Page images
PDF
EPUB

tro la riverenza ch'ei prestava alle somme chiavi, ma contro il dominio temporale dei Pontefici, sempre dichiaratamente propugnato dai Frangipani, trasse quella reticenza, la quale è quasi più che un'ingiuria, da un animo, che della nobiltà della prosapia ebbe sentimenti che la avvicinano ai più squisiti doni di Dio (Vedi il Convito in moltissimi luoghi).

Dante, per quella sua acutissima perspicacia dalla quale ebbe profondissima cognizione degli umani affetti, ben sapeva che tra le cose che spettano a quella immortalità ed eternità in questo mondo a cui precipuamente aspira l'umana natura, quali sarebbero la procreazione della prole, i sontuosi edifizi, le fondazioni pie o scientifiche, i pubblici monumenti, la fama e simili, fu sempre posta, dal comune consenso de' popoli, in primo grado la nobiltà della famiglia. E di quesla fu amorosissimo. Ma ben anche mostrò in tutti gli scritti suoi di sapere, che, fondamento incrollabile alla dottrina si è che la sapienza sia giustificata da' figli suoi, e che di questa giustificazione la prima forza sta nello spendere il celeste dono della ragione in uso dell' uman genere. Il più importante oggetto di questa spesa ei lo pose nel difendere ai civili consorzi quelle legittimità, quelle libertà, quelle giustizie che tengono spiccato e splendido sulla fronte ad essi il sigillo di Dio; sigillo che la Religione vuol custodire quand' essa colloca ed erge la sua cattedra sulle cose mondane ed oltre la dottrina e la sapienza. Amare ed in una sapere, dote a ben pochi concessa, fu eminentissima in Dante; e, per vero prodigio, eminentissima, e sempre secondo l'austera legge di Nenesi, in quel genere di dottrina da uomini prudenti e da magni filosofi insignito dell'encomio, di dolce, vario, e quasi divino plettro degli animi. E si che la natura di questo plettro si riferisce principalmente alla fantasia. Facoltà questa nell'animo umano comune egli è vero alla ragione ed alla volontà; Giano bifronte che quando guarda alla ragione ha l'effigie della verità e quando all'azione prende le forme della bontà. Sovr' essa però la ragione ha quel dominio (dice il maestro di color che sanno), che in una libera città tiene il magistrato sul cittadino, si prende, cioè, alla sua volta il dominio. Ed in allora legata comunque alla parola, va sciolta e licenziosa nelle cose, e, come germe d'incerto seme in terra lussureggiante, suole stringerle in illecito connubio o disgiungerle con iniquo divorzio, e, fatta impotente, non solo insulta alla ragione, ma in certo qual modo le fa violenza, acciecandola e stimolandola ad un esaltamento che esce da ogni confine della bontà. Nell'Allighieri però la fantasia fu sempre dominata da una possanza di ragione, da una volontà tenace alla virtù, che ben poco si scostano dal freno con cui l'imbriglia la grazia divina, quando, per sua bontà verso l' umana fragilità, se ne fa padrona nell'uomo coll'aprire nel di lui intelletto l'adito alla sua luce per mezzo delle facili persuasioni, e dell'attraente eloquenza di cui sono fortissime le similitudini, i tipi, i simboli, le parabole, i sogni e le visioni. E perciò Dante, amò la patria e seppe istruirla e correggerla; amó la sapienza e seppe tenerla in sobrietà, operosa ed umana; amò la religione, ma seppe averla in

riverenza solo in allora che sta tutta e veramente veneranda nelle umili ed umanitarie carità della legge assolutamente divina dell' Evangelio, che dà alla fede nulla più di ciò che è della fede, e niente tralascia di quanto è necessario alle cose civili per reggerle in un corpo libero, compatto ed omogeneo, con moto disponente ed armonico. F. SCALINI.

CORRISPONDENZE DANTESCHE

Lipsia, 17 Febbraio 1865.

Dante può andar orgoglioso dell'Alemagna; io credo che all' infuori dell' Italia in nessun paese ci si occupi di esso e delle sue opere con tanto ardore e con tanto zelo.

