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discorso che riesce maravigliosa in un uomo altronde accurato e giudizioso, oltre la consuetudine dei moderni autori 1 Chi crederebbe, per esempio che le seguenti parole siano potute uscire dalla sua penna ? « On "a tellement persuadé à la raison humaine qu'elle était capable de tout et qu'elle pouvait tout entreprendre; on lui a tellement répété qu'elle était la "seule autorité légitime, et que cela seul était vrai qui venait d'elle; on "a si complétement battu en ruine ce principe de croyance, qu'on ap« pelle révélation, foi, autorité; enfin toutes ces idées sont descendues si avant dans la société, et se sont si bien infiltrées partout et jusque dans les derniers rangs de la moltitude, qu'il me paraît difficile qu'en "France, et dans l'époque actuelle, une nouvelle solution puisse se produire et s'accréditer sous la forme religieuse 2 Certo, che lo stabilimento di una nuova religione sia impossibile al dì d'oggi, è cosa indubitata; ma non già per le cagioni accennate dall' Autore. Ancorchè la miscredenza fosse a cento doppi maggiore che non è, una credenza novella potrebbe nascere e stabilirsi fra pochi anni in tutta Europa in prova di che, vedete che la maggior parte degl' increduli sono inclinati alla superstizione. Niuna età ha più buon fondamento di promettersi un nuovo culto, che quelle in cui signoreggia la miscredenza; perchè l'empietà è uno stato innaturale e violento che non può durare. Ma sapete perchè le innovazioni religiose non possono allignare oggidì? Perchè a malgrado dell'incredulità dominante, il Cristianesimo dura nel mondo, e sotto gli occhi di esso una nuova religione non potrà mai mettere radice. Tal è la perfezione e la maestà dell'idea cristiana, anche al cospetto di chi l'impugna o deride, che ogni parodia religiosa è insussistente o ridicola. I Sansimonisti di Francia furono testè sterminati dal riso pubblico. Forse perchè i Francesi son diventati filosofi? Anzi, perchè no sono abbastanza, nel senso che danno a questa parola. Non è già la ribellione verso la fede cristiana, ma all'incontro un residuo d'involontaria riverenza verso di quella, albergante tuttavia nell' animo dei rivoltosi, che rese e renderà sempre contennendo e ridevole ogni tentativo di questo genere. Se oggi, per un presupposto, la Francia tutta perdesse ogni memoria del Cristianesimo, il Sansimonismo e ogni altra setta ancor più assurda, potrebbe stabilirvisi domani, a dispetto della filosofia e dei filosofi. L'uomo può negare l'ossequio volontario alla religione, e da questa facoltà dipende il supremo merito della fede; ma non può disdirle un certo omaggio involontario, non può posporla a una larva di simbolo e di culto; come altri può chiuder gli occhi alla luce, ma non potrà mai

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confondere lo splendor del sole col lume di una facella. Il secolo, in cai siamo, è perciò ridotto a tale che, parlando in generale, non ci ha via di mezzo logicamente possibile tra la fede cattolica e l'empietà assoluta. Tanta è l'eccellenza del Cristianesimo che l'affermare in religione non può aver luogo fuori di esso, e chi lo ripudia è costretto ad appagarsi e a vivere di negazioni. L'Evangelio è una pietra di paragone, che salva eziandio i suoi nemici dal confondere l'orpello coll'oro. Queste considera- zioni ci fanno sperare che il regno dell' empietà debba quando che sia aver fine; giacchè senza religione non può sussistere il mondo. Il sig. Jouffroy è ridotto a contentarsi della filosofia, perchè un nuovo culto è impossibile, e l'antico, secondo lui, è distrutto; dove che, lo ripeto, se l'antico fosse veramente distrutto, il nuovo non sarebbe impossibile. On a complètement ballu en ruine ce principe de croyance qu'on appelle révélation, foi, autorité. Non si dee aver penetrato molto addentro nelle controversie religiose, se si crede cotesto; poichè chiunque conosca le ragioni delle due parti, sa che il contrario è vero. E se i più oggi nol sanno, da ciò nasce che nelle cose religiose l'ignoranza, o una scienza manca • superficiale, che è forse peggiore, non fu mai così universale come al presente. D'altra parte non si vuol confondere la fede che è volontaria, con quella impressione del vero che a niuno o a pochissimi è dato di svellere dal proprio animo. Imperocchè, se la fede è perita, ne dura un certo germe nel cuor dell' uomo, che sotto i benigni influssi della Providenza potrà di nuovo fruttificare. Nè ci spaventi troppo il vedere che le empie dottrine siano si bien infillrées partout, et jusque dans les derniers rangs de la multitude. Il male è certamente grande; ma non è durevole; nè i Francesi da qualche tempo in qua si mostrano molto disposti a preserverare lungamente nelle stesse opinioni. Il sig. Jouffroy dee sapere meglio di noi che su quella stessa cattedra, doy' egli parla nobilmente, al cospetto di un uditorio attento e docile alla sua facondia, di Dio, dell' immortalità, del libero arbitrio, e delle altre verità proprie di una filosofia generosa, risonavano forse, trenta o quarant'anni addietro, gl'ignobili e funesti delirii del materialismo e dell' ateismo, quando nei consessi accademici un uomo ingegnoso e dotto, giurava Iddio non essere; e l'età folle applaudiva. Stima egli più malagevole alla scienza lo sbandire il frivolo razionalismo dei giorni nostri, che l' ateismo del passato secolo? Il razionalismo sarà ripudiato dalla pubblica opinione come indegno di un filosofo, quando prima verrà seriamente esaminato. Allora conoscerassi che il negare la realtà di un ordine sovrannaturale è tanto assurdo quanto l'assumere di spiegar la natura, senza una mente creatrice e ordinatrice. Ma basti di ciò per ora. Non ho creduto fuor di proposito il menzionare una sentenza del sig. Jouffroy che è il seguace più

