, per così dire, un senso ideale e cattolico, e una facoltà divinatrice dei corollarii chiusi nel germe di una dottrina, così squisita, come quella, che risplende in molti dei loro giudizi. Mentre uomini piissimi, e tanto celebri per dottrina quanto per ingegno, sedotti da un falso sembiante, salutarono il nascente Cartesianismo, come un sistema favorevole alla religione, senza avvisare i semi funesti, che vi si occultavano, i romani censori n' ebbero il presentimento, e pronunziarono una sentenza, cui la filosofia europea, da due secoli in qua, tolse a confermare nel modo più solenne colle sue proprie opere.

Nota 20.

L'ingegno altamente filosofico del Malebranche lo fa spesso scostare dal Cartesianismo, anche dove pretende di essere cartesiano. Così, verbigrazia, quando vuole esporre il processo iniziale dello spirito umano, incomincia, dicendo: « Le néant n'a

4) Arnauld, OEuv., tom. XXXVIII, p. XIX, not. a.

<< point de propriétés. Je pense, donc je suis 1).» Egli converte per tal modo in una proposizione sillogistica, contro l'espressa intenzione del Descartes, ciò che questi pigliava come un fatto primitivo. La proposizione generale: il nulla non ha alcuna proprietà, equivale a questa: l'Ente è; e vien cosi collocata in capo al processo psicologico, conforme alla dottrina malebranchiana sul primato e sull' universalità dell' idea dell' ente. L'ontologismo metodico potrebbe esser più chiaro? E infatti la sublime teorica della visione in Dio sarebbe contraddittoria, negli ordini del psicologismo. Nè si creda che il detto passo dei Trattenimenti sia una di quelle sentenze gittate a caso nel corso della conversazione, nelle quali non si dee cercare la precisione logica; imperocchè nella sua maggior opera il Malebranche la ripete e la conferma con tutto il rigor dottrinale : « Il est certain que le néant ou le faux n'est <«< point visible ou intelligible. Ne rien voir, c'est ne point voir; « penser à rien, c'est ne point penser. Il est impossible d'aperce<«< voir une fausseté, un rapport, par exemple, d'égalité entre <«< deux et deux et cinq. Car ce rapport, ou tel autre qui n'est point, «< peut être cru, mais certainement il ne peut être aperçu, parce <«< que le néant n'est pas visible. C'est là proprement le premier << principe de toutes nos connaissances; c'est aussi celui par lequel «< j'ai commencé les Entretiens sur la métaphysique..... Car celui-ci, << ordinairement reçu des Cartésiens qu'on peut assurer d'une «< chose ce que l'on conçoit clairement être renfermé dans l'idée «< qui la représente, en dépend; et il n'est vrai qu'en supposant << que les idées sont immuables, nécessaires et divines 2). >>

<«< Les preuves de l'existence et des perfections de Dieu tirées

1) Entr. sur la métaph., la relig. et la mor., entr. 1, tom. 1, p. 8.
2) Rech. de la vér., liv. 4, chap. 11. Paris, 1736, tom. II, p. 349, 350.

« de l'idée que nous avons de l'infini, sont preuves de simple « vue. On voit qu'il y a un Dieu, dès que l'on voit l'infini, parce « que l'existence nécessaire est renfermée dans l'idée de l'infini, « ou, pour parler plus clairement, parce qu'on ne peut voir l'in<«< fini qu'en lui-même. Car le premier principe de nos connaissan«< ces est que le néant n'est pas visible; d'où il suit que si l'on «< pense à l'infini, il faut qu'il soit 1). »

Nota 21.

Il sig. Cousin nel suo Corso di filosofia dice, che « au lieu d'ac«< cuser Spinoza d'athéisme, il faudrait bien plutôt lui adresser le << reproche contraire 2). » Nell' edizione più recente de' suoi Frammenti filosofici si trova ripetuto ed amplificato lo stesso giudizio : <«< Loin d'être un athée, comme on l'en accuse, Spinoza a tellement a le sentiment de Dieu, qu'il en perd le sentiment de l'homme. << Cette existence temporaire et bornée, rien de ce qui est fini ne << lui paraît digne du nom d'existence, et il n'y a pour lui d'être << véritable que l'être éternel. Ce livre, tout hérissé qu'il est, à la <«< manière du temps, de formules géométriques, si aride et si << repoussant dans son style, est au fond un hymne mystique, un <«< élan et un soupir de l'âme vers celui qui, seul, peut dire « légitimement : Je suis celui qui suis. Spinoza.... est essentiel<«<lement juif, et bien plus qu'il ne le croyait lui-même. Le Dieu <«<< des Juifs est un Dieu terrible. Nulle créature vivante n'a de << prix à ses yeux, et l'âme de l'homme lui est comme l'herbe « des champs, et le sang des bêtes de somme. (Ecclésiaste.) Il << appartenait à une autre époque du monde, à des lumières tout

1) Rech. de la vér., liv. 6, part. 2, chap. 6. Paris, 1736, tom. III, p. 220. 2) Cours de l'hist. de la phil., leçon 11.

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