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d'aver vissuto italiano pretto (pag. 47).

E

come poi Balbo stesso poteva riconoscere Dante come

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il migliore fra gli italiani (Vita di Dante 1. II c. 17) dopo avere esclamato, trascrivendo la lettera ad Arrigo di Lussemburgo - A Dante movitore qui di principe straniero contro la propria patria io non saprei scusa che valga. Dogliamoci e passiamo? (Ivi 1. II c. 10.) (1).

Il dottissimo Cesare Cantù, che tanto severamente sentenzia della Divina Commedia, dicendola piena di locuzioni stentate, improprie, voci e frasi inzeppate per necessità di rima (!), parole di senso vuote, allusioni stiracchiate o parziali o troppo di fuga accennate, cose effimere e municipali poste come conosciute e perpetue (Storia degli Italiani. T. II.) - dopo riportate le parole colle quali il Boccaccio vorrebbe persuaderci della ferocia ghibellina dell' Alighieri, che l'avrebbe condotto a gettar pietre contro chi ragionando dannava la parte ghibellina, nota: Di queste profonde convinzioni si energicamente espresse dà prove continue nel poema venendo per tal modo ad appoggiare il giudizio del Boccaccio che ci presenta in Dante un accanito uomo di parte. Ma come mai poteva egli, il Cantù, venire in tale sentenza dopo aver scritto che l'esule sventurato si risolse abbandonare la compagnia malvagia e scempia e fare parte

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(1) In altro luogo C. Balbo accusa Dante d' avere abbandonato la causa del popolo e dell'indipendenza italiana. (Vita di D. l. 3 c. 1. p. 205. Le Monnier.) Vedremo in appresso se e come D. possa dirsi ghibellino intanto notiamo solo questa opinione dell'illustre storico del nostro poeta, che noi non sappiamo conciliare colle lodi di - gran cittadino e --- grande italiano (Della Monarch. Rappr. in Italia

1. 1 c. V.) ed altre molte che gli tributa.

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per se stesso, schermendosi da entrambe le sêtte delle quali vedeva i torti? (ivi.)

Per vero siffatte contrarietà di giudizio, tante incertezze sul carattere e sulle dottrine del nostro poeta, forniteci dai più illustri contemporanei, potrebbero forse far dubitare talvolta se non vi fosse alcun che di vero nell' accusa che gli italiani non sieno giunti à se tracer le caractère d' Alighieri en grand et en entier, a comprendre l'homme dans son temps et l'oeuvre dans son mérite absolu.

ancora

Noi però non ci maravigliamo gran fatto di queste ed altre molte contraddizioni, poichè esse si riscontrano eziandio nelle varie fasi della vita del nostro poeta, e si succedono nelle varie vicende della sua gloria, lungo il giro di cinque secoli, quasi a circondarne la gigantesca figura di quella aureola misteriosa che lo rende arcanamente ammirabile e grande. L'uomo che chiude quasi la gran notte dell' evo medio per segnare i primi albori d'una civiltà tutta nuova; il genio che fonda fra la colluvie di voci barbare corrotte la lingua divinamente armoniosa di un popolo che nasce; il vate che scioglie col metro della triste elegia un cantico immortale di fede, di speranza e di amore, appare a noi più antico di quelle grandi figure che splendono di mezzo alla civiltà greca o romana, tanto sono incerte le notizie, varii gli apprezzamenti, contraddicentisi i giudizii, malgrado lo studio di secoli inteso a investigarne la vita, a intenderne l' animo, a scrutarne la mente, a interpretarne le creazioni immortali. E queste incertezze, questi dubbii queste contraddizioni si perpetueranno forse coi tempi, e la face della critica non varrà che a tramandare la sovrana figura di Dante circondata sempre dal mi

stero che esalta, che sublima, che rapisce, pure a coloro

Che questo tempo chiameranno antico.