Gli Alemanni posseggono un gran numero di traduzioni della Divina Commedia. Una delle migliori, come già vi accennai, è quella del re Giovanni di Sassonia pubblicata per la prima volta nel 1850; ma quella essendo di troppo alto prezzo l'autore, allo scopo di far viepiù conoscere il Poema di Dante, ne fa fare una edizione popolare da Teubner a Lipsia, la quale si vorrebbe far uscire per il centenario prossimo.

Un professore di teologia all' Università d' Erlangen, Carlo Graul, morto nel Novembre del decorso anno, pubblicò nel 1843 una traduzione dell'Inferno, in versi, con commenti teologici.

Ecco il principio del prologo, scritto in terza rima, e con molto merito:

Io ho imitato i tuoi canti, o maestro Dante.

Io tel giuro, non fu possibile che io nol facessi:

Come già tu non potesti a meno di cantare, avendo un cuore ardente. Chiamaci a tua posta Alemanni golosi :

Nessuno quanto noi trova tanto bella la tua Divina Commedia : Ben devi accordarci questa piccola gloria.

Vi dissi già di una bella incisione di un artista di Monaco, Lindenschmit, rappresentante Dante e il suo evo. Questo lavoro è degno di ogni elogio. L'autore ha saputo apprezzare con molta arte i differenti personaggi e far risaltare i vari caratteri nelle diverse espressioni delle fisonomie. Questo disegno ricorda la scuola d'Atene; ma l'opera conserva sempre il suo carattere originale, e il discepolo è ben lungi dall'aver fatto una servile imitazione.

Accanto ai poeti e ai pittori che fanno rivivere Dante bisogna collocare i professori di letteratura nelle nostre università, i quali spiegano e fanno gustare ai loro discepoli le bellezze delle sue opere. Eccovene un preciso ragguaglio.

[merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][ocr errors][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small]

Già agli Italiani ed al mondo tutto è ben noto, quanto sia il valore della Divina Commedia e quali basi abbia poste questo prezioso libro del sommo nostro Poeta a moltissimi per diventar grandi nei loro studi basi pure, solide, incrollabili, che migliori non può trovare sicuramente quegli che vuole venire educato od educarsi al sublime; tuttavia non sarà, io penso, senza interesse ai colti lettori del rispettabile di lei Giornale il leggere quanto segue.

<< Ai 31 del Gennaio or passato morì in Lipsia il parroco dott. Guglielmo Kritz. Da alcuni cenni sulla vita di questo bravo e zelante sacerdote protestante, che raggiunse la bella età di 72 anni, si rileva, che egli fu un attivo cultore della lingua italiana e ancora più attivo scrutatore degli immensi tesori della Divina Commedia. E quale fu la forza attrattiva che animò il sig. Kritz allo studio dell' italiano e ad investigazioni tanto severe ? Quando egli volle cominciare in Lipsia gli studi teologici, il suo fratello maggiore, il Consigliere del Tribunale d'Appello dott. L. Kritz, ora vivente in Dresda, gli diede il seguente consiglio: « se tu vuoi divenire un bravo, onesto teologo, devi leggere DANTE nella lingua originale ». E il giovane ed indefesso studente, che conosceva già varie lingue, ben lungi dallo sprezzare quel consiglio fraterno, s'applicò anzi subito e con vera lena allo studio dell'italiano e poi a quello della Divina Commedia. Questo preziosissimo libro divenne in fatti il suo prediletto, e sino agli ultimi suoi giorni, Dante fu sempre quel terreno in cui egli ne'suoi momenti di libertà o di riposo lavorava o

cercava con tutto il piacere per arricchire sempre più le vaste sue cognizioni e trovarvi rinvigorimento pel difficile suo uffizio. La fatta predizione si verificò, perchè durante i cinquanta e più anni, che egli visse come teologo, diede non solo prove molte e manifeste d'esserlo nel pieno senso della parola, ma di appartenere pure al numero dei più profondi. In ricompensa di che, come anche d'altre sue esimie doti, il Re di Sassonia all'occasione (1864) del suo cinquantesimo anno di servizio alla Chiesa, allo Stato ed alla Patria gli conferì la croce di cavaliere dell' ordine d' Alberto, e poco dopo la Facoltà teologica dell'Università di Lipsia lo nominò dottore di Santa Scrittura, per esser egli (come leggesi nel diploma) animi ingenuitate ac temperantia insignis, indefesso studio praeclarus, vitae integritate et sinceritate probatus, munere ecclesiastico per quinquaginta annos pie ac fideliter perfunctus, de doctrina evangelica et excolenda et pronuntianda bene meritus » e quindi ben meritare questa somma dignità della Chiesa (1).

