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ordine alla vita presente, chi ha petto d'uomo, e qualche generosità di spiriti, sarebbe tentato di querelarsi colla Providenza, che lo abbia fatto nascere fra le grettezze e nel fango dell' età moderna. Anche le altre parti dell' antichità, e le cose del medio evo, son rimote di luoghi e di tempi, e hanno un allettativo poetico, se vengono abbellite dai narratori; ma non si accostano di gran lunga alla greca e romana eccellenza. Il medio evo è mirabile pel suo genio cristiano; e i popoli d'allora, in quanto si mostrano animati dalle idee cattoliche, sovrastanno senza dubbio alla gentilità più colta. Ma, tranne ciò che deriva effettualmente dalla religione, io non so che si debba ammirare nei loro annali ; e i moderni encomiatori dei feudi, dei cavalieri, dell' architettura gotica e delle crociate, mi paiono poco ragionevoli, e molto incresciosi. Gli eroi cavallereschi, e tutti quei guerrieri senza paura o dal cuor di lione, colle loro matte imprese e coi loro amoreggiamenti, mi sembrano molto simili a quelli del Boiardo e dell' Ariosto; e sono inclinato a credere che il Cervantes, ritraendoli con vena impareggiabile, tenga sovente dello storico filosofo, non meno che del poeta satirico. Ci può essere in quei forti muscoli e in quella generosità spensierata alcun che di lodevole ; ma certo ci manca la ragione e la semplicità; e con esse la vera grandezza : il coraggio è reso ridicolo dal difetto di condegno scopo, dallo sforzo, dalla pompa, dall' ostentazione: non ci trovo la sapienza, la naturalezza, il vero valore, e quel furore assennato e tranquillo di Temistocle, di Epaminonda e di Scipione. Tantochè coloro che rinnovano ai di nostri le tragicommedie dell' arte cavalleresca, e credono di giovare per tal modo alla civiltà del secolo, riescono solamente a far ridere di sè (23). Se volete in effetto beneficarla, e vi dà l'animo di mutare i costumi, (il che non è veramente una ciancia,) lasciate là i romanzi, le cronache, e volgetevi alle storie: aggiungete la perfezione sovrumana dell' Evangelio agli antichi spiriti di Atene e di Sparta, di Sannio e di Roma : accozzate e

contemperate insieme Platone e Dante, Bruto e Michelangelo, Catone e Ildebrando, Licurgo e Carlo Borromeo : componete insieme questi elementi, che ci maravigliamo di trovar divisi nella storia, tanto gli uni, ad essere perfetti, abbisognan degli altri : fatene uscire una civiltà nuova, più eccellente e squisita delle passate; la quale vorrebbe essere il supremo intento del secolo, e in ispécie degl' Italiani, al cui genio maschio e severo non debbono andare a sangue le puerili esorbitanze, le affettazioni le caricature oltramontane. Ciò che non è antico e non è cristiano, non è semplice; e fuori della semplicità, non vi ha vera grandezza. Ma per tornare ai caratteri singolari e incomparabili della buona antichità romana e greca, io non posso indurmi a credere che la loro sublimità sia un effetto dell' immaginazione: la favola in questo caso sarebbe maggior miracolo che l'istoria (24).

La frivolezza è un difetto, che guasta tutte le facoltà dell' uomo, e le rende inette a produrre effetti sodi e durevoli, ma si radica principalmente in una di esse, cioè nel volere. Una volontà fiacca e debole è di necessità incostante, come quella, che non può signoreggiare la vicenda tumultuosa delle impressioni e degli affetti, e si lascia volgere leggermente agl' impeti loro. L'incostanza dell'animo nuoce alle altre potenze coll' impedirne l'applicazione tenace e diuturna ai loro rispettivi oggetti, e rende nulli o mediocri i frutti, che ne provengono. Conciossiachè la vita dell' uomo essendo successiva, e la natura perfettibile, ogni sua virtù suol essere un portato del tempo; ne può ottenersi altrimenti, che per via di atti replicati, i quali formano l'abito, mediante la lunghezza e l'intensità dell' applicazione a un medesimo oggetto. Questa forte e indefessa applicazione richiede un uomo longanime e costante ; e la longanimità, cioè la stabilità dell' animo nell' indirizzo delle sue forze, è l'opposito della frivolezza. Egli è adunque manifesto che la leggerezza degli animi e delle menti propria della età mo¬