Non è dunque a far maraviglia che variamente s'interpreti il concetto politico di Dante Alighieri, e s'agiti vivamente la questione de' suoi principii politici e religiosi. Noi cresciuti in un epoca in cui dalle opinioni politiche giudichiamo l'uomo, e che condanneremmo quasi alla pena cai soggiacque Meto Fufezio chi non abbia una convinzione aperta, una franca fede politica, sentiamo il bisogno di rintracciare quali fossero le opinioni del grande italiano, dell' incorrotto rettore d' una di quelle republiche del medio evo, che pur vivendo a lungo non seppero mai ordinarsi, perchè mancava loro il vero concetto della libertà, così come quello della legalità (1). E a cautelarci dal cadere in quelle opinioni esagerate che falsamente gli furono apposte prenderemo in breve rassegna la storia della sua vita, scorrendo con rapido esame le teorie da lui professate nelle sue opere, e avvicinandole tra loro conosceremo quale fosse il principio politico da lui posto a base dell' umana società; d'onde potremo concludere o all'armonia completa fra la teoria e la pratica, cioè fra la sua vita come cittadino italiano e gli insegnamenti da lui lasciatici, o concluderemo a quella varia mutabilità e incostanza, propria degli animi volgari e delle menti mediocri, che taluni riconoscono come la stoffa della vita di Dante.

È d'uopo anzitutto porre in sodo una verità non forse egualmente da tutti riconosciuta, che l'Alighieri

(1) V. C. Balbo. Della Mon. Rapp. 1. 1. c. 5.

cicẻ, non è meno grande filosofo di quello che sia sommo poeta. Sappiamo infatti che a completare i suoi studi filosofici passò ancor giovanetto a quella Mater studiorum che era allora Bologna e di là allo studio di Padova (Bocc. e Ben, da Im.), e delle ardue questioni filosofiche sostenute a Parigi nel vico degli strami (Par. X 37) ci fa fede il Boccaccio, nelle quali sottilmente solvendo e rispondendo agli argoparve miracolo ai circostanti; e Benvenuto da Imola degli studi stessi parlando, fatti con gran disagio delle cose opportune alla vita (1) dice, che per essi - tanto splendore acquistò che veniva dagli uni chiamato poeta, dagli altri filosofo, dagli altri teologo (2).

menti contrari

A ben penetrare le dottrine politico-sociali dell' Alighieri è d'uopo presentarci in tutta la sua grandezza il profondo filosofo che spaziando nelle regioni serene e severe della scienza, non si dà ad un partito ma formola un concetto, nè si confonde colla massa stragrande di coloro che credono avere una opinione politica perchè professano quella dell'amico o del Dante non è semplice seguace delle protettore. scuole filosofiche da lui studiate, non di quelle dei sintetici come Platone e S. Bonaventura, non di quella degli analitici come Aristotile e S. Tommaso: mente dotata d'originalità tutta propria, non appartiene che alla scuola eccletica (3), ed elevandosi al disopra di

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(1) Ediz. Min. T. V. p. 15.

(2) Murat. Antiq. Ital, T. 1. 1036.

(3) Egli condanna il metodo scolastico in cui s' annebbiava cogli artifizii della dialettica e colle intricate distinzioni la filosofia de' suoi tempi, ponendo in bocca a S. Tommaso:

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tutti gli uomini politici della sua età, assurge ai più alti concetti della filosofia del diritto, sfuggendo egualmente l'empirismo del filosofo di Stagira e il razionalismo dell' Aquinate. Sotto tale aspetto egli fu più studiato dagli stranieri che dagli italiani (1) e lo Stahl, dopo toccato degli scrittori di teorie politiche e di spirito filosofico quali Tommasio, Occam, Marsilio ed altri, ed accennato come nel medio evo la filosofia del diritto abbia un carattere tradizionale anziche di progressivo, sviluppo, scrive: -- Il solo Dante per quel che riguarda la deduzione filosofica è di una somma originalità; ei si emancipa dallo stesso Aristotile e sorpassa tutti gli scrittori politici nella profondità del concetto filosofico (2). Egli stesso compiacevasi di chiamarsi uomo fami

Non ho parlato sì che tu non posse

Ben veder ch' ei fu re (Salomone) che chiese senno
Acciocchè re sufficiente fosse.

Non per saper lo numero in che ènno

Li motor di quassù, o se necesse
Con contingente mai necesse fenno.

Non si est dare primum motum esse

O se dal mezzo cerchio far si puote
Triangol si che un retto non avesse.

'.

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Par. XIII. 94-103.

e altrove Beatrice accusando la futilità delle questioni che allora trat tavansi, dice:

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(1) V. fra gli altri F. Ozanam Dante et la philosophie du XIII

siècle.

(2) Storia della filosofia del diritto 1. II. Sez. 2.

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