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Atene sperperarono il sacro retaggio della dottrina primitiva, tramandato loro in parte da' jerofanti, e dai Pitagorici. Platone rappiccò il filo tradizionale, per quanto le condizioni dei tempi lo comportavano, e meritò il titolo di secondo padre della filosofia greca. Una instaurazion somigliante, proporzionata all'indole e agl'incrementi della età cristiana, è più che mai necessaria ai di nostri; ma il tentarla sarebbe indarno, finchè durano le preconcette opinioni, e il secolo si adora. Spiantate l'indegna superstizione, spezzando gl' idoli bugiardi dei sofisti e dei declamatori, se volete restituire gli altari del vero culto (34).

Chiamiamo a rassegna le qualità principali dell'ingegno speculativo, così in sè stesso, conforme alla definizione che ne abbiamo data, come nelle sue attinenze esteriori.

L'ingegno è inventore, cioè nuovo e pellegrino. La sua novità non consiste nella sostanza delle verità che scuopre, perchè il vero ideale è connaturato allo spirito dell'uomo, che non può trovare in ordine a quello nessuna realtà essenzialmente ignota, come succede nel giro dei calcoli e dei fenomeni. Ma siccome la notizia ideale può essere più o meno chiara e distinta per lo spirito ripensante; questa diversità di luce e di contorni genera una varietà indefinita di graduazioni, donde nasce il solo progresso possibile delle scienze razionali. Oltre che, le idee essendo connesse fra loro e coi fatti, dallo studio delle une, dalla scoperta degli altri, e dal ragguaglio di questi e di quelle, rampolla la notizia d'infinite attinenze, che illustrano vie meglio esse idee, e accrescono la somma delle cognizioni. Il quale aumento si riduce in sostanza a due punti; cioè, a scoprir nuove e recondite attinenze fra le cose intelligibili e sensibili; a render chiare le idee oscure, mettere in rilievo ciò che prima era in superficie, mostrar di faccia ciò che appariva di profilo, dar risalto e far

campeggiare distinto, individuato e spiccato dal fondo, ciò che dianzi era confuso col resto, e come perduto nella massa incomposta di elementi eterogenei. Nella qual opera riluce massimamente la pellegrinità ed eccellenza dell'ingegno speculativo. Onde si possono distinguere due spezie di questo ingegno, amendue pregevoli, ma l'una meno esquisita, e men rara dell'altra. La prima si contenta di delineare o dipingere le fattezze ideali, e lascia qualche cosa da desiderare nella precisione dei dintorni, e nel rilievo che si porge alle figure; laddove la seconda le incide e scolpisce, facendole quasi toccar con mano. I metafisici scultori sono rarissimi. Ma questi e quelli non creano nulla di nuovo, nè meno subbiettivamente, se non in quanto aggiungono nuovi gradi di finitezza e di luce all' apprension riflessiva. Conseguentemente, le scoperte filosofiche, se sono tali che stiano a martello, non troncano mai il filo della tradizione scientifica : la novità non sovverte, ma compie le antiche e fondate dottrine. Quindi si vede, che giudizio portar si debba di coloro, i quali presumono di poter inventare sistemi affatto nuovi, e ammettono un tal progresso, che la scienza d'oggi annulla quella di ieri. Ovvero affermano seriamente che la filosofia fu trovata da questo o quell'uomo, nel tal anno e nel tal giorno del mese; quasi che si trattasse di una macchina, di un' isola, di una stella, di un lavoro dell'arte, o di un fenomeno di natura, e non di quei veri eterni, il cui intuito è concreato allo spirito umano. Non v'ha setta più infesta alla novità vera, e ai progressi ideali, che questo genere di novatori, i quali aspirano coi loro folli ardimenti a fermare la più nobile e viril disciplina in una perpetua infanzia.

L'ingegno è profondo, e penetra nell' intimo delle cose. In ciò si distingue dallo spirito, che va tutto nella superficie, e si appaga delle apparenze. Lo spirito e l'ingegno sono nemici, per

chè l'indirizzo loro è al tutto contrario. L'uno è pronto e subito, l'altro ha d'uopo di tempo : l'uno impaziente e avventato, l'altro rispettivo e longanime : l'uno non cura il vero, e si diletta solamente del nuovo e dell' inaspettato, l'altro non riceve il nuovo, se non in quanto consente col vero. Lo spirito, che ama la corteccia, tende agli oggetti sensibili e si compiace in essi; l'ingegno, che cerca il midollo non atto a cader sotto i sensi, si diletta singolarmente delle cose sovrasensibili e ideali. Gli uomini troppo spiritosi sono di rado molto ingegnosi; e quando gl'ingegnosi abbondano di spirito, nol posseggono già in virtù dell'ingegno, ma a malgrado di esso (55).

