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à Dieu; tout homme pense, donc tout homme pense Dieu, si l'on " peut s'exprimer ainsi; toute proposition humaine, réfléchissant la con"science, réfléchit l'idée de l'unité et de l'être, essentielle à la con"science: donc toute proposition humaine renferme Dieu; tout homme « qui parle, parle de Dieu, et toute parole est un acte de foi et un hymne. «L'atheisme est une formule vide, une négation sans réalité, une ab❝straction de l'esprit qui se détruit elle-même en s'affirmant, car toute "affirmation, même négative, est un jugement qui renferme l'idée d'ê❝tre et par conséquent Dieu tout entier !. » Altrove: Dans le point de vue actuel de l'esprit humain, par la force de l'abstraction, nous "pouvons séparer l'idée et l'être; mais dans le point de vue primitif, l'idée et l'être ne sont pas désunis. Pour savoir si quelqu'un croit " en Dieu, je lui demanderai s'il croit à la vérité. D'où il suit qu'il " n'y a point d'athée, que la théologie naturelle n'est que l'ontologie, et " que l'ontologie elle-même est donnée dans la psychologie. La vraie re"ligion n'est que ce mot ajouté à l'idée de la vérité : elle est 2. Soit "qu'on monte de la nature et de l'homme à la vérité, et de la vérité à "Dieu, soit qu' on redescende de Dieu à la vérité, et de la vérité à l'homme

et à la nature, partout Dieu se rencontre il suffit donc de reconnaitre ❝une seule de ces choses pour reconnaître Dieu. Il n'existe pas d'athée 3. » "Queste considerazioni possono avere un senso vero, anzi profondo, bello, magnifico e degnissimo di un filosofo. L'onnipresenza e l'universalità dell'idea di Dio è una verità che fu ed è troppo spesso dimenticata da coloro che s'intromettono di filosofare. La nozione dell' Ente, non già dell'ente astratto, come vuole il Rosmini, ma dell' Ente concreto e assoluto, secondo l'intendimento di san Bonaventura e del Malebranche, sta innanzi del continuo al nostro spirito, raggia in esso quella luce intellettiva che illumina tutte le cose spiritualmente, e produce la mentale sua vita. Per questo rispetto, non la filosofia sola, ma la scienza universale è scienza di Dio; e come la natura divina è immensa nel campo dell'esistenza, così l'idea divina è immensa nel campo dello scibile. Questi concetti sono veri, nobili, atti a rapire ed innamorare i grandi intelletti. Ma acciò non tralignino nel panteismo, uopo è che siano fondati su diritti principii; fra' quali la distinzione dell'Ente dall' esistente è il più capitale. Ora il nostro Autore, come tutti i panteisti, confonde espressamente l'idea

A Fragm. phil., tom. I. p. 77. Vedi anche p. 316, 317, e Introd. à l'hist. de la phil., leçon 6.

2 Cours de phil. de 1818, publié par Girnier, leçon 38.

5 Ibid, leçon 14.

di ente con quella di sostanza e con quella di esistenza 2; quindi è che quando chiama Iddio l'être de toul élre o l'être des étres 5, la sua frase suona in effetto assai diverso dall' apparenza. Il sembiante platonico dei luoghi citati e di altri simili non dee pertanto illudere nessuno che guardi al contesto e risalga ai principii dell' Autore. Ciò che è sublime, perchè vero, nel senso del teismo, diventa falso e triviale in quello del panteismo; giacchè è un'arguzia assai fredda il dire che l' ateismo è impossibile, e che ogni pensiero, ogni parola umana contiene l'affermazione di Dio, quando sotto questo nome si comprende tutto l'universo, considerato come una forma fenomenica della sostanza unica. Se non che il sig. Cousin ha cura egli stesso di parlare talvolta in modo che i lettori anche meno oculati non s'ingannino della sua dottrina. Così, verbigrazia, nell' ultimo dei luoghi sovrallegati, egli segue in questi termini: Celui qui aurait étudié toutes les lois de la physique et de la chimie, lors même qu'il ne résumerait pas son savoir sous la déno"mination de vérité divine ou de Dieu, celui-là serait cependant plus "religieux, ou, si vous voulez, en saurait plus sur Dieu qu'un autre, " qui après avoir parcouru deux ou trois principes, soit celui de la "raison suffisante, ou le principe de causalité, en aurait sur-le-champ formé un total qu'il aurait appelé Dieu. Il ne s'agit point d'adorer un nom, 5, 25, Deus, Dieu, etc., mais de renfermer sous ce titre le plus de vérités possibles, puisque c'est la vérité, qui est la "manifestation de Dieu. Étudiez la nature, que la philosophie est trop "portée à dédaigner, ne vous arrêtez pas à ce qu'elle contient de va