illustre dello scrittore le cui dottrine sono il tema del mio libro, per dare un saggio del dominio ch'esse hanno ottenuto in Francia, e per confortare i buoni Italiani a guardarne la comune patria, e à serbare con sollecitudiné la sacra eredità dei nostri maggiori.

CAPITOLO QUARTO.

IL SIG. COUSIN ANNULLA GENERALMENTE I MISTERI DELLA FEDE,
VOLENDOLI RIDURRE A VERITA' RAZIONALI.

Quando il germe del razionalismo teologico che si conteneva negli scritti di Benedetto Spinoza, fu tratto fuori, esplicato e posto in luce da alcuni dotti e ingegnosi Tedeschi dell'età passata, la novità e la speciosità dell' errore lo misero in voga e gli procacciarono il favore dell'universale. Nelle cose scientifiche ed astruse è gran follia l'affidarsi alle apparenze: spesso la verità sembra falsa, anzi assurda, e l'error vero e indubitato. Che di più bello e promettente a prima vista, che l'immedesimare insieme la ragione e la fede, la religione e la filosofia? Invece di travagliarci coi nostri buoni antichi a conciliare insieme questi due ordini, mantenendo pure la loro intrinseca diversità, non è più spedito e sicuro il farne una cosa sola? La religione si compone di storia e di dogmi, di portenti e di misteri. Mostriamo che i portenti sono fatti naturali ornati di miti, che i misteri sono verità razionali vestite di simboli, e niuno che ammnetta la storia e la ragione, potrà più equamente ripugnare ai dettati teologici. Questa è l'unica via per terminare l'antica guerra del Cristianesimo dello spirito umano, l'unico compromesso che possa ridurli a concordia. Tali furono e sono le promesse del razionalismo; le quali bastano ad appagare coloro che non vanno oltre la corteccia delle cose. Ma queste promesse non potevano verificarsi, qualunque fosse il valore di coloro che vi si adoperavano, perchè l'ingegno non può nulla contro la natura degli obbietti, nè vale ad alterare la loro essenza. Fra le verità razionali e le verità sovrintelligibili della rivelazione corre un tale intervallo che non si possono confondere e immedesimare, senza distruggerle. L'analogia che passa fra loro è imperfettissima; basta a darci una sufficiente contezza delle seconde, necessaria alla fede; non basta a trasformarle in intelligibili, perchè l'analogia, specialmente rimotissima, non è identità. I misteri d'altra parte, o s'intendono a tenore delle formole rivelate e definite dalla Chiesa, senza alterarne e sforzarne il senso, o altrimenti; nel primo caso è impossibile il ridurli a verità di ragione; nel secondo, si riesce a un giuoco ridicolo, poichè si annullano quelle for