Ecco a noi Italiani una nuova prova da aggiungersi alle mille e mille che già possediamo sulla somma venerazione, in cui è tenuto in Germania il divin lavoro del nostro divin Poeta. Con stima particolare

[merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors]
[ocr errors]

LA SCUOLA DI DANTE

GIORNALE COMMEMORATIVO DEL SESTO CENTENARIO DEL DIVINO POETA

Il tempo presente ha più d'ogni altro messo in luce l'austera figura di Dante, perchè ha compiuto un'opera che nelle aspirazioni del Poeta tenne sempre il primo luogo, l'unità d'Italia. Il sesto centenario che si va a celebrare con auspicio sì bello, segna il primo passo della nazione italiana in un avvenire, la cui grandezza è facilmente prevedibile, quando se ne cerchi lo svolgimento in quelle leggi storiche che hanno sempre regolato la vita dei popoli. L'esame di queste leggi fatali perchè necessarie, è per noi l'esame dell'influsso dello spirito dantesco attraverso i secoli; spirito che accompagnò e si unì come una sola vita colla nostra vita nazionale, e che, come la presente consacra, così feconderà la nostra civiltà avvenire. Anche le altre nazioni sentirono la potenza di questo spirito magno, in cui oggi noi ci esaltiamo, e se il sesto centenario verrà celebrato da tutti i popoli civili, chiaro è che tutti sentono dovere al Poeta un onore, quale si conviene ad uomo potentemente fattore di civiltà.

Ma l'ultima parola su Dante non è ancor detta, perchè il verbo celato nei versi strani non è ancora tutto esplicato. Inoltriamoci dunque nel futuro accompagnati dal Poeta sovrano, e con esso lui ammaestriamoci di continuo sulla parte che ci compete nel mondo. Ricercando nei sei passati secoli l'influsso dantesco nelle lettere, nelle scienze, nelle arti presso di noi e presso gli altri popoli, renderemo il più solenne omaggio al Cantor dei tre regni, ed efficacemente provvederemo ad evitare quei mali, di cui la Divina Commedia resterà terribile ammaestramento.

Un giornale che porti il titolo di Scuola di Dante non può in conseguenza essere esclusivamente nostro, perchè se nostro fu il Poeta, universale fu l'opera sua. Abbiamo quindi per collaboratori quanti in Italia e fuori si trovano uomini di mente e di cuore, i quali, formati alle idee presenti, giusta esplicazione dalle passate, possono con sicuro sguardo interrogare il Poema sacro e, cercandovi l'arcana parola, mostrare come l'opera dei grandi uomini svolgendosi nei tempi, dir si possa veramente immortale. Quindi non più l'arida interpretazione della frase, ma quella più larga e sicura del concetto; nè più le meschine controversie, le quali tanto ritardarono l' intendimento del gran volume che prima dei commentatori ha dovuto palesarlo la storia.

Il Giornale del Centenario, che accolse gli studi danteschi per interesse relativo, colla celebrazione delle feste finisce il suo compito se il nuovo risponda al desiderio espresso da molti amici nostri ed al bisogno di continuare la nostra devozione a Dante Alighieri, sarà appagato il più caldo voto del nostro cuore. GUIDO CORSINI.

Uscirà in Firenze, coi tipi di M. Cellini e C., in un fascicolo di pag. 24 a due colonne, il 15 d'ogni mese. Il primo numero uscirà il 15 Luglio 1865.

