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dei sacerdoti; i quali consegnando alle carte le tradizioni ricevute, ci tramandarono pure con esse qualche notizia delle loro speculazioni. Quando la dottrina ieratica passò ne' laici, nacquero le scuole, che anche i moderni chiamano propriamente filosofiche; le quali però, come le precedenti, mossero, almeno in parte, dal dogma e dalle tradizioni. Non si può adunque ben comprendere la dottrina delle scuole laicali, se non si risale a quella dei templi. Onde si vede che la filosofia è antichissima: non nacque come non morrà domani : è privilegio di tutti i popoli culti : figlia primogenita della religione nata colla prima riflessione dell' uomo parlante sui celesti insegnamenti, e destinata a durare, quanto la religione e il pensiero umano.

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ieri,

Lo studio degli antichi monumenti religiosi, scritti o effigiati, necessita molte ricerche sulle origini, sulla storia, sulla lingua, sugl' instituti, e sulle migrazioni dei popoli. Se avessi conosciuto una o poche opere, che trattassero con profondità ed esattezza di queste materie, e le riunissero in un solo quadro, mi sarei contentato di citarle ne' luoghi opportuni, invitando a consultarle il lettore. Ma io non credo che alcuna se ne trovi, o almeno non ne ho notizia. I compendii poi, di cui pochi sono buoni, ancorché fossero eccellenti, non basterebbero al proposito. Tuttavia il lavoro è fatto, almeno in gran parte; ma è sparso; e si richiede la fatica di metterlo insieme, e di cavarne quel tanto che occorre. Da due secoli in qua gli eruditi di Europa hanno fatte maravigliose ricer– che su tutte le parti dell'antichità, le quali a mano a mano che i viaggi e l'etnografia aggiungono nuovi sussidi, si vanno tuttavia ampliando; tantochè è oggimai difficile il trovare nel giro dell'erudizione possibile un solo angolo, in cui non abbia penetrato l'oc¬ chio di qualche curioso e sagace cercatore. Il numero delle opere prodotte da tali investigazioni è spaventevole; e la vita di più uomini infaticabili non basterebbe a riandarle, non che leggerle

tutte. Io ho solo potuto prender notizia di una piccola parte, proporzionatamente a una copia così sterminata; ma se il mio lavoro non può essere offerto, come un quadro storico compiuto, senza ridicola temerità; credo che sarà sufficiente allo scopo dottrinale ch'io mi propongo. Quanto al metodo da seguirsi in queste storiche indagini, mi parve che la concisione più rigorosa dovesse accoppiarsi a una certa profondità; non potendo da un lato allargarmi di soverchio in una parte accessoria del mio trattato, senza nuocere all'economia del tutto; e sapendo dall' altro che ogni ricerca è affatto inutile, quando riesca superficiale. Or come conciliare due doti, che sembrano escludersi a vicenda? Imperocchè le ricerche erudite non possono avere qualche valore, se non abbracciano molti particolari, e non tengono conto delle più piccole minuzie; non essendo possibile ne' fatti storici il camminare pe'gen rali e per le astrazioni. Ora l'esposizione dei particolari richiede grandissimo spazio; e io doveva ricordarmi che non iscrivo un' opera di storia, ma di filosofia. Ho creduto di trovare un acconcio temperamento, contentandomi d'indicar brevemente i fatti più essenziali, e accennando a piè di pagina gli autori da me letti e studiati, dove le opportune prove e illustrazioni si rinvengono. Così il lettore, che voglia acquistare una notizia più compiuta e fondata delle cose discorse, ricorrendo alle opere allegate, ci troverà per minuto i testi relativi, con tutto il corredo di critica e di erudizione opportuno al proposito. Non allego, se non gli scritti che ho potuto vedere; il che stimerei superfluo di avvertire, se non fosse oggi assai comune l'uso di copiare le citazioni altrui, e di ostentare con pochi libri una ricca e facile erudizione. Quando per qualche cagione mi fu interdetto di studiare una scrittura, onde ho preso notizia di seconda mano, l'ho espressamente accennato; tantochè il lettore può essere sicuro che degli autori ch' io cito per modo diretto, non ve ne ha un solo, ch' io non abbia

GIOBERTI, Opere. Vol. IV.

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letto per lo più da capo a fondo, o almeno consultato diligente

mente.

Nelle quistioni risguardanti l'antichità e le origini, raro è che si possa aver piena certezza, e chi ottenga una certa verosimiglianza, dee stimarsi aver fatto molto. La quale risultando per lo più dal concorso di molti probabili, ciascuno de' quali sarebbe forse separatamente di poco peso; niuno di essi si dee dal critico disprezzare. Perciò, se al lettore paresse che io faccia caso talvolta di deboli argomenti, avverta che sovra di essi soli non fondo mai le mie induzioni o deduzioni; le quali soglio appoggiare a una tal congerie di prove, che ancorchè mancassero alcune di queste, non se ne annullerebbe però la verosimiglianza di quelle. Vero è che la concisione, a cui venni obbligato dall'abbondanza della materia, e la necessità di evitar le ripetizioni, non mi hanno permesso di dichiarar sempre le cose, ma solo di accennarle; credo però di aver detto tanto che basti a chi conferirà insieme le varie parti del mio libro, e recherà qualche attenzione nella lettura di esso. Ben si sa che i leggitori debbono possedere molte notizie, almeno generiche, sulle lingue, sul paese, sugli annali e sulle condizioni de' popoli; imperocchè io non iscrivo elementi di geografia, di storia, di etnografia, di archeologia, o di altra simile disciplina. Laonde chi fosse affatto ospite in queste materie non potrebbe a buon diritto imputarmi le oscurità e le lacune del mio discorso.