mole, senza le quali non si può ammettere mistero nè rivelazione. Se al di d'oggi non si fa caso di questa impossibilità, e v' ha una folla di scrittori che fanno a chi può peggio filosofare sugli arcani sacrosanti della religione, ciò succede, perchè costoro conoscono tanto i dogmi cristiani quanto quelli del mondo lunare. Rari e pellegrini teologi che sciupano il fiato a discorrere della Trinità e dell' Incarnazione, senza forse sapere il catechismo! Nelle umane discipline il voler ridurre a uno e mescere insieme i dissimili, facendo forza alla natura delle cose, arguisce angustia e leggierezza di mente, e gusta solo ai palati poco avvezzi di assaporar il vero. Il volere unificare le idee razionali e i misteri è in filosofia e in religione una matta impresa, simile a quella di que' fisici che vogliono ridurre al moto, o a certe forze greggie, tutti i fenomeni organici e inorganici della natura. Lo dico con piena fiducia, il tempo non è lontano, in cui questi raffinatori di misteri saranno avuti nel medesimo concetto che ora si ha di que' psicologi che volevano con leggi fisiologiche spiegare le facoltà e le operazioni dello spirito. I dogmi non conoscibili altrimenti che per via della rivelazione si debbono ammettere, secondo l'intendimento della parola rivelatrice e del magistrario suo interprete: si debbono accettare in grazia della rivelazione, come in virtù dell'esperienza si presta fede alle cose sensibili. La ragione non ha diritto d'impacciarsene, come non può ragionevolmente dar opera a scoprire od indovinare, discorrendo a priori, le leggi e gli ordini naturali.

Abbiam veduto nel precedente capitolo la sentenza del sig. Cousin che riduce l'inspirazione e la rivelazione a quella spezie di cognizione primitiva e immediata, ma naturale, ch'egli chiama spontanea, per distinguerla dalla cognizion riflessiva. Da questa dottrina conséguita che la materia, su cui la rivelazione e l'inspirazione si esercitano, e le cognizioni ch'esse procacciano, debbono essere meramente razionali; imperocchè, se racchiudessero qualche elemento che tale non fosse, bisognerebbe distinguere essenzialmente l'inspirazione dalla cognizione spontanea, o questa dalla riflessa; il che ripugna al sistema dell'Autore. La riflessione che versa sulle verità già conosciute, compone la filosofia, come la spontaneità che le apprende per un atto primitivo, đà origine alla religione: religione e filosofia comprendono sostanzialmente gli stessi veri, e gli esprimono sotto diversa forma: in ciò consiste il loro solo divario: l'una veste di simboli i dogmi contemplati dall' altra senza velo, nella loro nativa nudità e schiettezza. Ma la riflessione vince la spontaneità, in quanto, essendole posteriore, l'appura, la spiega, la giudica, determina e ordina la sua materia, chiarifica ciò che era oscuro, distingue ciò che era confuso, riduce allo stato di pretta idea ciò che dianzi era vestito d'imagini, e fa

di quella massa disordinata un corpo giusto e regolare di scienza. Perciò la filosofia che è opera della riflessione, sovrasta alla religione che dalla spontaneità procede. Tali sono le dottrine professate dall'illustre Autore nei passi infrascritti: ho voluto sommariamente indicarle per liberarmi dall'obbligo di accompagnarle con un lungo comento. Dopo le cose discorse, basterà il riferir tali luoghi, arrogendo solo qualche breve osservazione.

"Séparer la foi de la raison est mal servir la foi au XIX. siècle 1. "

Il confonderle insieme non è miglior servigio. Che direste di un filosofo che mescolasse insieme la fisiologia e la psicologia? Altro è distinguere, altro è separare. Distingue gli oggetti chi riconosce le loro differenze reali: li separa chi li mette in contraddizione gli uni cogli altri, o nega le loro attinenze reciproche. La scienza bambina confonde, la falsa separa, la vera e matura distingue ed accorda i vari ordini delle cose. Ciò si fa in quasi tutte le umane discipline, e a questa sapiente distinzione si dee in gran parte attribuire lo stato florido, in cui sono al presente. Perchè procedere altrimenti in filosofia e in religione? Non v'accorgete, che mescolandole insieme, in vece di condurle innanzi, le fate dietreggiare oltre i bassi tempi?

Réduire la philosophie à la théologie est un anachronisme intolérable 2. „

Non è meno intollerabile il ridurre la teologia alla filosofia.

"La philosophie est à jamais émancipée. Il y a presque du ridicule à venir lui proposer aujourd'hui de n'être plus que la servante de la théologie 3. "

Ma voi fate la teologia serva della filosofia. Vi par che questo sia equità? E che servitù è pel filosofo il non entrare nei misteri della religione, se questi non appartengono alla scienza ch'egli professa? Dunque la filosofia è serva, perchè non può intromettersi di fisica, di chimica, di matematica? A questo ragguaglio la servitù è inevitabile in ogni genere di scienze. Distinguete nelle scienze, come nella vita civile, la libertà dalla usurpazione. Quella si contenta dei diritti propri, questa invade i diritti degli altri, ed è nemica capitale della prima.

A Fragm phil., tom. 1, p. 36.

2 Ibid.

3 Ibid., tom. I, p, 36, 37.

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