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Intanto lo Statuto italiano non solo mette a 1° Articolo la Religione, ma eziandio la Religione vera, la cattolica cioè, l'apostolica, la romana. Chi perciò non ne ammira l'alta sapienza, la verace politica, la stupenda tessitura? Ma tutta la gloria si deve all'illustre reame di Casa Savoia che ha dati, quanti principi, tanti rinomati paladini de' diritti della vera Religione. Un Alberto, erede della pietà degli Amedei, diede il nome allo Statuto, che perciò venne chiamato albertino. Il 1° Articolo di questo Statuto non è che la sintesi luminosa di tutte le glorie della Corona Sabauda; in modo mirabile specchia tutti gli Annali di Casa Savoia, senno, prudenza, culto religioso, protezione di Sacerdozio, genio d'instituzioni filantropiche, volo di aquila, eroismo, ruggito di leone, battaglie e vittorie negli assalti ostili, nelle leghe, ne' viaggi, nelle crociate, nella difesa della Sede romana, nel soccorso fratellevole dato a' re, nel soccorso paterno dato a' popoli. Dal 1o Articolo dello Statuto lampeggiano per la Casa Savoia fulgori tanto splendidi, ch 'equivalgono a quei fasci di luce che riverbera sulla terra dalle sue ondeggianti vesti un magnifico sole. Io non son poeta che fingo, non sono retore che immagino; sono un istoriografo che racconto. Sire, la Vostra Maestà tuteli coll'ombra augusta dell'alto potere il 1° Articolo dello Statuto, non permetta che le sette acattoliche sieno tollerate e protette in Italia; faccia a tutti palese che la pietà degli Amedei non è spenta nel Suo real petto; ma è piuttosto ereditaria nella Casa Savoia per la sola difesa della vera Religione professata dalla Chiesa cattolica, apostolica, romana.

Vegli alla vita religiosa d'Italia, perchè non muoia per le avvelenate saette di tenebrosi primcipî, per la dissennata dottrina de' protestanti che diconsi cristiani o evangelici nello stesso senso, onde Scipione dalla distrutta Cartagine nomossi cartaginese.

Mi compendio e do termine.

La politica del sommo poeta, Dante Alighieri, e quella dello Statuto italiano che mutuamente e bellamente si specchiano, sono tutte nel proclamare ad inconcusso sostegno, a base divina, a gran faro guidatore, a maestra della società, a madre

degl'ingegni, a direzione de' cuori, a nutrice del genio, a promotrice di ogni prosperità la vera Religione, la Religione preternaturale, la Religione cattolica, apostolica, romana; quella che porta scritta nel lembo della sua veste la pace o la guerra, la vita o la morte della società, secondo il partito che queste prenderanno a suo riguardo; quella che con soave movenza tragge da' furiosi caldi del deserto al rezzo della verdeggiante ed aprica Oasi, dagli orrori della selva oscura a' dolci godimenti della dilettosa collina, ove quinci e quindi si vedono piovere tremolanti raggi di splendida e vivifica luce.

CONFERENZA VII.

Il Verbo Incarnato e il Ristoratore munifico della Civiltà.

L'uomo non può raggiungere la perfezione che gli è dato di conseguire, se innanzi allo sguardo non gli baleni la luce folgorantissima di un esemplare perfetto. Perchè il popolo di Atene acquistasse quell'istinto mirabile, che gli facesse a prima giunta scoprire quanto eravi di sublime nelle produzioni del genio e di eroica bellezza nelle umane azioni, necessariamente gli fu mestieri aver continuo sotto gli occhi le statue de' suoi immortali artisti, i versi de' suoi grandi poeti, e le azioni eroiche de' suoi sommi capitani. Il popolo d'Atene adunque suppone di necessità i suoi artisti, i suoi poeti, i suoi capitani, e queti alla lor volta non raggiunsero la loro altezza, senza volgere lo sguardo a grandezze maggiori. Tutti poggiarono sì alto tenendo fiso lo sguardo ad Achille locato nel più alto seggio di gloria; ed i suoi più grandi artisti ed i suoi sublimi poeti furono grandi e sublimi, sol perchè non perdevano mai di vista l'Iliade e l'Odissea, immortali tipi della bellezza artistica e letteraria. Così gli uni come gli altri vanno debitori della loro esistenza ad Omero, personificazione stupenda della Grecia artistica, letteraria ed eroica. Perchè l'antica Roma tornasse la conquistatrice della terra, ebbe mestieri del Furio Camillo, progenitore morale de' Regoli, degli Scipioni, de' Cesari, come questi alla loro volta il furono del lor popolo guerriero.

