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supporre che l'uomo sia uscito qual è dalle mani di esso, ed è giuocoforza il pensare che l'opera divina sia stata perturbata e divolta dal suo primo essere, qualunque ne sia stata la causa. La quale può venirci insegnata dalla rivelazione sola; ma il fatto è chiaro e indubitato pel lume di ragione. Ora il filosofo, e in ispecie i moralista, che vuole e dee discorrere dell' uomo qual è, e non solo dell' uomo qual potrebbe essere e ci è dato d'immaginarlo, non dee mai perder d'occhio che la natura umana è fuori del suo stato normale, e contiene dei germi di corruzione. Altrimenti egli non potrebbe ragionare dirittamente dell' arbitrio, delle passioni, del vizio, della virtù, dell'ordine morale; non potrebbe sovrattutto agitare i gran problemi dell' origine del male, e della perfezione dell' universo. Che se oggi e da più di un secolo si usa il contrario, e l'etica è infetta di Pelagianismo, eziandio in molti autori cattolici ; non mi sarebbe difficile il provare che questa è una delle principali cagioni, per cui è scaduta tale scienza nobilissima, e ridonda di errori notabili; imperocchè quando si piglian le mosse da un concetto falso o almeno inesatto dell' umana natura, e si lavora sopra una chimera, egli è impossibile che altri dia nel segno. Renato Descartes che nocque forse alla filosofia più di ogni altro ingegno moderno, fu l'introduttore del Pelagianismo nelle scienze speculative; il che gli venne imputato dai più dotti teologi del suo tempo. Gli eclettici moderni in Francia, suoi ammiratori e discepoli, ne premono le vestigie; e abbiam già menzionati due di loro, il Jouffroy e il Damiron che negano il peccato originale nel modo più espresso 1. Abbiam pure altrove avvertito che il signor Guizot frantese la controversia passata fra santo Agostino e i Pelagiani, volendo ridurla a una mera disputa filosofica 2. Il signor Cousin è più prudente; e benchè — quando dice, parlando dell'uomo primitivo, ch'egli « au sortir des mains de Dieu, en reçoit immédiatement toutes les lumières et "toutes les vérités, bientôt obscurcies et corrompues par le temps et " par la science incomplète des hommes 3, » — egli escluda indirettamente il fatto della caduta, quale risulta dalle Scritture, e della colpa originale che ne conséguita; tuttavia si guarda di assalire direttamente questo dogma. Ma che rileva, se in tutte le sue opere filosofiche egli discorre sempre dell' uomo, come se fosse nel suo stato normale e nativo, e dell'arbitrio, come se le sue forze naturali fossero sufficienti all' adempimento della legge?

1 supra, cap. 3.

2 Teor. del Sour., not. 81.

Introd. à l'hist. de la phil., leçon 7.

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Per ciò che spetta al dogma della grazia in ispecie, il sig. Cousin è meno riservato, e ci dichiara in termini espliciti il suo sentimento. In proposito de' colloquii avuti con un professor valdese di Francoforte, egli spone per minuto la sua dottrina sulla grazia in uno squarcio di teologia che riferirò distesamente, perchè mi pare molto curioso. « Il faut entendre le Christianisme, dic' egli, et il ne faut pas, comme Calvin, exa↔ gérer encore la doctrine de saint Augustin sur la grâce; car cette « doctrine est déjà très-forte et elle a besoin d'être expliquée comme elle l'a été par l'Église. » Che vuol dir questa frase exagérer encore? Che cosa s' intende, affermando che la dottrina di santo Agostino est déjà très-forte? Dunque la dottrina di questo grand' uomo solennemente approvata dai sommi pontefici e da tutta la società cattolica, è già esagerata in sè stessa, e Calvino non fece che esagerarla di più? Dunque non è notabile, non è grande, non è essenziale e, per così dire, infinito l'intervallo, che corre fra le sentenze di un eresiarca, e quelle del più gran lume della Chiesa? Ma via, passiamo su queste inezie, e impariamo dal sig. Cousin come bisogna intendere il Cristianesimo: Sans "pélagianisme ni semi-pélagianisme on peut interpréter la doctrine augustinienne de la grâce de manière à ne détruire ni le mérite des « œuvres et la liberté de la volonté humaine, ni la nécessité d'une lu"mière divine qui éclaire la volonté pour que la volonté la suive, sans exclure par conséquent, comme sans admettre exclusivement le mérite suprême de celui qui pour le genre humain est la lumière, la voie et la vie. Dans l'acte vertueux il y a à la fois et de Dieu et de l'homme. "Le Verbe divin intervient pour montrer le but et la règle, et aussi ❝ l'espérance. C'est là la grâce, c'est là la foi. Cette vue de la vérité, u qui n'est refusée à personne, touche la volonté, et c'est de là que l'homme part pour agir. L'action de la volonté, quoiqu'elle ait été né" cessairement précédée, et qu'elle doive toujours être accompagné de ❝ la connaissance de la loi pour être une action morale, n'est pas le pur "effet de cette connaissance. Cette connaissance dispose à l'action, mais n'y " contraint pas; cela est si vrai que mille fois on y résiste. L'acte de la volonté appartient directement à la volonté elle-même qui a sa force limitée mais réelle, et par conséquent sa part de mérite 1. Non pure i Semipelagiani, ma Pelagio, Celestio, e tutti i loro consorti, avrebbero soscritta volentieri questa professione di fede. Egli è noto che Pelagio, incalzato dalla logica de' suoi avversari, riconobbe, oltre la dottrina e la legge esteriore, un' illustrazione interna e sovrannaturale dell' intelletto; ma questa condiscendenza non bastò a sant' Agostino, nè alla Chiesa. Si può