Io ho recato in questa parte della mia scrittura tutta quella esattezza, di cui sono capace, e che mi venne conceduta dai pochi mezzi estrinseci di erudizione, onde posso disporre. Quando per corroborare un assunto scientifico, altri si dà a squadernare libri di storia e di archeologia, e razzolarvi argomenti a proposito della sua preconcetta opinione, il lavoro che ne risulta non può far che non riesca stiracchiato e superficiale. Non che procedere per questa

via, io non ho mai accomodati i fatti alle idee, come anche non ho mai subordinate le idee ai fatti, che sarebbe un disordine ancor più grave dell'altro. Ie idee e i fatti sono due ordini paralleli, che debbono armonizzare spontaneamente, senza violenza reciproca. Ma per la natura dello spirito umano, nello stesso modo che la cognizione ideale dee porgere il filo opportuno per camminare nella regione dei fatti, senza smarrirsi, così l'esame minuto e diligente dei fatti, può e dee correggere e perfezionare la cognizione ideale; tantochè i due ordini si aiutino a vicenda. Non si dee però mai dimenticare che ciascuno di essi dee reggersi da sè, e che non è mai lecito l'introdurre artifiziatamente fra loro una corrispondenza, che quando non sia naturale e spontanea, non ha alcun valore.

A malgrado di questa mia diligenza, non ignoro che molti chiameranno per istrazio il secondo libro della mia opera una compilazione, e crederanno con questo di averlo condannato. Ma io vorrei domandare a costoro, che cosa intendono con questa parola. Se il compilare è un raccoglier fatti, ogni filologo, archeologo, storiografo è un compilatore; e il nome in tal caso è onorevole, come l'ufficio. Se poi si chiama compilare l'adunar fatti, traendoli, non dalla fonte, ma dai rivi, avverto che ne' lavori generali, come il mio, non si può fare altrimenti. Tal è la brevità della vita e la moltitudine delle materie, ch' egli è impossibile eziandio agli uomini dottissimi, (fra' quali io non ho la temerità di collocarmi,) l'attingere i fatti dalle sorgenti, se non quando si tratta d'investigazioni parziali. E in ciò consiste l'utilità della divisione introdotta nei lavori letterarii e scientifici; mediante la quale, gli studiosi limitandosi a una parte dello scibile, e consacrandole exprofesso il tempo e l'ingegno, possono addentrarsi nel loro subbietto, e acquistarne quella cognizione più compiuta e profonda, che è dato all' uomo di conseguire. Il che sarebbe impossibile, se

ciascuno aspirasse alla scienza universale, e volesse fornir da sè solo l'opera di molti, anzi di tutti. La mania di essere enciclopedico potea passare per ragionevole e proficua, quando le scienze erano bambine come queste furono cresciute a un certo segno, potè parer tuttavia plausibile, benchè non esente da temerità: al di d'oggi non è più che ridicola. Chi oserebbe ora pretendere di posseder solamente una dozzina di scienze o di lingue orientali? Se alcuno vi aspira tuttavia, ciò mostra che la generazione dei pazzi è perpetua, e che si dee stimare di aver fatto molto, quando è permesso di riderne. Ma i lavori parziali dei dotti sarebbero inutili, se gli uni non potessero profittare delle altrui fatiche, in ordine ai propri studi; giacchè tali sono le congiunture scambievoli di tutte le scienze, e specialmente di alcune fra esse, che non si possono coltivar a dovere, senza un aiuto e un concorso reciproco. Ora siccome è impossibile il far professione di molte; resta, che quando uno ha bisogno per gli studi suoi di dati e di notizie estrinseche, le pigli dai periti; i quali gliele daranno molto migliori, più copiose e più sicure, che non potrebbe, senza il debito apparecchio, procacciarsele da sè. Per tal modo le varie discipline si aiutano, e la dottrina propria di ciascuno studioso diventa all' occorrenza comune di tutti. Il che si ricerca sovrattutto nei lavori generali, com'è il saggio presente; nel qual dovendo discorrere per tutti i popoli dell' antichità, e rintracciare la formola fondamentale della loro dottrina, mi è forza ricorrere alle lucubrazioni di quegli uomini dottissimi, che hanno fatto uno studio profondo di ciascuno di quelli. Sarebbe tanto ridicolo dalla parte d'altri il richiedere di più, quanto dalla mia il voler fare di più.

E veramente tornerebbe cosa singolare, se altri non potesse discorrere, verbigrazia, delle antichità indiche, iraniche, semitiche, mongoliche ed americane, dei geroglifici di Tebe e di Paienco, dei caratteri cuneiformi, delle rune scandinaviche, dei nodi

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