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introducessero idee gentilesche nella loro nuova patria; siccome anche non è probabile che venissero dalla Persia; la fede dei Samaritani nella risurrezione prova due cose: 1o che questo dogma non fu recato di Persia in Palestina, dopo il ritorno delle due tribù; 2o che era mosaico e antichissimo, poichè i Samaritani rigettano ogni dottrina posteriore. Si noti quanto sia inverisimile che la credenza primitiva sia stata alterata dai Samaritani, così gelosi dell'antichità che serbano perfino i caratteri della loro scrittura, rigettano i punti vocali, ed estendono eziandio a queste minuzie il precetto divino: non aggiungerele ne leverete nulla. Si consulti eziandio intorno a questo punto importante la Storia di Unfrido Prideaux 2.

NOTA 24.

Quanto alcuni razionalisti biblici sono ricchi di erudizione, e d'ingegno sottili, tanto si mostrano poveri di giudizio, e deboli intorno a ciò che riguarda la teologia speculativa. 1 loro sogni e i loro discorsi in questa parte non solo mancano di base, ma tengono sovente del ridicolo e del puerile. Potrei allegarne molti esempi, ma mi contento di toccarne un solo, cioè la dottrina degli angeli, che può bastare a farci conoscere il valore filosofico di due novelli critici, altronde dotti, e pigliar, come si dice, due colombi con una fava. Lo Strausse, discorrendo su questo punto, così parla: Relativement à la question de la réalité des anges, la critique de Schleiermacher peut certainement être considérée comme terminant ❝la discussion, parce qu'elle exprime exactement le résultat des lumières modernes vis-a-vis des anciennes L'esordio è ben promettente, e dopo tali parole, tu potrai essere sicuro, mio buon lettore, che colla critica dello Schleiermacher riferita dallo Strausse, possederai il fiore della sapienza moderna su questo proposito. Porgi adunque attente le orecchie a questa nuova maraviglia, e senti fin dove possa levarsi l'ingegno umano: "A la vérité, dit Schleiermacher, on ne peut pas prouver l'impossibilité a de l'existence des anges; cependant toute cette conception est telle, u qu'elle ne pourrait plus naître de notre temps; elle appartient exclusi"vement à l'idée que l'antiquité se faisait du monde. On peut penser que la croyance aux anges a une double source, l'une dans le désir,

1 SILV. DE SACy, Mém. sur l'état act. des Samarit., géogr., etc., par Malte-Brun. Paris, 1808, tom. XIX.

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2 Hist. des Juifs, trad. de l'ang., Amsterdam, 1744, liv. 1, tom. I, p. 20, 21;

liv. 6, p. 256, 260; liv. 13, tom. II, p. 162.

3 Vie de Jésus, trad., tom. I, p. 124.

"naturel à notre esprit, de supposer dans le monde plus de substance spirituelle qu'il n'y en a d'incorporée dans l'espèce humaine; or, ce désir, dit Schleiermacher, pour nous qui vivons maintenant, est satisfait "quand nous nous représentons que d'autres globes célestes sont peuplés semblablement au nôtre; et par là se trouve tarie la première source de la croyance aux anges Tutte le parti di questo passo son degne di gran considerazione. Ci s'impara in primo luogo che la cagion principale, per cui gli antichi popoli, niuno eccettuato, s' indussero a riconoscere l'angelica natura, non è già l'insegnamento primitivo fondato sulla rivelazione, ma un presupposto, fondato sopra un desiderio naturale allo spirito. C'imparate in secondo luogo, che questo desiderio naturale allo spirito indusse ad ammettere l'esistenza degli angeli, perchè altrimenti la dose di sostanza spirituale che si trova nel mondo, riducendosi a quella che è incorporata nella specie umana, cioè impastata coi nostri corpi, sarebbe stata troppo scarsa, a paragone della sostanza corporea, e si può credere (benchè lo Strausse non lo dica) che l'equilibrio sarebbe mancato: onde quei vecchi savi, da buoni chimici, rimediarono a questo difetto, supplendo cogli angeli tanto di materia spirituale che all' altra contrappesasse. C' imparate in terzo luogo che i trovati dei moderni hanno reso soverchio questo spediente; imperocchè, siccome noi ci rappresentiamo i globi celesti abitati da creature simili a quelle del nostro (il che, come vedete, è lo stesso che se, viaggiandovi, li trovassimo tali), scoperta alla quale gli antichi non ebbero la buona fortuna di giungere 2, le partite sono oggimai ragguagliate, e non ci è più bisogno di angeli. Egli è vero che su quest'ultimo articolo, potremmo aver qualche scrupolo, e trovar meno concludente l'ingegnoso raziocinio del teologo tedesco; imperocchè, se gli spiriti si debbono pesare colla stadera, e misurare a spanne od a staia, noi non saremmo di sì facile contentatura, e ci parrebbe che, anche popolando i pianeti (e non già tutti i globi celesti, se lo Schleiermacher non li riempie di salamandre), sarebbe tanta l'immensità dello spazio tuttavia deserta, e piena solo di luce o di etere, che la dose di sostanza materiale non verrebbe bilanciata dagl' inquilini di pochi e piccoli globi. Tanto più, se gli abitatori intelligenti dei pianeti, proporzionatamente all' estensione delle terre che occupano, sono eziandio in pochissimo numero, come accade degli uomini, i quali si può dir che scompaiano, se si ragguagliano a una sola famiglia