A Revue française, tom. VI, p. 222, 223,

Vol. II.

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disputare fra i cattolici, in che consista precisamente l'azione della grazia divina sulla volontà dell' uomo, e com'essa si concilii coll' arbitrio; ma non si può mettere in dubbio la realtà di questa azione, nè il suo perfetto accordo colla libertà umana. Tutti i catechismi sono unanimi su questo punto; e se il sig. Cousin avesse letto accuratamente quello del Bossuet, di cui ivi fa menzione, non ci obbligherebbe a ricordarglielo. Se la grazia divina necessaria a ben fare riguardasse solamente la cognizione dell' intelletto e non il moto della volontà umana, non sarebbe il principio del merito, come quello che dipende dal volere e non dal conoscimento; mancherebbe la base dell'umiltà e dalla fiducia cristiana; si annullerebbe la dottrina cattolica sulla colpa di origine, sull' indebolimento e sulla diminuzione del libero arbitrio; si distruggerebbero i dogmi della giustificazione, della soddisfazione di Cristo, e della necessità assoluta del divino riscatto. Crederei superfluo l'intrattenere i lettori con citazioni di testi sopra una cosa notissima, insegnata in tutti i libri elementari della religione.

Ma via, dirà il sig. Cousin, io ammetto pure la necessità di una grazia interiore risguardante l'intelletto, e influente almeno per modo indiretto nel voler dell' uomo; il che è tuttavia qualche cosa per un filosofo. Io parlo di una luce divina che rischiara la volontà e l'invita a seguirla; del Verbo che è la luce, la via e la vila, che interviene per mostrar lo scopo, la regola e la speranza; del merito supremo che procede da esso Verbo: io dico che nell'allo virtuoso concorrono Dio e l'uomo; io pronunzio i nomi di soddisfazione 2, di fede, di grazia. Non vi pare che questa suppellettile di frasi e di voci ortodosse basti a chiarire che io credo sanamente? Basterebbero forse, se non conoscessimo il senso, in cui l'illustre Autore adopera queste locuzioni ed altre ancor più efficaci. Ma noi abbiamo veduto che la rivelazione e l'inspirazione da lui ammesse non sono altro che la cognizione spontanea della ragione; che la fede è l'adesione naturale alle verità razionalmente e spontaneamente conosciute; che il Verbo è la verità delle idee' che si manifestano allo spirito dell'uomo; che l'intervento del Verbo non è altro che quello della ragione; che l'Incarnazione e la redenzione nel senso cattolico son da lui collocate fra le chimere; che conseguentemente nel suo sistema i meriti di Cristo non si distinguono essenzialmente da quelli degli altri uomini. Or che può essere la grazia a tal ragguagli, se non il fenomeno naturale della cognizione comune a tutti gli spiriti ? Se la grazia, a senno

A Revue française, tom VI, p. 223.

2 Ibid.

del sig. Cousin, si riduce sostanzialmente all'illustrazione dell' intelletto, e questa al solo lume della ragione, non è chiaro ch' egli nega affatto essa grazia, secondo l'intendimento cattolico? Ch'egli va assai più oltre di Pelagio stesso, il quale anco nel primo grado della sua eresia, ammetteva una rivelazione esterna e sovrannaturale; laddove, secondo il sig. Cousin, non v' ha né dentro nè fuori dell' uomo alcun intervento straordinario di Dio, e tutto si riduce ai mezzi e ai soccorsi di natura? Non è chiaro ch'egli non potrebbe affermare il contrario, senza contraddire affatto ai principii del suo sistema, e che quindi in quello squarcio teologico egli scherza co' suoi lettori ?

