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tradizionali da un intero naufragio; le quali, aiutate dalla severità del genio anglonormannico, fanno si, che la morale e la religione vi son tenute universalmente, come un inviolabil retaggio dello stato e della famiglia. Per tal modo le credenze ebbero un salutare influsso nelle ricerche speculative; nelle quali travasandosi, e pigliando l'aspetto di comun senso, e afforzando il naturale istinto, rattemperarono e impedirono almeno in parte le conseguenze esiziali del Cartesianismo. Tommaso Reid, che non per ingegno, ma per bontà di dottrina, è il primo filosofo d'Inghilterra, fu meno acuto e profondo del Kant, col quale ha molta similitudine; ma si mostrò assai più giudizioso; schivò i paradossi : cansò gli errori più onormi delle altre sette uscite dallo stesso principio, legittimando alla filosofia le verità tradizionali, sotto nome d'istinto e di senso comune. Il quale esprime in sostanza le verità ideali ricevute per mezzo della religione e della parola, è connaturate allo spirito umano, così per la loro virtù intrinseca, come per l'effetto della educazione e di una lunga abitudine.

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Accennerò altrove, qual sia il genio speciale e nativo degl' Italiani. La loro filosofia moderna si può distinguere in due epoche. La prima abbraccia una parte del secolo quindecimo, tutto il seguente, e il principio del diciassettesimo l'altra comprende i tempi posteriori, ma può vantarsi del solo Vico; giacchè qui non considero lo stato attuale della filosofia, e i nostri coetanei. Nel primo intervallo fiorirono alcuni insigni pensatori, che attesero a rinnovare gli antichi sistemi, anzichè ad innovare, filosofando da sè medesimi. Rinnovatori però pieni d'ingegno e di vigore; buoni a procreare, non meno che ad instaurare; non copisti servili, ma imitatori pellegrini; più vaghi di trasformare, che di riprodurre; altissimi a risuscitare le cose morte, infondendo in esse una novella vita. Se ne vuoi una prova, leggi il Bruno, che

val per molti. Ma l'indole della età gli avviò sulle antiche tracce, nè permise loro di scoprire incogniti sentieri; imperocchè la fresca restituzione degli studi classici, le attrattive di una erudizione, che ai pregi intrinseci accoppiava il lenocinio della novità, la maraviglia di tanti antichi sistemi, disseppelliti per la prima volta, aventi il prestigio e il valore di una scoperta recente, non comportavano la meditazione indipendente e solitaria, e davano alla scienza l'aspetto e l'indirizzo della storia. Era cosa affatto ovvia che si cercasse il vero, non in sè stesso, ma nelle opinioni degli antichi maestri, i quali dopo un silenzio di dieci secoli, faceano di nuovo risonar la loro voce, e si cominciasse a leggere nei libri degli uomini, prima di studiare in quello della mente e della natura. Se eccettui la scuola civile del Machiavelli e de' suoi imitatori, niuno prima del Sarpi e di Galileo, che appartengono propriamente alla seconda epoca, avvezzò gl'intelletti, lasciati i libri, a cercare il vero collo studio immediato delle cose conoscibili. Ma per mala ventura il Sarpi e il Galilei trascurarono la filosofia, в il secondo applicò quasi tutto il suo maraviglioso ingegno ai calcoli, all'osservazione dei fenomeni sensati e agli artificii sperimentali1). Gli accademici del Cimento si tennero sulle medesime orme la filosofia sublime fu trasandata in grazia della fisica; e questa, prediletta come propria prole, fu privilegiata di quell' assoluto dominio, ch'era stato un secolo prima conceduto alla erudizione. Non assento certo a un dotto e moderno scrittore3), che accusa quei sommi uomini, alcuni dei quali furono religiosissimi, di un'occulto Socinianismo; ma d'altra parte non si può negare che il culto assoluto della fisica, e l'uso di confondere

') Ciò che il Galilei chiama filosofia, è solo una parte affatto secondaria di essa, e più tosto un' applicazione accessoria, che altro.

ECKSTEIN, Le Catholique. Paris, 1826, tom. II, p. 198, 199; t. III, p. 55-58. 284; tom. V, p. 72.

le scienze razionali colle rancide inezie di alcuni minuti scolastici, volgendo eziandio alle prime il dispregio meritato soltanto dalle seconde, non abbia conferito a preparare, se non a produrre, il sensismo più recente. A questa cagione se ne aggiunsero alcune altre più efficaci, dalle quali si vuol ripetere principalmente la declinazione degli studi filosofici in Italia. Le licenze e le esorbitanze di alcuni fra que' primi filosofi, (quali furono il Pomponazzi, il Bruno, il Cardano,) screditarono nell'universale le scienze speculative, e destarono un ragionevole timore negli uomini píi ed assennati; i quali erano alieni dalla squisita sapienza di certi moderni, che magnificando la religione, la pospongono alle dottrine razionali, nè s' indegnano ch'ella sia zimbello alla tracotanza dei cattivi filosofi. Dagli scandali e dal timore nacque il freno legittimo delle opinioni licenziose; e dal freno talvolta le persecuzioni : effetto eternamente deplorabile, ma quasi fatale, eziandio in uomini santissimi, quando una torta persuasione radicata e universale, e la torbidezza dei tempi concorrono a partorirlo. Ma questi disordini ed eccessi parziali non avrebbero potuto spegnere il senno italiano, se non fossero stati avvalorati dal più grave infortunio, che possa incontrare ad un popolo; cioè dalla perdita dell'indipendenza nazionale : vera morte di ogni ingegno e di ogni valore; bastevole a conquidere le tempre più vigorose; la quale sterminerà l'Italia, come tanti altri popoli, di cui è perito perfino il nome, e ogni vestigio sopra la terra, se i figliuoli di quella non si risolvono a ravvivare le superstiti faville della virtù e della gloria dei loro maggiori.

