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descrivere noi prenderemo le mosse dalla parte di Via del Proconsolo, per l'altro tratto di Via S. Martino, come quella, che più presto ci guida al principale scopo del nostro ragionamento. Quest' ultima via (da prima Ricciarda) posta in faccia a quella de' Pandolfini va a sboccare nella linea di ponente sulla Piazza di S. Martino, da cui prende il nome, e formatone il lato di settentrione finisce dopo breve tratto nell'altra de' Cimatori. Nel punto in cui mette capo sulla prima piazza citata pochi passi avanti vedesi a destra una porta, che sebbene angusta e di rozze pietre composta, tuttavia rammenta, perchè ben conservata con meraviglia di chi pensa che sei e più secoli ha visto, la semplicissima architettura di quei tempi di forza. Dice l'iscrizione appostavi sopra con ben inteso laconismo che ivi nacque il poeta Alighieri, non dubitando dir cosa, che per la sua semplicità non avesse pertanto a riempir di stupore chi legge. L'architrave sostenuto da due mensolette di lievissimo intaglio è sormontato da un piccolo arco gotico a sesto acuto. Il restante della fabbrica, se si eccettui il primo piano, che tuttavia lascia vedere le luci di due finestre con archi di pietra, che rispondono al tempo, non mantiene altro indizio dell'antica magione di una possente famiglia. Chè se a taluno potrà dare argomento di dubbio il troppo misero aspetto di questa signorile dimora, tanto da fargli scrupolo a prestar fede alla comune opinione, noi ci limitiamo a dire che questa non rappresenta certamente che una piccola porzione delle case degli Alighieri, perocchè più d'una in questo stesso luogo ne possedevano. Nè vi è ragione speciale, che faccia repugnante il credere esser quella di Dante l'unica rimasta, avendo egli a vicino Geri di Messer Bello suo consorte, la casa del quale, direi quasi per esser egli stato uomo di comune valore, non curata è scomparsa. E nemmeno tutta quanta la casa di Dante forse rimane, vedendosi chiaramente che ella è stata dagli attigui fabbricati sminuita, e massime dalla parte di levante da quel lato appunto, ove, al dire del Bruni, stendendosi verso quelle dei Donati e dei Giuochi le dette case volgevano. Restavano i Donati a tergo degli Alighieri nella Via di Por S. Piero, ora il Corso, internamente separati da quella piazzetta, che oggi chiamano della Rena. Presso la Chiesa di S. Margherita, ove presentemente è la piazza del loro nome abitavano i Giuochi, famiglia antichissima, che per gli uffici sostenuti nella repubblica fu per antonomasia chiamata dal popolo l'onorata famiglia. Potrà ora ognuno, a cui ne venga talento, considerata la distanza, che passa fra l' indicata casa dell'Alighieri e le località descritte, veder quanto spazio rimanga a riempire, ancorchè altre famiglie vi restasser di mezzo, e quanto sia irragio

nevole cosa il pensare che quest' umile avanzo di edificio, quasi per prodigio salvato, potendosi internamente e lateralmente ampliare, debba rappresentar solo l'intera abitazione di Dante quale esisteva al suo tempo. Ma sia qualunque l'obiezione che muover si voglia, non è intendimento il nostro provarlo, im minenti essendo altre pubblicazioni, le quali potranno con documenti a sufficienza render di pubblica ragione le prove del vero. Noi lasciamo dunque col dire che le case degli Alighieri dalla piazza de’Cimatori giungevano fino a S. Margherita, ov'erano quelle de'Giuochi; nè questo esclude punto la certezza ottenuta, che quella, che s'indica per tale, non abbia ad essere propriamente, e senza tema di errare, la casa, ove nacque, ed ove passò i primi anni della sua giovinezza il Divino Poeta.

