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Ciò significa che quello che si pensa come possibile non può essere convertito, senza prova sufficiente che legittimi la conversione, in reale; e la prova sufficiente è o l'osservazione immediata o l'induzione apoditticamente accertata. Ma quanto spesso il pensiero trapassa dall'uno all'altro termine per l'impulso d'un desiderio, per la seduzione d'un utile, per l'irrompere cieco d'una fede! Un'analogia parziale è facilmente tradotta in identità assoluta, commettendosi logicamente in ogni caso un errore paragonabile a quello che si commette quando, poniamo, dall'osservare che la neve è bianca com'è bianco lo zucchero, s'inferisse che è dunque dolce la neve com'è dolce lo zucchero! La suggestione che proviene dall'avvertimento d'una somiglianza è fatale all'analisi, perchè l'arresta, impedendo che si scoprano e si riconoscano le differenze. E la contradizione per cui, data la sostanziale differenza logica che intercorre tra il possibile e il reale, si dimentica poi la differenza stessa, è anche frequente (nè il termine « frequente » è arrischiato) nella soluzione dei problemi dello spirito e sopratutto etici. Accade infatti che si assuma, lo vedremo più largamente, come soluzione reale, vera, inoppugnabile, quella che è bensì una soluzione astrattamente possibile, ma che però per essere una soluzione vera e propria, vale a dire obbiettiva e inoppugnabile, abbisognerebbe d'una prova a ciò sufficiente, che invece non si offre.

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Finzione, e implicitamente contradizione, è sostituire l'identico al vario. Intellectus humanus fertur ad abstracta propter naturam propriam; atque ea quae fluxa sunt, fingit esse constantia (1). F. Bacone con

(1) F. BACONE Nov. Org., P. I, Prop. LI.

chiudeva che investigare minutamente la natura (naturam secare) è meglio che astrarre, nell' astratto fingendosi un'identità inesistente. Nella indagine particolare del fatto il pensiero è vincolato e limitato dal distinto concreto, ed è tratto a rilevare ne' particolari successivi la differenza, mentre abbandonato a sè stesso fissa, immobilizza, concentra, riuscendo a concepire come reali obbiettivamente i proprî schemi, e a trasferire nella realtà come sostanziali le sue categorie. Lo sforzo compiuto è minore di quello necessario ad associare più distinti, e a riflettere sull'intrinseca molteplicità che questi distinti costituiscono quando siano raccolti in un'idea astratta, generale, presunta come una e identica.

La finzione che abbiamo contradistinta al n.o 3 è dunque inerente a quella precedente: il particolare e il concreto, come il vario, si dissimulano nella generalità e nell'astrazione, come nella presunta identità. È per certo un istinto della mente il ricercare nella varietà l'unità, nel particolare e nel concreto, il generale e l'astratto; e istintiva può dirsi, nel rispetto della natura della mente, la scienza stessa in quanto è generalizzazione e astrazione. La fluttuazione del pensiero da particolare a particolare, da concreto concreto, si accompagna a una segreta inquietudine, a un intimo spirituale disagio, analogo al disagio risentito ne' muscoli per la forzata inerzia; l'istinto mentale è istinto di definizione e di classificazione, di generalizzazione e di astrazione, perchè nell'indistinto generico e astratto, assunto o provvisoriamente interpretato come uno e identico, essa ritrova un termine di acquetamento: ed essa fa spesso un proprio idolo del generale, dell'astratto, dell'uno, del semplice, resistendo, per quella che Bacone disse

ambizione intellettuale, all' introdursi e all'imporsi del distinto, del nuovo, del diverso (1).

L'ordine e il valore che le cose e i fatti assumono nel pensiero è pertanto, per il segreto influire dell'istinto mentale alla semplificazione e alla sistemazione, molto spesso diverso da quello reale, ed è fittizia l'identificazione dell'uno con l'altro, dell'ordine mentale con l'ordine obbiettivo; e il pensiero mentre pretende di adeguarsi alle cose, adegua invece, [er l'artificio, le cose a sè stesso; il soggettivo sostituisce all'oggettivo, mentre si presume che si avveri invece la sostituzione contraria.

Questa presunzione intrinsecamente fittizia di un reale e obbiettivo accordo ed equilibrio del pensiero con la realtà, apparisce particolarmente dal confronto che si può stabilire tra quella considerazione delle cose che è relativa al punto di vista teoretico, e la considerazione ch'è invece relativa al punto di vista pratico.

