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nali, par cosa troppo triviale a dire, ma non inopportuna oggidi, che si lavora d'immaginazione nei campi dell'intelletto, si poetizza a idee come dianzi ad imagini, si aspira all'appariscente, anzichè al sodo e al fondato, si finge un sistema, come un romanzo e una commedia. Il vero è difficile a trovare : richiede lunghi lavori, costanza d'animo grande, fatiche indicibili è la sola via, che conduca a risultati giovevoli universalmente e a vera gloria; ma non mena del pari ai guadagni, e di rado alla riputazione dei circoli e delle sette. Non è dunque maraviglia, se nelle scienze speculative pochissimi oggi si curano di rintracciare le parti recondite, e di custodire le parti note e volgari del vero; anteponendo ad entrambe la falsità orpellata, più acconcia al gusto dei più, e al proposito di chi si val dello scrivere, come di un compenso speditivo, per far romore ed accrescere la sua fortuna. Il vero ideale poi è antico, o per dir meglio, eterno di sua natura, ed esclude le novità conseguibili nel giro dei fatti e dei calcoli; non per tanto è capace di una pellegrinità sua propria, che consiste nel suo rischiaramento successivo, come mostrerò altrove. Se altri crede che ciò non basti all'onore e alla dignità delle scienze filosofiche, e preferisce que' trovati puerili, che oggi nascono e domani tramontano, egli mostra di non aver mai gustato il sapor del vero, di conoscere molto poco le varie fortune dei sistemi, e gli annali della speculazione. La novità vagheggiata dagli spiriti superficiali non è positiva, ma negativa, non aggiunge alla somma delle verità note, ma la diminuisce, non tira innanzi il sapere, ma lo fa retrocedere. Nel che, come ognun vede, l'agevolezza dell' opera corrisponde alla qualità e all'importanza dell'effetto. La sola novità scientifica, che abbia del saldo, e non si lasci cogliere così facilmente, è quella che rischiara il vero, lo compie, lo amplifica, contrasta alle innovazioni dell'altro genere, accresce il patrimonio intellettuale dell'uomo, senz' alterarne l'indole e il valore. E tali non sono

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a gran pezza le innovazioni introdotte, dal Descartes in poi, nella filosofia, nella politica, nella religione; le quali innovazioni sono distruttive di lor natura, e scemano, non aumentano, il deposito delle cognizioni. Così, verbigrazia, i moderni novatori s'accordano a negare il sovrannaturale, e credono, rimovendo questo concetto, di vantaggiare la scienza, come chi stimasse di arricchir le fisiche, negando la realtà dagl' imponderabili. In vece di ammodernare e ravvivare quella idea antichissima, rintracciandone ed esplicandone le origini, mediante una filosofia severa, si piglia il partito più comodo di rigettarla, e si creano sistemi in aria, atti a servire di balocco ai pargoli, non di pascolo agli spiriti maturi. In somma la sola novità legittima è quella, che si conforma agli ordini cattolici, e non ripudia il passato in grazia dell'avvenire; intorno alla quale io mi affido di aver soddisfatto al debito di chi scrive. Ho tolto a studiare l'Idea, che fa l'essenza e il midollo di tutta la filosofia l'ho colta ne' suoi principii, e accompagnata ne' suoi successi, tentando di aggiungere qualche grado di luce riflessa al suo proprio splendore. Se non ho risoluto alcuno de' problemi più importanti, ho qualche fidanza di non aver lavorato indarno ad accelerarne la soluzione. E cui questa mia fiducia paresse arrogante e presontuosa, avverta che ogni scrittore di opere non elementari è tenuto di averla; perchè chi si val solamente della stampa per rifriggere le cose vecchie, è un barbogio e un importuno; e certi infaticabili ripetitori e acconciatori di tritumi mi paiono un flagello delle moderne lettere, Il solo divario da me ai più si è, che io esprimo aperto e chiaro ciò che ogni autor pensa, ancorchè non lo dica; parendomi che la mia sincerità non dispiacerebbe ai lettori di nerbo, e servirebbe agli altri di non disutile, nè intempestivo avvertimento. Imperocchè noi viviamo in tempi millantatori e pusillanimi, nei quali il confidar ragionevole è recato a presunzione, e la modestia tenuta viltà o debolezza. Ma nè in questa, nè in molte altre cose,

io sono acconcio di servire alla moda, e di vedere in tutto cogli occhi, ovvero di giudicare col senno altrui. Chi ama la moda si appigli ad altro, e butti sul fuocɔ il mio libro (16).

