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vanili, ma non appaga gl' intelletti maturi. Il Rousseau non intese il Cristianesimo, perchè, secondo l'uso dei miscredenti, lo considerò nel suo aspetto estrinseco, senza salir più oltre; laddove, per avere un concetto adequato della sua divinità, e apprendere dirittamente quell' evidenza pari o superiore alla matematica, che lo accompagna, uopo è salire all' Idea di esso, e poscia discendere ai fatti, che la esprimono e manifestano. Tuttavia egli non fu irreligioso, quanto i suoi coetanei: il cuore lo salvò in parte dalla malefica influenza. Le sue opinioni sull' eccellenza dell' uomo selvaggio, e sulla origine artificiale della società, lo conducevano diritto a un materialismo schifoso e ad un brutale ateismo. Ma l'affetto prevalse alla logica; e se la tempra del suo ingegno, i vizi della sua educazione, e le vicende della sua fortuna, lo impedirono di conoscere ed apprezzare il Cristianesimo nella sua essenza, e di formarsene un concetto esatto e scientifico, l'animo suo serbò sempre, come due amori, Dio e la virtù.

L'educazione civile degli antichi fu lodata da questo scrittore, ma quando egli prese a instituire il suo Emilio, e colorì il disegno di una educazione privata, si scostò dall' esempio dei prediletti Spartani, e procedette per vie affatto opposte a quelle di Licurgo. Questi volle costrignere e trasformar la natura; quegli secondarla. L'uomo nasce buono, e la società il guasta. Rimuovasi il pestifero influsso, e si faccia luogo all' istinto natio. La natura vuol essere unica allevatrice e maestra dell' uomo, e l'institutore dee contentarsi di cessare gli ostacoli, tantochè l' educazione riesca negativa e non positiva. Se non che, il Rousseau non sa dichiararci, come possa essere, che la società essendo intrinsecamente viziosa, e l'uomo nascendo innocente, lo stato sociale si trovi in ogni luogo. Un male universale dee avere qualche cagione; la quale vuol essere parimente universale. La società può spiegare i mali, che ne provengono ; ma donde deriva il gran male di essa società? La civiltà

in questo caso è un vizio originale, che può dar ragione di tutto, fuorchè di sè stesso. Il Cristianesimo spiega a meraviglia la propensione viziosa, comune a tutti gli uomini, con una colpa primitiva, e reca questa colpa, non già ad un istinto perverso e anteriore, (come suppone esso Rousseau, per poter combattere agevolmente il dogma cristiano,) ma alla semplice natura dell' arbitrio, voltabile al male come al bene; nel che non v' ha ombra di contraddizione. Ma quando si pone il principio del male, non già nell'atto libero di uno o due individui, ma in una inclinazione universale, e in un concorso fatale di circostanze, a cui va soggetta quasi tutta la specie, la contraddizione è chiara e inevitabile. Il sistema pedagogico del Rousseau è adunque fondato sopra una falsa base, oltrechè ripugna alle altre sue dottrine. Il vero si è, che l'uomo nasce inchinevole al male, e che il solo modo di migliorarlo è una forte e positiva educazione. Ma ancorchè l'uomo non fosse originalmente corrotto, l'educazione sarebbe tuttavia necessaria, perchè la natura abbozza l'uomo e nol compie, e l'arte ricercasi a perfezionar la natura. Questa crea l'uomo sociale potenzialmente: l'educazione riduce la potenza in atto.

Fra gli statisti moderni di Francia, i partigiani della libertà politica abbracciarono per lo più la sentenza del Rousseau sulla sovranità popolare, e Beniamino Constant, che la ripudia, attemperò allo stato la dottrina pedagogica insegnata dal Ginevrino. Ricordo in particolare le opinioni del Constant, come quelle, che riducono alla formola più schietta e precisa quei principii di polizia razionale, che oggi sono professati dai più. Egli stabilisce che il governo dee esser negativo1), e che quanto meno i reggitori adoprano, tanto più il reggimento è perfetto. Le monarchie e le re

4) Comment. sur Filangieri, pass.

pubbliche rappresentative dell' età nostra, che assicurano, (almeno in su la carta,) alla stampa, alla religione, all' insegnamento, alle adunanze, alle compagnie ed al traffico una libertà perfetta, s'acconciano facilmente a questo esemplare di libertà politica. Imperocchè tutte queste libertà importano una indipendenza grandissima e quasi assoluta del cittadino dall' azione governativa. Non occorre dire che in un tale stato l'educazione civile, non che esser possibile, sarebbe un delitto capitale contro il civile statuto. Chi regge può al più impedire il male, non fare il bene : la sua autorità si riduce in sostanza a un mero divieto, che lascia il maggior campo possibile all' arbitrio de' privati.

