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bianca rinnegarono la fede cattolica professata da tanti secoli, e antiposero alla nobile e soave paternità del Pontefice romano, e alla fratellanza della Chiesa universale, il giogo spirituale dell' oppressore della loro patria, e l'impuro consorzio della Chiesa moscovita. Chiunque non è russo o barbaro in Europa, e serba qualche senso di generosità e di pudore, ha dovuto meravigliarsi, non già del carnefice della Polonia, già spacciato per un mostro infame, ma di que' pastori, che tradirono in bocca ai lupi il proprio gregge, e vendettero al tiranno la fede, l'anima e la riputazione.

Nota 18.

Le contrarietà dialettiche, che aiutarono la riforma dei Protestanti, si possono ridurre al quadro seguente.

1a. opposizione.

Di stirpe a stirpe.

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Arminio.

Romani; Papi, eredi spi- Germani; discendenti di rituali del romano im

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Queste opposizioni non giustificano la Riforma, ma la spie

gano.

Nota 19.

La professione di buon cattolico fatta dal Descartes in molti luoghi delle sue opere può agevolmente interpretarsi, come una regola di prudenza; ma se si ha per sincera, è difficile il conciliarla coi principii della sua dottrina. Le sue Lettere fanno buona prova, ch'egli non era disposto a soffrire il martirio, per amor del vero; e che, se aveva, (come raccontano,) il coraggio del soldato, non possedea certamente quello del cittadino e del filosofo. Scrivendo al P. Marsenne, in proposito di Galileo, dice di non cercar che il riposo e la tranquillità dello spirito1). Quando un punto della dottrina di questo grand' uomo fu dannato da un tribunale ecclesiastico, egli fu talmente spaventato, che voleva bruciar le sue carte; e diceva : « Je ne voudrais pour rien au << monde qu'il sortit de moi un discours où il se trouvât le moin<«<dre mot qui fùt désapprouvé par l'église 2). » Nè crediate mica che egli fosse mosso da un pio sentimento di riverenza verso l'autorità condannatrice; imperocchè in questo caso, sebbene non si trattasse della Santa Sede, nè della Chiesa, com' egli dice, ma di una semplice congregazione ecclesiastica, noi giudicheremmo la sua riserva altamente lodevole. Ma da tutto il contesto della epistola si vede ch' egli non era mosso da altra ragione, che dal timore di porre in compromesso la sua tranquilla vita. In un'altra lettera allo stesso Marsenne, scritta un anno appresso, cioè nel 1634, lo dice espressamente: « Je sais bien qu'on pourrait

1) OEuv. Paris, 1824, tom. VI, p. 251.

2) Ibid., p. 238, 239.

«< dire, que tout ce que les inquisiteurs de Rome ont décidé n'est <«< pas incontinent article de foi pour cela, et qu'il faut première<«<ment que le concile y ait passé : mais je ne suis point si amou«< reux de mes pensées que de me vouloir servir de telles excep– <«<tions pour avoir moyen de les maintenir; et le désir que j'ai « de vivre en repos et de continuer la vie que j'ai commencée, en prenant pour ma devise bene vixit bene qui latuit, fait que je <«< suis plus aise, etc. ). » Ognun vede, qual fosse lo scrupolo religioso, e lo stoicismo filosofico del nostro scrittore; e che se if bene latuit non lo salvò dalle vanità, dalle brighe e dalle ambizioni letterarie, che furono lo scopo principale delle sue fatiche e della sua vita, lo rese almeno cauto verso quella gloria, che poteva esser difficile e pericolosa.

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Il processo metodico, e il dubbio assoluto, che Cartesio premette alla sua filosofia, non si può per alcun modo accordare coi principii cattolici. Secondo il suo precetto, noi dobbiamo «< douter << une fois en notre vie de toutes les choses où nous trouverons le << moindre soupçon d'incertitude. Il sera même fort utile que nous << rejetions comme fausses toutes celles où nous pourrons ima«< giner le moindre doute 2). » Egli fa quindi la rassegna delle cose, di cui si dee dubitare. « Nous douterons en premier lieu sì, de <«< toutes les choses qui sont tombées sous nos sens, ou que nous <«< avons jamais imaginées, il y en a quelques-unes qui soient véri<«<tablement dans le monde... Nous douterons aussi de toutes les « autres choses qui nous ont semblé autrefois très-certaines, même « des démonstrations de mathématique et de ses principes, en« core que d'eux-mêmes ils soient assez manifestes, à cause qu'il

4) OEur., tom. VI, pag. 243.

