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contrario, nè ha forza bastevole per contrastare agl' impeti e alle fluttuazioni dell'arbitrio, dell' immaginativa e dell' affetto. Perciò la conversione al vero è un cambiamento onore vole e desiderabile, che porge modo all'intelletto di riposarsi nel suo fine, e gli conferisce quella tranquilla e serena fermezza, che è differentissima dall' ostinazione, e non si può ottenere altrimenti, che mediante un dimestico commercio dello spirito colle verità ideali. Imperocchè l'Idea partorisce, non solo l'evidenza, come vedremo, ma eziandio la certezza, e quell' intima persuasione profonda, che è propria del vero; il quale non può meglio essere imitato dall' errore in sè e ne' suoi effetti, che la virtù dall' ipocrisia. Guardatevi adunque dal chiamare instabile chi lascia l'errore; poichè il mutarsi in questo caso reca all' uomo il prezioso privilegio di essere costante. Ma acciocchè una dottrina produca questo frutto, non basta ch'ella sia vera in sè medesima, ma fa d'uopo conoscerla, come tale, intrinsecarsi in essa, e ben possederla. Altrimenti, il vero non si distingue gran fatto dal falso nell'impressione che fa sullo spirito dell' uomo. Ora i filosofi, di cui parliamo, usano di sfiorare gli oggetti, e si fermano alla scorza, senza entrar nel midollo; onde quando il caso o il capriccio gli fa imbattere nella verità, godono assai meno della sostanza, che dell'ombra di essa. Non è dunque da stupire, se passano dal vero al falso, come dal falso al vero, con pari facilità, e con perpetuo circuito; e se la religione degli uni non è più salda e durevole, che l'incredulità degli altri. Le conversioni e le apostasie in questo caso differiscono più al sembiante che in effetto; nè si può dire che abbandoni il vero, chi dianzi lo abbracciò e professollo, come una novità pellegrina, avvalorata dalla moda.

In questi scrittori apparisce manifestamente il predominio della parola sull' idea, della forma sulla materia, dell' espressione sulla dottrina; onde si dovrebbero chiamare parolai, anzichè filo

sofi. A loro si vuol attribuire la voga di quella scienza falsa e superficiale, che oggi tiene il bastone in mano. Sorge alcuno in Francia, che sa scrivere, e si mostra sonoro ed elegante artefice di parole tutto il mondo gli corre dietro sale in fama di raro ingegno, di gran pensatore; ancorchè sia troppo chiaro, che fuori di quei concetti e di quei sentimenti, che corrono le vie, egli non sa nulla, e che tutto il suo valore risiede nel magistero della penna. Potrei allegare alcuni illustri esempi di tal genere, che parrebbero incredibili, se non gli avessimo innanzi agli occhi. E poi ci maraviglieremo che il secolo rimbambisca? Niun uomo è più degno di ammirazione, che un grande scrittore, quando sia dotto e savio ; ma un grande scrittore, che come i cattivi avvocati, difenda nello spazio di pochi anni, le cause più contraddittorie, si burla del pubblico, abusa la favella e il proprio ingegno, ed è degno, non che di lode, di gravissima riprensione. Il che non accadrebbe, se chi ha sortito dalla natura l'eccellenza dello scrivere, facesse coll' arte acquisto delle dottrine. Ma siccome queste si compongono di particolari, lo studio dei quali è lungo, minuto, difficile, faticoso, i parolai lo dismettono, o lo fanno male; onde nasce la loro nullità assoluta in tutte le cose, che si attengono alla notizia dei fatti o delle idee concrete e apodittiche. Spaziano per le astrattezze e pei generali, il che è assai più agevole; ma i loro astratti sono vaghi, le generalità vuote, perchè da un lato non si fondano su dati particolari, dall' altro non arrivano alle idealità razionali. Infatti negli ordini della ragione l'astratto e il concreto, il generale e il particolare s'immedesimano insieme, e chi crede che la speculazione, donde si cava la notizia dei veri intelligibili, sia più facile e speditiva, che l'arte delle osservazioni e degli esperimenti, non se ne intende (33). D'altra parte, il difetto di buona dottrina ridonda in detrimento della stessa eloquenza. Gli autori, di cui parlo, benchè non volgari in opera di stile e di facondia, sono tuttavia lontanissimi dalla perfezione. Chi, verbi

grazia, oserebbe in Francia paragonare l'eleganza manierata e l'estro fervido, ma spesso declamatorio, di Giangiacomo Rousseau, e di alcuni scrittori più recenti, alla schietta e spontanea eloquenza del Pascal e del Bossuet? I quali, con tutto il loro ingegno, non sarebbero riusciti eccellenti nell' artificio dello scrivere, se fossero stati men grandi di senno e di dottrina. L'arte del dire, che non è corroborata da una scienza soda e profonda, diventa agevolmente ciarliera, e l'eloquenza, spogliata di tal corredo, riesce falsa, ampollosa e sofistica. Gli antichi assai più facondi ed eleganti, e di gusto più purgato dei moderni, non la pensavano tuttavia come questi, e subordinavano sempre l'elocuzione ai pensieri. L'eccellenza del dire sottostava alla sapienza : Sallustio) derideva col nome di loquentia la facondia ignorante, e Orazio 2) collocava nel sapere il principio del bello scrivere.