Non è raro che speculativamente si segua un'idea che, mentre imprime al pensiero della realtà un'orientazione e un indirizzo affatto particolare, è poi abbandonata come falsa (almeno tacitamente) nell'azione

(1) «< Gestit enim mens exilire ad magis generalia, ut acquiescat: et post parvam moram fastidit experientiam. Sed haec mala demum aucta sunt a dialectica ob pompas disputationum ». BACONE, Nov. Org., P.e I, Propos. XX. « Intellectus humanus illis, quae simul et subito mentem ferire et subire possunt, maxime movetur, a quibus phantasia impleri et inflari consuevit; reliqua vero modo quodam, licet imperceptibili, ita se habere fingit, et supponit, quomodo se habent pauca illa quibus Mens obsidetur; ad illum vero transcursum, ad instantias remotas et heterogeneas, per quas Axiomata tamquam igne probantur, tardus omnino Intellectus est, et inhabilis, nisi hoc illi per duras leges, et violentum imperium imponetur ». Prop. XLVII... Inest enim homini quaedam Intellectus ambitio, non minor quam Voluntatis; praesertim in ingeniis altis et elevatis ». LXV.

pratica. Accade infatti, nota il Mach, che ogni pensatore e anche ogni filosofo, tostochè per un'angustia della vita pratica è distolto dal suo particolare lavoro intellettuale, segua il punto di vista comune. Ad es. continua il Mach il Professore X che si crede teoricamente un solipsista, non è certamente tale in pratica, quando egli ringrazî il ministro per una decorazione ottenuta, o tenga un discorso ai suoi uditori. Il pirronista nella comedia Mariage forcé del Molière, quando è bastonato, non dice più: Il me semble qua vous me battez, ma considera la bastonata come realmente ricevuta (1).

La pretesa dell'obbiettività del proprio pensiero teoretico può pertanto essere smentita dalle illazioni pratiche, che quantunque non fatte razionalmente, suppongono un pensiero perfettamente diverso.

Lo scambio del parziale col totale è pure un effetto della tendenza semplificatrice della mente. L'elemento di un tutto può essere il simbolo legittimo, rappresentativo, del tutto; ma rappresentare e sostituire non è costituire. La contradizione per cui si assume come tutto la parte, e la finzione per cui a questa si riserva e sí appropria non solo la funzione rappresentativa ma il valore costitutivo del tutto, è tuttavia frequente sia nella vita pratica, sia nella speculazione. La pigrizia intellettuale, la debolezza morale, o il calcolo; queste e altre sono le cause psicologiche di questa specie di finzione, come vedremo ben presto. Intanto osserviamo che l'unilateralità di certe vedute filosofiche, è in realtà una finzione e una contradizione della specie particolare di

(1) E. MACH Analisi delle sensazioni, trad. ital., Bocca, 1903, pagine 44-45.

cui qui ci occupiamo. Sarebbe lavoro lungo e non del tutto a proposito quello a cui questo soggetto potrebbe fornire materia. Ne toccai altrove, riguardando le teorie relative alla concezione filosofica del mondo sociale. « Il distinto società scrivevo integralmente concepito, suppone l'indistinto cosmico in cui ha la ragione sua genetica ed evolutiva, e alla sua volta la società è l'indistinto di cui il fatto sociale e morale, singolo, è il distinto dipendente. Pertanto come per intendere l'uomo e la società è necessario riferirsi alle condizioni materiali e cosmiche dell'esistenza, così per intendere un fatto sociale e un problema sociale, ch'è pure un fatto (almeno come tendenza), è necessario riferirsi alla condizione della vita sociale, comprendendola, questa come le prime, integralmente. --- Epperò se la vita sociale, pur presentando relazioni meccaniche, non è tuttavia puramente meccanica; se non è una realtà puramente biologica, perchè le condizioni e le finalità materiali di esistenza pongono si ma non esauriscono il fine umano; se non è una realtà puramente spirituale perchè coi motivi e i fini spirituali agiscono anche quelli materiali con impulsività inevitabile, se insomma la società non è nè un aggregato meccanico, nè un organismo biologico, nè un campo di esercitazione del libero arbitrio e della spiritualità pura, il problema che da essa emana non può assumere esclusivamente nessuno di questi singoli aspetti (1) ».

Distinte così le forme della contradizione inerente alla finzione, è opportuno ricercare più intimamente quale ne sia il sostrato psicologico.

(1) L'interpretazione filosofica del problema sociale, in Rivista di filosofia e scienze affini diretta dall' A., Bologna, Gennaio-Feb. 1903.

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