Dalla parte di ponente della piazzetta di S. Martino, che ha un brevissimo circuito, risiede facendo angolo nella via, che conduce alla piazza de'Cimatori, la piccola chiesa dedicata a quel Santo. È questa la parrocchia di Dante. Fu essa eretta nel 986 dall'arcidiacono Giovanni di Fiesole zio del Vescovo Regembaldo, e donata poi nel 1034 dal Diacono Trigimio nipote di esso vescovo ai monaci della Badia. Vi tennero essi un parroco fino al 1479, epoca nella quale unirono questa parrocchia all'altra di S. Procolo, chiesa. posta non lontano da questa nella via de' Giraldi, che fu già spedale di S. Niccolò, e dove si vedono le antiche sepolture della illustre famiglia de' Valori. La Chiesa di S. Martino fu capovolta dalla compagnia dei sarti, che la ottennero in seguito, ed ebbe anticamente la porta sulla piazzetta de'Cimatori così nominata, perchè vi erano all'intorno le botteghe dei fabbricanti di panni grossi, e quindi de' cimatori dell'arte medesima. Ma ciò che rende più notabile la detta chiesuola è l'istituzione de'Buonomini, che fino da quattrocento e più anni vi mantiene il suo seggio. Era l'anno 1441, e la peste e la fame sua indivisibil compagna aveano crudelmente afflitta con la loro desolazione la povera città di Firenze. La miseria si era stesa per ogni parte, e molte già potenti famiglie dato fine a ogni loro avere si vedeano costrette o a stender vergognosamente la mano alla carità degli opulenti, o a sottoporsi ai più vili uffici disdicevoli al grado. Un fraticello di S. Marco dotto e pietoso, Sant'Antonino, dipoi arcivescovo di Firenze, posto mente al crudele avvilimento di tanti notabili suoi concittadini, fece pensiero di riparare in parte ai lor mali. E voltosi ad alcuni facoltosi propose loro render opera meritoria alla patria sollevando i nobili e i cittadini caduti d'alto in umile stato. Questi Buonomini, che così il popolo, cui furono tanto accetti, volle chiamarli, furon subito dodici, eletti dal numero dei nobili e degli artigiani più ricchi. Impone

la costituzione del pio istituto, mai fino ad ora alterata, che non posseggano bene alcuno permanente, ma che tutti i lasciti e legati ridotti a contante eroghino in elemosine per sostenere il decoro delle famiglie civili. Danno essi perciò aiuti per mantenere a studio figliuoli, doti per maritare fanciulle e fino anco sussidi per il salario dei servi. In poco d'ora fu tale la copia dei lasciti fatti ai Buonomini detti di S. Martino per distinguerli da altri, che avevano ufficio diverso nella città, che la signoria stessa ebbe a ingelosire degli elogi fatti ad essi e della riverenza, che lor si portava. Perlochè volle distribuire ella medesima l'elemosine per mezzo di otto cittadini tratti a sorte ogni anno e nominati Procuratori de' poveri vergognosi. Ma la fede pubblica venendo a scemare e con essa la carità de'privati fu necessario rendere l'antico ufficio ai Buonomini, che sin ad oggi sussistono. L'interno della chiesa non offre cosa alcuna degna di particolar menzione, eccetto dodici lunette a fresco, le quali molto si avvicinano pel modo con cui son dipinte all'opere di Masaccio.

Usciti di chiesa e girata la piazza a man destra sull'estremità del lato di mezzogiorno si trova la via de'Magazzini; dicono le memorie che in essa quasi sul fine, dove riesce in Condotta, fossero le case dei Sacchetti antichissima e copiosa famiglia di uomini notevoli, ed alla quale appartenne il novelliere Franco Sacchetti. Tornando poi sulla piazza, e attenendosi a destra, sul fine del lato di levante, che è formato dalla parte posteriore del convento di Badia rispetto alla facciata della chiesa, si vede sull'angolo per voltare in via S. Martino una vecchia torre tuttavia molto alta, che dicono, ed è senza dubbio, la Torre della Castagna o con altro nome Bocca di Ferro. Ebbero ivi residenza fino al 1252 gli Anziani e il Capitano del popolo, e quindi da un tal anno sino al 1293, in cui furono altrove traslocati i Priori delle Arti.