2) Princ, de la phil., part. 1, OEur., tom. III, p. 63, 64.

«

<< y a des hommes qui se sont mépris en raisonnant sur de telles « matières; mais principalement parce que nous avons ouï dire « que Dieu, qui nous a créés, peut faire tout ce qui lui plaît, et << que nous ne savons pas encore si peut-être il n'a point voulu «< nous faire tels que nous soyons toujours trompés, même dans <«<les choses que nous pensons le mieux connaître1). »> « Nous « supposons facilement qu'il n'y a point de Dieu, ni de ciel, ni de << terre, et que nous n'avons point de corps2). » Tal è pur la dottrina espressa nelle Meditazioni, e nel. Metoda, benchè in quest' ultima opera sia meno crudamente insegnata. Antonio Arnauld, che pure, come vedremo, s'accorse nel sèguito della poca ortodossia del Descartes, ebbe da principio la semplicità di credere che questi intendesse parlare di un finto dubbio, di un semplice artifizio metodico, buono a mettersi in opera, per ottenere la cognizione scientifica del vero; e solo si dolse che ciò non fosse troppo chiaramente avvertito nelle Meditazioni: «< Verumtamen <«< haud scio an aliqua præfatiuncula hæc Meditatio præmuniri <« debeat qua significetur de iis rebus serio non dubitari3); » e conchiuse, dicendo: «< Non dubito, quin qua pietate est vir

1) Princ. de la phil., part. 1, OEuv., tom. III, p. 64, 65.

2) Ibid., p. 66. Così nello stesso punto, che si dubita di tutte le cose sensibili, e delle stesse dimostrazioni matematiche, si alléga per giustificare il dubbio, che alcuni uomini si sono ingannati, e s'insiste principalmente su questa bella ragione, che abbiamo udito dire, Iddio, che ci ha creati, poter fare tutto quello che vuole : nello stesso punto, che si nega l'esistenza del cielo, della terra e dei corpi, si porge fede a ciò che abbiamo udito dire, cioè al valore dei segni e della parola: nello stesso punto, che si suppone facilmente, (nota questo avverbio,) che Iddio non si trova, s' interpreta in modo assurdo l'onnipotenza divina, per argomentarne il dubbio assoluto. Il cervello di un uomo frenetico connette certo più sanamente, che quello del Des

cartes.

3) ARNAULD, OEur. Paris, 1680, tom. XXXVIII, p. 33.

((

<«< clarissimus, id attente diligenterque perpendat, et summo sibi <«< studio judicet incumbendum, ne cum Dei causam adversus <«< impios agere meditatur, fidei illius auctoritate fundatæ, e cuius « beneficio immortalem illam vitam quam hominibus persuaden<«< dam suscepit, se consecuturum sperat, aliqua in re periculum «creasse videatur'). » Or che rispose il Descartes a questo proposito? Forse concedette che il suo dubbio assoluto è solo uno stratagemma metodico? No; anzi si guarda dal farne parola; e si ristringe a dire che la sua filosofia è solo fatta per gl'ingegni robusti. « Je confesse done ingénûment avec lui, que les choses qui sont contenues dans la première Méditation et même dans <«<les suivantes, ne sont pas propres à toutes sortes d'esprits, et <«< qu'elles ne s'ajustent pas à la capacité de tout le monde; mais « ce n'est pas d'aujourd'hui que j'ai fait cette déclaration... Aussi « a-ce été la seule raison qui m'a empêché de traiter de ces choses << dans le discours de la Méthode, qui était en langue vulgaire, et « que j'ai réservé de le faire dans ces Méditations, qui ne doivent <«< être lues, comme j'en ai plusieurs fois averti, que par les plus << forts esprits. Et on ne peut pas dire que j'eusse mieux fait, si je «me fusse abstenu d'écrire des choses dont la lecture ne doit pas « être propre ni utile à tout le monde; ear je les crois si néces«saires, que je me persuade que sans elles on ne peut jamais rien « établir de ferme et d'assuré dans la philosophie. Et quoique le « fer et le feu ne se manient jamais sans péril, par des enfants ou <«< par des imprudents, néanmoins, parce qu'ils sont utiles pour la << vie, il n'y a personne qui juge qu'il se faille abstenir pour cela « de leur usage 2). » Passa quindi a discorrere della sua sentenza, che non si dee credere se non al vero evidente, e ripete la solita

1) ARNAULD, OEur., tom. XXXVIII, p. 37, 38.

2) Ibid., p. 60, 61.

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