Solo, in mezzo a tanta desolazione, sorse un uomo, che parve quasi raccogliere in sè stesso tutto l'ingegno speculativo, che mancava a' suoi coetanei, ed essere suscitato dalla Providenza, acciò non perisse interamente l'onore italiano. Ma l'ingegno stupendo del Vico sovrastava talmente, non che alla folla, a quello

eziandio dei migliori, che non fu conosciuto, nè apprezzato; e l'uomo di mente più vasta e più robusta, cui l'Italia avesse sortito fino a quei tempi, dopo quelli di Dante e di Michelangelo, visse più oscuro, e mori più illacrimato, che l'ultimo poeta o scrittorello della penisola. Considerato negli ordini della scienza, e per quanto si può giudicare dagli scritti, che ne rimangono, il Vico non si occupò tanto dell'oggetto primario della filosofia in sè stesso, quanto delle sue applicazioni. Niuno può immaginare i progressi, che un intelletto così pellegrino e gagliardo avrebbe fruttati all' ontologia, se questa fosse stato l'oggetto precipuo de' suoi studi. Ma invece di promuovere ed accrescere il sapere antico, il filosofo napoletano volle creare una Scienza nuova, e vi riuscì. Da Pitagora sino al Ficino e al Bruno, al Leibniz e al Malebranche, l'Idea era stata contemplata e studiata in sè stessa ; ma a niuno era caduto in mente di divisarne le attinenze con la filologia, la giurisprudenza e la storia dei popoli, nè di cercare, com' ella s'incorpori e si manifesti nel corso successivo delle nazioni e della specie umana. Solo alcuni teologi insigni, e singolarmente santo Agostino, imitato poscia felicemente dal Bossuet, avevano avvertito e descritto il disegno ideale della Providenza negli ordini sovrannaturali della religione. E veramente la suppellettile erudita dei tempi anteriori al Vico non era a gran pezza bastevole a quell' effetto. Ma dopo l'instaurazione degli studi classici cominciata in Italia, e proseguita felicemente dagli oltramontani, la filosofia storica divenne possibile; se non che, come ogni nuova disciplina, richiedeva un ingegno straordinario, che la concepisse e ne tentasse l'esecuzione. E bene era degno che dall'Italia, institutrice della filologia e dell' archeologia moderna, uscisse colui che doveva essere il primo a fecondarla con grande acume e con rara profondità filosofica. Tal fu l'opera del Vico, maravigliosa a malgrado de' suoi errori; il quale, per la grandezza dell'ingegno, ha pochi pari nella storia delle scienze spe

culative; per l'indole pellegrina di quello, e la novità dei trovati, non ha forse nessuno.

Da questo breve quadro della filosofia moderna, i punti precipui del quale ci ritorneranno innanzi nel decorso di questa Introduzione, apparisce che le verità ideali sono quasi al tutto escluse dalle speculazioni recenti, secondo il logico rigore de' lor principii. Tuttavia fra le quattro nazioni filosofanti di Europa, corrono alcune differenze di rilievo. In Germania il sensismo psicologico, camminando per la via delle astrattezze e dei fantasmi intellettivi, partorì il panteismo; il quale però venne temperato dalle tradizioni, e dal genio nazionale. Un' indole diversa, aiutata dalle tradizioni medesime e dalla gerarchia superstite, salvò la filosofia inglese dagli eccessi contrarii del panteismo e del sensismo più grossolano. Così, presso gl' Inglesi e i Tedeschi, le scienze filosofiche conservarono un'ombra del vero ideale; non già in virtù dei loro principii, ma a malgrado di essi, e sovrattutto per le benefiche influenze dei dogmi sopravvissuti allo sterminio della fede ortodossa. I Francesi all'incontro, benchè cattolici, filosofando ostilmente alla religione, dedussero tutte le conseguenze dei falsi principii invalsi universalmente; e l'Idea alterata presso le altre due nazioni, fu affatto esclusa e negata da essi. Vero è che negli ultimi tempi la setta degli eclettici, ristucca del sensismo, volle sostituirvi il panteismo, figliuolo primogenito della dottrina cartesiana e non meno legittimo del suo fratello; ed evitando di dedurlo dagli stessi principii, come fece lo Spinoza, ma accattandolo dai Tedeschi, ricevette con esso molte idee morali e religiose, che ripugnano alla sua natura; se non che, questo innesto germanico è troppo alieno dal genio francese, da potervi gittare profonde radici, ed è uno di quegli andazzi, che vengono introdotti, e, poco stante, annullati dal potere della moda. Gl'Italiani, avendo perduta colla indipendenza civile della GIOBERTI, Opere. Vol. IV.

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