L'entrare nel minuto esame di questa dottrina non s' appartiene al mio proposito. Per ciò che spetta ai particolari, v'ha del buono e del reo, e niuno può negare che ne' libri de' suoi partigiani, si trovino moltissime avvertenze giudiziose e opportune al viver libero. Il governo rappresentativo è ottimo in sè stesso, attissimo a felicitare una nazione, e si assesta mirabilmente a tutti i progressi civili, purchè non si fondi nella base assurda e funesta della sovranità popolare. Ma ancorchè fosse men buono, è forse il solo governo libero possibile ai di nostri, perchè è l' unico, che venga avvalorato dalla opinione, dalla pratica, dall' esempio, e possa conciliarsi colle condizioni intrinseche ed estrinseche, presenti e preterite, morali e religiose, degli odierni popoli d'Europa. Un uomo di mediocre ingegno potrebbe ideare senza gran fatica quindici o venti forme di governo equivalenti o migliori; ma l'andare a caccia dei possibili, quando si tratta di politica, che versando circa le operazioni, si fonda tutta nei probabili, è solenne follia. L'uomo assennato, che non si pasce di chimere, ubbidisce all' indole dei tempi, quando non si tratta di verità, di morale, di religione, facendo della necessità virtù, e della sorte saviezza (31).

Ma la teorica essenziale dello stato rappresentativo non vuol confondere colla menzionata opinione del Constant sull' indole negativa del civil reggimento. Credo anzi questa opinione contraria ai principii, pregiudiziale ai boni effetti di quello; e dubiterei della stabilità de' suoi ordini, se potessi persuadermi che le due cose siano indivise a tenore della retta logica. Un buon governo dee essere supremamente positivo o affermativo, che dir si voglia; come quello, che è quasi la civiltà personeggiata, e la ragione sociale. In ciò consiste la radice della sua legittimità e forza giuridica. Chi regge dee certo lasciare ai privati quell' arbitrio, che si confà all' esercizio libero e profittevole delle loro potenze; ma non può togliersi i mezzi d'indirizzarle al maggior bene possibile; perchè egli dee aspirare, non solo alla sicurezza e alla pace, ma eziandio all' accrescimento di tutti i beni civili. Uffizio suo è di diffondere i semi e i frutti della cultura, e ingentilire i barbari moderni, voglio dire il volgo, sia povero o facoltoso, nobile od ignobile. Ora per incivilire gli uomini, bisogna principalmente educarli, e l'educazione vera e perfetta vuol esser pubblica; perchè solo i governanti, (quando siano buoni,) si trovano in grado di conoscere appieno i sussidi opportuni, e di metterli in opera. L'educazione domestica può formar l'uomo privato : la civile è la sola, che possa fare il cittadino, avvezzandolo per tempo a vivere con molti eguali, sotto il freno inesorabile della legge, con que' soli privilegi che si concedono alla virtù e all' ingegno, e inspirandogli le virtù patrie, il retto senso negli affari, la prudenza, il coraggio, la magnanimità, l'emulazione, il talento di ben fare, il desiderio della vera gloria, e quel misto di forza e di rettitudine, di grandezza e di semplicità, che si ammira negli antichi. La libertà di educazione, tanto vantata ai di nostri, è in sostanza libertà d'ineducazione, o di una cattiva disciplina, giacchè la maggior parte dei padri di famiglia non sono capaci di dare ai loro figliuoli una instituzione, di cui essi mancano. E il fossero; i negozi della vita civile vi ostano assolutamente.

L'arte dell' educare vuole che chiunque la professa vi spenda tutto il tempo, vi adoperi ogni suo potere, ne faccia uno studio speciale, e alla squisitezza e sagacità dell' ingegno, alla bontà e opportunità della dottrina, alla destrezza delle maniere, aggiunga una pazienza e una vigilanza indicibile. La pedagogia è una disciplina malagevolissima, la qual si trova, possiam dire, tuttavia nelle fasce. Anche coloro che la coltivano exprofesso e con rara maestria d'ingegno, sono spesso costretti di camminare al buio, e confessano di saperne poco. Nè chiamo educazione pubblica quelle instituzioni, che dipendono dai privati, le quali, benchè vincano talvolta in bontà la disciplina domestica, non possono per alcun modo pareggiarsi all'antica. Insomma si può dire che oggidì per tutto il mondo civile non vi sono ordini educativi in alcuna classe di cittadini, e che l'uomo sociale è opera delle circostanze e del caso. Salvo che si voglia dare il nome di educazione alla scherma, alla cavallerizza, alla danza, all'arte di far inchini, di passeggiare con grazia, di portar con garbo la vita, di complire e corteggiare leggiadramente, di cinguettare a dilungo, senza dir nulla, e si abbiano per bene allevati que' giovani, che posseggono appuntino i precetti del galateo, e sanno, come dice Plutarco, quando seggono a mensa, pigliar le vivande colla mano destra, e il pane colla sinistra. A questo stò cheto; e se tali cose bastano, confesso che il nostro secolo è disciplinatissimo, e ha toccato la cima della perfezione.

Ciò in ordine all' educazione, la quale, come ognun sa, è assai diversa dalla instruzione. Rispetto a questa, la libertà dell' insegnare, com'è intesa oggidì, mi pare non manco aliena dai veri progressi civili. Egli è vero, anzi verissimo, che l'azione governativa nuoce gravemente agli studi, quando viene affidata alle mani degl' ignoranti, siano questi pochi o molti; onde in tal caso la libertà dell' ammaestramento può essere un minor male,

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