riable, car il n'y a pas de science de ce qui passe ; mais élevez-vous « aux lois qui régissent la nature et qui font d'elle une vérité vivante, "une vérité devenue active, sensible, en un mot, Dieu dans la maatière; approfondissez donc la nature: plus vous vous pénétrerez de ❝ ses lois, plus vous approcherez de l'esprit divin qui l'anime . » Come? Platone, santo Agostino, santo Anselmo, san Tommaso seppero meno in divinità, e furono meno religiosi di un dotto materialista dei nostri giorni, perchè ai tempi in cui vissero si sapeva poco di chimica e di fisica? Se Iddio è universale nello scibile, e onnipresente agli spiriti come verità, la verità non consiste già nei fenomeni sensibili, nelle realtà contingenti, ma nelle idee assolute; e quelle non si possono chiamar vere, se non in quanto partecipano di queste. Il sig. Consin che

1 Fragm. phil., tom I, p. 307, seq. et. al. pas.

2 Ibid., p. 63, 75.

5 Ibid., p. 15, 78.

4 Cours de phil, de 1818, publié par Garnier, leçon 14.

concede pure non esserci scienza di ciò che passa, non s'è avveduto che le leggi più generali e costanti della natura sono pur transitorie, e non han nulla di comune per lor medesime colle verità incommutabili ed eterne. Affascinato dal falso splendore di quel panteismo germanico che deifica la natura, non ripugnò a considerare essa natura come Iddio reso sensibile e vivente, come Iddio nella maleria; frase che, presa alla lettera, secondo l'uso dei moderni panteisti, basterebbe a far vergognare di questa nuova filosofia.

CAPITOLO SECONDO.

IL SIG. COUSIN IN ALCUNI LUOGHI DELLE SUE opere discORRE AMBIGUAMENTE DELLA IMMORTALITA' DELL' ANIMO UMANO.

Nel tassare il sig. Cousin di aver parlato poco esattamente, sono lungi dall' accusarlo di negare o di mettere in dubbio una verità così importante come questa. Godo anzi di poter confessare espressamente ch'egli la riconosce e la stabilisce coi termini più efficaci in vari luoghi delle sue scritture. Tuttavia non è men vero che il dogma consolatore dell'immortalità degli animi umani non si può accordare con un panteismo rigoroso, come mostrerò fra poco; e che il panteista non si può distinguere dal materialista in questa parte, se non contraddicendo ai principii del proprio sistema. Ora, quando un autore entra in discordia con sè stesso, egli è difficile che il suo parlare sia sempre uniforme, schietto, preciso; è difficile che, professando dottrine ripugnanti, egli mantenga costantemente l'integrità loro; che non cerchi tal fiata di palliare la contrarietà, detraendo al rigore di esse; che la logica non sia qualche volta più forte dei generosi istinti e dei buoni proponimenti; che in fine il linguaggio non renda imagine della pugna dei pensieri. Il che mi pare accaduto al sig. Cousin in alcune parti de' suoi scritti, dove discorre della immortalità dei nostri animi. Per chiarire se io m' apponga, consideriamo attentamente le sue parole.

Nell'argomento del Fedone, egli ristringe in pochi periodi la sostanza di questo dialogo, ragionando così: « Il y a incontestablement en nous ❝ un principe qui se reconnaît et se proclame lui-même, dans le senti"ment de tout acte raisonnable et libre, étranger et supérieur à son "organisation corporelle, et par conséquent capable de lui survivre; un " principe, qui une fois dégagé de l'enveloppe extérieure dont il se di

"stingue, et rendu à lui-même, se réunit au principe éternel et univer❝ sel dont il émane. Mais alors que devient-il? Retient-il la conscience ❝ de lui-même? Peut-il connaître encore le plaisir et la peine? Soutient-il des " rapports avec les autres principes semblables à lui? Enfin quelle deแ stinée lui est réservée ? C'est là un autre problème qu'on ne peut u guère résoudre affirmativement d'une manière absolue, et sur lequel "la philosophie est à peu près réduite à la probabilité. En effet, si le "principe intellectuel, pris substantiellement, est à l'abri de la mort, il ne s'ensuit pas que le moi, qui n'est pas la substance, et qui n'en est peut-être qu'une forme sublime, participe aussi de son immortalité; et la raison dans ses recherches les plus profondes, dans ses intuitions les plus vives et les plus intimes, peut bien nous faire con"naître l'essence du principe qui nous constitue, et sa forme actuelle, avec les conditions réelles de sa manifestation et de son développe"ment, mais sans pouvoir nous révéler certainement ni les formes que " ce principe a pu revêtir déjà, ni celles que lui garde l'impénétrable avenir. Tel est, en résumé, tout le système du Phédon: il repose sur la distinction sévère et profonde qui sépare le domaine de la raison de celui de la foi; la certitude de l'espérance. De là, deux parties dans le Phédon : la première, qui, embrassant les trois quarts du dialogue, présente une chaîne d'analyses et de raisonnements que ne désavouerait pas la rigueur moderne; la seconde, assez courte, qui "est remplie par des probabilités, des vraisemblances, des symboles 1."