1 Vie de Jésus, trad., tom. I, p. 124.

2 Il contrario è probabile di molti antichi popoli, quali furono gl' Iraniesi, gl' Indi, i Caldei, gli Egizi, ed è certo di alcuni filosofi, come Empedocle, Democrito, ecc.

d'insetti, e si paragona, verbigrazia, la loro statistica a quella delle locuste, delle formiche e dei tafani. Però, se ragionassimo secondo i principii dello Schleiermacher, non diffideremmo di poter trionfare, e mostrar plausibile che nell'economia del mondo gli angeli non son divenuti superflui, anche per questo rispetto, e che eziandio dopo le induzioni dei moderni astronomi, possono avere almeno qualche tempo da vivere. Ma io confesso di essere alquanto difficile, quando si tratta di corroborare gli insegnamenti rivelati colle conghietture razionali. L'importanza degli spiriti non si debbe stimare a peso od a numero, nè misurare col braccio o colla bilancia; tanto che, se una sola creatura intelligente si trovasse nell'intero universo, essa basterebbe a pareggiare ed a vincere in eccellenza tutto il resto del creato.

I dettato della rivelazione sull'esistenza degli angeli è corroborato veramente da molte convenienze e probabilità razionali, di cui lo Schleiermacher non fece parola. Le quali, non che scapitare per gl'incrementi della scienza moderna, se ne vantaggiano, e cavano da essi una forza che non potevano avere anticamente. Una delle verità scientifiche che l'analisi dei moderni ha messo in luce, e che fu conosciuta bensì, ma non dimostrata con rigore (per quanto sappiamo) dagli antichi, è la relatività delle sensazioni, e quindi delle proprietà degli oggetti, riposte in una mera impressione sensibile. La filosofia ha scoperto che questo gran mondo materiale, il quale, benchè sia finito, sbigottisce la nostra immaginazione, non è altro in sostanza che una mera relazione di forze inestese ed incognite verso i nostri sensi, e il nostro modo sensibile di conoscere. Onde segue che se i nostri sensi crescessero in numero, e si avvalorassero di capacità e di forze, la cognizione che ne deriva, migliorerebbe a proporzione, e che quanto ora ci sembra una mole sterminata e un tutto perfetto, riuscirebbe una parte piccolissima e un semplice aspetto del creato. Ma la cognizione sensitiva non è se non l'infimo dei nostri modi di conoscere. Una facoltà superiore, cioè la ragione, ci svela un altr'ordine di cose che è tanto superiore alle forze dell' intelletto, quanto l'universo materiale sovrasta all' apprensiva dei sensi e della immaginazione. Tal è il mondo intelligibile; il quale abbraccia le sostanze, le cause e le innumerabili relazioni; e incominciando dall'Ente assoluto e causante, e stendendosi fino all'ultima delle forze create, ci mostra in ciascuna di queste un piccol mondo potenziale che va lentamente esplicandosi nel tempo e nello spazio. Uscendo quindi dai confini del tempo e dello spazio, e sollevandosi alle realtà estemporanee e sopramondiali, ci apre l'ordine morale delle esistenze, la realtà apodittica della vita futura, la durata sempiterna degli spiriti, e ci fa presentire, al di là di questo mondo corporeo, un altro mondo, cioè l'università delle intelligenze create. Tal