Del quale sia oggimai detto a bastanza; e forse parrà ad altri che io ne abbia già detto troppo, e toltone con questo lungo preambolo il gusto al lettore, prima che l'incominci. Ora per conchiudere, aggiungerò ancora poche parole sulle scienze speculative in generale, indirizzando il mio discorso a tutti gl' Italiani, che amano la vera coltura, qualunque sia lo studio, di cui fanno special professione. La civiltà è uno dei beni, onde l'età nostra si mostra più lieta e gloriosa. Tutto il mondo ne scrive o ne parla : lodasi a cielo popoli e principi vanno a gara per accrescerla e diffonderla. Si ricordano con maraviglia quei tempi, in cui la barbarie invalse; ma non si ha paura che tornino; e se ne discorre, come di una calamità appartenente a un altro ordine di cose, quasi che si trattasse del caos o del diluvio. Ora io chieggo: questa sicurezza è ella ragionevole? Siam noi sicuri che la barbarie sia spenta per sempre? L'accrescere il capitale acquistato è cosa eccellente; ma egli rileva ancor più il conservarlo, il cessare ogni rischio di perderlo. Che direste di uno stuolo di naviganti, che s'intrattenessero pacatamente a favellare del modo più opportuno per aumentare le loro ricchezze, mentre la procella infuria, ed è imminente il naufragio? Ora io credo che coloro i quali si confidano di troppo nella consistenza e stabilità del nostro incivilimento, non siano molto più savi; credo che l'Eu-ropa, testè uscita dalla barbarie, è volta a ritornarvi, se i savi non vi riparano, e che la nuova barbarie che ci minaccia è più formidabile dell' antica. A coloro che vivono sicuri, perchè non vi sono più Unni, nè Tartari, nè Teutoni, accampati sulle porte dell' Europa colta, pronti ad irrompere e a profondarla colle loro armi, si potrebbe rispondere che un terzo di quella e del pros

simo continente è in mano ad una nazione, che durando l'incredibile oscitanza dei governi occidentali, sarà quindi a un mezzo secolo terribile a tutto il mondo. Che se gli antichi barbari numerosi e fieri vinsero la civiltà latina, perchè molle e degenere, e spiantarono quella vasta mole dell' imperio romano; non so come gli stati occidentali e meridiani della nostra Europa, non abbiano a temere di una nuova aggressione. Le condizioni morali sono al di d'oggi dai due lati presso a poco come in antico. Noi abbiam perduta la religione e con essa ogni virtù : siamo prostrati d'ingegno e d'animo, corrotti, avviliti, effemminati poco meno dei prischi abitanti di Roma imperiale. E benchè alcuni popoli abbiano ancora qualche valor militare; si vuol avvertire che questo non suole sopravvivere lungamente alla perdita del valor civile. D'altra parte i Russi non meritano a rispetto nostro il nome di popolo culto la loro religione e pulitezza consiste solo nelle apparenze; pagani bettezzati, e barbari attillati. Anche i Goti, ed i Vandali erano cristiani; nè i riti scismatici di Russia, strumento e ludibrio di un despoto, possono sovrastar di efficacia all'antico Arianesimo, per mansuefare ed ingentilire gli animi degli uomini1) (17). Ma nell' accennare al pericolo di una seconda barbarie, io non intendo parlare di Russi e di nemici esterni; parlo di nemici domestici, e di una barbarie intestina, che si va maravigliosamente allargando nelle nostre contrade, e le avrà ben tosto affatto comprese, se non soccorre la medicina. La civiltà moderna non ha nulla tanto a temere, quanto la signoria della plebe; intendendo sotto questo nome, non già solo gli uomini rozzi e di bassa mano, ma tutta quella moltitudine,

1) Il lettore, credo, non ha d' uopo di essere avvertito che qui si parla dei più e non dei pochi, e che il mio dire non si può stimare ingiurioso, giacchè i migliori Russi deplorano, quanto altri, il dispotismo feroce, che pesa sulla oro nazione e ne perpetua la barbarie.

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che per difetto d'ingegno e di soda cultura merita il nome ed esercita in effetto l'ufficio di volgo, qualunque sia la classe a cui appartiene. L'indirizzo intellettuale e morale delle società umane è in balia della plebe: il che non ha d'uopo di prova, come un fatto manifesto, conceduto da tutti, e reputato da molti per un vanto della età nostra. Le dottrine, che sono più in voga, ripongono l'autorità suprema, l'infallibilità, l'inspirazione, il criterio del vero e del bello, la sovranità religiosa e politica, nelle masse, (come sogliono dire leggiadramente,) cioè nel popolo, nel maggior numero, nella universalità degli uomini. E non solo i cervelli torti e leggeri, ma anche gl'ingegni profondi, vengono spesso sedotti da queste speciose teoriche; di cui il panteismo in religione, la democrazia plebeia in politica, la superficialità nelle scienze, il cattivo gusto nelle lettere e nelle arti, sono effetto legittimo e non evitabile. L'elemento volgare domina in tutte le parti della vita civile i mediocri e gl' infimi tengono il campo; e come in certe repubbliche dei bassi tempi i nobili soli venivano esclusi dagli uffizi politici, così ora accade bene spesso che il solo merito non ordinario sia rimosso dagli affari, e privo degli onori e dei vantaggi dell' umano consorzio. E ciò succede eziandio nei paesi, che si reggono a principe; onde si può far conghiettura di ciò che accadrebbe, se la plebe venisse in effetto a timoneggiare gli stati, e si stabilisse la democrazia schietta, secondo l'intenzione di molti, che professano un grande amore per gl' incrementi della civiltà, e pel bene del nostro genere. Se i demagoghi vincono, l'Europa avrà lo stesso esito dell'antica Italia e dell' antica Grecia: la libertà e la cultura saranno sterpate dalle radici; perchè il genio della plebe è sensuale e violento, cioè tirannico e barbaro. Per ovviare a tal ruina imminente, non v' ha rimedio opportuno, fuorchè il riconoscere ed organare l'aristocrazia naturale degli uomini, secondo il concetto primitivo, serbato in parte dai Doriesi, rinnovato e perfezionato da Cristo,

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