Prezzo di associazione per il Regno, per un anno Lu. 10, per un semestre Ln. 6. Fuori del Regno il di più delle spese postali.

Non si riceveranno associazioni per meno di un semestre.

Fratelli Nistri, Tipografi Librai in Pisa.

Commento di FRANCESCO da BUTI sopra la Divina Commedia di DANTE ALLIGHIERI (letto nella Università di Pisa dal 1365 al 1440, Testo di Lingua inedito, citato dagli Accademici della Crusca nel loro Vocabolario) pubblicato per cura di Crescentino Giannini, Pisa 1858-1862. Tre gr. Tomi in 8.o con Ritratto di Dante dip. da Giotto, e del Buti.. it. L. 45, 00 Lo stesso, Edizione da Biblioteche, in 8.o massimo di carta imperiale con margini allargati (ediz. di 75 esempl.). » 75, 00 Ediz. citata nella ristampa (che è in corso) del Vocabolario della Crusca. Si spedira franca per posta nel Regno a chi ne rimetterà agli Editori in Pisa l'importo con Vaglia

Postale.

[ocr errors]

TIP. GALILEIANA DI M. CELLINI E C.

[blocks in formation]
[graphic][subsumed][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small]
[blocks in formation]

се

Le associazioni per l'Italia si ricevono in Firenze alla Direzione del Giornale, alla Tipografia Galileiana di M. Cellini e C., e presso i principali Libral.

Incaricati generali per le Associazioni:

Per la Spagna e Portogallo, Sig. Verdaguer, libraio a Barcellona, Rambla del Centro;

Per il resto d'Europa: Sig. Ermanno Loscher, libraio a Torino, Via Carlo Alberto, N.° 5.

tanto solenne congiuntura degna del nome italiano, secondando uno dei più grandi e nobili concetti nazionali.

Taluni proposero che si avesse ad allogare ad uno dei nostri scultori un busto di Dante, perchè fosse solennemente deposto nel dì della Festa nel patrio Museo; ma ai più sembrando meschina una tale idea, si convenne nel pensiero di un Panteon, in cui figurasse al primo posto un gruppo rappresentante l'incontro di Dante e Virgilio con Sordello, e all' intorno fossero collocati i busti degli uomini più illustri di Mantova.

Se non che dovendo a tale effetto aprirsi una sottoscrizione cittadina, si incontrarono tali ostacoli nelle autorità politiche che non vi fu modo di attuare il progetto. Non è a dirsi quanta fosse la dispiacenza nella parte eletta dei cittadini, che videro rimesso l'adempimento del più caro de' loro voti, allorchè l'entusiasmo era generale e il numero delle persone pronte a concorrere efficacemente all'opera era considerevolissimo. Ben è vero che quando pure il progetto del Panteon non avesse trovato ostacoli nelle condizioni politiche del paese, non avrebbe potuto così tosto condursi a compimento per la somma ristrettezza del tempo. Ma erasi determinato che se

ne affidasse incontanente il disegno a persone dell'arte, allo scopo di poter deporre la prima pietra nel di della Festa del Centenario di Dante. Tuttavolta quel giorno ben augurato per l'Italia non passerà per Mantova senza onore al Poeta della nazione. Il giovane nostro scultore signor Rossi, il quale compì gli studi d'arte a Milano a spese del patrio Municipio, darà finito per il prossimo Maggio un busto di Dante e lo offrirà in dono alla città. In tale circostanza siamo certi che i Mantovani rinnoveranno l'espressione del loro voto di veder innalzato in tempi migliori un Panteon che intorno al divino Allighieri raccolga le immagini degli uomini che resero grande nella storia il nome di Mantova; e non dubitiamo che qualche nostro concittadino sarà deputato a rappresentare a Firenze la nostra città nel Centenario di Dante.

PARTE NON OFFICIALE

Proposte

PER LA CELEBRAZIONE DEL CENTENARIO DI DANTE

Signor Direttore,

Mi ricordo di aver letto in un giornale che a Pisa nella commemorazione della nascita di Galileo furono depositate alla cassa di risparmio 500 lire italiane, le quali debbono rimanere intatte coi loro frutti e frutti dei frutti fino a quest'altra centenaria commemorazione.