La contessa Willa figlia di Bonifazio e moglie di Uberto, ambedue marchesi di Toscana, fu veramente la fondatrice del Monastero di Badia. Se ne era fin ad ora attribuita la fondazione al conte Ugo; ma questi non fece che aggiungere a quelle della madre altre insigni elargizioni donando ai Monaci della Badia il Castello di Vico e di Bibbiano, il primo dei quali con dugentotto case. Ordinò la pia donna adunque con atto solenne del 31 Maggio 978 la fondazione di questa Badia, che volle fatta per i monaci di San Benedetto, e dotò ampiamente di castella e terreni. Ci rimane ancora descritto il cerimoniale scrupoloso, con il quale la detta contessa Willa ne diede l'investitura all'Abate. I primi chiamati ad abitare il Monastero furono i Cluniacensi; ma venne poi a mano dei monaci del Monte Cassino, che ne hanno il possesso tuttora. L'antica chiesa, la quale s' inoltrava

nella via del Palagio, fu per ordine della signoria fatta demolire nel 1250 allorchè si pose mano alla fabbrica del Palazzo Pretorio. Il Comune la fece a suo conto ricostruire nel 1285 affidandone la direzione ad Arnolfo di Lapo. Il campanile fu rialzato più tardi nel 1330 a spese del cardinale Gaetano Orsini sull'antico, che era stato sino alle fondamenta abbattuto, per avere i monaci sonato a stormo contro un'imposta del comune sul clero, che essi non acconsentivano a pagare. La chiesa fu ridotta (1625) nello stato presente col disegno di Matteo Segaloni. Si accede ad essa da due lati: per Via San Martino, e questa porta rimane precisamente di contro all'altar maggiore, l' ingresso principale è però quello, che rimane in via del Proconsolo a fronte di via del Palagio, ed ha una scalinata a due branche di elegante disegno. Questa porta, che rimane sull'antica facciata, merita speciale attenzione per il perfettissimo gusto col quale la condusse l'architetto Benedetto da Rovezzano, del quale è pure la cappella de' Pandolfini, che si trova nell'atrio.

Prima di dar termine a questi brevi cenni intorno alla casa di Dante, e a luoghi circonvicini, piacemi invitare il lettore a seguirmi in un'altra parte non distante dal punto ove siamo, perchè ho a mostrargli cosa, che tanto s'appartiene ai verdi anni del Divino Cantore, e dalla quale levò egli forse la ispirazione principale e solenne dell'immortale poema. Da via San Martino, prima di arrivare, per chi viene da via del Proconsolo, alla già. descritta casa del Poeta, corre una strada da mezzodì a settentrione. Questa è la via di S. Margherita, ove abbiamo detto voltassero le case degli Alighieri. Di contro ad essa nel Corso anticamente Por S. Piero per esservi stata a capo dalla parte di levante una porta della città di questo nome, sorgeva incorporata poi con altre nel grandioso palazzo, che oggi si vede, e che fu già dei Salviati, poi de' Ricciardi e in ultimo della famiglia da Cepparello, la casa di Folco de' Portinari. Si rese costui benemerito della città fondando del proprio nel 1285 lo Spedale di S. Maria Nuova, e fu padre di quella famosa Beatrice pura e mite bellezza, che vinse il cuore al poeta, e il cui nome vive ancora in ogni bocca per lui. Ed oh chi sa quante volte in questo luogo si arrestò l'orma solitaria dell' innamorato Alighieri; e qui spiò forse al misterioso e tacito lume della notte il verone dell'angelo suo! Di quell'angelo che dovea poscia trarlo a volo, poeta divino, per le sfere del cielo, e farlo degno di cantare il beato e forse in tali estasi di soavissimo amore già pregustato soggiorno.

DISPACCI TELEGRAFICI

Fra i molti che pervennero al Municipio Fiorentino ed alla Commissione delle feste, pubblichiamo i seguenti dispacci, parte dei quali fu già letta al pubblico nella solenne Accademia letteraria della mattina del 15 corrente.

