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§ 1. Massima prammatistica.

§ 2. Sua efficacia sperimentale. § 3. Suo fondamento razionale. §. 4. Il còmpito pedagogico conseguente. § 5. Applicazioni ai valori etici. § 6. Obbiezioni e giustificazioni. - § 7. Il problema morale e il problema pedagogico. § 8. Scienza, coscienza, orgoglio morale.

§ 1.

Se un dato mezzo d'incremento morale si offrisse all' Etica, e questa ne facesse getto come di cosa inutile, contradirebbe stranamente all' indole e ai fini propri, come si contradirebbe all' indole e ai fini della Meccanica, della scienza medica, dell'igiene, se non si volesse tener conto d'una forza o d' un rimedio o d'una norma di cui fosse nota o probabile la utilità. Delle energie disponibili deve tener conto corrispettivamente ogni scienza normativa; e pur allora che non potessero entrare come elementi perfetti in un piano ideale esteticamente supremo, si dovrà tuttavia preferirne l'uso al non uso, adattandole quanto meglio è possibile al fine che si vuole ottenere. La finzione, come tendenza fondamentale e indistruttibile dello spirito è, in rispetto al fine della moralizzazione umana, un elemento idealmente imperfetto, ma è, dirò così, utilizza

bile come mezzo d'incremento morale, come artificio pedagogico che possiamo praticare con noi stessi come si pratica, poniamo, col fanciullo quando, a correggerne la tendenza a mentire, lo trattiamo fingendolo sincero, addestrandolo così a rendersi degno del valore e della estimazione che annettiamo alla sincerità. Se moralmente siamo tutti e sempre fanciulli, perchè non dovrà valere, alla superazione del nostro Io, il mezzo pedagogico della finzione? Ma fingersi migliori (occorre che l'avvertiamo subito) non vuol dire credersi migliori di fatto.

Constatazione e trasfigurazione di sè sono i termini di un'antitesi, quanto sincerità e menzogna, essere e non essere. Se la vita morale dell'individuo si riducesse a uno di questi termini, l'altro rimanendo escluso dal campo della coscienza, ne risulterebbe o inerzia, o cecità psichica. La successione dell'uno all'altro stato, senza che l'uno all'altro sia riferito, è stupidità morale. Constatarsi, secondo il proprio reale essere, e trasfigurarsi fingendosi migliori, e connettendo l'uno all' altro momento psicologico, è principio e norma di moralizzazione sincera.

Si può constatarsi manchevole, e volere diventare migliore, trasformarsi, senza fingersi diverso? Ciò potrà parere a chi limiti il proprio riguardo alla superficie dell'anima; non a chi ne consideri la trasformazione nel suo reale momento psicologico, per cui la volontà di trasformarsi è l'antecipazione e l'inizio di uno stato psicologico nuovo. L'individuo inclinato alla menzogna non può voler essere sincero, senza fingersi e attuarsi interiormente come sincero. L'atto esteriore, morale, è anzitutto psicologico, è un interiore evento: una qualità vivamente morale è azione e antecipazione di azione, è atto e volere dell'atto.

Non può un'idea nuova rivelarsi quale forza animatrice, quale elemento conquistatore dello spirito, senza che involga un orientamento nuovo della personalità, cioè una trasfigurazione effettiva di questa. Appena concepita non può avere un potere radicalmente rigenerativo, e costituirvisi come un bisogno assoluto, con la vigoria dell'abitudine; ma il concepirla, e il riconoscerne razionalmente il valore ideale, è il primo segno della potenzialità di un dominio che può invadere tutta la coscienza. Ondeggia da prima quasi forza estranea nella superficie dell'anima; ma coltivata, potrà raggiungerne lentamente il fondo, ed estendervisi poderosa e sovrana. Al senso d'interiore contrasto e di turbamento che quale elemento spurio essa provoca da principio, può succedere la pace dolcissima che allieta l'io nella coscienza della sua rigenerazione.

Nell'arte di rendere propria della personalità l'idea morale che n'era aliena, di costringere sè a divenire migliore, è la sublimità drammatica del processo etico del dovere. L'individuo constata in sè il difetto di bontà, di giustizia, di generosità, quale gli apparisce dal sincero confronto di sè con le analoghe idealità; ed egli opera per queste idealità la catarsi del proprio io, incominciando col vivere ideologicamente, col contrapporre al suo reale essere un altro io che vuole far suo, e che egli immagina già, in sè medesimo, attuale, forzandone le applicazioni pratiche. Egli opera in questo modo il proprio rinnovamento, sinceramente, constatandosi e trasfigurandosi; e in sè rispetta, con il dovere della sincerità, il dovere dell'incremento morale; rispetta e concilia il relativo della personalità sua, con l'assoluto delle idealità a cui conforma la propria anima. È È questa conciliazione scientificamente accettabile, e sincera?

G. MARCHESINI

Le finzioni dell'anima.

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L'individuo non può negare assolutamente sè stesso e quelle tendenze che chiarendosi e combinandosi nella coscienza costituiscono il suo ideale. È legge naturale che l'Io si affermi come un modo particolare di differenziamento non solo biologico ma anche psicologico e morale, e che ogni ideale sia dunque da lui interpretato, voluto e seguito secondo le forme individuali del suo essere psico-fisico. Sono indistruttibili in lui i suoi istinti, le sue passioni, i suoi particolari fini, rivelatori in lui non dell'universale, ma del particolare o del singolo che vi ha impero. E se a questo particolarismo si accordasse il potere assoluto, e si legittimasse; se alla volontà di dominare si aprisse ogni varco, nessuna morale, e nessuna possibilità di civile convivenza sarebbe sancita: l'affermazione assoluta della personalità è negazione assoluta d'ogni morale. Ma dunque la morale sarà istituita per il termine contrario, vale a dire per la negazione della personalità, e l'universalismo? L'ideale etico che gli individui dovranno seguire sarà così fatto da escludere ogni elemento individuale, ogni tendenza e passione, da essere insomma il prodotto metafisico della ragione pura e assoluta? Se tale fosse veramente l'ideale destinato a rappresentare, in quanto praticato, la vera morale, questa sarebbe un puro sogno.

Come la morale è negata dall'affermazione assoluta, tirannica, dell'individualità, così è negata implicitamente dalla negazione dell'individualità stessa. Ciascun uomo è morale come può esserlo data la sua natura, condizionatamente, e relativamente a questa; alla stessa maniera che ciascun uomo, se ha un pensiero scientifico dell'essere esteriore, modella. necessariamente questo essere esteriore sull'essere suo interiore, sulla mentalità propria, improntandone

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