Io comincio a fare su questo passo tre considerazioni: 1.° Il dogma dell'immortalità consta di due punti distinti: l' uno è la perpetuità del principio sostanziale dell'anima; l'altro, la durata ugualmente perpetua della coscienza e del sentimento, cioè della forma attuale di essa anima nelle proprietà essenziali che la costituiscono. L'immortalità dell'anima è l' immortalità della sostanza pensante, cioè della sostanza spirituale che sostiene il pensiero, e del pensiero che è forma essenziale di questa sostanza. L'uno dei due capi non è sufficiente senza l'altro a comporre il dogma di cui si tratta. Imperocchè da un lato, la durata del pensiero, senza la permanenza della sostanza che pensa, è assurda; dall'altro, se la sostanza durasse in eterno, ma spogliata di coscienza, l'immortalità non avrebbe luogo, secondo il senso, in cui si piglia questa parola. Quando si dice che l'anima è immortale, si vuol significare ch'essa sarà sempre capace di piacere e di dolore, di miseria e di beatitudine; giacchè il desiderio della felicità e di una vita perpetua, l'orror naturale della morte, la perfet

1 OEuv. de Platon, trad. par V. Cousin. Paris, 1822, tom. I, p. 159, 160, 161.

tibilità della nostra natura, la virtualità apodittica del merito e del demerito, la sanzione necessaria della legge morale, la bontà, la giustizia, la providenza del Creatore, e tutti gli altri argomenti che dimostrano quella verità confortatrice, non si ristringono a stabilire la mera durata dell'anima come sostanza, ma importano la perpetuità della coscienza; anzi non comprovano la prima, se non in quanto è necessaria a mettere in sicuro la seconda. Se l'anima sopravvivesse al corpo, spogliata di ogni consapevolezza, di ogni memoria, della facoltà di conoscere, di godere, di soffrire, e del sentimento della sua identità personale, sarebbe come se non fosse verso di sè medesima; non si distinguerebbe dalle forze elementari della materia che dureranno pure in eterno, se Iddio non le annienta; la morte sarebbe un sonno perfetto e perpetuo, come affermano i materialisti; i quali non sognarono mai di combattere una tale immortalità, conceduta a ogni atomo materiale che si supponga indivisibile; come agli spiritualisti e ad ogni uomo del mondo poco importerebbe il difenderla. Che se lo spiritualista si applica a dimostrare la semplicità e quindi l'indissolubilità sostanziale del principio pensante, il fa, perchè senza di essa non può sopravvivere il pensiero egli prova l'incorruzione della sostanza, in grazia della forma. Perciò, quando si discorre della immortalità dell'anima, non bisogna mai dimenticare che l'essenza di questo dogma consiste nell' affermare la perpetuità del pensiero.

2.o Secondo l'autore del Fedone interpretato dal sig. Cousin, il primo punto solamente sarebbe certo; il secondo nulla più che probabile. Io non entrerò qui a cercare se l'illustre traduttore abbia ben penetrata la mente di Socrate o, per dir meglio, di Platone; perchè ciò non rileva al mio proposito. Mi contento di notare che, secondo questa chiosa, Socrate dimostrerebbe con una catena di analisi e di ragionamenti degni del rigore moderno, la perpetuità della sostanza dell' anima; ma quanto alla perpetuità del pensiero, egli confesserebbe la quistione non polersi risolvere assolutamente in modo affermativo, e non allegherebbe in favore del sì che semplici probabilità e verosimiglianze. Ora, stando che il dogma dell' immortalità consista essenzialmente nel secondo punto, cioè nell'affermare la perpetuità del pensiero, ne segue che, giusta il Fedone, esso è verisimile e probabile, e non certo; e che, come affermasi nell' Argomento, è più tosto un voto, un desiderio, un oggetto di speranza, che un articolo di razional certezza. E siccome la verosimiglianza e la probalità non escludono il dubbio, ciascun vede da sè medesimo quel che ne segua.

5. E perchè l'autor del Fedone non avrebbe osato innalzare un do

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