Degli studenti della città di Chiavari.

A coloro che così degnamente promossero la festa del Centenario di Dante, a coloro che vi rappresentano la nazione, gli studenti del liceo e ginnasio di Chiavari inviano salute. Fanno voti perchè i principii predicati dall' altissimo Poeta si radichino profondamente nel petto della gioventù italians.

Del Sindaco di Brescello.

Ieri Brescello ha festeggiato il centenario di Dante. La città era pavesata, il popolo era esultante; vi furono dei concerti musicali ed una conferenza interessantissima. Il Dante dipinto dal Prof. Gatti fu donato dall' Autore alla città in memoria della festa. Ovazioni prolungate a Dante ed al Re dell' Italia una.

Del Sig. Raffaello Angeloni di Napoli.

Per la circostanza del centenario di Dante

propongo una soscrizione per ritirare dall' Inghilterra le ceneri del grande Ugo Foscolo e per fargli un monumento in S. Croce.

Di alcuni cittadini di Nuoro in Sardegna.

Facciamo ossequio all' illustre Municipio di Firenze, capitale d'Italia, prendendo viva parte alla comune esultanza per la festa centenaria del divino Italiano nostro augusto maestro Dante Alighieri, gloria e splendore della redenta patria nostra. Viva l'Italia, Viva Vittorio Emanuele secondo, Viva l'illustre Municipio di Firenze. Degli alunni delle Scuole elementari di Milano.

Gli alunni delle Scuole elementari di Milano mandano un fraterno saluto ai loro compagni di Firenze e li pregano a deporre a nome della crescente generazione, a' piedi di Dante un fiore, pegno di intera concordia.

Dei cittadini milanesi.

A Firenze, gentilissima patria, degna di quel divin Principe della poesia, ottimo e certissimo maestro della nobile nostra favella, che le genti ammaestrava perchè per diritto calle si dirizzassero, oggi che solennemente onora l'altissimo.

Del Potestà di Pisino nell'Istria.

La Rappresentanza Comunale di Pisino nell'odierna Seduta deliberò unanime di associarsi alla gioia della gran patria italiana in occasione del centenario del divino Poota.

Del sig. Ogareff Presidente del Circolo Slavo a Ginevra.

Il Circolo Slavo, pieno di ammirazione per il grande Alighieri, saluta i fratelli italiani.

Del sig. Pogodine, presidente dell'Università di Mosca.

La Società letteraria dell' università di Mosca celebra la commemorazione di due anniversari: sei secoli dopo la nascita di Dante, un secolo dalla morte del poeta russo Lomenosfoff.

Del Direttore liceale di Como.

I concittadini di Volta, alla Patria di Dante Alighieri che festeggiano nel loro Liceo, rallegramenti e salute.

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Gli Studenti della città di Napoli.

Gli studenti, radunati in assemblea pubblica nella Università, onorano la memoria dell'altissimo Poeta e mandano un saluto ai fratelli italiani di Firenze.

Del Sindaco di Bitonto.

Dal Consiglio municipale di Bitonto, in sessione primaveriale, un voto di adesione e gratitudine al Municipio di Firenze commemorante l'Alighieri.

Gli Studenti di Messina.

La Gioventù universitaria di Messina, riunita a festeggiare il natale dell'Alighieri, al poeta massimo d'Italia, convenuta a celebrarlo in Firenze. L'omaggio della mente e del cuore, perchè il sesto centenario è festa di nazione da lui preconizzata.

I Seminaristi d'Aquila.

Gli Alunni del Seminario d'Aquila, ora che hanno terminata l'Accademia poetica musicale,

dove intervennero tutti gli ordini di cittadini, - (Piazza Santa Trinita). mandano un omaggio a Firenze per la festa centenaria di Dante.

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A Buondelmonte.
Molti sarebber lieti che son tristi,

Se Dio t'avesse conceduto ad Ema,
La prima volta che a città venisti

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