Il capitale così aumentato verrà ritirato per metà, e questa servirà alle spese delle feste che avranno luogo fra un secolo a Pisa nella ricorrenza del quarto centenario della nascita di Galileo; l'altra metà rimarrà nella cassa per altri cento anni alle medesime condizioni e così di seguito, finchè il capitale crescendo sempre nella proporzione di 1, 2, 4, 8, 16 ec., giungerà a tal cifra enorme da permettere di servirsene alla dimissione del debito nazionale del Regno d'Italia.

L'idea è feconda ed esce da quei confini che l'egoismo segna a quasi tutte le intraprese, onde ne segue che chi vi mette mano, cerca sempre di vederne la fine, e di goderne il benefizio. Con la deliberazione dei Pisani invece si pensa ai nostri più lontani discendenti, e si prepara loro il mezzo di liberarsi dai debiti che l'Italia ha dovuto contrarre quando costituiva la sua meravigliosa unità.

Mi piacque tanto il pensiero dei Pisani, che vorrei si facesse qualche cosa di simile dai Fioren

tini nella prossima circostanza della solennità del 6.o centenario di Dante.

Si potrebbe aprire una soscrizione per raccogliere un capitale di mille lire almeno (il di più non dovrebbe guastare), e la somma che venisse raccolta dovrebbe essere affidata alla nostra cassa di risparmio, con le stesse condizioni dei libretti di deposito, in modo però che non cessasse mai d'esser fruttifera e che i frutti si aggiungessero sempre al capitale. Fra cento anni invece di destinare la metà della somma che si sarebbe raccolta a far le spese delle Feste, la destinerei a sollievo dei poveri della città di Firenze, secondo il giudizio del Consiglio Comunale. Lo stesso farei al 2.o centenario. Al 3.o centenario avvenire la metà della somma che si trovasse nella cassa di risparmio dovrebbe ritirarsi ed erogarsi mezza in sollievo dei poveri, mezza in estinzione di altrettanta rata del debito pubblico nazionale al 4.0 al 5° al 6.° al 7.0 dovrebbe seguitarsi la stessa erogazione ed all' 8.° si avrebbe già un capitale si enorme che potrebbe servire alla dimissione di tutti i debiti pubblici del mondo, e a dar lavoro a tutti i poveri dell' Europa solo che venisse saviamente amministrato.

Parrà che io esageri, ma la seguente dimostrazione toglierà ogni dubbio sulla unità del mio asserto.

Provano i calcoli aritmetici che un capitale fruttifero al 5 per cento si raddoppia, cumulando i frutti al capitale, in 14 anni poco più. Ora poniamo pure che non potendo la cassa di risparmio dar sempre il medesimo frutto ai depositi, e che oscillando questo frutto fra il 3 e il 5 il raddoppiamento del capitale accada 5 volte in un secolo, noi avremo per ogni 1000 lire in capo a 20 anni 2000 lire, in capo a 40 anni 4000, in capo a 60 anni 8000 lire, in capo a 80 anni 16,000 lire; a quest'altro centenario di Dante, lire trentadue mila.

alla

Se ne distribuiranno allora ai poveri '16,000 lire e le altre 16,000 rimanendo per altri cent'anni nella cassa di risparmio daranno alla occasione del futuro secondo centenario lire 512,000. In quella circostanza si distribuirebbero ai poveri lire 256,000 ed altret tante ne resterebbero nella cassa di risparmio per accumularsi fino al terzo centenario avvenire, qual epoca avrebbesi la somma già assai rispettabile di 8,192,000 lire. Dalla metà di questa somma si potrà allora destinare a sollievo dei poveri la bella cifra di lire italiane 2,048,000 ed altrettanta destinarne a cominciare il rimborso delle cartelle del debito pubblico del Regno d'Italia che verranno abbruciate e resterà sempre nella cassa di risparmio un capitale di lire 4,096,000 per accumularsi col solito metodo della capitalizzazione dei frutti. Chi si troverà al quarto futuro centenario comincerà davvero

« PreviousContinue »