E in vero, quando l'illustre Autore parla più seriamente, egli usa un linguaggio molto diverso. Dopo di avere rapportate in un altro luogo le seguenti parole del Leibniz: La foi est fondée sur des motifs de "crédibilité et sur la grâce interne qui y détermine l'esprit immédiatement, egli soggiunge: Cette distinction théologique de Leibnitz est " au fond notre distinction philosophique de la raison spontanée et de « la raison réfléchie 1." Si potrebbe parlar più schietto? Con quattro parole si atterra tutto il sistema rivelato. Se i motivi di credibilità e la grazia interna, da cui deriva la fede, non sono altro che la ragione spontanea e riflessa, ne segue di necessità che la rivelazione, l'inspirazione, i miracoli, le profezie, la Bibbia, l'Incarnazione, la Redenzione, la Chiesa, il culto, la grazia, e tutto il sistema sovrannaturale, non sono altro che favole, o per parlare più riverentemente, simboli in cui non v' ha di reale che la ragione e le altre facoltà dell'uomo coi loro naturali effetti. La frase au fond non significa altro, e vuol dire che la teologia del Leibniz è una semplice forma della filosofia, insegnata dal sig. Cousin nelle sue opere. Non occorre cercare s'egli intenda di far corrispondere la grazia alla ragione spontanea e i motivi di credibilità alla ragione riflessa, come mi par più conforme alla sua dottrina, o viceversa: basta che ad ogni modo la ragione è la sola grazia che informi il nostro spirito, e la sola base di ogni pia credenza. Eccoti che te lo dice non meno positivamente altrove, dove, parlando della spontaneità, detta da lui inspirazione, così discorre: Le caractère de l'inspiration est: 1.° d'être primitive, ❝antérieure à toute opération réfléchie; 2.° d'être accompagnée d'une foi ❝ vive,d'où résulte une autorité supérieure; 3.o l'inspiration est vivifiante, "sanctifiante; et elle répand dans l'âme un sentiment d'amour pour l'auteur même de toute inspiration. Or l'auteur de toute inspiration est sans "doute immédiatement la raison humaine, mais la raison humaine rat

Cours de l'hist. de la phil., leçon 24, note.

tachée à son principe, parlant, pour ainsi dire, au nom de ce principe, "c'est ce principe lui-même faisant son apparition dans la raison de "l'homme 1." La ragione spontanea producendo la fede, e una fede viva, vivifica, santifica, e opera il trionfo della grazia che è l'amor di Dio. Tutti quei doni e prodigi spirituali che sono effetti di redenzione, e che le Scritture attribuiscono all'azione straordinaria dello Spirito increato, sono ascritti dal sig. Cousin a quella ragione che alberga continuamente in tutti gli uomini. Ecco adunque in che maniera il faut entendre le Christianisme; il quale, se non è il Cristianesimo di Cristo, è certamente quello che si trova nelle opere dell'illustre Autore. ¡

CAPITOLO SESTO.

IL SIG. COUSIN SOSTITUISCE, EZIANDIO NELLE COSE DI RELIGIONE, AL METODO CATTOLICO DELL' AUTORITA' IL METODO ERETICO DELL' ESAME PRIVATO, INTRODUCE UN MODO DI FILOSOFARE RIPUGNANTE ALL'AUTORITA' DELLA CHIESA.

E

A mano a mano ch'io vo innanzi in questo ragionamento, mi accorgo che le mie prove e le mie parole possono parere superflue. Imperocchè, a che pro dimostrare che una dottrina convinta di panteismo e di razionalismo teologico, non è cattolica? Tuttavia l'articolo della Chiesa è così importante, e il rispetto apparente che l'illustre Autore le professa in alcuni luoghi, se non si ha l'occhio al resto, è così persuasivo, che egli può essere di qualche profitto il conoscere segnatamente il suo modo di sentire in questo proposito. Mi comporti adunque il lettore ch' io esamini ancora qualche testo; il che farò brevemente.

Se la sola rivelazione, posseduta dall'uomo, è quella della ragione; se le sole verità, ch'egli possa conoscere e debba credere, sono i dogmi razionali; se ogni religione, e conseguentemente il Cristianesimo, non è altro che l'intuito naturale e spontaneo del vero, vestito di forme poetiche; se la sola fede possibile sta nell' assenso dell'intelletto alle verità razionalmente conosciute; egli è chiaro che l'autorità della Chiesa non può più aver luogo, e quando avesse, sarebbe del tutto inutile. Imperocchè, qual è l'oggetto su cui l'autorità ecclesiastica potrebbe ancora esercitarsi? Forse i dogmi? Ma la ragione sola gli suppedita, e spetta alla filosofia l'abbracciarli o rigettarli, e il determinarne il vero valore. I simboli? Ma questi sono imagini per sè stesse arbitrarie, indifferenti, ac

1 Cours de l'hist. de la phil., leçon 4.

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