L'ingegno è valente nell'uso dell'analisi e della sintesi. Se non fosse analitico, non potrebbe distinguere quegl' intelligibili minutissimi, onde a guisa di elementi si compone il mondo ideale, nè quindi riprodurli col pensiero e colla parola, adombrando l'idea acconciamente e mettendola in disegno. Ma se non fosse ricco in oltre di virtù sintetica, non sarebbe capace di comprendere un gran numero d'idee, di abbracciarle con un solo intuito, di scoprirne le congiunture scambievoli, di seguire a rigor di logica, e condurre a fine una lunga serie di deduzioni, movendo dal primo principio, e discendendo, senza interruzione, fino all' ultima conseguenza. Perciò l'analisi e la sintesi, ad essere perfette, abbisognano l'una dell'altra; la profondità dee collegarsi colla estensione, e il nerbo coll'ampiezza della mente. Oltre che, l'analisi presupponendo una sintesi primitiva, che non è veramente opera dell'ingegno, ma a cui l'ingegno spettatore assiste, e di cui la sintesi susseguente è la ripetizione, lo spirito dell' uomo non potrebbe dar opera a questa, se non fosse attento e ricordevole testimone di quella. Ora la virtù di apprendere distintamente colla riflessione la sintesi ideale, e di rinnovarla col lavoro scientifico, è una dote eminente dell'ingegno speculativo.

La quale richiede molta forza di spirito; imperocchè la sintesi, essendo un'architettonica mentale, vuole una comprensiva valida e robusta, come la risoluzione analitica ricerca una penetrativa sagace e sottile.

L'ingegno è immaginoso, e sa giovarsi della fantasia. Un forte immaginare è necessario universalmente al filosofo, perchè senza di esso il magisterio della sintesi speculativa, che è la più vasta di tutte, non potrebbe aver luogo. Onde troviamo che i pensatori più insigni ebbero una fantasia ricca e potente; quanto forse i più grandi poeti; e certo si può dire che Platone e santo Agostino, il Leibniz e il Vico non furono inferiori a Dante e ad Omero, anche dal lato dell' immaginazione. E se la più parte dei filosofi moderni sono deboli e fiacchi, e riescono solo nella psicologia, che si fonda specialmente nell' analisi, ciò nasce dalla loro poca immaginativa; la quale è scaduta, come tutte le facoltà dell' uomo moderno, e più ancora di parecchie altre, perchè deriva sovrattutto dall' energia dello spirito. Ma la fantasia del filosofo dee ubbidire strettamente alla ragione, altrimenti il sussidio si volge a impedimento. Una immaginativa predominante e sregolata, come si trova ne' fanciulli, è nemica mortale delle ricerche filosofiche. Se tra gli odierni speculatori, i Francesi mancano quasi affatto d'immaginazione, i Tedeschi ne abbondano, ma per ordinario non la governano; onde gli uni inclinano alle dottrine sensuali, gli altri riescono al panteismo. Il sensismo è l'effetto consueto di un' analisi senza sintesi: il panteismo è una sintesi di fantasmi, che si scambiano ai concetti, causata da una immaginativa troppo fervida e soverchiante la ragione.

L'ingegno è forte, perchè è dotato di una volontà robusta e operosa, che non lascia languire le altre potenze, e le indirizza continuamente a uno scopo unico. Riepilogando quanto dianzi GIOBERTI, Opere. Vol. IV.

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avvertimmo a questo proposito, diremo che dalla forza dell'ingegno dipendono l'intensità e l'efficacia dell' attenzione, della riflessione e della contemplazione: le quali sono, (e specialmente l'ultima,) il triplice organo del conoscimento filosofico. Queste tre virtù hanno bisogno di tempo, per portare condegni frutti; i quali sono sempre in ragione diretta della lunghezza di esso tempo e della attività dello spirito, cioè della intensione e della durata dell'azione cogitativa. Donde segue che il verace ingegno, non che potere improvvisare le sue scoperte, ha d'uopo per farle, di lunga opera preparatoria, e dee maturar bene i suoi pensieri, per recarli a perfezione. Il quale apparecchio, non che escludere le inspirazioni del filosofo, è necessario a produrle, non meno che a destar l'estro e il furore del poeta, dell' oratore, dell' artista.

L'ingegno è schietto, e abborrisce dall' affettazione in ogni genere. L'affettazione e la ricercatezza sono proprie di chi non è grande e vuol parere, e allignano per ordinario nella medioerità ambiziosa. Gli uomini eccellenti non usano arte, e non vestono le altrui penne per farsi apprezzare; giacchè, sovrastando agli altri in vero merito, ed essendo consci del proprio valore, ben sanno che il travisarsi tornerebbe a perdita, non a guadagno. Laonde nel parlare e nello scrivere, nei modi e nelle azioni, procedono alla semplice, e si mostrano quel che sono. Oltre che, la tempra buona e salda, di cui sono dotati, fa sì che non si possono satisfare riguardo a sè stessi ed agli altri, se non del reale e del vero, e che quanto stimano l'essere, tanto disprezzano il parere. Ora l'affettazione si compiace delle cose che paiono, e la schiettezza non fa caso, se non di quelle che sono. E però fra le varie classi degli uomini viziosi, quelli che più loro dispiacciono, e riescono più insopportabili, sono gl' impostori e i ciarlatani. E recano nel comporre quella medesima semplicità, che mettono

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