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Tutta l'umanità prende a tipo nobilissimo e sublimissimo la Sapienza infinita, il Verbo incarnato, Gesù Cristo.

Quel famoso geometra di Siracusa, Archimede, concentrando in uno specchio i fuochi della vôlta celeste, li rifletteva lungi sul mare ed accendeva le flotte del nemico. Or Gesù Cristo è chiamato dalla Bibbia specchio immacolato; e in sè concentrando tutti i fuochi della Mente divina, tutti gli splendori delle verità immortali, tutti i raggi della scienza infinita, incendiò tutti gli errori che navigavano nell' oceano del mondo, e vi diffuse la verità civilizzatrice degli uomini. Era pertanto ben ispirato Federico Schiller, quando innalzava al Cielo, come prezioso profumo, la seguente preghiera: «Fate, mio Dio, che io riconosca Gesù Cristo, che c'inviaste: imperocchè si trova in Lui la verità che fortifica il cuore e solleva l'anima. Se ho la verità, ho pure il Cristo; se ho il Cristo, ho Dio; se ho Dio, ho tutte le cose. » Oh che musica di alta poesia!

La verità teologica del Verbo incarnato e della sua ristorazione universale riverbera a traverso il lucido cristallo della fantasia dantesca, si riflette in vari colori, e ci si presenta nella luce della poesia. Ed eccoci a vele gonfie in mezzo alla Divina Commedia, la quale s'insinua d'ora in ora più profondamente nell'anima, pari alla mattutina rugiada, di cui ogni stilla separata è dolce e leggiera, ma che pure si fa strada fino alla radice di quanto giace sotterra, e comparte quivi ad ogni pianta futura, ad ogni futura erba la calda sua tinta, la sua balsamica fragranza, il suo giovine vigore. L'Alighieri con una sintesi mirabile lavora ed inanella una più mirabile Teologia.

Emmi giocondo in questa Conferenza tener parola dell' Incarnazione del Verbo nella poesia dell'Alighieri e della civiltà, dal medesimo Verbo pienamente ristorata. Non debbo più esordire. Di una cosa ho unicamente mestieri, affinchè mi sdebiti del carico, onde mi gravo: mi bisogna l'indulgenza vostra, o lettori.

Dante, il re degl'itali intelletti, adorna ed illumina il sacro domma dell'Incarnazione con tanti fulgori di bellezza, che più non si potrebbe. Egli nel X del Purgatorio vede l'Angelo Ga

briello effigiato in una ripa marmorea, e prende a favellare:

« L'angel che venne in terra col decreto
Della molt'anni lacrimata pace,

Ch'aperse il Ciel dal suo lungo divieto,
Dinanzi a noi pareva sì verace

Quivi intagliato in un atto soave,
Che non sembiava immagine che tace.
Giurato si saria ch'ei dicesse Ave;

Perchè quivi era immaginata Quella,
Ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave.
Ed aveva in atto impressa esta favella,
Ecce Ancilla Dei, sì propriamente,

Come figura in cera si suggella (1). »

Oh che bellezza di viva pittura! Quel lagrimata pace è pur dolce e nuovo, cioè nel senso di pace chiesta e domandata con lagrime. Quindi: l'Angelo Gabriello che, recando l'annnnzio a Maria Vergine, si portò nel mondo col decreto della pace da 40 secoli sospirata, onde agli uomini si aperse il Cielo, chiuso dopo la colpa di Adamo, a noi pareva verace, nel senso cioè di vero e reale; onde il Petrarca disse: Raccomandami al tuo figliuol, verace Uomo e verace Dio. Inoltre: san Gabriello era nella marmorea ripa intagliato in un atto soave. Si accenna all'atteggiar degli occhi, delle ciglia e della bocca, pieni di riverenza e di affetto. Onde si aggiunge tostamente: Giurato si saria ch' ei dicesse Ave. E questo Ave detto da Gabriello chiama da sè la Vergine a cui lo disse; la quale Vergine col suo fiat apri o dischiuse l'amor divino, cioè mosse l'Eterno ad aver misericordia degli uomini, natura filiï irae. Quel verso bellissimo e nobilissimo, Ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave, chiude in sè sinteticamente tutto il trattato della Divozione alla Vergine, che ha la chiave di oro per aprire il cuore di Dio e versare su gli uomini le ricchezze della sua bontà infinita. Di più: era la Vergine in tale umile atteggiamento, che, come figura in cera per suggello apparisce, così chiaramente appariva dirsi da lei quelle parole: Ecce Ancilla Dei. Non è pos(1) Purgatorio, X, vv. 34-45.

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