è il sublime concetto che troviamo adombrato nei migliori antichi, e singolarmente in Platone; tal è, oltre la tradizione, il processo ontologico, per cui essi ammettono una gerarchia spirituale d'intelligenze pure, e superiori all' uomo; e non già quei poveri argomenti, di cui fa menzione lo Schleiermacher. Che se il pensator volgare non ha delle verità razionali altro che un concetto confuso, e non sa trovar nulla di positivo e di reale, fuori dei sensi e della immaginativa, avviene il contrario al vero filosofo; il quale, paragonando l'evidenza, la certezza, il valore obbiettivo dei due ordini di esistenza, non dubita di conchiudere che le cose soggelle al senso non sono che una piccolissima parte dell'universo, e che il mondo intelligibile dee essere anteriore e superiore al mondo sensibile. La rivelazione conferma e determina in modo più speciale e preciso questa conoscenza generica della ragione, insegnandoci che un ciclo di creazione spirituale precedette il ciclo della creazione maleriale, e che questi due cicli concorrono unitamente a produrre un solo universo, come l'invoglia organica e l'anima dell' uomo formano una sola persona, e il microcosmo si effigia sul megacosmo. Quindi nasce il doppio dogma rivelato della preesistenza degli angeli, e della loro maggioranza e azione sulla natura; azione che si trova espressa chiaramente nella Bibbia, e non si può negare da chi è Cristiano. Considerate per questo verso le angelofanie, le ossessioni, e simili fenomeni sovrannaturali, occorrenti negli annali della rivelazione, non contengono più la menoma inverosimiglianza, e non sono che i particolari concreti e rivelati, determinativi di una generalità razionale. Nè tali fenomeni sono veramente sovrannaturali, se non rispetto a una parte della natura, cui sovrastanno, e alla conoscenza concreta che ne abbiamo, non ottenibile per mezzi naturali; nello stesso modo che l'azione dell'anima sul corpo è sovrannaturale, riguardo alla natura corporea, e la cognizion razionale, in ordine alla sensitiva.

Queste filosofiche analogie possono essere recate ancora più innanzi. Nel mondo intelligibile che la ragione ci svela, troviamo le idee e le forze. La forza è l'idea individuata per via della creazione. Noi conosciamo naturalmente molte di queste forze, per mezzo dei fenomeni sensibili che le accompagnano, e che hanno verso di quelle le relazioni degli accidenti verso la sostanza, e degli effetti verso le loro cagioni. Così, per esempio, noi conosciamo la forza spirituale dell'animo nostro, mediante la forma sensibile della coscienza; le forze organiche e inorga

1 Vedi fra gli altri l'Anquetil, che raccolse molti passi dei Padri, e di altri acrittori ecclesiastici su questo proposito nella sua Dissertatio in qua... summa Orientalis systematis inquiritur, premessa all' Oupnek' hat.

niche della natura, mediante i fenomeni e le impressioni sensate che ne derivano. In ogni caso, fuori dell'Idea che è lo schietto intelligibile, noi apprendiamo la notizia delle forze, o sia idee individuate, coll' aiuto delle forme sensibili che le rivestono. Ora, che cosa sono gli angeli, secondo il concetto genuino della rivelazione, se non forze, cioè idee individuate, intelligenti, libere e destituite di forma sensitiva? Perciò il solo divario che corre tra le forze angeliche e le forze naturali, si è che quelle, essendo disgregate da ogni forma sensitiva, sono inaccessibili al nostro senso intimo e ai sensi esteriori. Ma siccome l'esistenza e la maggioranza del mondo intelligibile ci sono genericamente insegnate dalla ragione; siccome questa c'induce a credere che il mondo sensibile è un solo aspetto dell'esistenza universale; qual è il presupposto che vinca in probabilità filosofica la realtà delle intelligenze separate? E quando a questa probabilità razionale s'aggiunge l'autorità della rivelazione, che si desidera di più per mutar la verosimiglianza in certezza? Il che tanto è vero che il dogma degli spiriti sovrumani è comune a tutti i popoli antichi e moderni, e ai filosofi più illustri di ogni tempo; e alcune delle nazioni più vetuste, come, per esempio, le popolazioni iraniche, serbarono un concetto più distinto e meno alterato della doppia creazione, e della perfezione tipica, comune alle angeliche nature. Il che si vede chiaramente nel Ferestea degl' Indi 1, e nei Ferveri dell'Avesta.

Continuiamo a leggere il ragionamento dello Schleiermacher." La se❝conde source est dans l'idée qu'on se fait de Dieu comme d'un monarque ❝ entouré de sa cour; cette idée n'est plus la nôtre. Nous savons maina tenant expliquer par des causes naturelles les changements dans le "monde et dans l'humanité, que jadis on s'imaginait être l'œuvre de "Dieu même agissant par le ministère des anges 2. » Si noti in prima la definizione che qui si dà della scienza moderna. Nous savons maintenant expliquer par des causes naturelles.... Ma che cosa sono queste cause naturali, se non cause secondarie, cioè effetti? E ancorchè le conoscessimo, escluderebbero esse le cause superiori? No certamente: una causa inferiore non osta a una causa superiore, come la causa seconda, qualunque sia il suo grado, non impedisce la causa prima. Se non che, è egli vero che la scienza moderna versa nell' esplicare i fenomeni colle loro cagioni naturali? Qui v' ha un grandissimo equivoco che importa assai di rimuovere. Sotto il nome di cagioni naturali si possono intendere le leggi della natura, governatrici dei singoli fatti, e note per

1 Intorno al fereschtehha, che è il terzo mondo degl' Indiani, cioè il mondo degli angeli, vedi l'Anquetil (Oupnek., tom. I, 147).

2 STRAUSS, loc. cit.

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