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derna, procede dall' indebolimento dell' arbitrio, il quale essendo la stessa attività radicale e sostanziale del nostro animo, dee necessariamente influire nelle altre potenze. La sua efficacia si dimostra specialmente nelle facoltà morali, donde dipendono la virtù privata, la virtù civile, la fede religiosa, la fortezza ne' cimenti e nei pericoli, la pazienza nei dolori, la magnanimità negl' infortunii, la fermezza nelle risoluzioni, la dignità di tutta la vita. Perciò, se queste doti sono oggidì tanto rare quanto maravigliose, e se il nostro secolo difetta di ciò che chiamasi carattere morale, e non ignora affatto la propria penuria, ciascun vede, qual sia la cagione di essa. Il carattere morale vuole una volontà robusta e imperiante, non molle, non infingarda, non arrendevole ai capricci del senso, della fantasia, delle passioni. Un uomo dotato di mente viva, ma debole, è capace d'impeti subiti, atti a produr qualche effetto; se non che, l'impeto non dura, e gli effetti svaniscono, perchè la sola tenace insistenza dell' animo in un oggetto determinato può partorire opere durevoli. I Francesi hanno certamente molti e rari pregi, che io non istarò a ripetere, perchè tutti li sanno, ei lor possessori hanno cura di ricordarceli a ogni poco, La dote, che loro manca, è la longanimità; ed è forse bene che non l'abbiano, per la libertà degli altri popoli; perchè se i Francesi agli altri vantaggi di natura e di fortuna accoppiassero la tenacità inglese o spagnuola o romana, l' indipendenza di Europa fora ita da gran tempo, e Parigi sarebbe forse al di d'oggi la capitale del mondo. Ma l' Ariosto avea ragione di avvertire che il giglio non poteva allignare in Italia; ed io aggiungo che la Francia non ha mai serbato lungamente le sue conquiste e le sue colonie in nessun luogo, e che si può applicare alla sua potenza politica quel che gli antichi dicevano del suo valor militare, e ciò che il Segretario fiorentino ripeteva dei Francesi suoi coetanei1). E questa è la

1) Disc., III, 36.

principal cagione, per cui la monarchia civile sarà sempre necessaria in Francia; perchè quando i cittadini sono instabili, ci vuole di necessità un braccio regio, che supplisca alla debolezza delle volontà particolari. La levità francese è passata in proverbio, e s'egli è poco filosofico il rallegrarsi dei difetti delle altre nazioni, noi possiamo tuttavia consolarci di quelli dei nostri vicini; perchè, lo ripeto, se avessero più del virile e del saldo, l'Europa sarebbe schiava delle loro armi, come lo è della loro lingua e delle loro opinioni. Ben mi duole che in vece d'imitare i Francesi nelle buone ed egregie loro parti, gli altri popoli si studino di emularli in questa leggerezza. Emulazione, che certo è facile, ma pestifera; imperocchè, se le frivole abitudini sono oggidì più o meno la pecca di tutte le nazioni civili, ciò si dee attribuire in parte all'influsso morale della Francia.

La cognizione dipende dal volere, e l'atto cogitativo è un' applicazione particolare dell'attività dello spirito. La quale attività intima e semplicissima, che rampolla dall' unità sostanziale dell' animo, e con un atto primo raggia intorno a sè le moltiplici potenze, donde nascono le varie modificazioni di esso animo, diventa libera in un atto secondo, quando accompagnandosi al pensiero già procreato, elegge fra le rappresentazioni esteriori quelle che più le garbano, e si affisa in esse, o per meglio conoscerle, o per modificarle, ed esercitare le sue facoltà nel giro della vita esteriore. Per tal modo l'attività sostanziale dello spirito, generativa de' suoi poteri, diventa arbitrio, collegandosi colla cognizione; e quindi riflettendosi nella cognizione stessa, la rinforza, l'accresce, la perfeziona, le dà la forma esquisita e matura di scienza. La scienza è adunque la perfetta cognizione delle cose, acquistata, mediante l'applicazione continua dell' arbitrio agli oggetti conoscibili; la quale, chiamandosi poi attenzione, riflessione, o contemplazione, secondochè l'oggetto in cui si esercita è fuori, dentro, o sopra del

nostro spirito, partorisce il giudizio, il raziocinio e tutte le operazioni logicali, che sono le varie fogge, con cui la facoltà volitiva si esercita sulle apprensioni dell' intelletto. I psicologi hanno già avvertito e analizzato questo intervento del volere nella cogitazione; ma ciò che importa qui il notare si è, che la perfezione del risultato, cioè l'incremento della cognizione da ottenersi coll' indirizzo speciale dell' arbitrio, è sempre proporzionato alla forza, lunghezza e intensità di questo indirizzo, che è quanto dire dell' attenzione e delle altre operazioni summentovate. E siccome l'invenzione, che è la cima dell' ingegno scientifico, consiste nell' aumento della conoscenza ottenibile pel detto modo, ne segue che la virtù inventiva e creativa dipende, almeno in parte, dal vigore della volontà, e che tanto maggiori sono i suoi acquisti, quanto è più efficace e costante il concorso dell' arbitrio. Non è dunque meraviglia, se la leggerezza degli animi, e l'imbecillità dei voleri, che mettono in fondo la vita morale dell' uomo, e la spogliano di ogni grandezza, partoriscano simili effetti nella vita contemplativa, e siano non meno funeste alle nobili discipline, che agli atti virtuosi e alle magnanime imprese. Perciò la storia ci mostra la declinazione morale e politica degli stati accompagnata, o di corto seguita, dallo scadere delle scienze e delle lettere. Tanto è vero che la volontà si ricerca, non meno dell' ingegno, a far gli uomini grandi e i popoli famosi. Anzi l'ingegno non è altro in gran parte, che la volontà stessa, e riesce tale in effetto, quale ciascuno sel forma. Imperocchè, s' egli è vero, come è verissimo, che la natura porge diverse e ineguali attitudini ai vari intelletti, e li diversifica così di grado, come d'indole conoscitiva; non è meno indubitato che le forze dell' ingegno dipendondo grandemente dall' uso che se ne fa, e dall' indirizzo che loro è dato. Mediante un assiduo e tenace esercizio e un buon metodo, un ingegno infimo può divenir sufficiente, un ingegno mezzano può farsi sommo. Nè credo che la natura, benchè faccia gl' intelletti ineguali, crei un ingegno

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