La nota più insigne della età corrente e della passata, per ciò che spetta alle scienze speculative, è la nullità ideale. Leggi gli scritti più famosi, e d'altronde pregevoli, che si sono stampati in Francia da un secolo in qua, intorno a cose filosofiche: ci troverai spesso molto spirito, leggiadria, affetto, immaginativa, e talvolta erudizione; ci troverai tutto, salvo che l'Idea, la quale non vi apparisce, o si mostra solo per isbieco, in modo oscuro, confuso, accessorio, manchevole, sproporzionato alla dignità e importanza dell'oggetto. Di qui è nata quella povertà di concetti, che oggidì nelle lettere francesi è divenuta evidente anche ai meno oculati, e gioverà, se non altro, a sterpare la maledizione dei cattivi giornali, che ne sono in gran parte la causa. Imperocchè i concetti sono prole legittima dell' Idea, fonte inesausta di ogni dovizia intellettiva, e di ogni splendore; tanto

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che quando lo spirito fa divorzio da quella, diventa di necessità infecondo. Invano si va a caccia d'idee in paese forestiero; in vano si ricorre ai Tedeschi i quali non avendo dell' Idea riflessa, se non un'ombra sfuggevole, non potranno mai darti ciò che non posseggono. Il ricorrere alla fantasia, allo spirito, ai paradossi, è poco più profittevole, e serve solo a procrear de' mostri. Da dieci anni in qua un nuvolo di scrittori ti parlano di progresso, di Cristianesimo umanitario, di democrazia schietta; e certo le parole loro non mancano; ma con qual costrutto? Leggi quegli eleganti singhiozzi di politica popolana, che una penna illustre ci regala da qualche tempo potrai dilettarti del bello stile, il quale talvolta sarebbe ancor più bello, se lo scrittore ubbidisse meno all'uso corrente; ma che sugo, che sostanza ne caverai, se non di concetti falsi o triviali e spesso triviali e falsi nello stesso tempo? Altri meno ingegnosi, per evitare le trivialità, si gittano allo strano, all'assurdo, al ridicolo, e ti presentano tali squisitezze, che non ne mangerebbero i cani. E così l'ingegno umano si prostra, e smarrisce perfino la capacità di ben filosofare e di ritrovare : il che è affatto ragionevole; perchè lo spirito non può trovar in sè medesimo quella forza, che dee scender dall'alto, e muovere dal divino principio di ogni cosa. Quando, aggiugnendo una profonda riflessione all' intuito, risale all'Idea e l'abbraccia con amoroso desiderio, procacciando d' incorporarsela, e conformandole gli affetti e i voleri, egli ne acquista tanto di lume e di vigore, che si solleva sopra la sua bassezza, e partecipa in un certo modo dell' incommutabile, dell' assoluto, dell' eterno, dell' infinito. In ciò consiste l' apoteosi ragionevole dell' uomo, presentita dagli antichi filosofi, e il perfezionamento morale predicato dall' Evangelio; imperocchè la carità cristiana non è altro in sostanza, che l'amor della Idea. Ma se questa si trascura o dimentica, lo spirito ricade nel suo nulla originale, e l'ingegno si tarpa da sè stesso le ali, con cui potrebbe salire in cielo. Di qui deriva la

mezzanità degl' intelletti moderni, costretti ad aleggiar terra terra, perchè non sanno innalzarsi sui vanni ideali alle ampiezze del firmamento. Di qui nasce la voga delle argutezze sofistiche, il prevalere delle frasi sui concetti, e l'aver perduto nelle cose morali perfino il gusto e il sapor del vero.

Queste avvertenze parranno a molti acerbe, ad alcuni temerarie ed ingiuste. Che uno sconosciuto si faccia innanzi, e sfrondi arditamente gli allori di alcuni nomi, che hanno acquistata bene o male una grande celebrità, sarà tenuto per follia ridicola, o per arroganza incomportabile. Nè io aspiro a trovar molti lodatori, o approvatori della mia opinione. Mi stupirei anzi, se avvenisse il contrario; perchè chi cammina a ritroso della moda, non può ragionevolmente promettersi il consenso dei più. Ma io noto, leggendo la storia, che una età deride spesso universalmente ciò che fu ammirato da un' altra, eziandio poco lontana. I nomi di Gorgia e di Protagora furono al loro tempo tanto famosi, quanto i nomi più illustri dei giorni nostri; nè la Grecia d'allora era men colta della moderna Francia. Poco tempo dopo, l'opinione si mutò per modo, che il nome onorevole di sofista divenne un titolo di vituperio. L'anatema dura, da più di venti secoli, contro la denominazione e la dottrina di quei falsi savi. Ora, se i sofisti greci furono i parolai del tempo loro, i parolai moderni sono in parte i sofisti del nostro; perchè, quantunque siano, (generalmente parlando,) più leali di quelli, il saper loro non è più esteso, nè più fondato. Non si può dunque augurare alla loro fama una miglior fortuna; chi non voglia credere che i buoni studi e la buona filosofia siano morti per sempre. Ma la filosofia è immortale, come lo spirito umano che l'ha creata, e il vero, dopo un naufragio apparente, ritorna sempre a galla. I falsi sapienti della età moderna misero in fondo la speculazione, sequestrandola dall' Idea e dagl' insegnamenti cristiani, come i sofisti di

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